Capitolo XL | Sirene e Pokémon
L'Icon è un'oasi di lusso e intrattenimento, una gemma nel cuore della città notturna. Luci soffuse creano giochi d'ombra sulle pareti adornate da grandi canne di bambù dorate, l'impronta d'arredo tropicale incontra una modernità che rende il tutto così elegante da farmi storcere il naso.
James, la nostra guida attraverso questo mondo di raffinatezza, ci fa assaporare una selezione di vini pregiati come un vero intenditore. Le sue descrizioni affascinanti riguardo alle note legnose, la corposità e le sfumature aromatiche, ci stordiscono più del vino. Mentre si impegna a introdurci a questo mondo, io e Flo ci guardiamo compiaciute, scambiandoci occhiate divertite di intesa. La nostra ignoranza enologica, ci limita a distinguere a malapena un bianco da un rosso. Ma ci lasciamo trascinare dall'atmosfera sofisticata del locale, fingendoci all'altezza e ridendo di gusto.
«Cin cin. Alla pasticceria!» Florine, piuttosto compromessa dall'alcool, scontra il calice contro il mio. Il secondogenito dei Morgan aveva detto che entro il mese avrebbe firmato la trattativa rendendomi a tutti gli effetti proprietaria dell'immobile.
«Non canterei vittoria così facilmente, non mi fido del cubano» confido finendo un altro calice. Il più piccolo dei Morgan riesce ad attirare l'attenzione di tutte le signorine presenti. Insomma, il marchio di famiglia c'è, non si può negare. Ha una bellezza sbarazzina e fanciullesca. Ogni sua movenza è delicata, non so perché ma mi ricorda il protagonista de "Il castello errante di Howl".
Controllo per la centesima volta lo schermo del cellulare. Dopo quanto accaduto all'evento avevo scritto più messaggi a William ma, a distanza di ore, ancora nessuna risposta. Lo lascio cadere dentro la borsetta decidendomi di non stare più con quell'ansia soffocante. Sicuramente sarà impegnato con Thomas o con qualche stupida partita di biliardo.
«Questo è un Chianti, decisamente più secco rispetto quello di prima...»
«Ti prego James, versa e basta. Non me...» Blocco in tempo la mia amica colpendola con il tacco a spillo sul polpaccio.
Non capivo perché il più piccolo dei Morgan avesse insistito così tanto per trattenerci. La sua scusa era che bisognava festeggiare ma si comportava in modo strano, come se fosse ansioso e impaziente di qualcosa. E adesso che i suoi occhi scuri luccicano alle mie spalle, obbligandomi a voltarmi, capisco cosa aveva realmente in serbo per me.
William è seduto comodamente su un divanetto in velluto verde con le braccia distese lungo i braccioli. Circondato da bellissime ragazze molto, sottolineo, molto avvenenti, si bea della loro compagnia. Come sirene attorno al marinaio, lo ammaliano con i loro modi provocanti. Le guarda compiaciuto, ridendo così tanto da rovesciare indietro la testa. Non riesco a credere ai miei occhi.
«Ah, già, Willy! Adora questo posto» Il biondo si sistema sullo sgabello accanto a me, accavallando le gambe e poggiandosi con i gomiti al lussuoso bancone.
La sirena più spigliata ama toccare "innocentemente" il ragazzo, tra una parola e un sorriso posa le sue mani sulla spalla, sul ginocchio, sul petto. Indossa un top trasparente nero e quando dico trasparente, intendendo che le si vedono interamente i capezzoli. Meravigliosi, perfetti e ornati da due sensualissime palline argentate. Avvicinandosi al suo orecchio per sussurrare il suo canto malefico, poggia la mano sulla coscia del ragazzo. Sento un pizzicore solleticarmi le mani. Allarme capezzoli!
«Tutto bene Cherry? Qualche problema?» James mi studia con un ghigno sulle labbra. Che pezzo di merda. Mi passa un calice di rosso guardandomi con insistenza.
Non andare nel panico! Si può mandare a cacare la propria coscienza? Come cazzo faccio a non andare nel panico!? Bevo un lungo sorso nella speranza di rilassarmi.
Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Deve far parlare di sé e mantenere un'immagine da donnaiolo così da assecondare il padre psicopatico. Certo, non immaginavo fosse necessario calarsi così tanto nella parte. Insomma, ne ero ben consapevole, no? Lo sta facendo per noi, per me.
Continuo a ripetermelo mentre un'altra ammiccante sirena finge di passargli un bicchiere di scotch per poi allontanarlo scherzosamente. William sbuffa divertito, se la mangia con gli occhi prima che questa avvicini il bicchiere e faccia bere un sorso al ragazzo. La più spigliata ridacchia, cercando di riattrarre l'attenzione su di sé, alza con l'indice il bicchiere in mano alla bionda, facendo scivolare un po' di liquido scuro sul mento di Morgan.
Si avvicina alla sua giugulare pronta a sfoggiare una mossa letale con la lingua affilata e, proprio in quell'istante, gli occhi di William incontrano i miei. Balza subito sulla seduta, strappando il bicchiere dalla mano della bionda e rimettendo al suo posto capezzoli d'oro. La tensione che si respira, sembra congelare lo scorrere del tempo.
«Dimmi che tale perfezione è ottenibile solo tramite chirurgia altrimenti potrei incazzarmi veramente tanto con la genetica» Florine s'interroga palpandosi le tette davanti la faccia sconcertata del barman. James scoppia a ridere vedendo la mia collega cominciare a saltellare sulla sedia per scuoterle e analizzarle. Ditemi che il vino era contaminato da una qualche sostanza allucinogena sennò non mi spiego come sia possibile tutto questo.
«Le definiresti minuscole o piccole?» chiede biascicante al povero barista a cui cade lo shaker dalle mani. Sì, sicuramente è un'allucinazione.
James mi tiene sotto tiro con i suoi occhi scrutando la scena, ride soddisfatto avendo intuito un fastidio abbastanza evidente da parte della sottoscritta che sembra confermare i suoi sospetti. Bastardo di un Morgan, era tutto architettato! La sala è un palcoscenico, William sta recitando la sua parte, ignaro delle trame dietro le quinte. La scena si svolge secondo il copione di James, ma la domanda è quanto tempo riuscirò a reggere questa finzione.
«La sinistra è più piccola della destra. Non solo minuscole, pure storte!» mi sforzo di mostrarmi divertita alle parole della mia collega decisamente ubriaca. Non devo fare il gioco di James.
«Flo sembra apprezzare molto il Chianti» maschero dietro una risata.
La sceneggiatura di James prende una svolta inaspettata quando, con il suo solito sorriso beffardo, si avvicina a me con fare da seduttore. Cerco di mantenere la mia espressione impenetrabile. Comincia a sfiorare con l'indice il bordo circolare del mio calice, sta palesemente valutando la sua prossima mossa.
«Anche tu sembri apprezzare il buon vino, otra copa?» chiede con tono giocoso mentre i suoi occhi brillano di una malizia ben celata. Si avvicina pericolosamente al mio viso intento a sistemare meglio lo sgabello quasi tra le mie gambe. Vuole istigare William. La faccia da bambino soddisfatto, mi fa saltare i nervi.
Non sono più disposta a stare buona, prima il padre poi la madre e adesso, come se non bastasse, il fratello pazzo. Sarà il vino a rendermi particolarmente spavalda ma un'idea malvagia mi balena in testa. Il cubano non me la dà a bere. Ho già messo al proprio posto un Morgan, posso farlo di nuovo.
«Vuoi giocare sporco con me? Sicuro piccolo James?» continuo parandomi provocatoria vicino alle sue labbra lasciandolo di stucco. Lo vedo nei suoi occhi, questo non rientrava nella sua sceneggiatura. Incredulo, cerca di ricomporsi.
«Sono un Morgan. Conosci già la risposta!» ride facendomi l'occhiolino e giocando con un mio ricciolo.
La sorpresa e l'incredulità si leggono sul viso di William che dal suo angolo osserva la scena con occhi sgranati. Si allenta il colletto finendo con un sorso il suo scotch. Mi concentro nuovamente sugli occhi scuri del fratellino, la mia unica intenzione è quella non solo di prenderlo contropiede ma di farlo crollare. Voglio vederlo intrappolato nel suo stesso gioco. Sta bluffando con la persona sbagliata. Com'è quel detto? Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare?
«Allora giochiamo» continuo, abbassando la bottiglia che tiene tra le mani per avvicinarmi ancora di più a lui. Riesco a sentire il profumo, brezza marina e cipresso. Indietreggia il viso impercettibilmente. Il suo turbamento è palese e questo non fa altro che incentivarmi.
«E poi scoparsi due fratelli mi eccita da morire, vieni con me?» sussurro al suo orecchio prendendolo per mano e alzandomi. James adesso è confuso e spaventato. Incredulo si lascia trascinare nei bagni. Il fratello maggiore, poco prima di vederci varcare la soglia si alza furioso dalla sua seduta per seguirci con lo sguardo. Le mascelle contratte e i pugni stretti lungo i fianchi. Una ragazza si poggia alla sua spalla e lui se la scrolla di dosso, trafiggendomi con occhi rabbiosi.
Io, nel mio ruolo di attrice improvvisata, continuo a seguire la sceneggiatura, sapendo che il sipario di questa tragicommedia, si sta alzando lentamente.
Le luci soffuse del bagno illuminano bene il viso del biondo che una volta strattonato al muro comincia a boccheggiare nervosamente. Sbottono lentamente la camicetta sotto lo sguardo a tratti nauseato del ragazzo che sembra volersi appiattire contro il muro. Guarda nervosamente il pavimento a scacchi.
«Todo bien James? Qualche problema?» Cantileno cercando di imitarlo. Soffoco una risata davanti la sua espressione disgustata.
«Io...non posso» borbotta, prima di fiondarsi fuori dal bagno alla velocità della luce.
Sento la tensione sciogliersi sotto una liberatoria risata. Mi poggio al lavello con le mani cercando di riprendermi. Quando alzo gli occhi William è dietro di me che chiude la porta a chiave. Respira pesantemente facendo alzando le spalle stirandosi il collo come un pugile prima di un incontro.
Dallo specchio ci guardiamo in cagnesco. Allenta il colletto aggressivamente prima di avvicinarsi.
«Non provare a fiatare William o giuro che ti ritrovi la testa dentro il cesso. Non rispondi ai miei messaggi e poi ti trovo qui, così. Carine le tue amiche, eh»
«Lo sai benissimo che era una recita! Oliver mi aveva informato che James sarebbe stato qui come molte persone vicine alla mia famiglia. Era la serata perfetta per mettere tutti a tacere. Quel coglione l'ha fatto apposta»
«Reciti benissimo. Un po' meno, no? Perché stavi per farti baciare. A proposito dove ti saresti spinto? Perché capezzoli d'oro avrebbe fatto vacillare anche me, questo devo ammetterlo!» spiego ironicamente, aprendo l'acqua per rinfrescarmi i polsi.
«Capezzoli d'oro?» ripete aggrottando le sopracciglia «non le avrei mai baciate. E tu? Cosa avresti fatto se James...» perde le parole non riuscendo neanche a immaginarlo probabilmente. Si passa nervosamente le mani sul viso come a voler scacciare quello scenario orribile.
«Non dovevamo mettere tutti a tacere? Era una recita, William. Accettalo come devo accettarlo io» lo provoco abbottonandomi la camicetta.
«Mamma mia, quanto siamo simpatiche con un po' di vino eh. Perché è scappato? Cosa è successo?» mi interroga guardando la camicetta mentre gli zigomi alti accarezzati da ciuffi scuri si tingono di rosso. Faccio il dito medio allo specchio.
«Cherry, non farmi incazzare» mi avverte mentre affila gli occhi.
«Ho capito che è un vizio di famiglia credersi più furbi degli altri, l'ho fottuto al suo stesso gioco. Se vuole bluffare con me deve imparare a farlo bene. Non sa con chi ha a che fare» Rispondo soffocando una risata al ricordo della faccia del fratello. William si avvicina minacciosamente facendomi sussultare. Mi afferra per la nuca obbligandomi a piegarmi sul piano del lavabo. Ha il pomo d'Adamo che si muove velocemente, il petto che scalcia e gli occhi ridotti a due fessure oscure.
«Quando fai così neanch'io so con chi ho a che fare. Lolita devi esserlo solo con me, hai capito?» mette in chiaro avvicinandosi al mio orecchio e facendomi trasalire.
«Ah, sì? Perché pensavo di andare di là e aiutarti con la messa in scena. Ci sono dei figli di papà che..» scherzo, non contenendo una risata eccitata. Ma il ragazzo mi ammonisce poggiandosi bruscamente alle mie natiche con il bacino. La sua mano presto avvolge il mio collo, obbligandomi a guardare i suoi occhi minacciosi allo specchio. Le narici si muovono nervose sotto il respiro agitato, la mascella guizza affilandosi. Sento divampare un fuoco in me.
«Non sei divertente Cherry, smettila di ridere» continua con voce tenebrosa.
Incrocio le braccia dietro la schiena, unendo i polsi tra loro. Sento il ventre scaldarsi, gli ormoni farmi perdere ogni pudore. Una settimana senza di lui, senza il suo sesso che adesso preme con forza sul mio sedere.
«Allora fammi piangere Morgan, pensi di poterci riuscire?» lo sfido furiosa ma arresa al suo fascino. Mi abbasso meglio a novanta così da far alzare la gonna nera.
«Perché fai così? Perché vuoi vedermi mandare tutto all'aria?» domanda freneticamente intento a sbottonarsi velocemente i pantaloni mentre, pressando sulla zona lombare, mi china ancora di più facendomi agitare i tacchi a spillo in aria.
«Ti piace torturarmi» continua, leccandosi gli angoli della bocca e spostandomi bruscamente le mutandine di lato. Appena mi accarezza con la sua erezione umida, chiudo gli occhi tormentata da brividi. Ho bisogno di sentirlo, adesso.
«Ma dimentichi che so torturare meglio, bambina» soffia al mio riflesso prima di sparire dietro le mie spalle. Quando sento la sua lingua fresca tra le gambe rischio di spaccare lo specchio con la testa. Intento a giocare con il mio punto magico fa scivolare dentro di me le sue dita. Ride non appena i miei gemiti si fanno più pesanti.
«Voglio che ti guardi allo specchio mentre ti sente venire tutto il locale» mi ordina tirandomi uno schiaffo sulle natiche. Sento il lieve bruciore consumarsi nel piacere.
Spalanca meglio le mie gambe tremolanti per poter leccarmi con più violenza. Le sue dita affondano ritmicamente, seguendo la danza umida della sua lingua attorno al mio clitoride. Gonfio di passione, sempre più sensibile al suo tocco. Non ho possibilità di contrastarlo. Curvo meglio la schiena, schiava dei suoi movimenti e bisognosa di arrendermi completamente a lui. Succhia debolmente per poi leccarmi con frenesia, ancora, ancora. La musica è alta, abbastanza da coprire il canto del mio impetuoso orgasmo che mi obbliga ad accasciarmi completamente sul piano di marmo. Soddisfatto si solleva tornando nel riflesso sullo specchio.
Ha il viso scompigliato e rosso mentre si gusta il mio riflesso sconvolto. Delle ciocche scure mi solleticano la bocca spalancata. Continua a muovere le dita dentro di me per godersi le mie espressioni orgasmiche. Schiude le labbra estasiato lasciando scivolare dentro un altro dito che accompagna quella dolce sensazione di estasi. Serro le palpebre gemendo fuori controllo.
«Ho detto guardati» mi ordina acciuffandomi dalle guance. Appena mi scontro con i miei spessi occhi il ragazzo fa scivolare dentro un altro dito ancora, affondando in profondità, sempre più veloce. Mi accascio sul mio stesso riflesso con la fronte appannando tutto il vetro. Con la mano William pulisce il vapore per permettermi di guardarmi nuovamente.
Sono sudata, paonazza, ho le pupille dilatatissime, le labbra spalancate impegnate a gridare spudoratamente il piacere che mi pervade dalle dita dei piedi fino all'ultimo capello.
«Guardati, sei mia» constata fiero, affannato, eccitato e sorridente.
Rido di gusto alla me riflessa sullo specchio, vittoriosa e appagata.
«Brava la mia Lolita, ora però devo farti piangere» farfuglia alzandosi le maniche della camicia e scoprendo gli avanbracci ricoperti di spesse vene che pulsano intensamente. Mi sollevo, scendendo dal piano in marmo e sistemandomi gli slip. Mi guarda confuso mentre cerco di riprendere fiato.
«Meglio non mandare tutto all'aria Morgan. Torna di là, continua con il copione. Non possiamo sprecare quest'occasione, no? L'hai detto tu» lo stuzzico sistemando i capelli.
«Più tardi però fammi sapere se le tue amichette sono simpatiche quanto me» lo bacio sentendo le nostre labbra bollenti fondersi «e soprattutto se hanno un sapore più buono del mio» lo istigo.
«Il tuo sapore è l'unico che desidero sulla mia lingua. Sempre» sbotta con un filo di voce spezzato. Gli lascio un ultimo casto bacio ammirando il suo riflesso spiazzato ed esausto allo specchio prima di uscire da quel bagno diventato una sauna.
Prima di raggiungere la sala mi concedo due minuti per ritornare in me. Faccio un respiro e mi lancio tra la folla con il profumo di William ovunque.
Trovo la mia collega con la camicia sbottonata e il seno all'aria, fortunatamente ancora coperto da un buffo reggiseno con le coppe a Poké-Ball. Sì, proprio quelle usate da Ash per catturare i Pokémon. Rido fino alle lacrime nel vedere che afferra la mano del barman per portarsela sul seno.
Comincia a palpeggiarsi incentivando la mano sottostante del povero ragazzo che diventa paonazzo, spalanca la bocca e sembra sul punto di svenire.
Corro immediatamente da Florine, le strappo il cocktail dalle mani per finirlo in un colpo. Mi guarda aggrottando le sopracciglia. Non ha intenzione di mollare il braccio del Barman che, costretto con il palmo sulla sua tetta, mi guarda imbarazzato.
Una volta salvato dalle sue grinfie le sistemo la camicetta e, borbottando scuse, la porto verso l'uscita.
«S-s-signorina..» richiama il ragazzo dietro il bancone ancora rosso in viso «per c-come la v-vedo io, il suo...p-petto, è perfetto. Ha le m-mi-s-sure d-di una cop-p-pa di champagne» conclude balbettando impacciatamente.
«Un intenditore come te non poteva non apprezzare! Lo sapevo! Ti amo Barman e amo i tuoi Gin Tonic!» strilla la rossa aggrappandosi alla maniglia mentre provo a schiodarla.
«Sì, fantastico! Vi dichiaro marito e moglie nel nome del Gin, dello spirito e del Chianti. Ora andiamo prima di farci arrestare» concludo chiudendo la porta.
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