Capitolo XIII | La Predica
Newberry è tormentata da un cielo cupo carico di nuvole gravide di pioggia. L'umidità si appiccica alla pelle fastidiosamente e come se non bastasse, l'aria sembra essere ferma.
Decido di indossare un vestito giallo di seta che completo con un cinturino di cuoio alla vita, sono rimasta stupita nel notare che, il luogo per l'appuntamento con il notaio, è lo stesso scelto da Dan per il nostro pranzetto romantico.
Florine non potrà farmi compagnia essendo impegnata in pasticceria, spero di liberarmi nel primo pomeriggio per darle una mano.
Quando arrivo al Au conteur sono stupita di non trovare Oliver seduto da qualche parte, la puntualità è il suo forte così guardo meglio fra i tavoli, finché non incrocio gli occhi glaciali di William Morgan.
Perché lui è qui? Avrebbe dovuto esserci soltanto Oliver da quanto sapevo, non ho proprio intenzione di affrontare la questione con lui, non dopo quello che ha fatto a Dan.
«Starsene lì impalata è inutile, fai perdere del tempo a entrambi» prende parola attirando l'attenzione di alcuni clienti.
Alzo gli occhi al cielo e lo raggiungo, sedendomi quanto più distante possibile.
«Oliver?» chiedo senza degnarlo di uno sguardo.
«Il notaio ha avuto un contrattempo, spero riesca a raggiungerci quanto prima. Nell'attesa posso sapere perché mi avete convocato?» domanda guardandosi svogliatamente l'orologio al polso, come se contasse i secondi che sta sprecando.
«Beh dev'esserci stato un malinteso, avevo espressamente chiesto di Oliver, solo di Oliver»
Mi guarda infastidito e comincia a tamburellare con le dita il tavolo prima di attirare l'attenzione di un cameriere e ordinare un bicchiere di Whiskey.
«Sono appena le undici del mattino» constato sconvolta, per modo di dire.
«Appunto, di questo passo è meglio cominciarci ora» controbatte deliziandomi con un sorrisino falso.
«Beh allora, un calice di vino bianco gentilmente»
«Preferenze?» domanda il cameriere.
«Qualsiasi cosa, a patto che sia abbastanza forte da farmi dimenticare la prossima ora» spiego ironica.
Il cameriere ridacchia divertito mentre Morgan si acciglia, scopro così la sua seconda cicatrice; minuscola, quasi impossibile da scorgere, una sottile linea scolorita appena sopra il sopracciglio.
Anch'io ne ho una simile, dovuta a una caduta in biciletta, che, tra l'altro, aveva le rotelle. Questo avrebbe dovuto essere un chiaro segnale della mia futura goffaggine.
«E poi fai la predica a me» sbuffa nervoso una volta che il garzone si è allontanato.
Dopo essere stati serviti prendo il malloppo di scartoffie e lo lascio sul tavolo, senza alcuna pacatezza.
«Ti risparmio la noia, ieri il contatore della luce si è quasi fulminato, il tecnico mi ha detto che l'impianto è vecchio e non a norma per il tipo di attività dell'immobile, cosa che non era specificata nei documenti dove, anzi, figura esserlo. Mi hanno chiesto cinquemila dollari che al momento non ho essendo una spesa non prevista»
«Dio mio, da quando sei arrivata non fai altro che portarmi problemi!» esclama esausto passandosi una mano sul viso. Ha delle belle mani adesso che le osservo meglio, sono grandi e dall'aspetto levigato, chiaro segno che non ha mai lavorato di fatica.
«Credo che viste le circostanze sia proprio il contrario»
Mi lancia un'occhiataccia e comincia a sfogliare distrattamente i fogli.
«Dev'esserci stato un malinteso, non ti aspetterai che paghi per l'impianto spero»
Mi appunto i capelli snervata dal caldo e dai riccioli che mi ricadono sul viso, preparandomi così, all'ennesimo round.
«Ti ricordo che figuro come affittuaria e, come tale, in teoria dovresti occupartene tu» spiego cercando di non innervosirmi.
«Appunto, in teoria, in pratica gli accordi sono diversi»
«Oddio, mi serve Oliver!» sbuffo portandomi il palmo sulla fronte «A prescindere dal fattore affittuaria o meno, nei documenti della vend...» una signora di mezza età mi interrompe.
È bellissima avvolta in quel tubino blu, il suo fisico non ha niente da invidiare a quello di molte ragazze più giovani, mi ignora completamente fiondandosi sul ragazzo.
«William, che piacere vederti! Sono arrivata in città stamani, mio marito è qui per lavoro e ci fermeremo per il weekend. Come stai caro? Ti trovo sempre in gran forma» parla civettuola, come se non abbia importanza il peso della fede che porta al dito.
«Claudia, che piacere vederti!» risponde l'uomo prendendole la mano e baciandole il dorso. Claudia sorride compiaciuta.
«Non potete trattenervi di più? Sarei felice di invitarvi per un aperitivo o una cena» il modo ammaliante con cui le parla è vergognoso, finisco di bere il mio vino scocciata.
«Oh, che sbadata! Dev'essere la tua fidanzata, piacere di conoscerti sono...»
Alzo appena lo sguardo verso di lei, questi ricconi del cazzo li odio. I suoi occhi brillano di invidia al pensiero che sia la fortunata a esserselo accaparrato.
William per la prima volta diventa rosso in viso ed evita il mio sguardo, effettivamente la signora in tiro non ha tutti i torti, probabilmente l'unico pregio di Morgan è la sua bellezza indisponente.
Ha il volto definito da un qualche scultore, la bocca piena che se si osserva meglio fa risaltare un particolare, ossia il labbro inferiore leggermente più grande di quello superiore, un naso sinuoso e poi il punto forte, i suoi abissi a mandorla.
Affilati come lame pericolose di un grigio cristallino che risalta sulla sua carnagione olivastra.
Che tristezza pensare che dietro tanta bellezza si cela una persona orribile, com'era quella frase di Shakespeare?
"Prendi l'aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso"
Il suo aspetto è quello di un angelo ma niente in lui è innocente e lo sguardo desideroso della signora al mio fianco, ben che meno, non oso immaginare quali fantasie perverse la stuzzicano a tal punto da sembrare un San Bernardo nel deserto del Sahara.
«Non è la mia fidanzata» spiega tornando in sé con quel tono apatico.
«Oh, beh, è comunque molto fortunata a godere della tua presenza caro William» spiega accarezzandogli una spalla.
«Fortunatissima» borbotto sarcastica alzando il calice verso il cameriere che, in mio soccorso, corre per riempirlo nuovamente.
«Adesso vado, ho affrontato un lungo viaggio e ho bisogno di riposare un po', alloggio all'Hilton Hotel, per qualsiasi cosa sai dove trovarmi» conclude lasciandogli due baci molto, molto, sentiti sulle guance.
«Era un adescamento?» domando divertita osservando la donna uscire di scena sculettando come una gallina.
«No è solo italiana» spiega come se, questo dettaglio, fosse di vitale importanza.
I suoi occhi mi studiano pensierosi, riesco a immaginarmi l'unico neurone che gli resta elaborare qualcosa di maligno.
«Certo, sono sicura sia per quello che ti ha invitato nella sua camera» ridacchio bevendo un lungo sorso.
«Non mi ha invitato nella sua camera! Gelosa forse? Non aveva torto a dire che sei fortunata» risponde tagliente con un sorriso sghembo sulle labbra, portando così, la conversazione a un altro livello.
«Gelosa? Forse ti sei scordato della scenata con Dan» ribatto non contenendo lo stupore.
«Adesso lo chiami Dan?» chiede divertito sporgendosi un po' di più verso me.
«Si, Dan! Quello che hai quasi ammazzato. Non fingere di non sapere di cosa parlo, dovresti vergognarti» alle mie parole diventa tenebroso, qualcosa comincia a tormentarlo.
Il ghiaccio nelle sue iridi sembra incupirsi.
«Come fai...» farfuglia perdendo le parole giusto il tempo di ritrovarle «Non ci credo» continua come chi è stato appena colto da un colpo di genio.
«Alla fine, sei caduta in trappola. Oh Cherry, Cherry...» borbotta affilando l'espressione sul suo viso tanto da farmi mancare il fiato.
«Ho solo cenato con lui e poi, non cambiare discorso. Hai fatto una cosa orribile e per cosa? Una ragazza che vi siete contesi chissà quanti anni fa» spiego distogliendo lo sguardo e tornando a sorseggiare dal calice.
«Non azzardarti a parlare di cose che non sai e soprattutto non ti riguardano» irritato si allenta la cravatta lasciando bene in vista il collo, scena che, per qualche motivo, mi obbliga a finire il secondo bicchiere di vino.
«Mi riguardano eccome, è venuto in pasticceria il giorno dopo totalmente tumefatto. Avresti dovuto vederlo quel poverino, fosse per me ti avrei già denunciato»
«Quel poverino? Denunciare me?» scoppia a ridere rumorosamente ma la vena giugulare lo tradisce, pulsando intensamente, sotto la sua pelle «Ha sfruttato la cosa per farti tenerezza e scoparti Cristo Santo! Ti facevo più sveglia» il modo velenoso in cui dice queste cose mi manda definitivamente in fumo il cervello.
«Allora l'ha sfruttata bene, tant'è che a momenti dovrebbe arrivare per pranzare con me! E comunque io invece, ti facevo esattamente così come sei, un viziato violento e completamente spossato che per giunta si scopa donne di mezza età sposate» torno in me per due secondi e mi rendo conto dell'assurdità di tutto questo siparietto.
«Stiamo perdendo tempo in stronzate, non mi interessa parlare con te di qualsiasi altra cosa che non sia quel maledetto impianto della luce!» strillo presa dai nervi che fra tre secondi, temo esploderanno, desiderosi di autodistruggersi davanti uno spettacolo così vomitevole.
«Abbassa la voce, mi conoscono» mi ammonisce minaccioso.
Mi ha appena dato della poco di buono davanti l'intero ristorante e adesso si preoccupa della sua reputazione?
«Non è un mio problema! Dici che ti conoscono ma non credo proprio, se avessero visto la faccia di Dan, allora conoscerebbero il vero William Morgan. Ti nascondi dietro un bel vestito costoso, quant'è facile?» domando battendo una mano sulle scartoffie.
«Allora non è nemmeno un mio problema quel cazzo di impianto, ti consiglio di darti da fare in quella sottospecie di pasticceria delle barbie per la luce e per l'affitto che mi devi fra una settimana» controbatte fulminandomi.
Sento la testa appesantita dal vino, vorrei spaccargli qualcosa in testa e no, non tanto per dire.
«Sei proprio uno stronzo, quanto godi a recitare la parte del potente superiore a tutto e tutti eh? Tanto, che ti interessa? Hai tutto servito su un piatto d'argento» lo accuso sbattendo un po' troppo forte il calice.
William si alza e mi afferra il polso, lasciandomi a bocca aperta, mi tira talmente vicino al suo viso che ci separano centimetri.
«Ti ho detto di abbassare la voce, so che le buone maniere non sono il tuo forte ma questo è un posto di un certo spessore con persone di una certa importanza» mentre parla due o tre volte sofferma lo sguardo sulle mie labbra, mentre io, totalmente scioccata, non posso fare altro se non farmi inchiodare dai quei due abissi che ha al posto degli occhi, capaci di risucchiare tutto quello che incrociano.
C'è qualcosa di malato in lui, è così arrabbiato che ha la mascella contratta e il respiro pesante, la forza con cui mi tiene il polso mi fa scattare.
«Ti avevo avvisato» farfuglio prima di lasciare che la mia impulsività prenda il controllo sferrandogli un pugno dritto sul muso.
Le persone intorno a noi rimangono allibite e più camerieri si affrettano a venire per placare la situazione, dopo poco siamo sul marciapiede a strillarci l'uno sopra l'altro.
«Cosa ti passa per la testa? L'ho sempre saputo che eri una zoticona di periferia! Preparati perché sei rovinata» dice fuori di sé puntandomi il dito a un millimetro dal naso.
«Cosa fai eh? Mi denunci? Accomodati, sarò felice di testimoniare quanto accaduto a Dan allora» ribatto colpendogli la spalla con la pochette che si apre lasciando cadere il pacco di profilattici sul marciapiede.
Maledico Florine internamente, mannaggia a lei e i suoi regali.
«Oh beh, avevi grandi programmi per questo pranzo, chi si assomiglia si piglia! Nulla di più vero» mi soffia sprezzante a un millimetro dalla faccia.
«Ma come ti permetti figlio di p...» grido mentre due braccia mi afferrano prima che possa scagliarmi sul mio nemico, mi volto minacciosa e appena scopro essere Dan, mi placo immediatamente.
Il biondo guarda torvo William, impegnato a tamponarsi il labbro inferiore sanguinante con il dorso della mano.
«Ti ha fatto qualcosa?» domanda premuroso facendo scoppiare William in una risata isterica.
«Ma che cazzo di problemi hai?» sbotto mentre Dan cerca di trattenermi tenendomi ben stretta.
«Fanculo!» borbotta con un filo di voce Morgan passandosi entrambe le mani fra i capelli e placando, evidentemente, una furia omicida.
«Comincia a raccogliere le tue cose e a lasciare il locale, non è più in vendita. Ti voglio lontano da questa città» farfuglia. Con il petto gonfio d'ira che si muove irregolarmente, si volta, confondendosi con la folla.
Sento il mondo crollarmi addosso, per qualche secondo non riesco nemmeno a capire come siamo potuti arrivare a tanto, mi vengono ricordi passati di Jacks. Ho perso il controllo proprio come succedeva con lui, proprio come succedeva con i miei, e questo per me, è un fallimento.
Ho profanato anni di autocontrollo e stronzate zen.
Perché sono arrivata a tanto con Morgan? Che stupida! Probabilmente non aspettava altro che questo per potermi rovinare, e io come una perfetta imbecille, ci sono cascata con tutte le scarpe.
Dan continua a toccarmi e tempestarmi di domande, non fa altro che infastidirmi e presto mi giro per strillargli addosso.
«Ti prego, lasciami da sola okay?»
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