Capitolo XXXI | Girasoli e smalto nero
William
«Sei un bastardo!» strilla Chantelle distruggendo l'ennesimo piatto di porcellana sul pavimento di casa mentre mi verso dello scotch e mi siedo sul divano in pelle.
«Ho già preso il vestito da sposa! E tu, schifoso pezzo di merda, ti scopi la pasticcera con cui collaboro!» continua tirandomi vicino i piedi un vaso in ceramica.
Controllo il cellulare, Cherry non ha risposto a nessuna delle ventisei chiamate che le ho fatto e rischio di impazzire se continuerò a non ricevere sue notizie. La sua faccia, i suoi occhi, non posso credere di averla ridotta in quel modo. Sento un buco sul petto. Che senso avrebbe avuto dirle del matrimonio? Avrei lasciato Chantelle a prescindere e sarebbe stato troppo umiliante ammettere di aver scelto di sposare una ragazza solo per volontà e interesse di mio padre.
«Cazzo, vuoi ascoltarmi per una volta?» strilla acutamente la bionda rischiando di spaccarmi i timpani in concomitanza alla cristalleria. Non la sopporto più.
«Ti ho detto mi dispiace almeno mille volte Chantelle e nonostante tutto mi sembra stia esagerando abbastanza, perché non vai a spaccare i tuoi preziosissimi profumi o i tuoi gioielli?»
«Come puoi essere così stronzo e pensare di uscirtene con un mi dispiace! Ti rendi conto o no della gravità delle tue azioni? Pensavi che nessuno avrebbe notato la tua Ferrari rossa sfrecciare per tutta Newberry con una nana ricoperta di schifoso zucchero colorato? Ci pensi a come ho passato queste ore?»
Non sopporto più la sua voce, una sola parola e giuro, mi lancio dal terrazzo. Sei un po' una merda. Ah, perfetto! Ci mancava solo il risveglio della mia coscienza.
«Porca troia, Chantelle! Smettila di fingere e di comportarti come se questo matrimonio non fosse stato voluto dalle nostre famiglie. Come se non avessi accettato solo per poterti vantare di essere la signora Morgan. Smettila è ridicolo!»
«Le nostre famiglie ci hanno spronato è vero! E cosa? Ti hanno puntato una pistola alla tempia?» continua a strillare portandosi le mani tra i sottili capelli biondi.
Più o meno, vorrei risponderle.
«Io ti amo William e non per le schifezze di cui mi accusi. Ti amo!»
Silenzio.
«Cos'è, ti faccio mancare qualcosa? Sono passionale, apprensiva e ti lascio i tuoi spazi senza farti pressioni perché so che sei una persona introversa» comincia a blaterare senza sosta.
Mi alzo di scatto avvicinandomi a lei.
«Per me non è una troietta e no, non ti amo. Non sono un cane a cui dai quello di cui ha bisogno per farlo contento e tenerlo buono!»
«Ecco perché non volevi annunciarlo a nessuno e temporeggiavi. Sapevi dall'inizio di non amarmi, vero? E allora perché non mi hai risparmiato tutto questo? Ho prenotato la location, l'abito, le fedi, i fiori, le partecipazioni! Perché non hai risparmiato il mio cuore? Cosa ho fatto per meritarmelo?»
La ragazza si butta per terra, circondata da cocci di vetro che calcia con i piedi. Nasconde il viso tra le mani e scoppia nuovamente a piangere. Soffro perché non riesco a soffrire, la guardo e mi rendo sempre più conto di avere una persona che non conosco di fronte. Siamo sempre stati due estranei intenti a recitare un ruolo.
C'è qualcosa di reale nella mia vita?
«Mi dispiace, mi dispiace. La colpa è tutta mia»
Esco di casa fuori controllo, comincio a sudare mentre il petto brucia facendomi mancare il respiro. Le orecchie fischiano e tutto comincia a girare vertiginosamente.
Attacco di panico, respira. Soluzione. Respira. Linee nere. Sgarbugliare.
Ho bisogno di un posto sicuro e mi ritrovo a piangere quando entrambe le cose a cui penso, sono consapevole di averle perse.
Eloise e Cherry.
Eloise che mi avrebbe passato una birra e preso a pugni fino a farmi imbestialire, che avrebbe saputo ascoltarmi senza dire niente e con un abbraccio e un "la verità è che sei un cazzone!" sarebbe stata capace di farmi passare tutto. Vorrei sentire la sua risata ma non ho mai avuto il coraggio di guardare un suo video. Una sua foto, di visitare la sua sepoltura o anche solo entrare nella sua camera. Cosa penserà di me? Che l'ho dimenticata? Che ho lasciato che il mio personaggio la respingesse a questo modo?
Mi ritrovo a inchiodare davanti il vialetto di casa dei miei, non so neanche quanto ho corso ma sembra tanto vista l'espressione preoccupata di mia madre che si fionda sul portico portando una mano sul petto.
«Tesoro! Che succede?» domanda premurosa vedendomi raggiungerla a grandi passi.
«Will, stai...piangendo?» continua seguendomi dentro casa.
«Mi manca» sbuffo per trattenere un pianto violento. Gli occhi di mia madre si frantumano e mi abbracciano ancora prima che le sue braccia lo facciano. Non dice nulla, mi conosce.
«Ti va di mangiare qualcosa?» chiede strappandomi un sorriso, annuisco e questa mi lascia un bacio sulla guancia prima di incamminarsi verso la cucina.
«Mà» la richiamo prima che possa sparire «secondo te mi odia?»
Mia madre sorride e scuote la testa portandosi una mano sulla bocca per trattenere un singhiozzo.
«Sono certa che, in questo momento, se potesse, uscirebbe dalla tomba per tirarti un pugno» svela sorridendomi per poi girarsi di spalle.
Mi odia, mi odia, mi odia. Ho continuato a farle da male anche da morta.
La mia mano tremolante stringe la maniglia che porta alla sua camera, posso farcela. Spalanco la porta trovandomi le pareti azzurre accogliermi, faccio un passo in avanti sentendo il cuore sprofondare. Tutto è come era. Il suo letto è sfatto, mamma non ha voluto cambiare nemmeno le lenzuola, non ha toccato nulla. Nemmeno i vestiti buttati per terra vicino la finestra. Sulla parete frontale una maglia degli Yankee firmata.
La scrivania è assediata da fumetti e cd sparsi ovunque, rido notando uno dei suoi disegni orribili. Un cavallo deforme che sembra una mucca. Non ha mai finito di colorarlo. Inspiro cercando ricordi nell'aria ma non c'è traccia di memoria, è passato troppo tempo.
Accendo lo stereo vicino l'armadio, c'è inserito un disco, tremo prima di schiacciare play e scoprire l'ultima canzone che ha ascoltato.
Il display s'illumina, non la conosco, Maybe tomorrow - Stereophonics.
I've been down and I'm wondering why
These little black clouds keep walking around
With me
Mi siedo sul suo letto non riuscendo a contenere le lacrime e i sorrisi nello scoprire che sotto il suo cuscino c'è un pacco stropicciato di patatine alla paprika.
It wastes time and I'd rather be high
Think I'll walk me outside and buy a rainbow smile
But be free
They're all free
Attaccato alla testata in legno del letto c'è un peluche che riconosco subito, una scimmietta dispettosa. Gliel'avevo regalata al suo tredicesimo compleanno. L'ha tenuta qui, nonostante tutto. Sul suo comodino c'è la boccetta del suo profumo. Non ho il coraggio di spruzzarlo, lo avvicino al naso e per un secondo, un secondo, chiudo gli occhi e riesco a sentirla. Come se fosse seduta accanto a me, a scuotere la testa intenta a mettersi lo smalto nero sui piedi sfoggiando le sue penose doti canore.
So maybe tomorrow
I'll find my way home
Lascio che il dolore mi sovrasti e mi annienti davanti quel ritornello beffardo. Perdonami scimmietta, non ti ho dimenticato, avevo solo paura di non essere degno di piangerti da morta. Vorrei parlarti di così tante cose, vorrei raccontarti di James. Vorrei dirti quanto mi manchi e quanto la tua assenza viva costantemente in me. Vorrei farti vedere le foto che ho scattato a Cherry.
I look around at a beautiful life
I've been the upper side of down
Been the inside of out
But we breathe
We breathe
Vorrei chiederti se mi pensi, se ti manca casa, se sei arrabbiata con me per quello che ti è successo. Se hai sofferto, se in cielo sono gentili con te e ti fanno vedere le partite di basket. Se quella sera maledetta la mia voce ti ha rassicurato un minimo, come una carezza prima della buonanotte. Se sei offesa perché non vengo a farti visita e non ti porto dei fiori freschi.
I wanna breeze and an open mind
I wanna swim in the ocean
Wanna take my time for me
All me
Se ci hai perdonato tutti per quello che ti abbiamo fatto, se vegli su di me ridendo delle mie scelte di merda. Se ti manco nonostante non abbia fatto nulla per salvarti e, se per questo, mi vuoi ancora bene.
So maybe tomorrow
I'll find my way home
«Will, ci sono visite» la voce di mia madre mi strappa dalla mia preghiera, chissà se accolta e ascoltata. Alle sue spalle un Dan Forrester irriconoscibile.
Lui, qui, nella sua tana, nel posto in cui si preparava prima di vederlo. Nel posto in cui piangeva quando litigavano. Mi scaravento sul suo esile corpo venendo bloccato dagli occhi di mia madre che mi scrutano l'anima. Il ragazzo si nasconde dietro la figura minuta della donna.
«Basta, William. Non sei stanco? Adesso, basta» dice con sguardo sofferente. E so che racchiuso in quel basta, c'è un mondo di parole mai pronunciate. Mi fa un cenno prima di chiudersi la porta alle spalle. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, lo voglio fuori, fuori dal suo santuario.
«Ho appena visto Cherry»
Una fitta calda mi avvolge lo stomaco, scatto verso di lui caricando un pugno ma questo torna subito a parlare «l'ho vista per informarla che andrò a costituirmi per quello che ho fatto, andrò in riabilitazione. Pagherò tutto il male che ho fatto e sparirò lontano. Sapevo che era l'unica cosa giusta da fare e l'unico modo per...poterti vedere l'ultima volta» rivela alzando le mani in segno di resa.
Il pugno si scioglie davanti lo stupore.
«Fai bene a volermi vedere morto, mi voglio morto anch'io e, credimi, ho provato tante volte. Su quella strada, dentro una vasca o su un ponte. Qualcuno me lo impediva sempre, passanti, poliziotti o medici. Così ho lasciato e sperato fosse la droga ma non mi bastava comunque, non soffrivo abbastanza e per fortuna, ci sei stato tu. Ti ho sempre provocato perché volevo mi picchiassi, mi punissi. Sapevo di meritarlo e pensavo fosse il mio unico modo per aiutarti. I nostri scontri erano gli unici momenti in cui potevo...illudermi di averti ancora» mi ritrovo a scivolare sul letto.
«Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto ma tu, tu sei l'unico che può capirmi Will. Quando Georgette ha bussato alla mia porta avevo appena finito di vomitare, ha cominciato a parlarmi di te e dei vostri problemi, ci siamo fatti insieme fino al collasso. Sai qual è la cosa più triste? Non ricordo neanche l'arrivo di tua sorella» i suoi occhi gonfi cominciano a crollare sotto una cascata di lacrime.
Sento i muscoli esplodere e trattengo il fiato.
«Non scaricare la colpa alla droga» lo accuso.
«Non lo sto facendo, la colpa è solo mia e porterò questo peso per tutta la vita. Hai perso tua sorella e non è paragonabile al mio dolore, non lo sarà mai. Ma io ho perso l'amore della mia vita, l'ho distrutto e profanato. Mi sono reso conto solo dopo averla persa di quanto la amassi. Vivrò per sempre dannato, vivrò senza vivere veramente» continua asciugandosi il naso con il palmo della mano.
«Cosa vuoi Forrester?»
«Will, abbiamo fatto un sacco di stronzate in quel periodo. Eravamo all'inferno e solo noi sappiamo quanto abbiamo sofferto. Non trattarmi come se non mi conoscessi, mi conosci come le tue tasche»
«Un tempo era così. Un tempo»
«Un tempo, eri mio fratello e anche se mi odi non puoi cancellare tutti gli anni passati insieme. Non puoi cancellare l'amicizia che ci legava. Abbiamo imparato ad andare in bici insieme, rubato i palloni dei Mckanzie insieme, rotto la finestra del salotto di sotto insieme, dato il primo bacio la stessa sera con quel gioco stupido del foglietto. C'eri quando i miei si sono separati e mia madre era depressa, ho dormito qui per più di un mese» ricorda non trattenendo l'emozione.
«Abbiamo fumato le prime canne insieme. Marinato la scuola e fatto impazzire quella stronza della professoressa di francese. Ricordi? Le facevi sparire sempre il registro. Correvamo con il motorino fino alla collina quando avevamo bisogno di stare in silenzio e poi ci ritrovavamo a ridere senza motivo. Ti passavo a prendere quando tuo padre dava di matto, quando avevi gli attacchi di panico ogni giorno. Ridevamo come i matti durante gli eventi aziendali dei nostri genitori, quando i nostri vecchi salivano sul palco per fare qualche discorso e tutti ci guardavano male. Siamo scappati di casa per due giorni dopo che ci hanno sospeso da scuola e abbiamo dormito nella mia macchina. Abbiamo buttato James in piscina rompendogli un braccio per sbaglio. Mi hai parato il culo quando quello spaccino voleva ammazzarmi di botte perché gli dovevo un centone. E siamo finiti nella merda insieme come due coglioni, perché non sopportavamo più il peso delle nostre famiglie e delle loro imposizioni. Ci sentivamo il mondo contro, eravamo solo noi due contro tutti. Siamo caduti insieme nella dipendenza senza neanche accorgercene. E nessuno ci ha mai aiutati, probabilmente aspettavamo solo quello, eravamo dei ragazzini! Abbiamo sempre avuto tutto; eppure, non avevamo niente» continua mettendosi difronte con aria interdetta.
«Un tempo siamo stati inseparabili. E sai cos'è peggio? Che insieme il mio amore ho perso per sempre il mio unico vero amico. Tutto nello stesso istante. Al funerale l'ho capito da come mi guardavi, volevi uccidermi ma in realtà ero già morto per te. Lo sono. Ho perso tutto senza capirlo»
«Lo so, Dan. Ricordo tutto ma questo non cambia niente. Perché sei qui?»
«Perché né il carcere e né il ripulirmi mi renderà libero. Per tutto questo tempo pensavo dovessi farmi perdonare da Dio e invece, grazie a Cherry ho capito, ho bisogno di farmi perdonare da te» svela mentre grossi lacrimoni si confondono con il muco.
«Mi manca, mi manca ogni secondo. La notte la cerco, la cerco e non la trovo. La chiamo, non mi risponde così vado sulla sua tomba. Le porto sempre i girasoli e lo smalto nero. Odiava non metterlo, diceva che si sentiva nuda. N-n-non...-n-on riesco più a v-ive-r-e così. La d-droga era l'unica cosa capace di f-farmi dimenticare e adesso, adesso è t-tutto come prima. Sono di nuovo s-solo» confida mettendosi le mani fra i capelli e lagnandosi nel singhiozzo.
Mi rendo conto di una cosa solo adesso, paradossalmente tutti noi siamo andati avanti con le nostre vite, convivendo e portando le ferite della perdita ma, Dan, non è mai andato avanti; è rimasto bloccato a quella sera. Per questo si è rifugiato ancora di più nella droga, non sopportava la realtà. Non riusciva a sopportare sé stesso. E sì, lo capisco alla perfezione.
Sento di nuovo il suo profumo, fiori d'arancio, non so se sia un caso o un tempismo astrale ma, mi ritrovo a piangere e tirare dalla maglietta Dan per farlo sedere al mio fianco.
«Manca anche a me» dico dandogli una pacca sulla spalla, come se, per un momento, fossimo tornati quei ragazzini che stavano ore a fumare su un marciapiede d'asfalto. Sento le sue ossa spigolose scuotersi.
Quello che un tempo era il mio migliore amico, mi guarda per un secondo. Gli occhi annebbiati e il viso sgranato. Lo sto perdonando, anche se non lo dico, mi conosce e so che lo sta leggendo. Poggia i gomiti sulle ginocchia, lasciando le mani a penzoloni verso il pavimento e china la testa per scoppiare nuovamente in un pianto incessante. Mi ritrovo a ingoiare gli spilli che sento in gola ma, irruenti, le lacrime cominciano a pizzicarmi la vista.
Non so quanto tempo passi prima che lo stereo finisca di far girare l'intero cd. Forse mezz'ora, forse due minuti, forse giorni. Forrester si alza quasi si stesse trascinando, guarda la stanza asciugandosi gli occhi e sorride davanti una foto sulla parete; mia sorella è seduta sulle sue gambe, si abbracciano su una panchina, gli lecca scherzosamente l'orecchio e questo finge un urlo disperato.
Raggiunge il ciglio della porta prima di girarsi un secondo verso di me.
«Mi mancherai per sempre» farfuglia con occhi bassi.
La porta si chiude, lasciandomi in un silenzio tombale. Per la prima volta però, fa meno paura.
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