Dal dottore

Lunedì, 14 settembre 2015. Via S. Freud 62, studio del dott. Levi. Tramonto.


«Sai, secondo me ogni cosa nel mondo è sempre riconducibile a una biforcazione: davanti ad ogni grande interrogativo, c'è sempre qualcuno che adotta una certa posizione e qualcun'altro che adotta quella diametralmente opposta. E' come camminare per un sentiero e, ad un certo punto, accorgersi che esso si divide in due strade identiche che seguono direzioni opposte. Ma il punto è questo: le due strade portano nello stesso posto, soltanto che non sappiamo di che posto si tratti, perché non possiamo raggiungerlo: le due strade, infatti, sono entrambe impercorribili, troppo impervie per i nostri vani sforzi.»

Antonio ascoltava attento, con una mano sulla guancia. Il suo volto era sempre sorridente e caldo, accogliente. Era un uomo di statura media, dalla costituzione esile, con le spalle un po' ricurve; aveva degli occhi verdi e brillanti, lo sguardo vispo, attento, ma dolce; le sue labbra erano sottili, e sempre incurvate in un sorriso appena accennato, impercettibile. Aveva cinquant'anni, all'incirca, e l'età gli aveva fatto perdere gran parte dei capelli. Forse da giovane ne aveva avuti molti - Eli li immaginava ricci -, di un colore tra il castano e il biondo, a giudicare dalla barba cortissima che gli ombrava il mento e le guance. Così semplice, gentile e attento. Era proprio (Eli lo aveva pensato molte volte, guardandolo) come ogni padre dovrebbe essere. Stava bene lì. Si piaceva un po' di più quando era con lui.

«Ma sei un poeta, Eli.» disse Antonio.

«Oh, no, figurati.» rispose il ragazzo con tono noncurante, abbassando lo sguardo e sentendo le guance scaldarsi. Poi riprese: «Facciamo un esempio, va bene? Allora, se io ad esempio affermo che la vita è breve, avrebbe senso. Sai quante volte si sente dire nei film. Anzi, credo che sia la frase più abusata del mondo. Però potrei anche dire con un sospiro teatrale che la vita è così lunga e interminabile... e tu non avresti problemi a dire che ho ragione. Ma il punto è che ho ragione in entrambi i casi, o, meglio, il mio ragionamento ha senso comunque, qualsiasi delle due tesi sostenga.»

«E riferendoci alla metafora di prima, quando hai detto che la destinazione finale è irragiungibile perché le due strade sono impraticabili per i nostri 'vani sforzi', intendi dire che non ci è dato sapere quale sia la strada giusta e nemmeno arrivare a una conclusione accettabile, giusto?»

«Esatto. Perché sono entrambe giuste e sbagliate nella stessa misura.»

«Capisco... Tu... ti consideri una di quelle persone che vede le cose solo in bianco e nero?»

«P... perché?» disse Eli a bassa voce «Tu... tu pensi che lo sia?»

«No,» rispose Antonio con tono rassicurante «mi stavo solo chiedendo se tu lo pensi.»

«No, no. Credo di vedere quello che c'è da vedere. Tutto qui.» disse Eli incrociando le braccia e guardandosi le ginocchia con aria pensosa.

«D'accordo.» disse il dottore. Quando Eli alzò lo sguardo nella sua direzione, Antonio gli strizzò l'occhio sinistro e gli regalò un sorriso. I polmoni di Eli si gonfiarono di contentezza e gli fecero incurvare le labbra senza che se ne accorgesse.

«Comunque...» riprese Antonio «in mezzo alle due strade... cosa credi che ci sia?»

«In mezzo?» Eli si sentì preso alla sprovvista. Cos'altro poteva esserci? Si rese conto che nel suo ragionamento c'era una crepa. Guardò Antonio. Certe domande non andavano fatte.

«Non lo so, cosa vuoi che ci sia...» disse Eli, insicuro su come rispondere «niente. O almeno, niente di degno di considerazione.»

«Mmh. Come pensavo.»

Per un momento Eli si sentì in trappola. Poi, quando vide il viso gentile del suo dottore, si tranquillizzò.

«Credi che tuo padre, invece, sia una persona che vede le cose solo in bianco e nero?»

«Mio padre? Il Capitano Montani, vuoi dire?» disse il ragazzo con una risata amara. «Non lo so. Probabilmente. O almeno quando la sua mente non è annebbiata dall'alcool.»

Eli guardava in basso, e aveva un sorriso malinconico, amaro, e allo stesso tempo pieno di risentimento.

«E tua mamma?» disse Antonio insinuandosi nel silenzio in punta di piedi, a bassa voce. «Come sta?»

L'espressione di Eli assunse una nota triste, ma più dolce.

«Credo che ormai mi riconosca a stento. So che mi vuole bene, ma è così distante. Passa le giornate a cucinare per il Capitano, a riordinare la casa, meccanicamente, e a fissare il vuoto.»

Seguì un lungo silenzio. Poi Antonio cambiò discorso.

«Tornando al discorso di prima... credo che la tua logica, per così dire, 'dualista' sia applicabile a molte cose. Ad esempio, per le persone. In noi, spesso, coesistono stati contrastanti, opposti, apparentemente inconciliabili, per i quali il principio di non-contraddizione sembra obsoleto. Scommetto che ti capita di irritarti quando qualcuno cerca di definirti con un solo aggettivo, per il semplice motivo che non sei racchiudibile in un'unica definizione. Per quanto riguarda una persona, è riduttivo ragionare in una sola direzione.»

«Già.»

«Ovviamente ciò avviene anche per quanto riguarda i rapporti con gli altri. E' possibile amare e odiare allo stesso tempo. O essere affascinati e, insieme, spaventati da qualcosa.»

«O da qualcuno...» disse Eli distrattamente.

«Ti riferisci a qualcuno in particolare?» disse il dottore dopo una pausa.

«Sì. No... Non lo so...»

Ma lo sapeva, in realtà. Antonio non sbagliava mai un colpo. Eli pensava a Sara, a quanto quella ragazza l'avesse colpito nel giro di poco tempo. Pensò che era strana, era insolita, indefinita e indefinibile. Pensò che non sarebbero bastati tutti gli aggettivi del mondo a definirla, che non sapeva se ammirare o temere qualcosa di così grande. Pensò che nessuna delle due strade l'avrebbe portato a una soluzione, dopotutto, e a quanto fosse piccolo in confronto a lei. In ogni suo gesto traspariva quella grandezza così travolgente. Eli la pensò a suonare il piano, con le sue dita piccole e veloci, pensò a quanto era diversa da Rina, per la quale ogni canzone era soltanto una canzone, mentre Sara era dentro ogni nota che suonava, ci ballava dentro, e ogni suono era un oceano infinito, una cascata di emozioni che lei muoveva a suo piacimento, apparentemente inconsapevole del suo potere.

«Non lo sai? Sicuro?»

«Sicuro... sì.»

«D'accordo.»

Antonio lo scrutò con i suoi occhi vispi, quelli di un bambino, poi rise.

«E come va con la chitarra? Stai per diventare il prossimo Van Halen?»

«Diciamo Slash, semmai.»

«Se ti fai la permanente e ti metti gli occhiali da sole anche per dormire, sei spiccicato.»

«Sto lavorando con altre due persone» disse il ragazzo, ridendo della battuta del dottore. «Suoniamo insieme.»

«Fantastico, una band?»

«No, non proprio, ci hanno messi insieme i nostri insegnanti, è una cosa puramente sperimentale, siamo agli inizi, vediamo che cosa riusciamo a tirarne fuori.»

«E come ti trovi?»

«Non è facile intendersi, almeno non con tutti...»

«Ti spaventa suonare con altri?»

«Un po'. Sì.» ammise Eli guardando in basso.

«Andrà bene. Suonare insieme è una bella cosa.»

«Ne sei sicuro?»

«Anch'io avevo una band, da giovane.»

«Stai scherzando?»

«Certo che no, facevo il batterista.» disse Antonio con serietà.

Eli rise, sollevando le sopracciglia, incredulo.

«Non mi credi? Con i miei lunghi capelli fluenti all'aura sparsi, ero un perfetto Bon Jovi rubacuori.» disse il dottore, accarezzandosi una chioma immaginaria con sguardo ispirato.

«Smettila» disse Eli ridendo con gusto.

«D'accordo, hai ragione, è vero: a vent'anni avevo già cominciato a perderli, i capelli.» ammise lo psicologo, alzando le spalle.

I due risero insieme di cuore. Eli pensò che gli sarebbe bastato questo, ogni tanto, per essere felice. Lasciò che la presenza di Antonio gli facesse dimenticare, almeno per qualche secondo, la consapevolezza di ciò che lo avrebbe probabilmente aspettato una volta tornato a casa: insulti sconnessi, piatti rotti, silenzi interminabili e un forte odore di alcool.



N. d. A.: Sono le 05:22 ed ecco qua. Capitolo fresco di nottata! Ci ho lavorato tutta la notte. Ma, finalmente, dopo cinque ore e una settantina di canzoni dei Depeche Mode, sono riuscita a spremere qualcosa. Bah, mi sento come un tubetto di dentifricio. Credo che adesso andrò a fumare. L'alba si avvicina.

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