XI.
Inyc lanctum ast,
neg- negd-neg...
- Aaaah – Eilys aveva lasciato cadere le mani sul libro e aveva scosso la testa.
negdon dynes mem suvyd,
donnun asypt-asyp-asypt...
Nulla, non riusciva a concentrarsi, l'immagine del cadavere della madre di Tann continuava ad apparirle davanti agli occhi: aveva il viso rigato di lacrime e sangue, una mano stretta su un minuscolo brandello di stoffa bianca.
L'ultimo resto della sua bimba?
Non voleva pensarci.
Non doveva pensarci perché avrebbe potuto scavare un buco più grosso del dovuto.
Ma non riusciva a farne a meno.
Appena tornata, aveva deciso di ritirarsi nel tempio a ripetere formule che, in teoria, avrebbe dovuto sapere a memoria, ma che almeno le riempivano la testa di altro.
Fuori era diventato buio e se non fosse stato per l'Albero del Risveglio e le candele che si era accesa, probabilmente anche lì lo sarebbe stato, soprattutto sull'altare, troppo lontano dall'entrata per bearsi un po' delle luci che erano state accese fuori.
Non aveva la forza di guardare attraverso le finestre sopra la sua testa, voleva solo continuare nel suo lavoro, l'unico modo per sopportare il dolore: piuttosto che continuare a pensare a quell'immagine, preferiva chiudersi nel tempio e migliorare i suoi legami.
Chissà che potessero servire ad evitare altre cose del genere.
Inyc lanctum ast,
negdon dynes mem suvyd,
donnun asypes dy tus
Dei passi avevano interrotto la nenia in quella lingua antica, dei passi che conosceva bene.
- Come mai sei qui? – non aveva nemmeno alzato gli occhi, il tono calmo e disteso: non aveva né voglia né intenzione di discutere con Jaeke – Non ti ho mai visto nel tempio - il cappuccio blu le copriva la testa e parte del viso, ma soprattutto gli occhi.
- Come facevi a sapere che fossi io? Non hai nemmeno alzato la testa – il ragazzo aveva attraversato la navata del tempio e l'aveva raggiunta sull'altare - Cosa sei, un Sei mancato? – non perdeva quel suo tono limpido nemmeno per una battuta – O qualche magia? – si era seduto vicino all'albero.
- No, riconosco i tuoi passi – gli aveva dato un'occhiata rapida senza andare avanti.
Aveva ripreso a leggere a bassa voce, anche se le parole le suonavano vuote e senza senso.
Non lo odiava, quello era certo, ma spesso non lo capiva e questo la innervosiva.
Se ne stava lì fermo, in silenzio.
Troppo ostinato.
L'espressione di chi non lascia trasparire nulla.
Troppo spietato.
Impossibile che non avesse provato niente quel giorno.
Troppo freddo.
Gli aveva lanciato un'altra occhiata furtiva e lo aveva trovato a vagare con lo sguardo per l'edificio: fin dal principio aveva trovato qualcosa di curioso nel suo piglio, nel modo in cui i suoi occhi azzurri lampeggiavano a ritmo dei suoi pensieri, pensieri così diversi e distanti dai suoi.
No, non lo odiava, ma a tratti le faceva paura quella sua calcolata intelligenza, quello sguardo che congelava e inceneriva allo stesso tempo.
- Jaeke – Eilys aveva chiuso il libro, la poca concentrazione iniziale era scomparsa definitivamente – Perché sei qui? – era più un sospiro che una vera domanda.
- Ti do così fastidio? – si era messo subito sulla difensiva.
- Tu non sei mai venuto qui – tentava di non attaccarlo più per sé stessa che per lui.
- Non amo questi posti – aveva mosso gli occhi per l'edificio e poi li aveva riportati sulla figura dell'albero – Credo sia evidente.
- Ma perché? – si era voltata di scatto – Intendo, è nella tua natura, perché la rifiuti così?
- Perché non è la mia natura, Inyke – ecco che i suoi occhi riprendevano a lampeggiare convinti, ma non verso di lei – Non c'entro niente con tutto questo: con Inyc, con le formule antiche, con la cerimonia dell'addio – stavolta l'aveva guardata davvero – Non sarò mai un Cinque come te - la ragazza si era sentita mancare sotto quegli occhi oceano, il tono più simile a un complimento che a un'accusa.
Aveva riabbassato subito lo sguardo ed Eilys, attirata da uno spirito primordiale, aveva sceso l'altare sedendosi sulle scale: - Ma potresti, se volessi.
- Non voglio – l'aveva interrotta – Dimmi quello che vuoi, giudicami pure...
- No – era stata la volta di Eilys di interromperlo – Ho smesso di farlo – si era guardata il polso – Questo non significa più nulla per me – lo aveva sollevato – come non significa nulla per te.
- Allora, perché lo fai?
- Perché è quello che voglio – gli aveva risposto semplice - Indipendentemente da questo – aveva sfiorato il tatuaggio – Come vivi la tua vita anche tu, no? – le aveva risposto con un sorriso sghembo ed era caduto di nuovo il silenzio tra di loro.
- La magia non la uso perché non sento nessuna connessione con gli dei - Jaeke aveva preso a guardare l'albero, lasciando Eilys ad osservarlo per davvero: oltre a quegli enormi occhi azzurri, aveva un profilo spigoloso, addolcito da un naso all'insù, un filo sottilissimo di barba e un ciuffo di capelli castani che ricadevano sulla fronte. Non era molto alto, lo aveva sempre notato, ma aveva un portamento talmente serio e convinto che non ci si faceva nemmeno troppo caso. Eppure, da seduto tendeva a chiudersi nelle spalle, nelle braccia, forse il senso di corazza che lo circondava sempre.
- Jaeke – si era sbilanciata con il busto verso di lui – Perché sei qui?
- Non lo so – aveva premuto il labbro inferiore su quello superiore guardandola con la coda degli occhi – Qualcosa mi ha spinto fino a qui.
- Cosa? – non lo aveva mai visto in quel modo.
- Avevi ragione – le aveva risposto con tono serio, ma la testa rivolta a una vecchia conversazione - Hai ragione.
- Su cosa?
- Non abbiamo il diritto di togliere agli altri i diritti per cui lottiamo.
- Scusami – la voragine nel petto si era spalancata in maniera inaspettata.
Non avrebbe retto molto sotto quegli occhi, quindi aveva deciso di guardare finalmente dalla finestra in alto: non è che non volesse dire nulla, solo non sapeva come senza che le lacrime le scendessero.
- Per cosa? – non aveva risposto e a Jaeke era scappato un sorriso: da che la conosceva, l'aveva sempre vista rispondere a una provocazione, soprattutto quando veniva da lui.
Non stava godendo nel vederla con le guance arrossate, solo trovava strano che una così semplice domanda l'avesse messa così tanto in difficoltà, in particolare per lei sempre decisa e sicura dei suoi pensieri. E trovava altrettanto assurdo che le si fossero inumiditi gli occhi per una cosa del genere, anche se non la voleva giudicare in nessun modo, solo sentire una risposta che sapeva sarebbe arrivata.
- Per tutto – non lo aveva deluso, doveva ammetterlo – Ho sbagliato su di te, ho sbagliato a giudicarti come un egoista: sono sempre stata convinta che la magia non la usassi per un capriccio – non lo guardava – E poi oggi con Tann...
- Lo avresti fatto anche tu se non fossi stata presa dalla cerimonia – aveva preso un sospiro – E poi, non è questo che mi rende meno egoista – si era richiuso in sé senza un vero motivo, ma Eilys non voleva cedere: vedeva uno spiraglio ancora aperto.
- Chi lo sa?
- Zandr – sentiva un'aria di sfida che non gli era mai dispiaciuta – e mia sorella.
- Tua sorella? Cosa c'entra tua sorella con la Distorted Meridian?
- Perché anche lei è qui – si era fermato un secondo – Ma non sai che Taryn è mia sorella?
- Taryn è tua sorella?!
- Solo da parte di padre, ma è un dettaglio inutile - pian piano Eilys cominciava a intravedere qualcosa nelle parole non dette, qualcosa che le faceva sembrare Jaeke più umano, ma non abbastanza evidente da farle abbassare la guardia.
- Sono scioccata – aveva sbattuto le palpebre la ragazza – però questo motiva diverse cose tra te e Taryn – lo aveva riattirato con l'attenzione su di sé.
A Jaeke, senza preavviso, era scappata una minuscola risata, così rara davanti alla sacerdotessa che lei aveva faticato a reagire subito e lui se ne era sorpreso ancora una volta.
- Non siamo cresciuti insieme – aveva mosso gli occhi per l'edificio e poi li aveva riportati sulla figura della sacerdotessa – però abbiamo un buon rapporto – l'aveva levata dall'impiccio.
- Ragazzi - Jemna li aveva interrotti con la sua solita discrezione – E' pronta la cena. Venite?
- Sì, arriviamo – le aveva risposto Jaeke – Comincia pure ad andare, arriviamo – si era alzato e aveva offerto la mano alla ragazza.
- Grazie – l'aveva afferrata e si era alzata anche lei, osservando Jaeke risponderle con un cenno della testa mentre si avviava.
- Jaeke!
- Dimmi.
- Perché sei venuto qui? – il da me era la tacita continuazione della domanda.
- Perché era il posto giusto in questo momento – si era girato e, con un guizzo degli occhi, l'aveva sfidata con uno dei suoi soliti, odiosi, sorrisi.
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