A CHRISTMAS TRAVEL - @TheNorthStar_03
STORIA FUORI CONCORSO
PACCHETTO LIBERO
PILOTA: Max Verstappen
PROMPT: Paesino di montagna
CARATTERISTICA: Il personaggio è sempre stato il grinch, ma quest'anno è diverso.
A CHRISTMAS TRAVEL
Tutti i treni in partenza dalla stazione di Bastogne sono stati cancellati a causa della bufera di neve. Ci scusiamo per il disagio.
«Io odio il natale!» borbotta Astrid nel bel mezzo della sua stanza del Bed and Breakfast che ha prenotato per questo weekend.
Non avrebbe mai dovuto accettare di venire in un paesino in montagna, nei pressi della città Belga, a ritirare quel maledetto pezzo che serve a suo padre per sistemare quel dannato orologio nella bottega di famiglia.
In più quello è l'ultimo messaggio che riesce a leggere, subito dopo la linea del suo cellulare decide di salutarla. Innervosita si dirige verso l'improvvisata reception, gestita da un'anziana signora molto cordiale, che è intenta a lavorare a maglia da quando Astrid è arrivata, la sera prima.
«Mi scusi, è possibile fare una telefonata?» chiede, attirando l'attenzione della vecchietta.
«Mi dispiace signorina, ma la bufera ha colpito un palo dell'elettricità ed ora tutti i telefoni della struttura sono fuori uso.» risponde cordialmente la signora.
Telefoni del secolo precedente! Probabilmente il casale risale al millecinquecento. Astrid ringrazia l'anziana, la signora Abigail e si precipita in strada, stringendosi nel suo cappotto, con la speranza che il suo cellulare prenda la linea. Deve assolutamente avvertire suo padre del suo immenso ritardo, il giorno della vigilia. Lui la starà aspettando nervosamente per riparare quell'orologio a cucù che hanno promesso di consegnare entro domani ad un caro amico di famiglia, deve essere un regalo di Natale.
Le strade sono deserte, neanche un'auto a cui chiedere in prestito un telefono o un passaggio alla stazione più vicina, magari con un colpo di fortuna anche a Liegi.
Mentre la rossa si sbraccia, in modo piuttosto stupido, pensando di poter in qualche modo far alzare le tacche della sua linea telefonica, un'automobile spunta dal nulla e quasi la investe.
Astrid riesce a scansarsi per un soffio, finendo per rotolare per terra. Dalla vettura ne esce un ragazzo poco più che ventenne, che in modo quasi impeccabile è riuscito a mantenere il controllo della macchina.
«Ma sei pazza? Potevo investirti!» sbraita, dirigendosi verso di lei.
La ragazza è ancora stordita, ma riesce a sentire il nervosismo che sale. Lei non è di certo stata attenta, ma il biondino, che ora è accovacciato ai suoi piedi, non andava piano. Il ragazzo le tende una mano e lei la afferra, non riuscendo però a mettersi in piedi. La sua caviglia non ne è uscita illesa e ora si ritrova in un paesino sperduto, senza linea telefonica e pure zoppa. Il suo odio verso il Natale comincia a crescere sempre di più.
«Io sono pazza? Tu correvi» protesta, non appena riesce a riprendersi. «E ora guarda come mi hai ridotta!» inveisce contro il ragazzo, che assume un'espressione del tutto contrariata e poco dispiaciuta.
«Eri nel bel mezzo di una strada innevata, a sbracciarti come una stupida e la colpa sarebbe mia?» ribatte il ragazzo.
Astrid pensa che lui abbia un tono irritante e una grandissima faccia da schiaffi. E l'ha chiamata stupida? Si costringe immediatamente ad alzarsi, nonostante il dolore lancinante, lui la segue nel movimento, con un'espressione impassibile. Gli punta un dito contro il petto, in cerca di un modo per recuperare la sua dignità.
«Non so che tipo di lavoro tu faccia, ma io dovevo già essere a Liegi con un pezzo di ricambio da portare a mio padre e ora, grazie a te, non solo non potrò prendere un treno a causa della bufera, ma dovrò pure trovare un modo per cercare un passaggio, zoppa!» gli urla contro, furiosa per la situazione.
«Be' in bocca al lupo.» il giovane biondino fa spallucce e fregandosene completamente della situazione si dirige verso l'auto a bordo strada.
Astrid rimane pietrificata dalla sua risposta, quasi incredula per il suo menefreghismo, ma si costringe a scuotersi prima che la sua unica chance di raggiungere la sua città sfrecci via su una bella macchina veloce. Saltella fino allo sportello del passeggero e bussa sul finestrino, costringendo il ragazzo ad abbassarlo. Lui sbuffa sonoramente, seccato dalla sua presenza.
«Sul serio vuoi lasciarmi qui?» gli chiede con un tono più sconvolto e teatrale di quello che dovrebbe realmente essere.
«Non sei un mio problema, inoltre mi accusi di cose che non ho fatto.» ribatte lui.
Quella dannata faccia da schiaffi! Astrid maledice chiunque gliel'abbia data. Come si fa ad essere così odiosi? La ragazza non sa davvero cos'altro dire, quindi gioca la sua carta da cucciolo infreddolito. Mette su la più supplice delle espressioni, provocando solo la risata del biondo all'interno della macchina.
«D'accordo, solo perché siamo sotto Natale, mi sento buono. Per tua fortuna sono diretto ad Hasselt.» esordisce alla fine lui, provocando un bel sorriso soddisfatto da parte della rossa.
Seguono attimi di silenzio, in cui lui continua a fissarla e lei non si muove da dov'è.
«Vuoi salire sì o no?» le chiede stizzito.
«Oh! Sì, ma ci sarebbero da prendere le mie valigie.» ribatte Astrid, indicando il B&B alle loro spalle.
Il ragazzo vorrebbe solo spingere sull'acceleratore e ripartire, sono ore che è in macchina, ma alla fine si decide ad aiutare l'attraente rossa, continuando ad emettere sbuffi sonori per farle capire quanto sia seccato.
Astrid saluta la vecchietta all'ingresso, che dà loro un rifornimento di caffè per il viaggio e dopo aver caricato i bagagli in macchina, si sistema sul sedile del passeggero e partono tra le stradine innevate.
«Quindi il tuo nome è?» chiede immediatamente la ragazza, mentre lui rotea gli occhi. Non deve essere una persona loquace.
«Davvero non mi consoci?» ribatte lui, con un tono abbastanza altezzoso. La ragazza scuote la testa, fingendo lo stesso menefreghismo mostratole da lui poco prima, ma realmente all'oscuro di chi stia guidando l'auto.
«Max, tu sei?» Le chiede in tutta tranquillità, sembra non importargli del fatto che lei non lo conosca affatto.
«Astrid» si presenta la ragazza.
«Ragazza buffa, nome buffo» commenta Max quasi sotto voce, non abbastanza perché lei non possa sentirlo e rifilargli un buffetto sulla spalla gridando un ''Ehi!'' quasi offesa.
«Così ci farai uscire di strada e a Liegi ci arrivi in barella» la rimprovera lui, lanciandole un'occhiataccia.
Astrid in realtà non è ancora riuscita a decifrarlo, solitamente lei ha un talento naturale nel capire le persone, ma Max è diverso, è enigmatico. É convinta che probabilmente sotto tutta quella finta presunzione ci sia qualcosa di più.
La strada scorre veloce fuori dalla vettura, ma il tempo sembra non passare mai. Sono le nove di sera e per arrivare a Liegi ci vorrà ancora almeno un'ora di viaggio. La ragazza sospira, visibilmente scocciata. Max distoglie per un secondo lo sguardo dalla strada per guardarla.
«Adesso che c'è?» le chiede, sospirando a sua volta. Non poteva che incontrare una persona più diversa da lui.
«É un mortorio!» Esclama lei con fin troppa enfasi. «Ma sei abituato a viaggiare sempre così? Ma come fai a rimanere sveglio?»
Max non risponde, si limita a sospirare e per quanto vorrebbe lasciarla a piedi nel bel mezzo dell'autostrada, la asseconda e accende la radio, che passa l'ennesima canzone natalizia. Astrid il Natale non lo sopporta proprio. Solitamente, durante tutto l'anno, è una persona molto solare, mai così poco accondiscendente, ma questo periodo dell'anno la mette davvero di malumore.
«Ti prego, le canzoni natalizie no» protesta, allungando una mano per cambiare la frequenza. Max la ferma, cominciando finalmente a pensare che ci sarà da divertirsi.
«Cosa ti ha fatto il Natale?» Le chiede realmente incuriosito.
«É la festa degli ipocriti» risponde Astrid, piuttosto infastidita, lasciandosi andare sul sedile. Max la osserva, attendendo che lei si spieghi meglio, lui non è un amante delle feste, ma mai aveva incontrato qualcuno che le odiasse a tal punto.
«Già sentirsi dire che a Natale sono tutti più buoni la dice lunga. Che vuol dire? Perché mai dovremmo essere tutti più buoni? E perché proprio in questo periodo dell'anno? Perché non a Luglio?» comincia a blaterare, tutto d'un fiato, la rossa. Questa volta Max ride leggermente, davvero divertito dal suo risentimento verso il Natale.
«E poi quest'uso abusivo delle luci, che spreco!» Astrid continua il suo sfogo, senza freni. «E la gente che si accalca ovunque per comprare regali stupidi a persone che neanche conosce? E per quale motivo ci si riunisce tutti all'improvviso? Ogni Natale rivedo una mia prozia, della quale ricordo a stento il nome e che puntualmente mi regala dei calzini orrendi.»
«Se vuoi quei calzini orrendi puoi darli a me, ho un amico a cui piacerebbero sicuro.» la prende in giro Max. La ragazza risponde con una risata nervosa, incrociando le braccia al petto.
«Quindi niente traumi precedenti? Solo fastidio innato?» Domanda lui quasi sorpreso. Astrid annuisce, prendendo un respiro profondo per darsi una calmata.
«A me il Natale non dispiace» esordisce Max dopo qualche secondo. «É uno dei pochi momenti in cui posso passare del tempo con la mia famiglia e staccare dal lavoro.»
Astrid lo osserva, nei suoi occhi legge una nota di malinconia e qualcos'altro che non riesce a capire. Il fatto che però lui abbia detto che il Natale non gli dispiace e che non sia uno di quei fanatici, come suo fratello, le dà sollievo. Non potrebbe davvero sopportare l'ennesima discussione sulla magia di questa festa.
«Quindi non passi molto tempo con loro? Che tipo di lavoro fai?» gli chiede incuriosita.
«Diciamo che faccio un lavoro particolare che mi permette di viaggiare moltissimo, ma di avere pochissimo tempo libero.» risponde Max in modo piuttosto vago. Astrid vorrebbe chiedergli il perché di tutto questo mistero, ma proprio mentre lei sta per aprire bocca, la macchina comincia ad emettere un rumore strano. Lui sbatte una mano sul volante con un verso di stizza.
«Che succede?» chiede la ragazza.
«Deve essere l'olio. Dannazione! L'ho fatto controllare prima di partire.» risponde Max, è piuttosto agitato.
«Come fai a saperlo?» chiede la rossa, piuttosto perplessa.
«Sono un pil... » Max si arresta di colpo, non volendo svelare la sua vera identità. «Lo so e basta.» afferma.
«Dobbiamo fare una deviazione, prendo l'uscita per Sougné.» annuncia, continuando a sbuffare per l'imprevisto.
Astrid non aggiunge altro, lui alla fine è stato gentile a darle un passaggio, nonostante il loro brusco incontro e poi Max dà tutta l'impressione di uno che non vuole essere ulteriormente disturbato quando qualcosa lo scoccia.
Se Bastogne è un paesino sperduto tra le Ardenne, Sougné è davvero un posto dimenticato dal mondo. Alla luce del giorno deve essere un paesaggio suggestivo, con le sue stradine strette, le case piccole e il fiumiciattolo che taglia in due il paese, ma addobbato com'è per il Natale ad Astrid fa venire solo il voltastomaco. Sembra il villaggio di Babbo Natale, con le decorazioni prese direttamente dal Polo Nord. La città sembra comunque dormiente, nonostante l'atmosfera festosa, tutte le botteghe e i negozi sono chiusi e dalla strada si possono osservare solo le luci delle case accese.
«Non troveremo mai un meccanico a quest'ora.» sussurra Max, rallentando per osservare meglio i lati della strada.
«Max, lì c'è scritto officina» gli indica Astrid, poco più avanti sulla destra.
Sotto il cartello c'è una serranda che stona con i mattoni e il tetto a spioventi della piccola costruzione e della casa annessa. Il ragazzo accosta e si slaccia la cintura.
«Resta qui, vado a vedere se c'è qualcuno.» le intima scendendo dall'auto.
Astrid osserva ogni suo movimento e tutto il resto della scena. Lo guarda mentre si dirige verso la porta della casa accanto, ha le spalle larghe e un fisico piuttosto delineato. Bussa al campanello e attende con impazienza, finché un signore sulla cinquantina gli apre e lo accoglie in maniera sorpresa. I due si abbracciano addirittura e da lontano la ragazza può percepire che il proprietario sembra molto ben disposto a dar loro una mano. Dopo poco, infatti, Max ritorna all'auto e apre lo sportello del passeggero.
«Il signore ci aiuterà, deve solo dare una controllata. Nel frattempo mi ha indicato una tavola calda aperta a pochi metri da qui. Ce la fai a camminare?» le spiega, con la testa china verso di lei.
Astrid annuisce, afferra la borsa e si fa aiutare per scendere dalla vettura. Per sicurezza prende anche il pacco contenente l'ingranaggio.
La tavola calda si trova solo quattro case più avanti, dalla parte opposta della strada. Da lì riescono persino a vedere il proprietario dell'officina che sposta l'auto. Max le posa una mano sulla schiena per spingerla ad entrare, oltre la porta un piacevolissimo calore la investe, facendole sentire nuovamente i piedi addormentati dal freddo. Un'anziana signora dietro il bancone li fa accomodare ad uno dei tavoli della sala, completamente vuota.
La ragazza si ricorda improvvisamente che deve avvertire suo padre del ritardo, da quando è entrata in macchina, se ne è completamente dimenticata.
«Scusa Max, devo fare una telefonata.» esordisce prima di alzarsi e uscire. Il ragazzo annuisce mentre si toglie la giacca.
Appena è fuori si rende conto che il suo cellulare è quasi scarico, ha poco tempo per avvertire la sua famiglia. Compone velocemente il numero del negozio, suo padre sarà talmente concentrato da non prestare attenzione al cellulare. Dopo qualche squillo, dall'altro capo del telefono, non è la voce che si aspettava di sentire.
«Bottega Maes. Chi parla?» esordisce suo fratello.
«Christophe, sono Astrid, idiota!» esclama la rossa sbuffando. Suo fratello non presta mai attenzione ai numeri di telefono che appaiono sulla cornetta.
«Astrid, ma che fine hai fatto? Ti aspettavamo più di un'ora fa, abbiamo provato a chiamarti mille volte!» esclama lui.
«Lascia perdere, ho avuto una piccola disavventura, farò tardi. Di' solo a papà che l'ingranaggio è con me e che arriverò il prima possibile.» cerca di spiegarsi in fretta la ragazza.
«D'accordo, ma ora dove se...» la voce di Christophe si interrompe bruscamente e quando Astrid riporta lo schermo davanti ai suoi occhi si accorge che ormai è spento.
Sospira esasperata e si rifugia nuovamente dentro la tavola calda, dove Max ha appena congedato, con un abbraccio, il giovane ragazzo che ha portato due cioccolate. Astrid si siede di fronte a lui e si accerta che il pacco sia ancora intero, come se qualcosa potesse essere cambiato da cinque minuti prima.
«Si può sapere che cosa c'è di così importante là dentro?» le chiede lui, indicando la piccola scatola.
«Nella mia famiglia siamo orologiai da generazioni, questo è un pezzo di ricambio di un orologio a cucù molto raro e pregiato che ho dovuto prendere personalmente, viaggiando fino a Bastogne, l'ultima città a possederlo. Ecco per quale motivo mi ritrovo in questa disavventura.» spiega la rossa.
«Tu, piuttosto, qui ti conoscono tutti?» gli chiede, alludendo al fatto che chiunque incontrino, lo saluta con un caloroso affetto.
«Diciamo di sì» risponde lui, continuando a rimanere vago.
«E se sei diretto ad Hasselt, per quale motivo passavi per Bastogne?»
Solo qualche ora fa il loro incontro preannunciava uno scontro piuttosto animato e invece questo viaggio si sta rivelando una disavventura, che però rimarrà memorabile per molto tempo. Cominciano a chiacchierare come due amici di vecchia data e man mano che Max si scioglie, Astrid è sempre più convinta che non è una persona altezzosa, come le è sembrato, forse è semplicemente molto ambizioso.
«Sono partito da Monaco questa mattina, dovevo prendere un aereo, ma la tempesta ha bloccato anche quelli. Sono undici ore che guido ininterrottamente, ma credo di esserci abituato ormai.» Max sorseggia la sua cioccolata, mentre la signora del bancone porta al tavolo il piatto di patatine che hanno ordinato.
«Patatine e cioccolata, che accoppiata!» esclama Astrid, facendo ridere Max.
Dopo essersi divisi l'enorme piatto, tra chiacchiere e risate, il ragazzo chiede il conto, iniziando a discutere con la rossa su chi debba pagare. Alla fine la proprietaria della tavola calda risolve il conflitto dicendo che offre la casa. Entrambi ringraziano e recuperano le loro cose, ma quando escono Max nota che ci vorrà ancora qualche minuto per l'auto. Insieme i due avvistano un piccolo negozio, poco più avanti, ancora aperto. Non è eccessivamente addobbato come il resto del paese, eppure vende proprio oggetti natalizi.
«Buonasera» saluta il ragazzo, tirando un sospiro di sollievo non appena si accorge che il proprietario, un anziano signore, non lo ha riconosciuto o forse non lo conosce affatto.
I due cominciano ad aggirarsi tra gli addobbi, in modo piuttosto silenzioso. Il negozio possiede pure un piano superiore, che al contrario dell'esterno spoglio, è pieno di cose luccicanti, di ogni colore. Astrid si ferma a fissare una piccola palina, appesa ad un espositore. É tutta decorata con immagini che richiamano il Natale, renne, slitte, alberi, bastoncini di zucchero. I colori sembrano essere azzeccati con i suoi gusti, blu e argento qualcosa che non fa pensare subito al natale, che è elegante, non troppo pacchiano.
«La rossa che odia il Natale attirata da una pallina?» la schernisce Max, facendola uscire dal suo momentaneo stato di trance.
«Le palline piacevano moltissimo a mia madre, era in grado di trovare sempre le più strambe e uniche.» risponde lei con un tono malinconico. Un po' si pente per non aver portato avanti la tradizione, ma alla fine si ripete che si tratta solo di coerenza.
«Che è successo?» le chiede lui, con un'aria un po' innocente, ma perfettamente consapevole che si tratta di un tasto dolente.
«É morta l'anno scorso, leucemia fulminante.» spiega Astrid, ripensando a quanto quest'anno sia stato pieno e duro da sopportare per lei. Max sospira, quasi imbarazzato per essersi cacciato in una situazione del genere.
«É per questo che il Natale ti fa così schifo?» le chiede, insicuro se quella sia la domanda da fare, passandosi una mano dietro la nuca. Ma la ragazza scoppia a ridere, creandogli solo maggiore confusione.
«No, anzi, io e lei discutevamo sempre per questo. Mia madre cercava di convincere in tutti i modi me e mio padre di quanto fosse magica questa festa e finivamo sempre per litigare.»
Max si sente un po' sollevato dalla sua risposta, sa che almeno questo periodo dell'anno non le piace per davvero e non perché le evochi un brutto ricordo, quindi potrà continuare a prenderla in giro per il suo atteggiamento da creatura verde e pelosa.
Alla fine si decidono ad uscire dal negozio, ma lui le chiede di aspettarlo fuori mentre cerca un bagno. Al suo ritorno il ragazzo si dirige a prendere la macchina, lei lo aspetta proprio fuori dalla bottega per evitare di stancare ulteriormente la caviglia, le scale l'hanno stremata. Appena entra nella vettura nell'abitacolo risuona una delle solite canzoni natalizie. Astrid rivolge a Max un'occhiata quasi scioccata.
«Allora, scommetto che il tuo film natalizio preferito è il Grinch» la schernisce lui, mentre riparte tra le vie di Sougnè per imboccare l'autostrada.
«Io non guardo film natalizi e soprattutto non sono così scema, come quell'omuncolo verde, da farmi convincere da una ragazzina che il Natale sia una bella festa.» ribatte lei con tono fermo.
«Decisa e irascibile, forse io e te potremmo andare più d'accordo del previsto.» scherza Max, con gli occhi attenti sulla strada.
«Dopo che mi hai azzoppato? Non credo proprio!» esclama Astrid, sorridendo lievemente, il ragazzo fa lo stesso.
La verità è che il viaggio con Max è stato davvero piacevole, più di quanto pensasse e le dispiace davvero non dover compiere l'ennesima peripezia, prima di arrivare a destinazione. O forse non è così. Infatti poco dopo la ragazza gli grida di fermarsi e di accostare alla piazzola di sosta, dove un cucciolo di cane, tutto nero, è legato al guardrail. Astrid scende dall'auto, precipitandosi verso l'animale, è infreddolito e si lamenta e ha la targhetta staccata.
«Astrid, ma sei matta? Mi hai fatto prendere un infarto.» sbraita Max uscendo dalla vettura e raggiungendola accanto al cucciolo. «Ma poi come hai fatto a vederlo?»
«Max non possiamo lasciarlo qui, sta morendo di freddo!» esclama lei, ignorando completamente le proteste del ragazzo.
Alla fine lui si intenerisce e si accovaccia accanto a lei, cercando di aiutarla a riscaldare l'animale.
«Non posso portarlo con me e non credo che tu voglia un cane, cosa facciamo?» Le chiede riacquistando la calma.
Astrid cerca di pensare velocemente, non vuole lasciarlo lì per nessuna ragione. Di certo non può presentarsi a casa con il cucciolo, suo padre la ucciderebbe, ma improvvisamente le viene un'idea.
«Portiamolo con noi. All'inizio di Liegi abita una ragazza che conosco, accudisce tutti i cuccioli abbandonati che trova e poi li porta al canile.» la ragazza spera che Max accetti e alla fine lui si lascia convincere, guadagnandosi la prima vera espressione festosa di Astrid e un suo bacio sulla guancia, che per un attimo fa sprofondare entrambi nell'imbarazzo totale.
Il viaggio continua senza ulteriori imprevisti e nel giro di un quarto d'ora imboccano finalmente l'uscita per Liegi. La ragazza gli indica dove fermarsi e in breve tempo, lasciano il cucciolo infreddolito alla ragazza assonata, che comunque li ringrazia per aver salvato la vita al povero animale.
Dopo pochi minuti il loro viaggio giunge definitivamente al termine, davanti alla bottega dei Maes.
«Ci siamo, finalmente arrivati.» annuncia Max spegnendo il motore.
Entrambi vengono pervasi da un senso d'amaro. Sembra una vita fa quando lui la stava per investire e invece sono passate solo poche ore, forse le più intense che il ragazzo abbia passato fuori da un circuito. Gli viene quasi da ridere ripensando a tutto quello che hanno passato.
Scendono insieme dall'auto e lui le prende l'unica valigia che ha, aiutandola ancora una volta ad uscire dalla vettura.
«Pensi che ti apriranno?» Scherza Max alludendo alla desolazione intorno a loro.
«Mio padre starà ancora lavorando, ne sono certa.» risponde lei, rimanendo impalata a fissarlo.
«Allora ciao, piccolo Grinch.» la saluta lui, prendendosi la libertà di scompigliarle leggermente i capelli.
Lei non protesta, lo osserva solo mentre sale sulla sua auto e si prende qualche minuto prima di accenderla. Astrid ne approfitta per temporeggiare il più possibile, vorrebbe fermare il tempo. Bussa sul vetro del finestrino, come un deja-vu, questa volta lui è ben felice di abbassarlo.
«Non so bene cosa si dica in questi casi, ma un grazie forse te lo devo.» esordisce lei. «E devo anche ringraziare che tu non fossi un maniaco, un killer o un pazzo.» Max scoppia a ridere all'affermazione della rossa, anche lui non è bravo con le parole non sa bene cosa dirle.
«Be' grazie a te per aver movimentato questo noioso viaggio natalizio.» Ribatte, mentre le sue gote si arrossano leggermente per l'imbarazzo.
«Ora che farai?» gli chiede lei sorridendo.
«Continuerò per altri quarantacinque minuti, ascoltandomi canzoni natalizie.» scherza lui, facendo ridere entrambi. Astrid sospira.
«Buon viaggio allora» vorrebbe dire altro, ma non le resta che spostarsi e farlo ripartire.
«Grazie, Astrid, non combinare troppi danni.» la ammonisce lui ironicamente.
Subito dopo alza il finestrino, guardandola ancora per un po' e sfreccia via per raggiungere la sua destinazione.
É ormai mezzanotte inoltrata quando il campanello della bottega fa intendere l'arrivo di Astrid. Come immaginava, suo padre è ancora chino sull'orologio, la luce del loro negozio è l'unica accesa in tutto il quartiere. Christophe si precipita giù dalle scale con indosso il pigiama natalizio, sembra aver visto un fantasma.
Solo in quel momento suo padre si accorge della sua presenza. Era talmente concentrato sul marchingegno che non l'ha neanche sentita entrare.
«Astrid, cara, per fortuna sei riuscita ad arrivare.» La accoglie andandole incontro. Lei gli mette davanti il pacchetto con l'ingranaggio mancante e lui le sorride grato, rimettendosi però subito all'opera.
«Dimmi che quello che ti ha appena accompagnata non era Max Verstappen!» Esclama suo fratello con un tono piuttosto eccitato.
«Max chi? Ha detto solo di chiamarsi Max, non so nient'altro.» Ribatte lei con la testa che le pulsa. Questa notte è stata una piccola avventura che l'ha sfinita. Christophe comincia a digitare qualcosa sul telefono in modo frenetico.
«Lui» esclama mostrandole la foto del suo compagno di viaggio di questa notte.
Nell'immagine indossa un cappellino e una felpa della Red Bull e non gli manca di certo quel sorriso da schiaffi. La didascalia è in inglese, ma ciò che attira Astrid è la dicitura pilota accanto al suo nome. Ha viaggiato per tutto questo tempo con un pilota e non lo sapeva. Ecco spiegata la sua intuizione sull'olio e il suo lavoro che lo fa viaggiare tanto.
«Scusate, devo fare una cosa» liquida i due prima di correre su per le scale e rinchiudersi nella sua stanza.
Cerca disperatamente il caricabatterie nella sua valigia, mettendo tutto a soqquadro, ma non le importa niente, il loro non è stato un addio. Aspetta con ansia che il suo cellulare si accenda, mordendosi un'unghia nel frattempo. Quando lo schermo diventa accessibile, apre Instagram e cerca Max. Per fortuna non è così asociale da non avere un profilo. Osserva un po' di foto, quasi tutte riguardanti il suo lavoro, deve essere uno che vive solo per quello.
Dopo attimi di riflessione si decide a scrivergli un messaggio. Ci pensa e ci ripensa a cosa dire, ma alla fine nulla può riassumere il loro viaggio meglio di un semplice augurio.
Buon Natale, Max.
Gli scrive, bloccando subito dopo lo schermo. Non vuole stare a fissarlo come una ragazzina, specie se sa che, forse, non riceverà risposta.
Ritorna alla sua valigia, sistema in modo grossolano i vestiti sparsi sul pavimento e mentre si alza velocemente colpisce la borsa abbandonata sul letto. Tutto il suo contenuto cade a terra, facendola imprecare, ma ciò che attira la sua attenzione è la pallina che rotola via sul pavimento. É quella che le piaceva nel negozio di quell'anziano signore.
La fissa sorridendo, deve per forza essere stato Max, altrimenti sarebbe una ladra.
Improvvisamente lo schermo del suo cellulare si illumina, emettendo un suono di notifica. Astrid si precipita a controllare chi sia, rimanendo a fissare lo schermo con un sorriso quasi stupido.
Buon Natale, Astrid.
É Max, con l'emoji di una pallina.
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