🎄|DI NASI ROTTI E VIAGGI IN OSPEDALE
PACCHETTO SPECIALE: Tema Capodanno
DI NASI ROTTI E VIAGGI IN OSPEDALE
Ogni qual volta che si parla di Capodanno, è impossibile non lasciarsi travolgere dall'aria di festa.
Con le immancabili feste, l'alcol a volontà e il conto alla rovescia accompagnato dai fuochi d'artificio, Capodanno si posiziona sicuramente in una buona posizione nella classifica delle più belle festività dell'anno.
Passarlo nel piccolo Paradiso che è il Principato di Monaco, poi, è tutta un'altra cosa. L'atmosfera frizzante che si respira fa perdere la testa, e i numerosi locali notturni aperti fino ad orari improponibili sono la prima meta di incontro per i festaioli che non si accontentano di giocare alla Tombola aspettando il nuovo anno.
Se sei fortunato come Nina, poi, e sei riuscito ad accaparrarti un posto nella discoteca più famosa di Montecarlo, il Jimmy'z, beh, preparati a festeggiare nel miglior modo l'anno nuovo.
Peccato che non sempre le cose vadano come vorremmo, e se in programma questa sera Nina sarebbe dovuta uscire alle undici con le sue amiche, al momento le cose stanno andando in qualsiasi modo, fuorché secondo i piani.
«Cosa vuol dire che non prende qua? »
Se potesse guardarsi allo specchio, in questo momento, Nina riderebbe della sua stessa espressione come sta facendo l'uomo davanti a lei. Solo che è troppo disperata per non arrabbiarsi ancora di più con il passante che le ha appena comunicato che in questa cittadina sperduta francese il telefono non prende.
«E io come ci arrivo a Montecarlo a quest'ora?» domanda, portandosi le mani sulle tempie per dare un minimo di sollievo a contatto con le mani gelide. Se non fosse stato per l'autista uber che ha sbagliato strada e l'ha abbandonata sul ciglio di un'altra nazione, al momento si troverebbe a ubriacarsi senza pietà e non a chiedere spiegazione a un vecchio che capisce solo la metà delle parole che sta dicendo.
L'uomo le rivolge un sorriso sghembo «Questo non è un mio problema, ragazzina.»
E menomale che gli anziani erano sempre buoni e disponibili.
Il vecchio accompagna la sua uscita di scena dalla strada principale con una sonora risata, e questo non fa che irritare Nina ancora di più. Ora non ha davvero nessuno a cui chiedere aiuto, e la strada che le sta di fronte non è molto trafficata, e dubita fortemente che sua perfino segnata su Google Maps.
Guarda sconsolata il telefono, praticamente inutile oltre che scarico perché qui non prende nemmeno mezza tacca, e si siede sul marciapiede sporco. Il suo vestito nero si riempie di polvere appena si appoggia ad esso, ma non curante si stringe il cappotto sulle spalle.
Fa freddo, e anche se non c'è nessuna traccia di neve il ghiaccio sulla strada non è molto sicuro quando indossa degli stivali col tacco, per cui se li toglie, ringraziando di essersi messa due paia di calzini sopra le calze per evitare le vesciche ai piedi.
Ora come ora, ed essere sinceri, non sa nemmeno cosa stia aspettando. Forse le conviene attendere la mattina che qualcuno apra passi di lì, ma l'alternativa di aspettare sul ciglio della strada al freddo non è molto allettante, oppure camminare in cerca di una città vicina, ma non sa cosa potrebbe aspettarsi avanzando in una strada poco illuminata. E poi qualcuno potrebbe rapirla, o peggio, è questa è sempre una possibilità da tenere a mente.
Non sa quanto tempo passi persa tra i suoi pensieri prima che una luce abbagliante le colpisca il viso.
Un rombo di motore la scuote all'improvviso, e si alza giusto in tempo per scorgere dalla fine della strada una macchina sportiva. Nina si sporge leggermente, alzando il pollice in su per attirare l'attenzione del guidatore. Forse l'autostop non è il modo migliore per chiedere un passaggio, e in situazioni normali non lo farebbe, ma non sa più che pesci pigliare e al momento la Ferrari rossa che si fa strada sgommando è la sua unica possibilità di non trascorrere la notte in un Paese straniero senza soldi o cibo.
Sa di non avere tanto tempo, questioni di attimi prima che l'automobile le passi davanti e continui la sua strada, e proprio quando non rallenta davanti a lei una rabbia cieca la invade.
Si dice di aver superato il limite quando afferra la prima cosa che le capita a tiro - per sua sfortuna lo stivale destro - e lo lancia sulla figura che si allontana velocemente. A pensarci bene non è la scelta migliore, innanzitutto perché ha sempre avuto una mira da schifo e poi perché le possibilità che esso colpisca l'auto sono così basse che si pente della sua azione appena lascia la presa sullo stivale.
Ma i miracoli a quanto pare esistono, perché sgrana gli occhi non appena il tacco dello stivale colpisce il lunotto posteriore della Ferrari e forma una crepa sul vetro.
Dell'urto, a quanto pare, se ne accorge anche il guidatore, che inchioda all'improvviso a una ventina di metri da lei.
Nina in parte è impaurita, ma il senso di adrenalina mista a felicità che la pervade per essere riuscita ad attirare l'attenzione di qualcuno la fa scattare verso la vettura parcheggiata che non dà intenzione di volersi muovere.
Percorre scalza il perimetro dell'auto dai finestrini oscurati in completo silenzio, riflettendo su ciò che potrebbe dire. Dubita che che un "ciao come va mi dai un passaggio, grazie" possa funzionare dopo aver appena rovinato un pezzo d'auto che probabilmente neanche vendendo entrambi i suoi reni potrebbe permettersi.
Si avvicina, salutando con la mano e sperando che chiunque sia a guida di una macchina del genere abbassi presto il finestrino e accetti di portarla fino a Montecarlo.
Aspetta pazientemente che il guidatore si faccia vivo, e proprio quando inizia a pensare di averlo ferito in qualche modo - o peggio, magari da averlo ucciso, ma non vorrebbe pensare a questa prospettiva -, che una figura esce dalla vettura.
Solo che spalanca la portiera all'improvviso e Nina, che si era piegata per essere all'altezza del finestrino, non fa in tempo a scostarsi che viene colpita in pieno viso dalla superficie ghiacciata.
Poi, il buio.
***
«Cazzo!»
Sono queste le parole che sente appena apre gli occhi dopo quelli che sono sembrate ore, ma che probabilmente sono solo secondi, e non potrebbe essere più d'accordo con questa esclamazione colorita.
Un dolore atroce le pervade tutto il corpo non appena riprende coscienza e dei puntini indefiniti non le permettono di vedere distintamente la figura a mezzo metro sopra di lei. Un sapore simile al ferro le ricopre le labbra rosse carminio, ma è piuttosto sicura che quello che le ricopre almeno buona parte della faccia sua sangue. Al solo pensiero le viene da vomitare, ma si trattiene solo perché ogni moventi all'inizio le vista un dolore atroce.
La figura da cui scommette proviene la voce maschile che ha appena parlato si accorge che Nina ha ripreso i sensi, perché si avvicina un po' di più e le permettere di distinguere un paio di singolari occhi verdi.
«Tutto bene?» domanda, è la risposta è così ovvia che riderebbe se non fosse distesa a terra e ricoperta di sangue.
Parlare le risulta difficile come respirare, ma riesce lo stesso a scuotere la testa. «Rotto» ansima, indicando il naso sporco di sangue.
Il ragazzo sospira, portandosi le mani in faccia. «Okay, vieni»
Si avvicina, cingendole le mani lungi la schiena. All'inizio Nina storce il naso - o almeno, per quanto possa storcerlo - e fa per allontanarsi, ma la figura davanti a sé è più forte e la solleva piano non ascoltando le sue polemiche.
La aiuta ad alzarsi, e quando i suoi piedi toccano terra deve appoggiarsi alla macchina per darsi stabilità. Però questo sembra funzionare, perché riesce a vedere meglio quello che la circonda.
L'assassino del suo naso la guarda scettico con le braccia incrociate, fasciate da quello che ha tutta l'aria di essere un completo firmato - non che si aspettasse altro da uno che guida una Ferrari - e le rivolge un sorriso divertito.
Nina distoglie lo sguardo, stringendosi il cappotto per coprirsi dal freddo. «Quindi?» lo incalza, sbattendo le mani lungo i fianchi. «Ti muovi oppure no a darmi un fazzoletto?»
La sua arroganza deve fare effetto, perché il giovane le fa cenno di entrare in macchina. Lei segue le sue indicazioni, e nonostante il dolore che gli provoca il naso non riesce a trattenere un sorriso eccitato: non è mai salita su una macchina di lusso, e mai avrebbe pensato che l'avrebbe fatto in questa situazione.
Si dimentica anche dei suoi stivali, abbandonati sulla strada, e si gode il tepore che la vettura sprigiona al suo interno. Il ragazzo si allaccia la cintura e le porge un fazzoletto, girando poi la testa verso il lunotto, evidentemente accorgendosi solo ora della crepa che ha ricoperto tutto il vetro e che si allarga a vista d'occhio. Rilascia un imprecazione, e Nina in parte si sente in colpa, perché alla fine l'ha rotto lei, ma lui le ha rotto il naso, quindi sono pari.
«Sei della zona?» domanda il guidatore, sperando che almeno sappia dove si trova un'officina in cui poter sostituire il vetro.
Nina scuote la testa, continuando a tamponare delicatamente il naso con il fazzoletto, ormai intriso di sangue. «Ti conviene ripararlo, ho letto che è pericoloso viaggiare così» commenta solo, alludendo al lunotto.
«Questo lo so, ci lavoro in quest'ambito» replica, dando per ovvio che Nina l'abbia già riconosciuto. Anzi, è strano che non abbia già dato di matto, di solito appena la gente lo riconosce fa così.
Solo che Nina non ne sa niente di Formula 1, e il viso di Charles è tutto fuorché familiare. Alza le spalle, piegando la testa verso di lui. «Sei un meccanico per caso?»
La sua domanda deve farlo divertire molto, perché una leggere risata fuoriesce dalle sue labbra rosee. Solo che Nina è serissima per una volta, e il corvino deve averlo capito, perché si zittisce immediatamente. «Ma sai chi sono almeno?»
Poi, a Nina viene l'illuminazione: sa di aver già visto quel viso in giro per Monaco, appeso a caratteri cubitali da qualche parte. Solo che non ha idea del perché si trovi in uno striscione vicino alle piscine di Montecarlo.
«Un politico?» azzarda.
Charles sgrana gli occhi, rendendosi conto che in effetti la ragazza che ha di fronte non sa chi è. Una parte di lui vorrebbe dirgli la verità, ma non la ascolta e preferisce non dirglielo, godendosi per una volta un momento senza fama, senza nessuno che gli parli per via del suo lavoro. «Lascia stare, solo Charles comunque.»
La ragazza si accinge a stringergli la mano: «Nina».
Charles concentra poi tutta la sua attenzione sulla strada, accendendo il motore e portando le mani sul volante. «Che ne dici se andiamo in ospedale?» e la sua è una domanda retorica, a cui Nina sorride leggermente.
Il paesaggio francese brullo e disabitato che li circonda lascia velocemente spazio a una radura verde con abitazioni sparse lungo la pianura, e se Nina si sporge leggermente riesce a vedere il blu scuro del mare, il che significa che non sono tanto lontani dal Principato.
In macchina il clima è silenzioso, e questo le permette di rilassarsi e distendere i muscoli, godendosi l'ambiente notturno che la accompagna. Charles guida in modo rilassato, come se lo facesse da una vita, ed evita con facilità le buche che ci sono sull'asfalto. La tranquillità del momento la fa quasi chiudere gli occhi, e si dimentica perfino del dolore martellante che le provoca il naso.
Si fermano dopo quelli che sono sembrati due minuti, ma che in verità è quasi mezz'ora e lo testimonia l'ora sullo schermo della macchina che dice che mancano soli dieci minuti a mezzanotte.
Non osa immaginare la decina di chiamate perse delle sue amiche, probabilmente preoccupate dalla sua assenza, che riceverà non appena accenderà il suo telefono ora morto.
Charles, al suo fianco, le scuote leggermente la spalla, risvegliandola finalmente dal suo stato di dormiveglia. Scende dalla macchina e Nina lo segue a ruota, soffermandosi un momento sui suoi piedi scalzi prima di ignorare il dolore che esso le provocherà e si alza sulla strada sterrata.
Sbatte la portiera alle sue spalle e si sofferma sulla struttura che le sta difronte. Charles si sta dirigendo verso un uomo barbuto a metà strada, e dietro di esso può distinguere quella che sembra un'officina. A grandi gesti il ragazzo indica la macchina, e nonostante sia troppo distante per sentire il loro scambio di battute capisce che sono lì per sostituire il vetro del lunotto.
Immediatamente si sposta dalla vettura quando il signore si avvicina alla Ferrari con le chiavi in mano, e rivolge uno sguardo che domanda spiegazioni a Charles. Lui alza le spalle, cambiando rotta e incamminandosi verso l'edificio attaccato all'officina. «Ci vorrà poco, vedrai.»
Non sa se preoccuparsi più di che genere di attività tiene aperto a una manciata di minuti da Capodanno o dello sconosciuto che la conduce all'interno del bar, ma ha imparato a non fare domande e quindi prosegue dritta verso un tavolino poco distante dalla finestra.
Si lascia cadere sulla sedia con un tonfo, appoggiando la schiena contro la parete in legno. Charles invece attende un po' prima di sedersi, portando con sé due tazze di caffè e dei panini.
Il suo stomaco inizia a brontolare, e non si era nemmeno resa conto di essere affamata prima. Così afferra il suo cibo senza fare ulteriori domande e lo mangia velocemente, finendolo subito dopo e osservando il ragazzo davanti a lei guardarla impressionato.
«Che c'è?» domanda, lanciandogli un'occhiataccia. «Avevo fame» si giustifica, e Charles alza le mani in alto. «Non avevo dubbi su quello» ridacchia per poi finire il suo caffè.
Ma Nina non si accontenta di rimanere in silenzio, così accavalla le gambe coperte solo da un paio di calze color pelle e indica il completo che il giovane indossa egregiamente, a suo modesto parere. «Stavi andando da qualche parte, vero?»
Charles guarda la camicia che indossa, ora sporca di sangue in alcuni punti, e poi riposa lo sguardo su di lei. «Una festa» dice solo, alzando le spalle. «Tu invece che ci facevi a Entrevaux?» domanda, alludendo alla cittadina in cui l'ha incontrata.
«Colpa di un uber. Ero diretta a Montecarlo»
«Anche tu a Montecarlo?» domanda appoggia la tazzina sul tavolo. Si avvicina allo schienale della sedia, lanciando una breve occhiata all'occhiata allo schermo del telefono che segna le undici e cinquantanove.
«Quanto dovrebbero metterci per cambiare il vetro?» domanda Nina, appoggiando la testa sul palmo della mano. Con l'altra mantiene sul naso una busta di ghiaccio per sgonfiare il gonfiore che la proprietaria della locanda le ha consegnato appena le hanno spiegato la situazione.
Charles apre la bocca per rispondere, ma non fa in tempo che gli applausi delle poche persone presenti nel bar coprono ogni rumore, chiaro segno che è appena scattata la mezzanotte.
Nina si alza di scatto in piedi, realizzando che Capodanno è appena iniziato e lei si trova ancora in una Nazione straniera con uno sconosciuto al suo fianco e un naso rotto che necessita di essere medicato al pronto soccorso, e tutto sta andando per il verso sbagliato.
Eppure sorride lo stesso, nonostante le costi una fatica immensa e il dolore si amplifichi, e abbraccia di slancio Charles. «Beh, buon anno!» esclama, staccandosi dall'abbraccio visibilmente euforica.
Il ragazzo sorride, afferrando la sua tazzina vuota di caffè e facendola scontrare sonoramente con quella di Nina. «Buon anno!» ripete, ed era da tanto che non si sentiva così felice.
***
«Suppongo sia l'ora che vada» annuncia Nina sottovoce, ma non si muove di un millimetro.
Si trovano nel parcheggio del Centre Hospitalier Princesse Grace, da quasi un quarto d'ora, ma nessuno ha ancora accennato l'intenzione di volersi salutare.
Sono passate quasi due ore dal momento in sono usciti dalla locanda sul ciglio della strada, e nel frattempo hanno finalmente raggiunto l'ospedale di Monaco, poco lontano dal confino con la Francia. L'edificio enorme si stanzia davanti a loro, e nonostante siano quasi le tre di mattina del primo gennaio un via vai continuo di gente li circonda.
«Lo so» mormora con un soffio Charles, la macchina ancora accesa e le braccia piegate sul volante.
Nina soppesa fra le mani una busta del ghiaccio ormai inutile perché caldo, ma nonostante il male al naso che le ricorda che è ora di andare non si sente ancora pronta a salutare Charles. Hanno passato delle bellissime ore assieme, e nonostante il contesto non fosse dei migliori, si è divertita, e ora dirgli addio le risulta difficile. Sa che questa sarà probabilmente il suo ultimo momento di tranquillità prima di affrontare una difficile mattinata in ospedale e poi subirsi tutte le preoccupazioni dei suoi cari e dei suoi amici, che probabilmente l'hanno già data per dispersa.
Gira il suo viso verso quello di Charles, già proteso verso di lei. «Grazie.» E queste sono le parole più sincere che abbia mai pronunciato. Nonostante per colpa sua ora si trovi con un osso rotto, non sa davvero cosa starebbe facendo ora se Charles non si fosse fermato. Probabilmente si troverebbe ancora sul ciglio di una strada sporca ad aspettare che qualcuno si accorga di lei.
Il ragazzo le rivolge un sorriso mozzafiato, e Nina si sente pronta a salutarlo. Spalanca la portiera, lasciando che il vento freddo la accarezzi e si infiltri sotto i suoi vestiti. Indirizza un ultimo sorriso al corvino prima che i suoi piedi scalzi tocchino la neve a terra e chiuda la portiera.
Volta le spalle alla Ferrari rossa fiammante prima che possa sparire e inizia a correre verso la scalinata in pietra, tentando disperatamente di non congelarsi tutti le dita dei piedi.
E quando riesce nella sua impresa e si gira, Charles e già sparito.
***
Quella stessa mattina, Nina si sente diversa quando cammina lungo i marciapiedi di Montecarlo. Torna proprio dal pronto soccorso, dove le hanno confermato l'ovvio, ovvero che il suo naso era rotto, e medicato con un intervento manuale estremamente doloroso.
Per alleviare il dolore le hanno fatto inghiottire un'ingente dose di antidolorifici, che oltre a farla sentire meglio l'hanno un po' stordita.
Passa davanti alle piscine saltellando, e probabilmente i passanti potrebbero giurare che sia ubriaca, ma è solo estremamente leggera, merito soprattutto dei medicinali che ha preso.
In effetti, crede che sia proprio colpa degli antidolorifici che le giocano un brutto scherzo la visione che sta avendo al momento. Davanti ai suoi occhi, un gigantesco murales le sorride e lei non crede ai suoi occhi. Sapeva di aver già visto quella faccia in giro, e in effetti aveva ragione. Uno schizzo fatto da delle bombolette ritrae Charles, il suo Charles, quello che l'ha accompagnata in ospedale e a cui ha rovinato il lunotto con un tacco, in una tuta rossa e sotto uno striscione recita a lettere cubitali "il predestinato".
E un dubbio si insinua nella sua testa. Si gira a destra e sinistra, prima di trovare qualcuno sulla strada e gli si piazza davanti. «Scusami, sai dirmi chi è questa persona?» domanda, indicando con il braccio l'immagine.
La persona che ha fermato, una ragazza che avrà a occhio e croce quattordici anni, le sorride. «Ma come, non conosci Charles Leclerc?» domanda in un tono che sembra quasi adorante guardando il murales. «Lui è il più forte di tutti. Vincerà, te lo dico io» continua, per poi rimettersi in sella alla bicicletta e sparire.
Nina apre velocemente instagram, ringraziando di essere riuscita a caricare il telefono in ospedale, e ignora le notifiche che le arrivano. Cerca nella casella di ricerca un nome preciso, e quando trova il profilo sorride. Digita un messaggio veloce e conciso prima di chiudere il dispositivo.
nina.martin
Buon anno, Charles
E la sua risposta non tarda ad arrivare.
charles_leclerc
Buon anno, Nina
In allegato la foto del suo stivale in pelle nera, ed è certa che è quello che ha tirato contro la macchina di Charles perché il tacco è rotto, e sotto scritto "l'ho tenuto. Così mi ricorderò di questa serata".
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