Capitolo VII | Lolita

William

«Vuoi il dolce?»

Chantelle mi guarda scioccata a quella domanda.

«Amore, se sono una trentotto non è di certo per i dolci. Prometti di pensarmi in questi giorni?»

«Dove vai?» chiedo aggrottando un sopracciglio.

«Oh!» sospira portandosi le dita sulla fronte «Abigail, amore»

«Ah già, le borse»

«Profumi...» mi corregge battendo i polpastrelli sullo schermo del cellulare velocemente, comincio ad annoiarmi e quel maledetto rumore di unghie che picchiettano non aiuta.

«Tua madre vuole che festeggiamo l'anniversario da lei, ho già avvisato i miei...»

Mentre continua a parlare mi distraggo vedendo Dan Forrester accomodarsi a un tavolo distante in compagnia di due signori, inevitabilmente il viso della signorina Wright si proietta nella mente, ricordandomi come Forrester l'avesse abbordata da cafone davanti a tutti con quei modi viscidi e teatrali, così demodé da fare rabbrividire.

Anche se Cherry in effetti, adesso che fra me e me la rivedo fare il suo ingresso al Lounge dentro quel vestitino rosso con gli occhi di tutti puntati sopra, ammetto fosse sorprendentemente stuzzicante.

Era prevedibile che Dan si sarebbe buttato addosso a quella ricciolina, alla carne fresca non rinuncia mai.

L'espressione che aveva quando è stato respinto non la scorderò facilmente, come non scorderò facilmente quando quella piccoletta ha minacciato di darmi un pugno, è stata la prima volta che l'ho vista furiosa e mentirei se dicessi che non ho provato soddisfazione.

L'avrei sgridata proprio come si fa con una mocciosa, precisamente mi provocava quel tipo di fastidio che ti causano le bimbe smorfiose quando ti minacciano di spifferare qualcosa alla mamma.

Avvertivo l'indisciplinatezza che emanava a ogni parola che pronunciava, di lei non sopportavo questo, era palese ai miei occhi la sua natura ribelle e il fatto che fingeva di essere un angioletto, mi innervosiva e non poco. Poteva darla a bere a tutti ma dietro i suoi occhietti da cerbiatta, si nascondeva una vipera.

Poi l'altra sera mentre passeggiavo con Chantelle l'ho rivista, seduta a terra tutta sporca di vernice rosa con indosso una salopette in jeans sfilacciata.

Aveva aperto una lattina che l'aveva schizzata ovunque, rideva di gusto e si leccava come poteva gli angoli della bocca sicuramente appiccicosi; ogni suo movimento riusciva a catturare i miei sensi, specialmente quando era scoppiata a ridere di gusto portandosi le mani sullo stomaco.

Poi la catastrofe, mentre sistemava la bandana in quella cascata di ricciolini, mi aveva beccato in fragrante. 

Gli occhietti verdi erano minacciosi, quasi mi sfidasse a fare un solo passo dentro per potermi sbranare, quella era la vera Cherry, altro che pasticcini e vestiti parigini. 

Con quelle guance tutte rosse e le labbra stirate dal nervosismo d'un colorito naturale invidiabile, era sbalorditiva, dovevo concederglielo.

È vero, ho esagerato con quella battuta ma non la sopporto...perché? Perché non la sopporto?

Perché sembra essere indomabile, insomma, di solito davanti a me, soprattutto le donne, subiscono un certo effetto e il fatto che lei ne sembri immune, mi infastidisce.

La sua bellezza, il suo modo di parlare e di fare sono selvaggi, quasi fosse uscita da un qualche ghetto ma conciata come una perfetta Lolita.

Senza frenare i miei pensieri immagino di scioglierle il nastrino dai capelli e...

«Hai ascoltato almeno la metà di quello che ti ho detto?»

Sbatto gli occhi concentrandomi su Chantelle, sorseggia dal calice il vino rosso guardandomi con un'espressione interrogativa.

«Tesoro te l'ho detto, lavori troppo! Questi sono i risultati, dovresti ascoltare il mio consiglio e prendere in considerazione una vacanza. Da quanto non ne facciamo una? C'è la casa in montagna che sta lì a impolverarsi...»

Comincia così un monologo estenuante in cui mi ritrovo ad annuire per fingermi interessato.

Chantelle è sicuramente una bellezza da copertina, invidiata da chissà quante donne ma c'è sempre un ma; è logorroica, parlerebbe per una vita intera di cosmetici e prodotti biologici dalle proprietà miracolose, oltre quello, il suo repertorio non varia molto.

Quando rientriamo a casa conclude l'ennesimo discorso sull'importanza dell'idratazione, il segreto per una pelle sana, appena si dilegua per andare in bagno colgo l'occasione per versarmi un po' di Scotch e rilassarmi sul grande divano in pelle. 

Le pareti nere del grande salone creano un contrasto non indifferente con il pavimento chiaro, non amo gli ambienti ricchi e confusionari, motivo per cui, tutto è sigillato in uno stile essenziale. Mi concentro sul sole che brilla attraverso le vetrate che danno sul grande terrazzo, sfidandolo e guardandolo dritto in faccia. 

Il sole bacia i belli ma anche i più monelli...scaccio quella melodia infantile prima che possa evocare i miei demoni, i miei fantasmi.

Le mani morbide e curate di Chantelle cominciano a massaggiarmi il collo, sottraendomi da quello stormo di pensieri. Sfodera delle lunghe unghie color corallo e sfoggia anelli costosi, quasi tutti, regalati dal sottoscritto.

«Non mi saluti come si deve? Ho l'aereo stasera» Chiede con voce ammiccante, scolo l'ultima goccia del liquido ambrato e alzo la testa scoprendo la bionda in lingerie di pizzo.

Inalo a pieni polmoni il profumo intenso di Chanel mentre, mettendosi a cavalcioni su di me, comincia a baciarmi senza pudore giocando con la mia lingua. 

Immagino le labbra rosse e gonfie di Cherry mentre le sciolgo il nastrino dai capelli.

Sgrano gli occhi e impongo alla mia mente di esiliarla lontano, Chantelle si muove esperta e in un attimo sono dentro di lei, ma non come dovrei. 

Per quanto provassi a bandirla lontano quella bruna infestava la mia mente, da quando avevo rivisto Forrester mi ero immedesimato nelle sue possibili tentazioni vedendola, per la prima volta, sotto una luce diversa. Il problema è che adesso non riesco a vederla in altro modo. 

Nonostante sarei capace di tutto pur di vederla piangere, è obbiettivo, Cherry è una tentazione che cammina. La cosa buffa è che sembra non esserne consapevole, è una di quelle ragazze che risulta seducente pure senza volerlo. 

Il cellulare squilla isterico nella tasca dei pantaloni riportandomi sulla superficie terreste, è Oliver.

«Spero di non disturbarti! Com'è andata l'affare con l'italiano?»

«Concluso al meglio. Tu, stai bene?»

«Sano come un pesce. Ascolta, dopodomani c'è l'inaugurazione del Cherry Sweets...» lo interrompo immediatamente.

«Non se ne parla assolutamente»

«Non puoi mancare Will, era una tua proprietà anzi, tecnicamente, è ancora tua. La città deve vederti solidale nei confronti delle nuove attività locali, a maggior ragione se sei così coinvolto, quindi metti da parte il resto e fai un salto, magari sfrutti l'occasione per porgere le tue scuse, che ne dici?»

Non posso fare altrimenti, accetto. 

Sta diventando un tormento e non riesco a star tranquillo, cammino nervoso nello studio del loft da più di mezz'ora, se non conoscessi la mia mente malata penserei di essere paranoico.

Non voglio vederla, non dopo averla immaginata in un certo modo, perché so come funziono, mi conosco benissimo e non voglio accrescere nessuna perversione. 

In questo stato non sono pronto a vedere quel faccino angelico, devo esorcizzare queste fantasie malsane e c'è solo un modo. Prendo il cellulare e compongo il numero.

«Pensavo non dovessimo più sentirci» La voce calda di Georgette arriva all'orecchio, divertita e pungente. 

«Vieni da me» è tutto quello che farfuglio. 

Georgette è una modella in carriera con cui sono stato molti anni fa, una relazione breve ma estremamente intensa, tossica a livelli esagerati, dire che ha causato problemi è riduttivo.

Lei è completamente fuori di testa, una divinità fra le lenzuola ma totalmente ingestibile al di fuori, l'ultima volta che ci siamo visti è stato cinque mesi fa, dopo un brutto litigio con Chantelle.

Dovrei sentirmi una merda ne sono consapevole ma non è fra le mie qualità il senso di colpa, lo disconosco completamente, devo saziare i miei desideri o le cose peggiorano, è l'unico modo per tenermi a bada. 

Poco dopo la colf scorta Georgette nel terrazzo, indossa un vestitino cortissimo monospalla ricoperto di paillettes scintillanti, sfoggiando le sue lunghe gambe impreziosite da dei tacchi a spillo rosso fuoco.

Il caschetto nero sfiora la sua pelle ambrata che risalta gli occhi verdi scuri, non come quelli di Cherry, che sono di un verde acceso. 

Quelli che ho difronte adesso sono due occhi completamente smaliziati, con le iridi allargate che, come sempre, la fanno sembrare un predatore affamato.

«Non riesci proprio a starmi alla larga» dice spegnendo una sigaretta con la punta del tacco.

«Sta zitta» ringhio finendo il mio whiskey e poggiando il bicchiere su un tavolino in vetro.

«Sei mancato un sacco anche a me papi» continua con il suo accento latino mentre si china sul ginocchio, facendosi una striscia sul braciere.

Tira forte la polverina bianca e alza il capo verso il cielo, massaggia qualche secondo la narice e poi mi guarda sorridente.

«Vuoi favorire?»

«Non sono più quello di prima» 

«Non così tanto in fondo, Papi» cantilena vittoriosa venendo verso di me. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top