Il compleanno di Floriana - Fiumi di parole
Anita lo prese sotto braccio e Manuel, che di cavalleresco non aveva altro che quella misera cravatta nera annodata alla meglio, a stento riuscì a trattenere uno sbuffo.
Nonostante la fine di settembre fosse ormai alla porte, il caldo era ancora insopportabile, talmente tanto che s'era visto costretto ad arrotolare le maniche della camicia bianca fino all'incavo dei gomiti. Fortunatamente sua madre aveva deciso di non esprimersi al riguardo, limitandosi a pettinargli i capelli con le mani prima di uscire di casa con indosso il suo tubino nero stipato nell'armadio per le occasioni speciali. Era bellissima, e Manuel non s'era risparmiato di farglielo presente, sorridendo di gusto alla sua accusa d'essere un ruffiano.
La stradina che percorsero dopo aver parcheggiato l'auto in una pineta si snodava sinuosa tra le alte siepi di alloro che diffondevano un profumo pungente nell'aria immobile di quella sera. I faretti bassi incastonati lungo il vialetto illuminavano sprazzi di prato ben falciato e cespugli di rose tardive, i cui petali sbiaditi sembravano conservare gli ultimi echi dell'estate. Gli alberi secolari, piantati come guardiani silenziosi ai bordi del percorso, si stagliavano contro il cielo rosato del tramonto e tra i rami s'udiva il lievissimo frinire dei grilli che finì per accompagnare i loro passi.
Il percorso ciottolato si aprì in uno spiazzo lastricato con pietre irregolari, dove un'imponente fontana centrale zampillava acqua cristallina a partire dal centro. Attorno ad essa erano state allestite scenografiche lanterne in legno grezzo, fautrici d'una luce dorata capace di riscaldare l'atmosfera fino a renderla intima e accogliente a dispetto dell'eleganza del posto.
Il ristorante "La Magnolia" si ergeva poco più avanti, immerso nel verde come un gioiello incastonato nell'inserto giusto. La struttura, un'antica villa fresca di restauro, si distingueva per le sue pareti color crema ornate da persiane verde salvia al piano superiore e glicine rampicante che avvolgeva il portico con i suoi grappoli sfumati. L'illuminazione soffusa proveniente dalle ampie vetrate rivelava un interno elegante ma non pretenzioso, con tavoli rotondi vestiti di tovaglie immacolate e adornati da centrotavola di fiori freschi.
All'ingresso, per un istante, si fermarono entrambi ad osservare le figure ben vestite che si muovevano agilmente tra i tavoli per controllare che ogni singolo dettaglio fosse al posto giusto. «Floriana ha scelto veramente bene.» Fu il sussurro di sua madre e Manuel con un cenno d'assenso si dimostrò d'accordo con lei. Il volto di Anita varò nel giro d'un paio di secondi dallo stupito all'allegro, quando il cameriere incaricato s'avvicinò per prendere i loro nomi e condurli lungo la sala, verso il cortile che affacciava sul retro.
Quel posto sembrava uscito da un sogno, o da uno di quei romanzi che leggeva da ragazzino, con quel grande pergolato in ferro battuto ricoperto da intrecci di edera e lucine sospese. Camminò a passo lento, col naso all'insù, per ammirare quel soffitto di stelle artificiali che si fondeva coi colori del cielo, ora tendenti al violaceo. Intorno a loro, a perimetrare quell'angolo adibito appositamente per un piccolo aperitivo di benvenuto, s'alzavano piante di limoni che pur non essendo nel loro periodo più florido inondavano l'aria d'un delicato profumo agrumato.
Floriana era già lì, elegante nel suo lungo abito color vinaccia che tanto la faceva sembrare una sovrana pronta ad accogliere i sudditi nel suo regno. Conversava amabilmente con due persone: un uomo e una donna che Manuel era certo di non aver mai visto prima. In realtà non conosceva la maggior parte delle persone lì presenti ed era sicuro che per Anita, che teneva su il suo miglior sorriso di circostanza, fosse lo stesso. Né l'affluenza, né la conversazione impedirono a Floriana di individuarli: accompagnò con un'espressione raggiante il cenno di saluto che rivolse ad Anita, mimandole col labiale che l'avrebbe raggiunta subito.
Manuel riprese a camminare a passo più svelto quando riconobbe la schiena scoperta di Chicca e la risata alta di Matteo, trascinandosi dietro sua madre che ancora gli stava appesa al braccio. I suoi amici erano in compagnia delle rispettive mamme, tutte prese a parlottare tra loro. E in maniera tanto naturale, Anita s'inserì in quel piccolo comizio lasciando che a braccetto la prendesse Gloria.
«Ma quanto te sei messo in tiro, Manuelì? - fu il commento che Matteo gli rifilò assieme ad uno schiaffetto sulla nuca. Manuel ricambiò all'istante, sollevando un pugno chiuso per cimentarsi nella finta d'un colpo al viso. - Su chi devi fare colpo?» Chicca si mise in mezzo, prima che potesse rispondergli per le rime, afferrando entrambi per un polso e costringendoli ad abbassare le mani.
Rivolse un'occhiataccia ciascuno, strappando a Matteo un lamento gutturale. «Possiamo non farci riconoscere? - domandò, per poi strattonarli affinché s'avvicinassero meglio. - Almeno stasera vorrei evitare di sentirmela nelle orecchie. - lo disse con la voce bassissima, lanciando un'occhiata veloce ad Anna, prima di passare in rassegna i volti dei due amici d'infanzia una seconda volta. - Per quanto possibile.» Manuel allungò nuovamente lo sguardo in direzione delle tre donne, la conversazione ora animata da complimenti al vestiario o al trucco di ciascuna. Non badavano a loro, affatto, pertanto diede per scontato che Chicca avesse discusso con sua madre. Pertanto si limitò ad annuire, facendole un veloce occhiolino d'intesa che fece sospirare di sollievo l'amica.
D'altronde non si vedevano né sentivano da Ferragosto. Era la prima regola della loro amicizia, quella di incontrarsi e aggiornarsi solo durante "le feste comandate". La seconda regola era quella di presentarsi sempre. Se l'occasione fosse stata differente, Chicca avrebbe già vuotato il sacco e Matteo avrebbe masticato improperi ai danni di Anna per prendere le sue parti. I compleanni, in particolar modo quelli importanti come un cinquantesimo, erano gli incontri che apprezzavano meno.
La risata di Anita catturò nuovamente l'attenzione di Manuel. Quelle donne erano così diverse che un occhio estraneo avrebbe potuto giudicarle come male assortite. Anna, alta e imponente, era glaciale nella sua tuta argentata, e i capelli color platino tirati all'indietro le conferivano un'aria ancor più austera. L'esatto opposto di Gloria che invece era una versione al femminile di Matteo, col sorriso eccessivamente pronunciato sul volto rotondo e la voce troppo alta. Eppure funzionavano alla perfezione, tutte e quattro legate da un affetto genuino. E se Floriana si prestava magnificamente al ruolo di mediatrice, Anita era sicuramente il collante che teneva salda la comitiva. Erano belle insieme, e godevano d'un rapporto invidiabile.
A un tratto sua madre interruppe una frase a metà, fissando gli occhi un po' sgranati sul volto di Manuel. E questi per un breve istante si preoccupò d'aver fatto o detto qualcosa di sconveniente, nonostante fosse certo d'essere stato minuziosamente attento. Poi le labbra schiuse di Anita si serrarono, piegandosi verso il basso in un sorriso all'ingiù d'apprezzamento. Capì solo in quel momento che non stesse guardando realmente lui ma solo nella sua direzione. Fece per girarsi a propria volta per seguirne la traiettoria, ma prima che riuscisse a compiere del tutto la torsione del busto, un tocco leggero alla base della schiena lo fece sussultare. La voce di Simone arrivò poco dopo, calda e perfettamente modulata, a soffiargli tra i capelli.
«Sono contento che siate tutti qui!» Lo disse con un sorriso talmente radioso che da solo avrebbe potuto illuminare il cortile ancor più delle lucine sospese a un metro da loro. E Manuel si ritrovò, inevitabilmente, a fissarlo.
Era impeccabile nel suo completo blu notte perfettamente stirato, con la camicia abbottonata e la cravatta annodata alla perfezione. I capelli scuri, leggermente ondulati, erano pettinati all'indietro e sulla fronte ricadeva una singola ciocca, frutto d'una finta distrazione che rendeva il quadro, nel complesso, ancor più affasciante. Sentì bruciare, lì dove il suo palmo s'era posato con un'insistenza inaspettata. Adocchiò velocemente l'altra mano di Simone, che s'era frapposto tra lui e Matteo, posata sulla spalla dell'amico. E il fatto che non fosse l'unico destinatario di quel tipo d'attenzione lo fece prima rilassare, poi, inspiegabilmente, snervare.
«'Mazza se sei bello, figlio mio!» Fu il commento di Anita, a cui s'unirono accorate le amiche in una serie d'elogi che finirono per coinvolgere Manuel in un'alzata d'occhi al cielo. Percepì sul volto il peso dell'attenzione di Chicca, così evitò di guardarla, consapevole che sarebbe bastato incrociare il suo sguardo smaliziato per essere smascherato. Simone fece scivolare la mano lontano dal suo corpo, per lasciarsi baciare le guance dalle donne, perfettamente a suo agio nel ruolo d'accoglienza a cui s'era volontariamente relegato. Intrattenne le ospiti con dei convenevoli che Manuel ascoltò in silenzio, carezzandogli di tanto in tanto il profilo con le sole iridi. Lo osservò fermare un cameriere per chiedergli d'offrire alle signore tre calici di prosecco, prima di voltarsi verso Chicca e domandarle come andassero i suoi studi. Si dimostrò interessato ad ogni singolo dettaglio, annuendo e ponendole domande ben mirate. E se in un primo momento la sua amica gli parve diffidente, pian piano finì per sciogliersi e crogiolarsi in tutta quella considerazione inaspettata.
L'apice dello stupore venne toccato dalla ragazza, e da Manuel pure, nell'esatto momento in cui Simone piegò il capo di lato e le rivolse un sorriso. «Devo confessarti che ho spiato la tua pagina su Instagram. - lo ammise con una timidezza che decretò tra sé e sé essere fasulla. - Hai un talento incredibile, - Chicca arrossì violentemente. E quella, forse, era la prima volta che la vedeva in seria difficoltà. - hai mai pensato di esporle?» Anna, che fino a quel momento era stata ben accorta a mantenere una distanza emotiva dalla conversazione, sollevò lo sguardo dal calice di prosecco che stava ruotando con distrazione tra le dita. La sua espressione, solitamente imperturbabile, venne increspata da un'ombra d'interesse. Manuel, suo malgrado, sorrise e fu costretto a nascondere quel piglio di compiacimento abbassando il mento.
Dio, se era bravo. Ci sapeva proprio fare.
«Esporle?» Domandò la donna, attirando ora la considerazione della figlia. E Simone colse immediatamente l'occasione di coinvolgerla.
«Certo! Le opere di Chicca sono eccezionali e non lo penso soltanto io. Il numero di followers che ha parla da solo. Sono certo che andrebbero in fibrillazione per una sua mostra. - il sorriso di Simone si affievolì e il suo sguardo s'assottigliò in maniera quasi impercettibile. - Non credi anche tu, Anna?»
La donna esitò per un attimo, poi fece un cenno lento come se stesse soppesando le parole. «Sì, suppongo sia vero.» Concesse infine, prendendo un sorso e lanciando a Chicca uno sguardo che, per una volta, non aveva nulla di critico. E quello, se possibile, fece avvampare ancor di più la ragazza. Manuel osservò la scena in silenzio, confuso tra il fascino ipnotico di Simone che pareva non far sconti a nessuno e la surreale sensazione di vedere Anna approvare qualcosa che riguardasse Chicca.
Lo scambio venne interrotta dall'arrivò di Floriana, impegnata fino a quel momento con l'accoglienza degli altri ospiti, che allargò immediatamente la braccia per farsi abbracciare dalle proprie amiche. E queste, come attirate da una calamita, parvero dimenticare all'istante la conversazione in corso. La sommersero di complimenti, auguri e affetto. Gloria fu la prima a baciarle le guance, seguita immediatamente da Anita e infine da Anna, che riuscì persino a sorridere, lasciandosi trascinare dal clima festoso.
Manuel pure baciò la donna dai biondi capelli intrecciati sulla nuca, udendo distrattamente un lamento proveniente da Matteo e rivolto a Chicca. «So' anni che te ripeto che sei la migliore. - Ci tenne a specificare, fingendosi accigliato. - Ma bastano du' parole der belloccio pe' farti diventà bordeaux!» Quando si voltò a guardarli, Chicca gli stava rifilando una gomitata scherzosa.
«Ma statte zitto, cretino.» E Manuel non poté non notare il sorriso nascosto dietro la sua voce un po' piccata. Stava soppesando se unirsi o meno alla conversazione - in realtà non voleva interromperli - quando Simone invase nuovamente il suo campo visivo, stavolta parandoglisi di fronte. Bastò quello ad ovattare il vociare di sottofondo. Non seppe mai come continuò l'interazione tra Chicca e Matteo, né tantomeno quale fosse l'opinione di Gloria circa l'abito di Floriana.
«Ciao!»
«Mi hai già salutato.»
«Ma tu non hai risposto.»
«Ciao. - disse allora, lasciandosi scrutare in silenzio per qualche istante. Poi sollevò le sopracciglia. - Sei un affabulatore e, per quanto questa tua caratteristica sia stata sorprendentemente utile 'sta sera, - si girò a guardare Anna per un solo istante, prima di specchiarsi nuovamente nelle iridi divertite di Simone. - t'assicuro che non è un complimento.»
Quello fece spallucce, sottolineando che l'affermazione di Manuel non l'avesse minimamente sfiorato. «Felice che un mio difetto sia stato d'aiuto, in ogni caso. - C'era quel magnetismo innato in Simone che proprio non riusciva a spiegarsi. Era bravo a piacere e lo faceva in maniera naturale. Gli veniva facile, quasi fosse nato sapendo esattamente cosa dire, come muoversi, quando inclinare la testa e accennare ad un sorriso. Fluttuava senza sforzi, mentre il resto del mondo arrancava; raccoglieva consensi senza nemmeno accorgersene, o forse senza badarci davvero. - Come stai?» Glielo chiese a voce bassa, quasi fosse una questione privata che riguardava loro e nessun altro. Manuel rimase per un attimo spiazzato. La tensione che fino a poco prima aveva avvertito si trasformò in un nodo più sottile, quasi piacevole, che gli si fermò in gola.
In quel preciso istante si rese conto che tutto il suo sdegno, più che a lui, era rivolto a se stesso. Già, perché nonostante avesse quella considerazione di Simone, lui per primo non riusciva a smettere di guardarlo. Sarebbe stato inutile tentare di auto convincersi che lo facesse unicamente per scorgere dei difetti. Come chiunque altro, ne era attratto, quasi soggiogato. Solo che era pure orgoglioso, pertanto se ne stava in quella condizione a denti e pugni stretti, lottando contro l'istinto naturale di pendere dalle sue labbra.
Dovette contare fino a cinque, deglutire un paio di volte e infilare le mani in tasca per assumere almeno in apparenza un atteggiamento che assomigliasse alla sua solita disinvoltura.
«Alla grande. - esclamò, imitandone il tono e finendo per fissargli l'angolo delle labbra che andò a sollevarsi in risposta. - Il ragazzo tuo?» Aggiunse con un sopracciglio inarcato, non riuscendo a contenere il desiderio di metterlo in difficoltà. Era certo che Mimmo non fosse lì, altrimenti avrebbe orbitato attorno Simone come un corpo celeste col suo centro di gravità. A Ferragosto, in villa, non l'aveva lasciato da solo neanche un attimo.
Quello però, con una tranquillità disarmante, si guardò intorno, scrutando il cortile con lo sguardo attento. «In giro da qualche parte. - rispose infine, il tono morbido e privo di fretta. Poi tornò a osservarlo, quasi divertito dal lieve cambio d'espressione che colse sul volto di Manuel. - In compagnia di mio padre, è salito con lui da Napoli.»
Batté le palpebre un paio di volte, sorpreso. Non era certo della piega che la conversazione avesse appena preso, e il fatto che Simone sembrasse così sereno - affettuoso persino - nel parlare di Mimmo, lo lasciava senza parole. A tratti pareva ci provasse con lui, con quel sorriso accennato, quello sguardo che si tratteneva un attimo di troppo sul suo volto, l'intimità innata con cui gli si rivolgeva... però non era mai diretto, mai esplicito. Per di più era capace di ribaltare le carte in tavola proprio quando Manuel si convinceva d'averlo in scacco. Allora forse era lui ad interpretare male i segnali. Magari Simone faceva così con tutti, non per malizia, ma per natura.
Fece un passetto indietro, per ristabilire le distanze.
Non era cambiato nulla, si disse. Era ancora lo stesso ragazzino che si divertiva a torturarlo. Solo che Manuel non era più disposto a lasciarglielo fare. «Compagnia interessante, - commentò, lasciando trapelare volutamente un velo di sarcasmo. - dovresti raggiungerli. - gli girò intorno, lentamente, per soffiargli poi direttamente contro l'orecchio. - Sia mai si senta trascurato.» Una lieve presa in giro, colma di sarcasmo, prima di raggiungere i suoi amici e lasciarselo alle spalle.
...
La sala era un intreccio di luci calde e suoni ovattati. Le posate che tintinnavano sui piatti, il mormorio delle conversazioni e qualche risata isolata creavano un'atmosfera vivace, condita dalla voce della cantante assunta per animare la serata. Manuel era seduto tra Chicca e Matto, mentre di dirimpetto a loro erano accomodate quelle che si erano presentate come le figlie di una collega di Floriana. Due sorelle d'età vicina, tanto simili nell'aspetto quanto diverse nei modi fare. La maggiore, Elisa, era composta e di poche parole, impegnata a scorrere il menù con un'attenzione quasi accademica. Sara invece, la più piccola, non si faceva problemi a mostrare il suo entusiasmo per la serata e da un po' aveva cominciato a fare gli occhi dolci a Manuel.
Lui, per lo più, fingeva di non accorgersene, limitandosi a sorridere con cortesia ogni volta che lei trovava un pretesto per rivolgergli la parola. In circostanze differenti si sarebbe divertito a darle corda e a tirare per individuare l'esatto punto di rottura. Chicca, naturalmente, non perse tempo a punzecchiarlo sotto la tovaglia, divertita dalla situazione. Gli si avvicinò all'orecchio, per mormorargli «Te sei fatto 'na fan.» mentre Matteo soffocava una risata e cercava di non rovesciarsi addosso il bicchiere di vino che teneva premuto contro le labbra.
Manuel le lanciò un'occhiata torva, ma non disse nulla. Era già fin troppo frustrato dal fatto che ogni qualvolta cercasse di concentrarsi sulla conversazione al proprio tavolo, il suo sguardo vagasse verso l'altro lato della sala, dove Simone era seduto con Mimmo e i suoi genitori.
Dante e Floriana chiacchieravano come due vecchi amici, un'immagine che pareva perfettamente naturale e, al tempo stesso, vagamente surreale, visto i precedenti che li avevano condotti al divorzio. Conversavano tutti e quattro amabilmente e il corvino, di tanto in tanto, si chinava verso il suo ragazzo per dirgli qualcosa. E questo rideva, rideva, rideva... Erano «Adorabili.» Masticò quel commento a mezza voce e, quasi Simone l'avesse sentito, allungò lo sguardo nella sua direzione con un ghigno a malapena accennato. Fu un lampo, un momento brevissimo, ma sufficiente a riportare a galla l'irritazione che Manuel aveva cercato di seppellire. Gli girò il volto di scatto, ritrovandosi ad incrociare nuovamente il viso di Sara.
«Quindi studi Filosofia, Manuel? - Un sorriso civettuolo troppo largo per una domanda così basilare. Annuì, tirando a propria volta la bocca nel tentativo di ricambiare. - Io quest'anno ho la maturità. Studio lingue, ma non so se è davvero quello che voglio fare nella vita.» Le iridi furono nuovamente calamitate dal tavolo del demonio, dove Lucifero in persona adesso si stava lasciando baciare con trasporto. Detestò il pensiero che spontaneamente gli balenò in mente, di saggiare personalmente quelle labbra fino a rovinarle.
Sbuffò la propria irritazione dal naso. «Qualcosa ti verrà in mente.» Fu la risposta lapidaria che lasciò la propria interlocutrice interdetta e coinvolse Matteo in una risatina di circostanza atta a salvare la situazione.
«Sei proprio 'no spasso stasera, fratè.» Lo disse con leggerezza, forse per donare una magra consolazione a quella povera ragazza, ora confusa e in parte imbarazzata.
Manuel si passò una mano sul volto. Non era colpa di Sara se lui stava così. Non era colpa sua se si sentiva irritato, irrequieto, costantemente con i nervi tesi. E non era colpa sua se...
«Simone! - Doveva smettere di guardarlo. - Te lo fai un lento con la tua mamma? - Doveva smetterla di dargli spazio tra i suoi pensieri. - Dai!» Non si vedevano da cinque anni e il loro ultimo incontro era stato disastroso. Non s'erano mai tollerati. Quando aveva lasciato Roma per trasferirsi a Napoli dal padre s'era sentito sollevato. E non aveva più ripensato a lui. Mai. Nemmeno una singola volta. Pertanto quel suo atteggiamento non aveva il minimo senso. Neanche lo conosceva! Certo, era attraente. Ma tante persone lo erano, a partire dalla ragazza dai boccoli biondi che gli sedeva di fronte. Attraente e concentrata unicamente su di lui.
Scosse il capo, inspirò a fondo, poi sollevò lo sguardo verso di lei. Era ancora lì, ora meno sicura di se stessa, e quell'espressione vergognosa lo fece sentire un perfetto idiota. Così decise di fare uno sforzo e dimostrarsi più gentile, a partire da un'ammissione di colpe.
«Scusa, sono stato uno stronzo. - Concordò, inclinando il capo nella sua direzione. - C'ho la testa da un'altra parte ma... - Distolse lo sguardo da Simone, ora impegnato a far volteggiare giocosamente la madre per la sala. - Mi dicevi che frequenti il linguistico. Quali lingue studi?»
Sara lo osservò, sorpresa per un istante. Poi l'entusiasmo le sbocciò in volto. «Tedesco e spagnolo! Ma, ti ripeto, non sono sicura sia quello che voglio fare dopo. Sono bravina, eh! Solo che c'è tanta competizione e non so quanti sbocchi effettivi.»
«Ti capisco, ho avuto dubbi simili neanche un anno fa, d'altronde non è che i laureati in filosofia abbiano chissà quale varietà de scelte dopo l'università. - le confessò, poggiando il gomito sul tavolo e costringendosi a cercare i suoi occhi verdi. Lei ridacchio. - Però me piaceva. Me piace. E so studiare solo quello, quindi... - Sollevò le spalle, prima d'allungarsi ad afferrare la bottiglia di vino dal secchiello col ghiaccio, per riempire il calice di entrambi. Sara lo ringraziò con un cenno del capo, ora più rilassata. E in quell'esatto momento prese la decisione: avrebbe chiesto a sua madre di farsi dare un passaggio a casa da Gloria, poi avrebbe invitato Sara a passare il resto della serata in sua compagnia. - Comunque se hai bisogno di consigli, mia madre è un'interprete.»
«Ma dai, allora è proprio destino!»
«Così sembrerebbe.»
«Comunque è figo. Filosofia, intendo. - Non riuscì a non pensare che appena un mese prima aveva avuto con Simone una conversazione tanto simile nei contenuti quanto differente nello scambio. Finì per mordersi l'interno guancia, con l'intento di punirsi. Doveva tagliarlo fuori. - Dev'essere difficile, io a malapena me ne esco con la sufficienza dalle interrogazioni.»
«O la ami o la detesti, non credo ci siano vie di mezzo. - Chicca e Matteo erano impegnati in una conversazione con la maggiore delle sorelle; non badavano più a lui, così decise di sporgersi in avanti, abbassando la voce come se stesse per rivelarle un segreto. - Senti... Dopo la festa c'hai da fare?»
«Credo d'avere un appuntamento col mio letto.» Manuel riuscì a sorriderle, per la prima volta con naturalezza.
«E se dessi buca al letto per fare un paio di passi in centro con me? Se magnamo er gelato e stiamo un po' insieme.» Sara calò le palpebre, il compiacimento a tingerle le gote mentre si sporgeva a sua volta. Gli carezzò con i polpastrelli tiepidi il dorso della mano, andando a giocherellare con l'anello che Manuel portava al pollice.
«Credi davvero di poter reggere il confronto?»
Il suo sguardò varò per un solo istante verso il tavolo della festeggiata, dove una Floriana accaldata, dopo aver posato le labbra sulla guancia del figlio, prese nuovamente posto. Non permise ai loro sguardi d'incrociarsi ancora, fu sveltissimo a tornare sulla ragazza che aveva di fronte. «Senza ombra di dubbio.» Questa temporeggiò volutamente, quasi Manuel potesse realmente temere un suo eventuale rifiuto.
Poi, quando schiuse la bocca piena per replicare, sua sorella Elisa la interruppe. «Sà, mi accompagni al bagno?»
«Dammi un secondo, okay?» Disse a Manuel, prima di seguire la sorella con uno sguardo vagamente seccato.
«Tranquilla, ne approfitto pe' prendere una boccata d'ossigeno.» E lei ridacchiò, alzando gli occhi al cielo nel vederlo infilarsi una sigaretta tra le labbra. Fece un segno di diniego in direzione di Matteo, quando questi, vedendolo mettersi in piedi, gli chiese se avesse bisogno di compagnia. Quantomeno lui e Chicca avrebbero avuto un po' di tempo per stare da soli. Erano chiaramente invaghiti l'uno dell'altro, ma la loro testardaggine li faceva camminare a rilento.
S'avviò a passo cadenzato verso il cortile, lanciando un'occhiata svelta a sua madre seduta in compagnia d'uomo allampanato a qualche tavolo di distanza. Qualunque fosse la conversazione con cui si stavano intrattenendo, lei era presa. Lo capiva dal modo in cui gesticolava e dalla maniera spasmodica con cui si tirava una ciocca ribelle dietro l'orecchio.
Spinse con calma la porta di vetro che dava sul medesimo cortile che li aveva accolti per l'aperitivo, lasciandosi alle spalle la musica e il chiacchiericcio. L'aria più fresca della sera gli carezzò il volto e lui ispirò a fondo, poi estrasse pantaloni anche l'accendino. Tirò una generosa boccata, sentendo il fumo scivolare nei polmoni. Lo trattenne per qualche secondo prima di espirare. Restò ad ammirare il pergolato, camminando pigramente in tondo col collo reclinato all'indietro e cercando le stelle oltre quelle artificiali delle luci a led incastrate nell'edera.
Poi avvertì il lieve cigolio della porta aprirsi alle sue spalle, la musica ovattata raggiungere l'esterno. La cantante si stava esibendo con "Fiumi di parole" dei Jalisse e gli ospiti le andavano dietro, intonando in coro a gran voce la canzone.
«Ne offri una anche a me?» La voce di Simone, calma, fendette l'aria, costringendo Manuel, suo malgrado, a rivolgergli una veloce occhiata di traverso. Tornò quasi subito a guardare in alto. Si convinse che se non gli avesse risposto allora sarebbe andato via e l'avrebbe lasciato da solo a fumare in pace. Non aveva bisogno d'affrontare con lui l'ennesima conversazione senza né capo né coda. Aveva invitato Sara ad uscire e avrebbero trascorso una splendida serata. Magari sarebbero stati insieme fino all'alba, d'altronde l'indomani sarebbe stata domenica e...
Si voltò di scatto a guardare Simone. Gli aveva chiesto una sigaretta?
Non riuscì a tenere la lingua a freno, aprì la bocca senza neanche pensarci, preda d'un rancore antico. «Tu fumi? - fu la domanda sarcastica che gli rifilò, e questi, con le mani infilate nelle tasche dei calzoni, sollevò le spalle e prese a camminare nella sua direzione. - E tua madre lo sa?» Continuò, strappandogli involontariamente una risatina.
«Se non lo sapesse andresti a fare la spia?»
Manuel finse di pensarci su, tamburellando con il filtro contro il labbro inferiore. «No. - Disse quando Simone gli arrivò a pochi passi di distanza. Poi calò le iridi, percorrendo verticalmente il suo corpo verso il basso e poi di nuovo a ritroso. - Quello è un talento più tuo che mio.» E s'abbandonò con la schiena contro una delle colonne in ferro che reggeva l'impalcatura sulle loro teste.
Simone annuì, girandogli intorno per fermarglisi poi di fronte. «Non credi sia estremamente faticoso provare risentimento per tutto questo tempo? - Manuel sollevò prima le sopracciglia, poi le spalle. - Ero un ragazzino.»
«Io pure. Un ragazzino che non vedeva l'ora d'accompagnare la sua ragazzetta al concerto di Frah Quintale e che ha dovuto fingere un febbre improvvisa per non ammettere d'essere stato messo in punizione dalla madre per colpa di uno spione.» E quella, in realtà, era solo la punta dell'iceberg. Simone era stato un maestro di perfidia, da ragazzino, e guardare il suo bel volto non faceva che ricordarglielo. Lui comunque non parve scosso, anzi, a Manuel sembrò di scorgere una punta di divertimento incastrata nella piega delle palpebre.
«A mia discolpa, posso dire che ero anche incredibilmente incazzato con il mondo? - domandò retorico. - E passare tutto quel tempo in compagnia tua, che facevi comunella con Chicca e Matteo poi, non migliorava la situazione. - e allo schiocco della lingua di Manuel contro il palato, le sue labbra s'aprirono in un sorriso. - Adesso me la offri una sigaretta?»
Manuel soppesò di nuovo la domanda, sollevando gli occhi al cielo nell'imitazione di un'espressione pensosa. Poi trattenne la sigaretta tra le labbra e infilò la mano nella tasca. La estrasse dopo aver scavato alla cieca per qualche istante, rivelandogli un dito medio e uno sguardo beffardo. «No. - esalò a bocca stretta, gongolando visibilmente nel compiacimento. Un momento di vittoria che durò meno d'un battito di ciglia. Non ebbe il tempo di recuperare lo stick di tabacco, che Simone glielo strappò via dalla bocca per ispirare un lunghissimo tirò. Si ritrovò a fissarlo con gli occhi sgranati e le labbra schiuse, poi inevitabilmente fu preso da un attacco di ridarella quasi isterica. - Che cazzo di stronzo... ridammela subito! - E quello, di tutta risposta, gli soffiò il fumo direttamente sul volto, lasciandolo per un attimo senza parole. Si passò la lingua lungo il perimetro delle labbra chiuse e assottigliò lo sguardo. - Non ho capito, me devi dì qualcosa?»
Simone inclinò la testa di lato, il sorriso sghembo che gli increspava le labbra a metà tra il divertito e il provocatorio. Non arretrò d'un millimetro, anzi parve compiaciuto della reazione di Manuel. «Devo dirti qualcosa? Tipo cosa?» Chiese, la voce un po' più bassa e un accenno di sfida ben nascosto sotto il tono apparentemente disinvolto. Manuel batté le palpebre un paio di volte, prima di scuotere il capo.
Ecco. Era esattamente una situazione similare a quella che voleva evitare. Quel ragazzo riusciva a mettere in discussione finanche le sue capacità di comprensione delle circostanze. Lo guardava come se lo... volesse. Per pochissimo tempo però. Manuel non aveva neanche il tempo di realizzarlo che quello già era nuovamente rivolto in direzione del suo ragazzo. Era snervante.
«Lascia perdere. - sbuffò, prendendo per sé un'altra sigaretta. Fumarono in silenzio. Gli occhi di Simone costantemente fissi su di lui e sulla sua figura, quelli di Manuel bassi sulle scarpe. - Anzi no, dimmi cosa intendevi?»
Lo adocchiò corrucciarsi. «Quando?»
«A casa tua, in piscina. Stavi per dirmi qualcosa e... - e quel rompicoglioni del suo ragazzo s'era messo di mezzo. Non che potesse realmente arrogarsi il diritto di dire o anche solo pensare una cosa del genere. Sapeva bene d'essere lui quello di troppo. Scosse il volto con noncuranza. - siamo stati interrotti.»
«Mh, - la sua espressione divenne pensierosa, e Manuel rimase ad aspettare fin quando non lo vide negare con un cenno della testa. - non credo di ricordare.»
Si spinse in avanti, animato dalla stizza. «'Fanculo, scemo io che vengo pure dietro alle tue stronzate. - Fece per superarlo, ma quando le loro spalle si sfiorarono, le dita di Simone scesero a circondargli il polso per interromperne la fuga. Manuel si voltò di scatto, ritrovandosi costretto a piegare il collo per poterlo guardare in viso. - Che cazzo fai? Lasciami.» Ritirò il bracciò con uno strattone, ma rimase comunque immobile e in attesa che l'altro dicesse effettivamente qualcosa.
«Quanto sei permaloso, stavo scherzando. - Continuò a starsene zitto, limitandosi a sollevare il mento. - Non mi sei mai stato sul cazzo, anzi.. - Manuel assottigliò lo sguardo, cercando di carpire in anticipo se quella che gli stava per rifilare fosse l'ennesima beffa. - Mi piacevi.» Schiuse le labbra e se ne stette a guardarlo, in attesa che ritrattasse. Poi, quando si rese conto che fosse Simone quello in attesa, sbuffò una risata carica di sarcasmo.
«Seh, come no...!» E il volto del corvino si rabbuiò all'istante.
«Guarda che sono serio.»
«Te piacevo?»
«Molto.»
«C'hai la vaga idea de quante strigliate me so' preso a causa tua?»
«All'incirca.»
«Però te stavo simpatico. - non riusciva a smettere di ridere, era incredulo. - 'Sti gran cazzi, nun oso manco immaginare come sarebbe finita se ti fossi stato sui coglioni.»
«Non mi stavi simpatico. - A quell'affermazione, espressa in maniera tanto convinta, Manuel si corrucciò. - Cioè sì, mi stavi anche simpatico. Ma mi piacevi. - Avvertì un battito del cuore saltargli in gola e si ritrovò a trattenere il respiro. Possibile che...? - Mi piacevi in quel senso.» Specificò infine, onde evitare di lasciare spazio a eventuali dubbi.
«Te piacevo. - A quel giro fu un'affermazione, che echeggiò a voce alta per assimilarla. E Simone, dalla sua, si limitò ad annuire. - E famme capì, pe' te quello era provarci? - Il corvino rise di gusto, le spalle più rilassate come se si fosse liberato di un peso. - Una strategia un po' der cazzo, se posso permettermi.»
«Avevo dodici.. tredici anni al massimo, e nemmeno sapevo che potessero realmente piacermi i ragazzi. Volevo solo passare del tempo con te e non è che mi dessi chissà quali spiegazioni. Solo che tu stavi sempre con Matteo e non avevi occhi che per Chicca.»
«Guarda che a me non è mai piaciuta Chicca.»
«Bugiardo. - Un'accusa che Simone gli rivolse a voce bassa, coinvolgendo Manuel in uno sbuffo. - Vi ho visti. Giù al faro intendo.» Manuel esitò per un istante, il sorriso estasiato che aveva sulle labbra vacillò appena. Giù al faro. Era passato così tanto tempo da quel tardo pomeriggio di fine estate. L'idea era stata di Chicca che, senza nemmeno troppa convinzione, gli aveva chiesto se fosse curioso di sapere come sarebbe stato baciare qualcuno. E Manuel, con l'orgoglio maldestro tipico dei tredici anni, aveva accettato.
Le loro labbra incerte s'erano a malapena sfiorate, in un tocco che aveva finito per rivelarsi più imbarazzante che altro. Quando si erano staccati, Chicca aveva storto il naso, ed entrambi s'erano lasciati andare ad una ridarella nervosa, concordando insieme che non avrebbe potuto funzionare. Erano troppo amici. E di quello sfarfallio decantato da tutti con fare sognante? Neanche l'ombra.
«Chicca è come una sorella e quello ha fatto schifo a entrambi. Eravamo solo due ragazzini e... - scosse il capo, a metà tra il divertito e l'infastidito. - Non che io ti debba delle spiegazioni.»
«No, infatti.»
«Comunque non ci sarei stato, pure se c'avessi provato per davvero con me. - Simone inarcò le sopracciglia, quasi non credesse nemmeno ad una parola. E quale torto poteva dargli? D'altronde aveva reso così palese l'attrazione che nutriva nei suoi confronti. - C'ho messo un po' a capirmi. Un bel po'.»
Quella confessione distese i lineamenti del più alto. «Solo questo?»
«Chissà, - avanzò d'un passo e, per la prima volta da quando s'erano rivisiti, fu Simone a retrocedere. Pochissimo, ma il giusto necessario affinché Manuel potesse esternare un'espressione vittoriosa. - Immagino tu abbia perso quel treno da un bel po'.» Una presa in giro, ora che era forte della consapevolezza d'aver avuto, seppur solo per un breve lasso di tempo, appiglio sulla mente del medesimo ragazzo che da tutta la sera lo stava facendo dannare con la sua sola presenza.
«Tu credi?» Manuel rimase in silenzio, con la risposta che avrebbe voluto rifilargli a dissolversi in un leggerissimo sbuffo. L'alone delle lucine gli brillava tra le ciocche scure, sulle gote e nel liquido delle pupille. Era una visione che gli piaceva più di quanto fosse disposto ad ammettere. Gli sarebbe bastato sollevarsi sulle punte per condividere l'ossigeno con lui. E poi smettere definitivamente di respirare.
«Manuel...? - Si voltò verso la porta di scatto, quasi come se l'avessero appena beccato a compiere un illecito. Sara era sull'uscio, una mano poggiata allo stipite e lo sguardo dolce a cercare il suo. Simone non venne degnato che d'un cenno di saluto che lui ricambiò educatamente, allontanandosi da Manuel. - Allora ho avvisato i miei che torno con te. Siamo ancora d'accordo, giusto?»
Trattenne il respiro, lanciando un'occhiata di sguincio a Simone, che dalla sua parve del tutto impassibile. Poi di nuovo a Sara, che c'aveva l'impazienza incastrata nelle iridi colme di aspettativa. «Certo. - confermò infine, e sollevò la sigaretta. - Finisco e te raggiungo dentro, okay?» La vide annuire d'entusiasmo, prima di ritirarsi nuovamente in sala.
«Carina.»
«Te piacciono le ragazze?»
«Non proprio.»
«E se vede, perché quella nun è semplicemente carina. - spense la sigaretta nel posacenere da terra, lasciandoselo dietro per rientrare. Si fermò quando, stretta la maniglia tra le dita, vide Mimmo oltre la vetrata della portafinestra. Si guardava attorno, probabilmente alla ricerca di Simone. Quando i loro sguardi s'incrociarono, il ragazzo dagli occhi cerulei finì per aggrottare le sopracciglia chiare. Rimase fermo per qualche istante, poi prese ad avanzare nella loro direzione. E allora Manuel si voltò, sollevando l'angolo della bocca con fare derisorio. - A dirla tutta, seguendo 'sto ragionamento, nun te dovrebbero piacè manco i maschi. - un ghigno sardonico, prima di spalancare la porta e trovarsi davanti Mimmo. Il ragazzo guardò oltre il suo volto, per cercare Simone con il solo sguardo. - Vi auguro una buona serata.»
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