Capitolo XXII | Zuccherino

Cherry

Ovunque, pur che sia lontano dai Morgan, ho detto questo davanti la proposta di Forrester. 

«Questa è casa tua?» chiedo una volta arrivati all'attico. Il salone è molto grande ma è difficile scorgere altri dettagli vista la quasi totale assenza di luce. Un ammasso di corpi si dimena a ritmo di musica techno.
Certo che ne ha proprio tanti di amici, eh.

L'unica cosa che riesco a vedere con chiarezza è il panorama sulle colline di Newberry.

Dan non riesce a rispondermi perché un gruppo di ragazzi malconci, comincia a prenderlo scherzosamente a pugni. Analizzo meglio l'ambiente aguzzando gli occhi, le luci stroboscopiche a intermittenza sembrano essere l'unica debole fonte d'illuminazione.

Sui lunghi divanetti bianchi scovo delle ragazze completamente devastate, una di queste balla in solitaria sopra un tavolino di vetro imbrattato di vomito. 

Questi sono i famosi festini dei ricconi? Mi aspettavo un po' più di classe sinceramente.

«Tu devi essere la famosissima Cherry» dice uno scimmione ciucco.

«Non avevi per niente torto, è proprio uno zuccherino!» continua un altro squadrandomi da testa a piedi.

«Oh, lasciali perdere, sono delle teste di cazzo! Allora alzate quella musica o no?» strilla il biondo prendendomi per mano e facendomi strada fra l'ammasso di bottiglie sparse qua e là per il pavimento. 

«Tieni» dice passandomi uno shot con il quale facciamo un breve brindisi per poi ritrovarci a ballare. Presto passa, da qualcuno di non identificabile, una bottiglia di tequila, ovvero la mia migliore amica, bevo un lungo sorso prima di passarla al ragazzo. 

Mi sembra di essere tornata a qualche anno fa quando, questi scenari, anche se decisamente più underground, erano la mia quotidianità. 

Le mani di Forrester mi stringono mentre, suppongo un suo amico, sfreccia spintonandoci per raggiungere il terrazzo dove, affacciandosi pericolosamente alla ringhiera, rimette. Il biondo pare accorgersi della mia preoccupazione e, in un baleno, mi fa roteare per poi avvicinarmi ancora di più a sé.

«Non potrò mai ringraziarti abbastanza, è stupendo!» spiego indicando il vestito che indosso.

«Dal primo giorno che ti ho vista ho desiderato vedertelo addosso, sei bellissima! E non ringraziarmi, è uno stupido pensierino»

Per essere uno stupido pensierino, ha un aspetto costoso.

Sento il suo fiato sul collo mentre, strusciandosi su di me, scivola con la mano verso il sedere.

Veniamo interrotti da un tipo che sussurra qualcosa all'orecchio del proprietario di casa.

«Ti dispiace se mi assento un attimo? Torno subito» spiega prima di sparire lasciandomi circondata da privilegiati fuori controllo.

Tutti i suoi amici mi guardano sfacciatamente il seno, addirittura qualcuno fischia in segno d'approvazione. Mi volto scioccata e prendo la prima bottiglia che trovo cominciando a bere. 

Mi sento nel posto sbagliato, o forse mi sento sbagliata io, per questo posto.

Ho bisogno di rilassarmi, godermi una serata da ventiduenne quale sono e soprattutto non logorarmi con questi complessi.

Posso tornare quella di una volta per una sera, insomma, non mi succederà niente e se devo essere sincera, l'irresponsabilità un po' mi è mancata. 

Ingurgito il fuoco liquido e ripenso a Jacks, alla nostra vita passata insieme, mi sembra di far un tuffo indietro nel tempo. 

Avrebbe apprezzato quest'atmosfera di degrado ma sicuramente, non il contesto. Nel mio immaginario lo vedo già pronto a uno scontro fra classi sociali, non è mai stato un fan dei "griffati", così amava chiamarli, anzi, spesso ha passato i guai per dei brutti episodi con questi.

Metto l'anima sul fuoco che nel giro di cinque minuti, avrebbe già svaligiato questo posto.

Rido a quelle fantasie portandomi la bottiglia alla bocca, una strana sensazione di nostalgia e dolore mi attanaglia il cuore. Questo scenario è troppo evocativo, posso percepire il fantasma di Jacks aleggiare ovunque.

Mi abituerò mai alla sua presente assenza?

Esco nel balcone tenendo la bottiglia salda alla mano, accendo una sigaretta e presto comincia a girarmi la testa, mi godo il senso di spossatezza. Sì, è decisamente un tuffo nel passato. 

Dei ragazzi ben vestiti escono un barilotto e, letteralmente senza rendermene conto, mi ritrovo a testa in giù a spillarlo. Rischio di cadere ma per fortuna, i due scimmioni che mi sorreggono, riescono a non mollare la presa.

«Sotto il prossimo» strillo divertita, mentre la folla mi applaude.

Dan appare dalle enormi vetrate spalancate sul terrazzo, ha il viso stravolto e la giacca completamente gualcita, riesce a stento ad avvicinarsi a me.

«La ragazza è in gamba! Regge meglio di tutti noi» constata qualcuno mentre questo viene ad abbracciarmi molleggiando sulle ginocchia.

Non ci vuole chissà quale intelligenza per capire che si è appena fatto di qualcosa, i suoi occhi sono spalancati e le pupille dilatatissime.

Jacks infesta nuovamente la mia memoria, e quando la musica torna ad alzarsi facendo tremare le vetrate, mi obbligo a buttarmi in pista e cacciare quel fantasma.

Dan biascica qualcosa ma non lo sento, ho la testa leggera e improvvisamente è come se fossi altrove, dove niente può sfiorarmi, né il mio passato né il mio fantasma e né Will.

Nel giro di pochi secondi caotici mi ritrovo in un bagno con il biondo, che non perde tempo e mi alza sul piano del lavabo.

Conclusioni affrettate parte seconda.

La sua lingua s'insinua violentemente nella mia bocca, placo una strana ansietta mentre mi tocca con frenesia il seno. 

La bocca pastosa di Dan mi passa qualcosa di duro e piccolo, è una pillola.
La sigillo fra gli incisivi e allontano il ragazzo per sputarla sul palmo. 

«Ecstasy?» domando stonata.

Per tutta risposta il ragazzo mi mostra la lingua sorridente, ha una piccola pasticca sulla punta.
In un istante la manda giù dandosi qualche colpetto alla gola per farla scivolare meglio.

Mi guardo attorno con difficoltà, scoprendo accanto le mie mani più piattini di coca, meticolosamente tagliata e pronta all'uso.

Jacks d'improvviso torna di nuovo.

Ricordo i suoi scleri, le sue strazianti crisi d'astinenza, le volte in cui l'ho visto collassare davanti la porta di casa, le volte in cui ho dovuto soccorrerlo senza neanche sapere come fare.

Sento il petto innervosirsi quando Dan posa i suoi occhi azzurri su di me.
È completamente fatto, ed è innaturale che la cosa non mi faccia alcun effetto, provo tristezza per me stessa tanto abituata a queste circostanze da non temerle più.

L'unica cosa che realmente mi preoccupa è che il ragazzo non sembra tollerare proprio niente di quello che sta assumendo.

«No, grazie» brontolo gettando quella minuscola pastiglia sul bancone in marmo scuro.

«Pensavo ti piacesse divertirti!» biascica Dan reggendosi a malapena in piedi.

Si poggia con le mani sul lavabo e dondolandosi si avvicina al piattino vicino la mia coscia. Che tristezza, anche lui è uno schiavo.

È da codardi rifugiarsi in un apparente benessere del tutto artificiale e chimico, ti sembra di poter contrastare il mondo, invece non ti rendi conto che, stai solo contrastando te stesso.

Tutti abbiamo qualcosa da cui fuggiamo, poco importa se sei ricco, povero, sposato, con figli o laureato.
Tutti abbiamo i nostri mostri ma questo non vuol dire che anestetizzare il proprio corpo e la propria mente con della merda sia la soluzione. È temporaneo, non affronti nulla, ti nascondi solo per la durata della botta.

Negli ultimi anni la droga sembra essere tornata proprio come nei famosi anni Ottanta, molti non si rendono conto di quante vite stia massacrando, la sottovalutano.

Anch'io lo sono stata, schiava di quella apparente via di fuga dal dolore, non mi piace ricordare quel periodo, è stato uno dei miei più grandi fallimenti.

Ho trovato la forza di dire basta una volta lasciatami il mio ex alle spalle.

Nessuno mi avrebbe salvato, forse la mia autodistruzione proveniva proprio da quell'inconscio desiderio, avrei voluto sapere di essere amata, di essere salvata. Di essere amata.

Ma bisogna trovare la forza di affrontare le proprie paure e insicurezze, di guardarle dritto negli occhi e andarci affondo per annientarle, comprenderle e domarle.

Così mi sono salvata da sola, fa tanta paura guardare in faccia la realtà, perché spesso è scomoda, perché c'è voluto fegato a mettermi in discussione e scoprire che, alla fine, non era il mondo o la vita il mio nemico, ero io stessa il mio nemico.

L'intruso che tanto cercavo di sopprimere, ero io.

Riabilitazione, terapia e tanta tanta forza di volontà, no, non è per nulla semplice ma quando una volta uscita dalla tempesta mi sono guardata indietro, con la giusta consapevolezza, mi si era gonfiato il petto d'orgoglio. Ne ero uscita, da sola, lottando e lavorando per diventare una versione migliore di me.

Posso dirmi fortunata, c'è chi non ne esce mai, come il mio Jacks e come l'uomo che ho davanti.

«Non ho bisogno di questa merda per divertirmi, al contrario, mi deprime» spiego parlando con qualche difficoltà. 

«Ma io si...ne ho tanto bisogno» dice facendosi una striscia e tirando su rumorosamente.

Eppure, non sembri affatto reggerla bene, vorrei dirgli ma non riesco a farlo perché, in un secondo, si para di fronte a me e torna a baciarmi aggressivamente.
Fermo le sue mani che provano ad insinuarsi sotto il vestito mentre le mattonelle scure cominciano a girare vorticosamente. 

«Ti farò venire come non hai mai fatto» biascica affondando la faccia sul mio seno e bloccandomi le mani dietro la schiena.

Rimango di sasso, completamente colta alla sprovvista, sembra un'altra persona e non è facile intuire quale sia il fattore scatenante del suo switch di personalità.

Provo a spingerlo via ma senza successo rendendomi conto, solo in quel momento, che il ragazzo tenta di immobilizzarmi.

Solleva la stoffa verde scoprendo le cosce e liberandosi della cintura frettolosamente, stando ben attento a mantenere salda la presa sui miei polsi.

«Non fare così, lo vuoi da quando mi hai visto! Ti farà impazzire Zuccherino, non agitarti!»

Improvvisamente la sua vista mi fa venire il volta stomaco.

«Levati» farfuglio tremolante.

Appena provo a spingerlo con il busto quasi a volergli dare una spallata, comincia a ridere.

Nei suoi occhi non c'è nulla, c'è solo vuoto e disumanità. Non vuoi salvarti nemmeno tu.

Finisce di sbottonarsi i pantaloni piazzandosi fra le mie gambe.

Le mie emozioni d'un tratto assopiscono, come anestetizzate.
Sento dei conati di vomito cominciare a salire mentre, immobile, comincio a piangere silenziosamente. Com'è possibile non mi sia accorta che fosse questo?

Lo scarto umano, si eccita ancora di più, avvinghiandosi alla mia bocca che in tutti i modi cerco di serrare.

«Testa di cazzo ti ho detto di smetterla! Smettila! Smettila!» strillo nel panico mordendogli la lingua per farlo arretrare; nei suoi occhi perversi scopro di aver alimentato il suo desiderio, peggiorando soltanto la situazione.

La porta del bagno si spalanca proprio nell'istante in cui carico una testata al biondo, che si affloscia a terra, vomitando un liquido acquoso sulla camicia.

William ha la mano aperta sulla porta, i capelli scombinati gli squarciano lo sguardo severo e il colletto della camicia è completamente sbottonato.

Dietro di lui intravedo uno scimmione a terra che si tiene con entrambe le mani il naso.

Morgan tiene la testa china, respirando affannosamente, le sue narici si allargando velocemente e noto un crescente movimento del petto.

China appena la testa per guardarmi e in un solo secondo, i suoi occhi vengono attraversati da un uragano che frantuma qualcosa dentro la sua anima, facendo così tanto rumore che, temo da un momento all'altro possa sgretolarsi sul pavimento.

Violentemente agguanta Forrester, sbattendolo contro il muro, ha gli avambracci ricoperti di spesse vene, le labbra così stirate da essere invisibili.

Il biondo cerca di tirarsi in piedi e Morgan, impazzito come un toro imprigionato dentro un recinto da una vita, sferra una testata sul naso del biondo e, per un secondo, ho paura l'abbia ucciso.

Appena Dan prova a rialzarsi, Will si scaglia nuovamente su questo, distruggendo la vetrata della grande doccia.

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