Capitolo XXI | Ballo di Fine Estate

William

Provo un'infinità di cravatte davanti lo specchio, incapace di trovarne anche solo una, che vada bene con lo smoking.

Le lancio sul letto, non controllando il mio nervosismo. Non ho intenzione di vedere la coppietta di piccioncini per tutta la serata. Ho già avuto grosse difficoltà la settimana scorsa al ristorante quando, quel porco...

«Amore è tardissimo dobbiamo andare! Oh lascia, ti aiuto» spiega Chantelle circondata da un abito a sirena blu notte.

Prende una cravatta e comincia ad armeggiare intorno al mio collo con la stoffa facendo il nodo in maniera impeccabile, se non fosse che comincia a stringerlo troppo, e questo, basta per farmi scattare.

«Cazzo, vuoi strozzarmi? Lascia, ci penso io» sbotto levandole le mani. 

«Oh wow, qualcuno è di cattivo umore» sbuffa, alzando le mani scocciata.

 Aspettami giù, arrivo tra due minuti» borbotto voltandomi nuovamente verso lo specchio per finire di sistemare la cravatta. 

Dopo circa una mezz'ora arriviamo alla tenuta dei miei genitori. 

Il vialetto è pieno di auto lussuose e quando scendiamo dalla vettura, attiriamo l'attenzione di molti. Chantelle si pavoneggia con movenze da diva degna di Hollywood, se la vanità fosse una persona, senza dubbio sarebbe la bionda al mio fianco. 

Quando entriamo veniamo attorniati da una folla di pezzi grossi, solo dopo aver salutato un miliardo di persone riesco a defilarmi mentre, la mia dama, già intrattiene un gruppetto di figlie di papà. 

Ogni tavolo è tempestato di dolcetti del Cherry Sweet, motivo per cui, devo assolutamente bere qualcosa, fortunatamente un cameriere passa con un vassoio da rinfresco.

La grande sala del maniero è stata allestita perfettamente con delle decorazioni sulle tonalità del tramonto.

Agguanto un bicchiere di champagne e quando, annoiato a morte, mi giro in cerca di Chantelle, rischio di farmi venire un infarto. 

Cherry ha gli occhi di tutti puntati addosso nell'esatto istante in cui, dalle casse sparse, una chitarra strimpella dolcemente le prime timide note, peggiorando soltanto la situazione. La ragazza si guarda intorno corrugando la fronte e controllando di non aver nulla fuori posto; è fasciata da un abito in raso con spalle scoperte di un verde brillante che, sembra fare pendant con i suoi occhi, luminosi come due smeraldi. 

I riccioli definiti sono semi-raccolti in una acconciatura che lascia scivolare sulle clavicole scoperte qualche ciuffetto morbido. L'abito è talmente aderente che sembra proprio le sia stato disegnato addosso. 

Non ho mai visto niente di simile e sembra che tutta la sala sia d'accordo con me. Lolita ha ufficialmente abbandonato il ghetto, annunciandosi all'alta società.

Sento un vuoto allo stomaco quando i suoi occhietti persi in quel caos, fatto di sfarzo e finto perbenismo, scoprono i miei facendo scomparire la folla. 

Qualcosa di pungente sotto la mia pelle chiede pietà quando al suo seguito, vestito di tutto punto, c'è Dan. 

La ragazza si avvicina al rinfresco a qualche decina di metri da me per prendere un bicchiere e farlo fuori in un colpo, quel coglione ride sussurrandole qualcosa all'orecchio mentre lei, di sottecchi, mi controlla. Beccata! Sorrido sotto i baffi vedendola ricomporsi e alzare il nasino con fare altezzoso. Si, è decisamente una bimba smorfiosa.

Inclino la testa godendomi la vista del suo sodissimo cu...

«Cherry! Oh, Tesoro!» Chantelle strilla come una gallina mentre raggiunge la ragazza per poi agitare una mano nella mia direzione, incitandomi così, a unirmi.

Non ho molta scelta, incrociando furtivamente lo sguardo di Lolita faccio un respiro, butto giù un altro bicchiere e li raggiungo.

Cherry sembra una bambola di porcellana, appena la saluto distoglie lo sguardo così mi concentro su Dan, che sorride sornione non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso, non posso biasimarlo.

La bionda si guarda confusa intorno, rendendosi conto che, la ragazza dei Cupcakes, le ha rubato la scena senza neanche rendersene conto.

Non riesco a fermare le mie pupille che, così da vicino, possono studiare meglio il suo splendore mozzafiato. Mi soffermo un po' troppo sul suo seno, messo ben in mostra e dall'aspetto invitante, ripenso a come ho potuto palpeggiarlo, strizzarlo...

«Sei incantevole!» si complimenta la ragazza al mio fianco mentre Dan, parandosi dietro Cherry, l'abbraccia. 

«È più che incantevole» specifica smielato.

«Oh siete così carini!» esclama la bionda come se stesse guardando una coppia di gattini farsi le fusa a vicenda. 

Essere costretto a dover fingere, soprattutto in questi contesti, non è mai risultato più difficile.

Sento il petto gonfiarsi appena Forrester le circonda il ventre, lasciandole un bacio fugace sulle labbra.

La ricciolina s'irrigidisce immediatamente e appena ci guarda, ridendo imbarazzata, sono sicuro possa percepire che io, fra tutti, avverto il suo disagio. 

Vorrei capire a che gioco sta giocando.

«Oh perdonami caro ma devo rubartela per un po'!» continua Chantelle liberandola dalla presa del ragazzo e catapultandola in un cerchio di suoi collaboratori.

Il porco si avvicina come un bulletto delle superiori, molleggiandosi un po' sulle ginocchia.

«Ti conviene asciugarti gli angoli della bocca» scimmiotta alzando un calice in segno di brindisi, stringo forte i pugni cercando la forza per non scaraventarlo contro il palco. 

«Non sai quanto sto godendo ma soprattutto, non sai come godrò più tardi» sussurra velenoso, avvicinandosi di più al mio viso.

Faccio un passo per acciuffarlo quando, un bastone di ebano e avorio, si para fra noi due, bloccando le mie intenzioni.

«William, ho bisogno di parlarti» Oliver mi guarda serioso, facendo dileguare Forrester.

Afferro il primo calice che trovo e comincio a bere a grandi sorsi, allentandomi il colletto per respirare meglio o quanto meno, provarci.

«Cosa sta succedendo? Lo sai che tuo padre è qui vero?» domanda l'anziano aggrottando la fronte.

«Niente» sbuffo irritato ispirando profondamente.

Intravedo l'abito da sera di Cherry e il mio piede destro comincia ad agitarsi nervosamente, Chantelle la trascina per mano tra la pista e quando i nostri occhi s'incrociano un'istante, sento un peso al petto rischiare di farmi scoppiare il cuore. La odio.

«Oh, buon Dio alla fine te la sei portata a letto!» constata sconvolto, portandosi due dita sulle palpebre.

«Non...» mi interrompo per finire il calice e prenderne subito un altro «Non me la sono portata a letto, ci siamo baciati per sbaglio»

«Ah ecco, ora cambia tutto, per sbaglio!» ridacchia incredulo.

«Cosa, cambia?» domanda improvvisamente mio padre unendosi alla conversazione. Il suo sguardo analitico mi scruta in cerca di prove, prove di un passo falso

«Stupidaggini di lavoro! Ah, a proposito Thomas, volevo parlarti di quella compagnia aerea...» Oliver mi guarda con raccomandazione, intento a distrarre mio padre per farmi silenziosamente defilare. 

Ho decisamente bisogno di una boccata d'aria lontano da questo incubo, raggiungo il grande lago circondato da salici piangenti, i cui rami penduli, sfiorano la superfice dell'acqua. Mi poggio con il fianco a una panchina e allento ancora di più il colletto.

L'intero tappeto di costellazioni è riflesso perfettamente sullo specchio d'acqua, circondando da cannucce di palude.  

Impreco sotto voce sentendo il pungente bisogno di spaccare qualcosa, finisco il mio ennesimo calice e lo lancio furiosamente contro il lago, distruggendo l'universo in miliardi di pezzettini.

Il bicchiere affonda in qualche secondo, lasciando grossi cerchi formarsi nell'acqua scura. 

Sento un rumore alle mie spalle e quando mi volto, scopro Cherry, impalata con un pacchetto di sigarette alla mano. Ha gli occhi sgranati, come se fosse su una scena del crimine e, senza rendersene conto, fa un passetto indietro. 

Se potesse si fingerebbe morta come un opossum. 

«Ne vuoi una?» domanda palesemente interdetta con un sorrisino intimorito. 

«Tranquilla non mordo, non ancora» dico avvicinandomi e prendendomi una sigaretta sgarbatamente. 

«L'accendino?» chiedo snervato, lei non proferisce parola, si limita a infilarsi due dita nella scollatura da cui esce un piccolo accendino bianco. 

«Sono forse all'inferno?!» sbotto completamente sconvolto da tutto. Si, sicuramente questo è il karma.

La ragazza continua a rimanere lì, impalata e perplessa. Mi osserva attentamente, ed è possibile sentire da qui, i miliardi di pensieri che le affollano la testolina.

Indecisa allunga la mano, come se fosse un automa. 

Le strappo l'accendino dalle mani e accendo la sigaretta, fumandola con disperazione e gusto al tempo stesso. 

«Non fumavo dai tempi delle superiori» svelo stupito di me stesso cominciando a girare in tondo, lasciando così, le mie punte lucide falciare l'erba.

«Sì ma io fumo da sempre, posso riavere il mio accendino?» la signorina ha ritrovato la lingua, le passo l'accendino e presto comincia a farmi compagnia, boccheggiando fumo denso.

«Tutto bene?» chiede distrattamente guardando la superficie del lago. Non riesco neanche a credere alle mie orecchie, mi volto verso di lei facendola trasalire.

«Sei veramente persa dentro Wonderland forse? È incredibile! No, non va tutto bene, con te e quel coglione fra i piedi non può essere diversamente! Con quale faccia sei venuta qui? Con lui, per giunta!» grido fuori di me, cominciando ad avvertire il peso dell'alcool.

«La tua fidanzata ci ha invitato, forse ti è sfuggito questo particolare!» spiega completamente sbigottita «Come ti permetti a gridarmi addosso dopo la merdata che hai combinato? Pensi di essere l'unico in difficoltà? Sono io quella obbligata ad averti tra i piedi, a te e alla mia collaboratrice con cui adesso lavoro, altro particolare che, forse, ti è sfuggito. La bellissima Chantelle che convive con te da un anno! Dovresti avere la decenza di tapparti quella bocca, la sigaretta dovrebbe andare bene!»

«Non è la stessa cosa, non provarci» continuo, dando un lungo tiro alla sigaretta.

«No, infatti! Non è la stessa cosa, non ho tradito nessuno a differenza tua. Come hai potuto fare quello che hai fatto sapendo di avere una persona che ti aspettava a casa? Hai idea della posizione in cui mi hai messo?» spiega talmente furiosa che, un ricciolo, sfugge dall'acconciatura per finirgli sul volto.

«Oh, non farmi la morale! La cosa ti ha turbato così tanto che sei corsa fra le braccia di quel maiale!»

«Non hai un briciolo di moralità Morgan, è più che chiaro. Almeno quando bacio il maiale, non devo preoccuparmi di sentire il sapore di qualcun'altra sulle sue labbra. Sei assurdo e ridicolo, dovresti soltanto vergognarti» la sua voce comincia a vacillare.

«Perché, quando ti sei lasciata quasi scopare sul bancone della pasticceria, non ti vedevi già con lui?» inveisco contro di lei che, in un secondo, ha gli occhi ricoperti di lacrime.

Fa un passo indietro guardandomi disgustata, sembra di nuovo una bambina a cui hanno rubato il lecca-lecca.

«Come puoi paragonare le due cose? Cioè non dovresti nemmeno fiatare cazzo! E poi sarei io dentro Wonderland? Ma vaffanculo» Cherry prova con tutta se stessa a non piangere e alza il volto contro il cielo stellato, cercando di placarsi.

Penso mi stia per tirare un altro pugno quando, trafiggendomi con i suoi smeraldi luccicanti, si para minacciosa davanti al mio viso.

«Stammi alla larga e assumiti le tue responsabilità, che scema! Come potresti? Non ti frega un cazzo di nessuno, nemmeno di Chantelle. Il mondo gira intorno a te Morgan, vero? L'unica stupida che porterà il peso del rimorso sono io!» conclude con voce spezzata per poi spegnere violentemente la sigaretta sotto il tacco a spillo e, allontanandosi a grandi passi, tornare al maniero.

«Sei venuta tu da me per offrirmi una cazzo di sigaretta, cara Alice!» grido contro la sua sagoma che rimpicciolisce sempre di più.

«Merda!» impreco a denti stretti.

Le canzoni in lontananza si susseguono mentre, seduto sulla panchina solo e pensieroso, cerco di placare una leggera tachicardia che mi manda un po' in panico. Sono tentato di chiamare il mio analista, non voglio tornare nel passato, non adesso. Non lo reggerei. 

Mi scompiglio i capelli e cerco di pensare alle linee scure e pulite di Frank Stella, cercando di raffigurare ogni mio pensiero in ogni linea, non devo guardare l'insieme del quadro, piuttosto concentrarmi su un solo pensiero, un solo filo.

Seguo la linea più annodata, quella di Cherry, non mi serve molto tempo per arrivare alla solita conclusione; il problema sono io.

Si aspettava, comprensibilmente, spiegazioni con annesse scuse.

Avrebbe dovuto darmi un pugno per davvero questa volta, invece, mi ha offerto addirittura una sigaretta e io, dall'alto del mio tormento, l'ho trattata come una nullità. 

Ripenso ai nostri scontri e alle mie reazioni spropositate, giungendo finalmente a una scoperta; la ricciolina fa perdere il controllo alle mie emozioni, e l'emotività, è da sempre una mia grande nemica. 

Per anni l'ho domata egregiamente, cercando di non ingarbugliare i fili, seguendo uno schema ben preciso, sotto consiglio del mio stesso analista.

Ma adesso, per qualche ragione, Lolita sembra intrecciarli tutti.

Vedo una sagoma avvicinarsi dal maniero, sento l'agitazione condensarsi sul petto, che sia proprio Cherry? Magari con l'intento di darmelo per davvero il pugno, più che meritato, in questo caso. 

Rimango un po' deluso quando scopro trattarsi di Oliver, lo raggiungo evitando che si affatichi troppo. 

«Will! Gli invitati ormai stanno andando via, sei stato qui per tutto questo tempo? Chantelle ti ha cercato per ore» farfuglia cercando di controllare il fiatone.

«Hai visto Cherry?» taglio corto preso dal senso di colpa. Emozione

«Mi ha salutato un'ora fa, è andata a una festa di amici con Dan» mi informa preso alla sprovvista, inspirando profondamente, tra una parola e l'altra.

Sento il cuore cadere nel vuoto.

«Oliver, che festa?» chiedo avvicinandomi all'anziano sentendo crescere l'inquietudine. Emozione.  

«Non lo so, non ricordo...» confessa l'uomo grattandosi un orecchio.

«Oliver, ti prego, è importante» lo incalzo poggiandomi con entrambe le mani sulle sue spalle spigolose. 

«Quando Cherry mi stava salutando, Dan l'ha richiamata, diceva che...» si ferma alla ricerca di quel particolare. 

«Ti prego, concentrati» lo supplico scuotendolo debolmente.

«Che era tardi e tutti li stavano aspettando all'attico!» recita vittorioso.

Non sono io che torno nel passato, è il passato che torna da me.

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