16. La vendetta del mare

Frank non si sentiva bene.

Avvertiva l'energia scivolargli addosso come rivoli di acqua gelida, lasciandogli soltanto una scia di brividi a increspargli la pelle.

La boccetta ricolma di sangue tra le sue mani sembrava vibrare, fremergli nelle dita mentre lui scostava lo sguardo dal corpo spento della sirena riversa sulla sabbia scura.

In quel momento un raggio di sole forò l'orizzonte, lacerando il buio.

Il labbro inferiore tremò leggermente mentre il ribrezzo sembrava rovesciarsi nelle sue viscere, al pensiero di aver ucciso un essere intriso di purezza, una delle figlie del mare, creature nate dalla spuma che i suoi antenati avevano per millenni ritenuto sacre.

È caldo, pensò inorridito, stringendo ulteriormente l'ampolla fra le dita ancora sporche di rosso e avvertendo il vento freddo della notte penetrargli le ossa.

-Dovremmo andare.

Il sussurro sprigionato dalle labbra di Andromeda lo riscosse dai suoi rimorsi.

Alzò lo sguardo su di lei, ma gli occhi della ragazza erano rapiti dal cadavere che giaceva ai loro piedi. Non ricambiò l'occhiata.

Alise sospirò a scatti e annuì lievemente.

-Penso di sì- asserì, la voce null'altro che un soffio di vento sporco d'amarezza.

Frank si voltò in direzione del mare, le onde scure che riflettevano ancora le gemme incastonate nel firmamento, nonostante l'alba iniziasse a rischiarare le tenebre.

Gli sembrò di cogliere un movimento, dentro quella distesa di oscurità. Un guizzo deciso che stonava con la movenza ipnotica delle onde.

Probabilmente se lo era solo immaginato...

Batté le palpebre per schiarire lo sguardo e si asciugò il naso con la manica del giubbotto.

-Vege ci sta aspettando- disse, rendendosi conto che nessuna delle due ragazze sembrava intenzionata a muovere un passo -Possiamo andare, per piacere?

Alise lo guardò, gli occhi spiritati, come non lo vedesse.

-Sì- ripeté -Non mi piace qui...

La prima a muoversi fu Meda.

Si sistemò con un gesto brusco il mantello sulle spalle per poi iniziare a camminare adagio. Gli passò accanto senza guardarlo, puntando alla scialuppa nascosta vicino agli scogli.

Frank sospirò. La seguì mentre il suo sguardo indugiava sull'oceano nero: aveva scorto un altro guizzo. Possibile che qualche pesce avesse osato avvicinarsi tanto alla riva?

Il pirata tese la boccetta ad Alise che, per un istante, si limitò a guardarlo incredula. Poi la prese delicatamente con due mani e Frank la vide tremare visibilmente, come avesse visto un fantasma.

Si volse verso la scialuppa e con l'aiuto di Andromeda la trascinò in acqua senza dire una parola.

Salirono a bordo, cullati dai flutti e accompagnati dal vibrante silenzio che avvolgeva l'isola, sentendosene parte.

Il ragazzo iniziò a remare nonostante le braccia sembrassero liquefarsi. Lentamente riacquistò un pizzico di sicurezza e aumentò la velocità con cui la scialuppa scivolava sull'acqua.

Lo sguardo, circa a metà della distanza dalla Zefiro, gli cadde in mare.

Ecco. Un altro movimento sinuoso, solo una leggera increspatura nell'oceano di tenebre che li circondava.

Si irrigidii, provando a convincersi fosse solo stanchezza, che il riflesso della Luna gli ingannasse la vista.

Poi lo vide di nuovo e il cuore accelerò il suo battito. Il desiderio ardente di tornare sulla terraferma lo assalì, ben sapendo la riva fosse lontana alle sue spalle e il vascello ormai prossimo.

L'ennesimo guizzo gli catturò lo sguardo e lui lanciò un lieve gemito strozzato.

Alise alzò la testa su di lui.

-Cos'hai?- gli chiese.

Frank deglutì a vuoto, continuando a remare. Scosse il capo, sperando di tranquillizzare anche se stesso.

-Nulla- rispose, senza convinzione -Mi sembrava solo di aver visto...

-...qualcosa- terminò Andromeda, il cui viso era, ancora una volta, celato dalle ombre del cappuccio -Lo so... e non mi piace- aggiunse, amara -Prima il sole sorge e meglio sarà per noi.

Alise spalancò appena la bocca, stranita, la boccetta di vetro che fremeva fra le sue dita.

-Cosa significa?- domandò, la voce mozzata.

L'altra schioccò la lingua, voltandosi verso il mare nero.

-Nulla di buono.

Passarono ventitré secondi, che Frank contò in silenzio, nell'imminente necessità di raggiungere la Zefiro e allontanarsi dalle acque scure che sembravano volerli inghiottire.

Intorno a lui molti altri guizzi circondarono la scialuppa, facendogli trattenere il respiro.

Affiancarono il vascello sospeso nel buio mentre la tensione, attorno a loro, si faceva palpabile; il mondo si preparava alla scossa.

Fu un istante, il tempo di un respiro, e le onde presero vita.

Gli occhi di Frank si riempirono d'acqua mentre artigli di cristallo gli strappavano le vesti, trascinandolo negli abissi.

Una mano lo afferrò e il giovane si sentì trarre in superficie, boccheggiante.

Alise urlò, una cima che ora pendeva dal ponte della nave mentre i passi di Vege si ripercuotevano nella sua testa in un ritmo cupo e informe, un rombo che gli avvolse i pensieri.

Vide gli occhi lucenti di Andromeda brillare nella notte mentre il mare continuava a dimenarsi e figure deformate ne emergevano frementi di rabbia. L'ira che pulsava dentro di loro si condensò in una voce, una melodia che li comprendeva tutti, incalzante e affamata di morte.

Quel canto avvolse il caos, lasciando Frank a vagare nel buio.

-Non ascoltarlo!- la voce di Meda lo riscosse e lui, istintivamente, strinse tra le mani la fune che ora gli penzolava davanti al viso.

Ulteriori urla gli rimbombarono dentro.

Ci furono altri secondi di vuoto, sagome che si dimenano e suoni incerti, poi il pirata si sentì crollare sul duro legno del ponte, tremante e con la vista offuscata.

Sentì Vege gridare qualcosa di indefinito e poi scorse Alise scavalcare la murata e atterrare a bordo. Gli si avvicinò correndo e lo sorresse mentre il ragazzo tentava inutilmente di reggersi in piedi di propria sponte.

La nave si agitava, vibrante, spinta dalle sirene che si abbattevano sullo scafo. Il loro canto gli ottenebrava la mente, ma si impose di rimanere vigile.

L'alba avanzava, tuttavia la luce non era abbastanza perché le creature si rifugiassero nelle profondità... che li lasciassero vivere.

Una paura materiale, un terrore concreto, come mai era successo, si impossessò di lui.

Stavano per morire.

-Stanno salendo!- la voce di Andromeda era satura d'angoscia.

Alise lo mollò senza preavviso, lasciandolo il balia delle proprie gambe instabili. La ragazza si precipitò al parapetto e strillò mentre una mano artigliata si allungava verso di lei per afferrarla.

Vege, al timone, tentava disperatamente di invertire la rotta, gemendo sotto il peso della tensione. Ma le vele erano ripiegate e il vento non sufficiente.

Altri artigli segnarono lo scafo, gli esseri che, continuando a cantare, si levavano verso di loro, bramando vendetta.

I loro sibili invasero il mare, le onde si agitarono spinte dai loro spruzzi.

La vista di Frank si appannò nuovamente e lui ebbe la sensazione di svenire, le viscere che gli si rimescolavano nel corpo e il cuore che sbatteva contro le costole, insistente.

Una sirena scavalcò la murata, strisciando verso di lui con gli occhi che rilucevano di immacolata furia.

Il pirata urlò senza impedirsi di farlo, per poi estrarre con un gesto impacciato la spada che aveva legata in vita e scagliarla con tutta l'energia rimasta in direzione della bestia.

La lama le trafisse la testa e il sangue imbrattò il legno mentre una violenta scarica di brividi scuoteva il corpo madido di Frank.

-Accendete le lanterne!- urlò Andromeda, da qualche parte nel caos del momento -Odiano la luce!

Ma non c'era tempo, non c'erano le forze.

Il ragazzo si gettò verso la sirena infilzata e ne estrasse la spada senza curarsi del sangue viscoso che la ricopriva.

La lanciò ad Alise, che ne impugnò l'elsa all'ultimo, tranciando la mano di una delle creature, che si ritrasse con un agghiacciante sibilo.

Le sirene cantarono più forte, la loro melodia si propagò fino al confini del mare, la mente di Frank cedette alle tenebre.

Quando riacquistò la ragione, qualche secondo dopo, si rese conto di stare per morire, accasciato sul ponte con le lacrime che gli rigavano il viso, mischiate col sangue.

L'aurora cresceva, ma non era abbastanza. Serviva una luce che strappasse la notte in cui erano precipitati, un bagliore che scacciasse le ombre.

Eppure le ragazze continuavano a urlare, le sirene a far oscillare la nave e irrompere nella sua testa con quel canto denso di rabbia.

Sarebbero morti. Ed era tutta colpa sua.

Scoppiò nuovamente a piangere, senza trovare la forza di alzarsi da terra, senza avere il coraggio di farlo, di guardare il faccia la morte.

Avrebbe voluto dirlo alle altre, raggiungerle ed abbracciarle, chiedendo loro scusa, implorarle di perdonare il suo desiderio di potere, la sua brama di ricchezze che mai sarebbe stata soddisfatta.

Però si limitò a chiudere gli occhi, il respiro irregolare e una profonda disperazione a stringergli lo spirito.

Sperò che il buio lo prendesse presto... Non voleva soffrire, non voleva dolore...

Poi accadde e Frank socchiuse le palpebre, accorgendosi del fulgore che aveva illuminato la notte, preceduto da uno sparo, potente come pochi.

Bum!

Un altro colpo, un altro lampo.

Il canto delle sirene si tramutò d'un tratto in un lamento d'agonia. Si ritrassero strisciando, ferite dalla luce.

Il pirata si issò in piedi, traballante, confuso, e incrociò lo sguardo di Alise, il cui viso era sporco di sangue ma gli occhi ricolmi di sorpresa.

Si voltò verso l'orizzonte e il cuore riprese a battere più rapidamente di prima.

Una nave con quattro alberi, un veliero dei più grandi mai costruiti sulle Terre Emerse, si avvicinava alla piccola Zefiro con fare maestoso, i cannoni puntati al cielo che scagliavano folgori dorate.

Sulla prua, impettito e con il capo coperto da un largo cappello nero con rifiniture d'argento, i colori di Lam, se ne stava un uomo. Agitava una mano nella loro direzione con un grande sorriso stampato sul viso abbronzato.

Le gambe di Frank cedettero per il sollievo e il ragazzo cadde in ginocchio con gli occhi lacrimanti.

Era Nexo.

Erano salvi.

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