Capitolo XXIX | Colpa della luna piena

Cherry

Cammino a passo svelto tra i passanti che ogni tanto tampono con le spalle, non mi scuso neanche, non ne ho il tempo. William mi sta alle costole e sento la sua voce chiamarmi animatamente nel tentativo di sovrastare il baccano dei turisti che assediano il lungo mare. 

La sua mano riesce ad acciuffarmi il polso per farmi arrestare, cerco di staccarmi dalla sua presa inutilmente, trovandomelo davanti.

«Ti prego, non fare così» farfuglia prendendo fiato e toccandosi il petto come se stesse per avere un malore.

«Non voglio parlare, voglio tornare a casa, domattina sono di turno» spiego afferrando meglio la cinta della borsa e continuando a camminare cercando di ricordare la strada che porta all'Hotel. Il ragazzo non sembra demordere e, affiancandosi a me con velocità, comincia a blaterare.

«Ti prego, so che è complicato, so che è impensabile fidarsi di uno come me, non pretendo tu lo faccia adesso ma dammi la possibilità di..» 

Accelero il passo, appena questo torna a toccarmi e parlare cerco una via di fuga. Non riesco a sentire la sua voce, mi viene da piangere. 

Due ragazze escono da un osservatorio, uno striscione giallo cita "Il suono dell'universo" mi avvicino e appena noto un espositore con un cartellone in cui invitano al silenzio assoluto, non ci penso due volte, mi fiondo dentro la struttura cilindrica.

Nella sala regna la quiete, non c'è praticamente nessuno se non un gruppo di ragazzi che ammirano la mostra multimediale che vede intere galassie espandersi su tutte le pareti bianche dell'ambiente. Le proiezioni delle costellazioni si riflettono tutte attorno mentre un suono cosmico fuoriesce dagli amplificatori.

«La smetti di scappare?» chiede a bassa voce ma non abbastanza da non attirare occhiatacce. Mi allontano e questo mi segue, ancora. Ora gli lancio un proiettore in testa!

«Devi stare in silenzio. Mi barrico qua dentro piuttosto che sentirti dire altre cazzate»

«Sei arrabbiata ma devi capire la mia posizione, ormai mi conosci..»

«No, non ti conosco affatto evidentemente» dico guardandolo e lasciando trapelare tutta la mia amarezza. Un proiettore si accende proprio dietro di lui, dipingendo William di fasci violacei blu e ricoprendo la sua figura di altre galassie in movimento. I suoi occhi, in quello sfondo scuro, risplendono proprio come le stelle. Mi illuminano impauriti e spaesati. Le sue pupille mi scrutano compulsivamente gli occhi, come se stesse cercando qualcosa con urgenza.

Mi sento svuotata dentro e vorrei non dovermi sentire così. Odio l'effetto che mi fa, odio il modo in cui mi sta guardando e odio il modo in cui si sta avvicinando prendendomi le spalle con delicatezza. Odio il suo profumo, odio la sua faccia perfetta e odio quello che mi fa provare.

«Dopo tutto quello che ha causato, dopo quello che ti ha fatto, ci vai a letto! Non ti fai un poco schifo? Le manchi di rispetto anche da morta. Solo un mostro riuscirebbe a fare una cosa del genere» la parte più oscura di me viene a galla, le mie parole intrise di veleno e rancore colpiscono il mio bersaglio che sgrana gli occhi preso alla sprovvista. 

Riesco a vedere sgretolarsi l'universo nelle sue iridi, collassare e precipitare negli abissi più fragili del suo spazio ingarbugliato. Ecco, questa è la mia arma più letale, ferire per non essere ferita. Uccidere per non essere uccisa. Indelicato da parte mia, me lo ripeto mille volte ma la rabbia è così viva in me, che incendia qualsiasi sana riflessione. Sembro così tanto mia madre in questo momento che, per un secondo, vacillo impaurita in questa aspra consapevolezza.

«Parli di fiducia, non sai neanche cosa sia. Non hai valori! Critichi tuo padre e forse sei peggio di lui. Fai il forte, l'uomo Alpha e invece sei così immaturo da non sapere cosa vuoi e così corri, corri dietro tutto quello che ti affascina e alla fine non ti rendi conto che stai correndo senza nessuna meta. Come un bambino dentro un negozio di caramelle» continuo sperando di annientare ogni sua intenzione di ribattere. Voglio che mi odi, voglio che sparisca.

Le lacrime cominciano ad annacquarmi gli occhi, scappo verso delle scale lasciando William immobile e muto. Adesso sono io a correre, gradino dopo gradino, sentendo il peso della mia cattiveria abbandonarmi allo sconforto e al senso di colpa. Raggiungo un'area in manutenzione e fregandomene dei divieti raggiungo il tetto. Una cupola in vetroresina sovrasta il cielo, mi fiondo dentro e comincio a singhiozzare. 

«Adesso stai zitta e mi ascolti bene» la voce alterata di William viene seguita dal cigolio della porta.

«No, non amo Chantelle. Non l'ho mai amata, il nostro è un rapporto fittizio, costruito a tavolino come la maggior parte della mia vita. Quando vedo Georgette non lo faccio per perversione, la odio e mi odio. Non provo niente. Mi fa male anche solo nominarla. Ed è per questo che scelgo di vederla, per farmi del male. Per punirmi per Eloise, perché merito di soffrire, perché è l'unico modo che ho per non dimenticare. E so che è folle e masochista, sono anni che vado in terapia e che tu ci creda o meno, sono soddisfatto del lavoro che ho fatto su me stesso, anche se ancora la strada è lunga e tortuosa» la sua voce si inclina obbligandolo a fermarsi per riprenderne il controllo. Non ho neanche il coraggio di guardarlo in faccia.

«Ma non sono un mostro» continua inginocchiandosi davanti a me per prendermi il viso con le mani e trafiggermi con il suo sguardo lucido.

«Anche se una voce costante me lo ripete ogni secondo della mia vita, anche se ho deciso di vivere come un pentito in cerca di assoluzione, un'assoluzione che cerco in mio padre, nel mio lavoro e che non trovo mai. Quando sono con te, emerita testa di cazzo, non sento il peso di tutto questo. Mi sento libero da ogni peso, libero dal passato. E no, non mi è mai successo con nessuna. Chantelle, Georgette e tutte quelle che ci sono state prima. Per questo correvo dietro mille cose senza sceglierne mai una. Tu sei l'unica caramella del cazzo che abbia mai voluto»

«Perdonami» mi sento male, vorrei sparire. Il ragazzo mi alza delicatamente e mi avvolge con le sue braccia grandi, affondando con la testa sul mio incavo. 

«Scusami, non penso quello che ho detto. Non so cosa mi sia preso»

«É colpa della luna piena» dice, abbozzando un sorriso delicato e indicando la cupola aperta che mostra il satellite in tutta la sua maestosità «alcuni scienziati e psicologi hanno confermato che influenza l'equilibrio psicofisico degli esseri umani. Siamo più propensi all'aggressività, alla tensione o più semplicemente al caos» continua invitandomi a sbirciare dal cannocchiale di un telescopio arrugginito.

«Stai cercando di giustificare in modo scientifico il mio essere stronza?» rido debolmente tirando su col naso.

«Non penso tu sia stronza, Cherry. Penso che chiunque al tuo posto avrebbe reagito male, non posso biasimarti» dice passandosi una mano tra i ciuffi per poi abbassare lo sguardo. Ho enfatizzato le sue sicurezze, i suoi dolori più atroci. Sono una merda.

«Sei come una luna piena costante che brilla su di me dal giorno in cui ti ho incontrato»

«Però sei bellissima sotto la luce dalla mia luna»

William mi afferra baciandomi mentre sono ancora intenta a tirare su col naso e asciugarmi le lacrime che, presto, comincia a cancellare con le sue dita premurose.

«Perdonami» bofonchio tra un bacio e l'altro. Sono baci a stampo, lenti, soffici e caldi. Dolci e curativi.

«Mi fa paura l'effetto che hai su di me, mi fa paura quello che mi fai provare...» continuo non riuscendo a sottrarmi alle sue labbra e alla sua mano che mi acciuffa le guance facendomi arricciare le labbra. Sicuramente sembrerò un pesce palla.

«Shh, qui è vietato parlare» continua rubandomi un altro bacio. 

Vorrei poter dire che nella vita tutto è semplice, che è logico che se il ragazzo per cui stai perdendo la testa è fidanzato non lasci che tutto questo accada ma, non sarebbe reale. La vita, i rapporti, i sentimenti...non sono semplici. Quello che provo per William, ahimè, va oltre la moralità, il corretto, la giustezza. Va oltre la paura di sbagliare, la paura di farsi male. Non ho alternativa alcuna, sono bloccata sotto il suo incantesimo lunare. 

I baci presto diventano più veloci, più umidi, più rumorosi. William fa cascare con una mano dei cuscinoni di alcuni divanetti ammassati tra loro. Mi adagia sotto alcuni di questi e presto le sue mani sono ovunque. Sono sul mio seno, sulle mie cosce, sui miei capelli.

Sono le stesse mani che mi hanno protetto e accudito, accolto e ferito. Sono le sue mani e proprio per questo, non riesco più a resistergli oltre. Lo libero dalla maglia bianca, sfiorandogli gli addominali mentre, intento a levarmi un sandalo, comincia a baciarmi il collo del piede fino a percorrere l'intera gamba. Ho la pelle d'oca, lo stomaco accartocciato, il cuore che batte così violentemente da sovrastare il canto delle stelle che proviene dalla mostra.

Tutto il nostro caos sta mutando in eccitazione e non riesco a placare il mio cuore, non ho più le forze, lo desidero disperatamente da troppo tempo.

Lo libero dai jeans mentre affonda la faccia sul mio seno facendomi inarcare la schiena e lasciandomi aderire al suo ventre. I suoi occhi mi guardano, sorride mordendosi il labbro nervosamente, si lecca l'angolo destro della bocca come se aspettasse qualche mio ripensamento. 

Lo guardo con più intensità, sperando possa leggere nei miei occhi più di quanto riesca ad ammettere a me stessa. 

Un rumore di carta strappata mi fa balzare il cuore in gola, sento il mio corpo scosso da brividi.

William si distende su di me tremando come una foglia, sorrido, non riuscendo a credere che sia più in ansia di me. Mi bacia lentamente, afferrandomi il collo per poi stringere il mio seno sinistro con la sua mano grande e sudata.

Le sue dita scivolano tra le mie gambe, accarezzandomi le labbra e facendomi impazzire. Le infila gustandosi l'espressione del mio viso e, sorridendo maliziosamente, porta indice e anulare in bocca. 

«Questo è il mio nuovo sapore preferito» farfuglia gustandosi i residui della mia emozione. Metto una gamba sulla sua spalla per spingerlo bruscamente verso di me.

I suoi occhi mi stuzzicano, soddisfatti della mia brama.

Tremolante, entra dentro di me, lentamente e con delicatezza. Ci inarchiamo uno verso l'altro, quasi bisognosi di inalare uno il respiro dell'altro nell'esatto momento in cui i nostri corpi si uniscono. Chiudo gli occhi e chino la testa sul cuscino rosso, mi sorreggo alla sua spalla e spingo il ventre verso di lui, prendendomi tutto. 

Will geme insieme a me per poi cominciare spingere ritmicamente, sempre più forte, sempre più veloce. Sento il cuore espandersi, il corpo gioire e le gambe tremare per il piacere. A ogni sua spinta lo accolgo sollevandomi un po'. Lo sento ovunque, lo sento come non l'ho mai sentito.

Mi bacia cercando la mia lingua e presto, siamo aggrovigliati l'uno all'altro. Gemiamo uno il nome dell'altro, come fosse una preghiera. Affonda dentro, sempre di più, sempre più violentemente. Avvolgo la sua schiena con i miei polpacci mentre le mie unghie affondano sulle sue spalle larghe.

Il suo respiro irregolare, mozzato ed eccitato sembra la melodia più bella che abbia mai sentito. Mi metto a cavalcioni sopra, cominciando a muovermi sciolta sotto i suoi occhi che a ogni mia spinta si socchiudono. Mi solleva i capelli stringendoli in un pugno e gira appena la testa per osservarmi meglio, un sorriso spezzato da mugoli di piacere mi obbliga a mordergli le labbra.

«Sei bellissimo» sospiro al suo orecchio prima di vederlo sollevarsi e mettersi seduto per giocare con i miei capezzoli.

Mi afferra le spalle con le mani e spingendomi verso il suo ventre, penetra violentemente dentro, facendomi boccheggiare rumorosamente. Gli stringo il viso fra le mani baciandolo mentre i nostri fianchi oscillano l'uno verso l'altro. Mi accascio sulla sua fronte, tormentata da quel crudo piacere che incombe e che mi fa gridare il suo nome.

«Vieni per me bambina» la sua voce ridotta a un gemito viene accolta dal mio corpo, che sotto il suo effetto, risponde al suo volere, lasciandomi incredula. 

«Guardami, Lolita» sussurra trattenendo un violento gemito che cerca di farsi morire in gola senza troppo successo.

Mi perdo nei suoi occhi ridotti a due fessure, mi stira le labbra con le dita spingendo sempre più velocemente dentro di me. Sento il piacere crescere, salire dalle dita dei piedi fino a esplodermi nel ventre.

L'apice dell'orgasmo mi travolge, obbligandomi a mordere la mano di William per non urlare, questo si abbandona al piacere e insieme a me, viene chinando la testa e lasciando i ciuffi scuri accarezzargli le spalle. Li riapre subito per guardarmi. Occhi ubriachi, occhi orgasmatici, occhi cattivi. Sorride mentre, incapaci di fermarci, continuiamo a fare l'amore fino a far spegnere ogni singola stella sul cielo. Fino a farci male, fino a implorare pietà, fino a supplicare un altro orgasmo. Un altro ancora, uno ancora.



Alle prime luci dell'alba la Ferrari oltrepassa il confine di Newberry. William tiene una mano sulla mia coscia regalandomi dei sorrisi luminosi. Non abbiamo detto nulla, piuttosto, abbiamo fatto tanto. Sento il ventre scalpitare ancora provato dalle sue molteplici prestazioni. 

«Smettila di guardarmi così oppure mi fermo in mezzo alla strada» mi informa scuotendo la testa davanti la mia insaziabilità. Da un lato vorrei succedesse, dall'altro non sono neanche sicura di riuscire a camminare per i prossimi tre giorni.

«Sei bellissima scompigliata dal sesso» dice allungandosi per baciarmi con un sorriso sghembo sulle labbra. Mi gusto quel bacio per poi spingerlo nuovamente sul suo sedile. 

«Guida Morgan!» ridacchio intenta ad accarezzargli i folti capelli neri. 

«Adesso che succede?» chiedo guardando il segnale stradale che annuncia l'entrata a Newberry.

«Succede che stasera sarò single e verrai a cena con me. Non devi preoccuparti di niente» annuncia sereno, vedendo la mia espressione continua «sono situazioni che spetta a me concludere, avrei dovuto farlo molto tempo fa. Evidentemente serviva l'intervento di una pasticcera ritardataria per farmi rinsavire»

Appena prima di svoltare nella stradina che porta alla pasticceria mi fiondo sul ragazzo, sbanda un po' preso alla sprovvista. Mi adagio su di lui come posso, godendomi il profumo della sua pelle che, mischiato a quello mio, è ancora più buono. Il ragazzo ridacchia poggiando la testa sulla mia e blaterando qualcosa su un cinema all'aperto, quando, una voce squillante, ci fa balzare per aria.

«Sei un pezzo di merda!»

Chantelle, in piedi davanti la pasticceria, mi fulmina con lo sguardo. Indossa una tuta bianca e i suoi occhi struccati, gonfi e stanchi, cominciano a ricoprirsi di lacrime.

Cazzo, merda, cazzo, merda. Sono le uniche parole che il mio cervello riesce a pensare in questo momento. 

La bionda si scaglia sulla macchina che sosta immediatamente, viene verso di me ma William scatta fuori dalla macchina e la blocca per un pelo. 

Non fare la vigliacca più di quanto già non lo sia, Cherry. Era tra i rischi, ne eravamo entrambi consapevoli e ormai, sarebbe stata questione di ore. 

Scendo dalla macchina con lo sguardo basso, pronta ad assumermi le mie responsabilità raggiungo a debita distanza i due, Chantelle comincia a colpire il petto del ragazzo che cerca di schivare i suoi schiaffi.

«Sei una lurida puttana! Da quanto va avanti?» strilla verso di me con gli occhi indemoniati, William la blocca prima che possa fiondarsi su di me ma questa riesce comunque a liberarsi. 

«All'inizio non lo sapevo, ti giuro. William non c'entra niente, è stato fuori dal nostro controllo io... sono mortificata, ti chiedo umilmente perdono anche se so che non serve a nulla. Hai tutto il diritto di odiarmi» 

Minacciosa si para davanti e mi tira un ceffone che rischia di farmi finire per terra. William scatta furioso verso di lei prendendo le mie difese.

«No! Stai fermo, ha ragione» continuo prima di posare lo sguardo sugli occhi della ragazza che comincia a piangere di rabbia. Lo ammonisco alzando una mano e facendo di no con la testa per poi massaggiarmi la guancia, brucia.

«Mentre ti scopava ti ha anche detto che quattro mesi fa mi ha chiesto di sposarlo?» chiede ironica indicando un diamante sulla sua mano già tempestata di gioielli preziosi scintillanti.

D'improvviso il mio corpo si pietrifica. Ho freddo, un brivido mi attraversa il cuore. Una patina gelata e spessa di lacrime mi abbraccia la visuale. Sento solo il mio respiro galoppante in questo rumoroso silenzio tormentarmi l'orecchio e confondersi con il battito cardiaco. 

 Il ventre, ancora fresco di passione, muore nello sconforto e nella delusione.

Non sento nient'altro. 


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