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<<E questi?>>è la prima frase che sento appena aperti gli occhi. Alice sta sventolando sotto il mio naso i fiori che ieri sera ho riposto sul comodino.

Aggrotto la fronte. <<Non siete state voi?>>domando, mentre mi stropiccio gli occhi. Lei scuote energicamente la testa: <<Chissà chi è stato.>>

Già, chissà. La verità è che in questo momento non mi importa affatto. So che la cosa giusta da fare è tornare a Londra per il funerale e affrontare Petunia. Vorrei ringraziare Alice per aver dormito accanto a me, vorrei spiegarle i miei piani, ma mi sento sfinita. Ho l'impressione che se iniziassi a parlare finirei inevitabilmente per piangere.

Mi alzo, e mi costa tutte le mie forze. Per un attimo valuto l'idea di sdraiarmi di nuovo, avvolgermi nelle coperte e fingere che sia tutto un incubo, un brutto sogno da cui sto per svegliarmi. Alice mi stringe un braccio in segno di incoraggiamento.

<<Vuoi vestirti?>>chiede. Annuisco debolmente e lei mi passa la divisa. Dovrei dirle che sto per tornare a Londra, che è inutile indossare la divisa, ma ciò che faccio è spogliarmi e indossare silenziosamente i vestiti che mi ha offerto. Poi, come se mi avesse letto nel pensiero, Alice agita la bacchetta e una pila di vestiti perfettamente piegati va a depositarsi nel mio baule.

<<Vorrei poter venire anche io>>mi dice, e ancora una volta mi stringe il braccio. <<Sei forte, Lily.>> Le getto le braccia al collo. La verità è che non mi sono mai sentita così fragile.

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Alzo gli occhi dal mio libro non appena avverto il rumore di qualcuno che scende i gradini di legno che portano ai dormitori. Mi sono svegliato eccezionalmente presto, perché a differenza dei miei amici ho pensato che fosse una buona idea almeno provare a  studiare Storia della Magia. Il mio sguardo incontra quello di Lily e poi quello di Alice dietro di lei, che sta facendo fluttuare un baule con la sua bacchetta. Chiudo immediatamente il libro e mi avvio verso di loro, poi mi blocco a metà strada. Dovrei far finta di niente? Prima che possa dire qualunque cosa, è Lily ad accorciare la distanza tra di noi e stringermi in un abbraccio. E' strano essere abbracciati così. Per un attimo mi ricorda mia madre, le sue braccia intorno al mio torso magro, le lacrime che cadevano copiose tra i miei capelli mentre la luna iniziava a sorgere e dolori strazianti mi invadevano il corpo.

<<Mi dispiace tanto>>mormoro, impacciato. Vedo Alice alzare gli occhi al cielo e mormorare un "Frank!" piuttosto stizzito.

Lily scioglie il nostro abbraccio e mi guarda come se mi vedesse per la prima volta, come se si stesse chiedendo cosa ci fa qui. <<Erano tuoi, i fiori?>>

Sollevo un sopracciglio, confuso. <<Fiori?>>

Lei alza le spalle. <<Niente. Meglio che vada.>> Prima che possa aggiungere altro, si allontana verso il buco del ritratto e Alice la segue alla svelta, sempre con il baule che le svolazza dietro.

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Evans è tornata a Londra e il compito di Storia della Magia è andato a meraviglia. Avevo detto a Remus che non c'era nulla di cui preoccuparsi.

<<James>>mi sento chiamare, una volta deposta la piuma e consegnato il mio compito.

Darlene, la battitrice dei Tassorosso, sta agitando una mano verso di me. Le faccio segno di seguirmi fuori dall'aula, così da evitare di beccarci una ramanzina da parte di Ruf per aver disturbato gli altri durante il compito.

Una volta in corridoio, Darlene mi posa tra le mani senza troppi complimenti una copia di giornale. E' quello stupido giornale di Maya Carroll. Faccio per chiedere cosa dovrei farmene, ma Darlene mi precede e indica la prima pagina.

<<No...>>La mia voce è ridotta a un sibilo, ma sembra rimbombare nel corridoio vuoto. C'è una foto fin troppo familiare stampata sulla copertina. Normalmente, non mi dispiacerebbe essere il protagonista di una prima pagina, magari per qualche straordinaria impresa nel Quidditch. Solo che questo non ha niente a che fare col Quidditch. Non c'è nessuna scopa, nessuna Pluffa, nessun Boccino. Ci siamo solo io e Sirius. E la mia voce. La mia voce che ammette che sono innamorato di Lily Evans.

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Sarebbe stata una giornata come un'altra, se quella mattina James non avesse trovato il libricino dalla copertina di cuoio dimenticato nel parco, a pochi metri dalla capanna di Hagrid.

<<Proprietà di Maya Carroll>>aveva letto, dopo aver aperto la prima pagina.

Remus aveva tentato di dirgli di chiuderlo, ma la sua voce si era affievolita fino a sparire, perchè pur conoscendo James da pochi mesi era già consapevole che non ci fosse modo di togliergli un'idea dalla testa.

<<La sorella di Damien, giusto?>>

Peter aveva annuito e un ghigno divertito si era fatto strada sulle labbra di James. Aveva sfogliato teatralmente il diario, fino a fermarsi a una pagina a caso. Dopo aver letto un paio di righe, aveva rialzato lo sguardo verso di noi con un sorriso trionfante.


<<Sta sera ci divertiremo>>aveva annunciato, sventolando vittorioso il diario.

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La cena si era appena conclusa, i professori avevano lasciato la Sala Grande e gli studenti si stavano apprestando a fare lo stesso. Con disinvoltura, James si era alzato in piedi sulla sua sedia e aveva picchiettato la bacchetta contro la sua gola.

<<Sonorus>>aveva borbottato, e un attimo dopo la sua voce rimbombava nel castello come amplificata da decine di megafoni. Poi aveva iniziato a leggere. Sfogliando con cura il diario, aveva letto della paura di Maya per i  fantasmi prima di Hogwarts, di quella volta in cui suo cugino l'aveva spaventata al punto da farle fare la pipì addosso, delle litigate con sua madre e delle serate passate in giardino con il padre. Una folla di studenti si era ormai accalcata intorno a lui, quando prese a declamare un passo che si trovava pressoché a metà del diario. Era una poesia dedicata a Sirius. Non solo, era condita di commenti sulla sfumatura dei suoi occhi, la morbidezza dei suoi capelli, il suono della sua voce.

<<Smettila>>aveva supplicato Maya, tentando inutilmente di raggiungere James. La calca glielo aveva impedito. 

<<Vorrei poter accarezzare e intrecciare quei bellissimi capelli...>>aveva proseguito James.

I miei occhi tornarono a Maya, che stava abbandonando la Sala col viso rigato di lacrime.

Sapevo che ciò che stava facendo James non era giusto, ma sapevo anche che ero giunto a Hogwarts sicuro di non farmi neanche un amico, e invece ne avevo trovati tre. Mi costrinsi a distogliere lo sguardo. Non potevo perderli.

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<<Te la sei cercata>>sono le parole che sfuggono immediatamente dalle mie labbra, perchè ho abbandonato da tempo i miei timori nel rimproverare James e fargli notare i suoi errori.

Lui sbuffa e appoggia la testa contro la struttura del letto, afflitto. Se ne sta seduto a gambe incrociate sul pavimento, con il giornale di Maya abbandonato di fronte a sé.  Ci ha trascinato quassù appena terminata Storia della Magia e ora non sembra darsi pace.

<<Ero un ragazzino stupido>>ammette sorprendentemente. <<Ma sono passati anni, non me lo  merito.>>

<<Ero un ragazzino stupido...>>gli fa eco Sirius. <<Sembra quasi di sentire Evans>>.

Mi raddrizzo, colpito improvvisamente da un pensiero. <<Se c'è qualcuno che non se lo merita è Lily>>ricordo agli altri. <<Come pensate che si sentirà quando tornerà dal funerale dei suoi genitori e sarà sulla bocca di tutti?>>

James si tira in piedi e assesta un calcio svogliato al giornale, facendolo finire sotto il letto di Sirius. <<Hai ragione>>concorda. <<Dobbiamo farla pagare a Carroll prima che Evans torni.>>

Il mio cuscino lo manca di un millimetro. <<No! Non è così che risolverai la situazione. Sei stato colpito da un Bolide per caso?>>

<<Remus>> Peter mi posa una mano sulla spalla e cerca di incrociare il mio sguardo, ma i miei occhi sono piantati onestamente verso il basso. <<Sappiamo che sei irascibile in questo periodo, ma James non vuole farti arrabbiare. Magari potrebbe parlare con Carroll e farle ritirare i giornali.>>

Sirius emette un suono a metà tra uno sbuffo e una risata. <<Non funzionerà. L'unica cosa da fare è impedire che gli altri lo leggano.>>

James annuisce subito. <<Andiamo a far sparire quei giornali.>>

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L'aria di Londra non è pungente come quella che mi morde la pelle nel parco di Hogwarts, ma mi trovo comunque a rabbrividire. Pur sapendo che è inutile, mi guardo intorno, nella speranza di vedere Petunia appoggiata a una delle colonnine di King's Cross, come quando ero tornata dal mio primo anno. Ho chiesto espressamente a Silente di prendere il treno, avevo bisogno di tempo per riflettere e non volevo apparire all'improvviso nel salotto di casa attaccata a una Passaporta.

Alzo un braccio per fermare un taxi e mi ci infilo alla svelta, tentando di cercare rifugio dal vento gelido. L'abitacolo è caldo, ma il mio corpo continua a essere pervaso dai brividi. E' un tipo di freddo che non ho mai provato, profondo, che sembra scavare la pelle e arrivare fino alle ossa, intrappolandole in una morsa di ghiaccio. Mormoro l'indirizzo all'autista e poso la testa contro il finestrino. Guardo le strade affollate di Londra susseguirsi fuori dall'auto, le persone che le attraversano, i turisti che scattano foto. Nessuno di loro sa che Alisia e David Evans non ci sono più. Nessuno sa che mio padre non metterà più piede nel chioschetto del fioraio all'angolo, per comprare i girasoli che piacciono tanto alla mamma. Non hanno idea del fatto che mia madre non solleverà più la fotocamera davanti al London Bridge, proprio come ora stanno facendo loro, invitandoci a sorridere. Le vite degli altri proseguono, imperturbabili. Io sono sola all'interno di un'automobile, assediata da un gelo che non sembra volermi abbandonare. C'è una sola altra persona sulla Terra che conosce il dolore che sto provando. Una sola persona, che ora mi sta aspettando davanti alla porta, con le braccia incrociate al petto. Una sola persona, ma è come se non ci fosse nessuno.

Petunia mi guarda, mi squadra dall'alto in basso e poi mi dà le spalle.

<<Benvenuta a casa>>mi ritrovo a sussurrare tra me e me.

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