Capito III | Sogni Fragili
«Vedrai troveremo un modo!» farfuglia la ragazza mentre faccio fuori il terzo bicchiere di vino.
«Sono nella merda fino al collo!» mi lagno affondando la faccia sul cuscino.
«Dobbiamo essere positive, andrà tutto bene, nella peggiore delle ipotesi ritarderà l'apertura» ipotizza con leggerezza.
Positiva un cazzo, vorrei ribattere.
«Apprezzo tantissimo il tuo sforzo ma non è così semplice» rispondo optando per qualcosa di meno irruente.
Sento le lacrime dovute al nervosismo pungermi le palpebre socchiuse, riesco appena in tempo a ricacciarle indietro ma la ragazza, riuscendo comunque a notarlo, si avvicina a me, spalmata sul divano come il peggiore dei camionisti.
Casa di Flo è davvero carina, un piccolo appartamento vicino il parco urbano di Newberry, un bilocale ben raccolto, accogliente e decisamente arancione, almeno, pareti di cucina e salotto lo sono. Il piccolo balcone alla nostra destra è spalancato, lasciando intrufolare i pallidi fasci di luce lunare.
Dalla sua tana posso evincere due cose; è decisamente una fan di Harry Potter visto il quadro con il simbolo dei doni della morte e lo zerbino con la scritta Alohomora, ed è appassionata di piante grasse, praticamente spiattellate ovunque.
Poggiata sul tavolino di fronte a me c'è una brocca stracolma d'acqua, mi concentro sul pesciolino rosso che ci nuota dentro, gira su sé stesso chissà con quale scopo.
«Ascolta non voglio risultare invadente e so che praticamente, anche se ci siamo sentite per mesi via messaggi, non ci conosciamo e siamo due perfette estranee ma in qualche modo è come se...non lo so, tipo ti conoscessi da sempre, anche se suonerà banalissimo. Quindi non farti nessun problema, che succede?» spiega versando altro vino nei calici.
È disarmante la dolcezza di questa ragazza, non trovo banalità nelle sue parole perché condivido la sua sensazione, in qualche modo c'è una affinità naturale tra di noi, quando siamo insieme non sono mai tesa o a disagio, nessun'ansia da prestazione sociale mi affligge. La sua presenza è confortante e per qualche motivo, sento di potermi fidare.
«Sono in una situazione economica abbastanza critica Flo» svelo d'un fiato.
«L'avevo intuito per forza di cose ma quanto critica?»
«Se non mi va questa posso mettermi a mendicare» ironizzo, ma poi non così tanto.
«Come...e la pasticceria?» chiede con un filo di voce intenta a mangiucchiarsi le pellicine delle dita.
«Sono tutti i miei risparmi. Ho fatto i calcoli, se apro entro fine mese riesco a coprire le prime uscite e l'affitto di casa, se così non fosse dovrei trovare un'alternativa, in tal caso, qualcosa mi inventerei»
«Cherry, mi dispiace non sapevo fossi così in difficoltà. Comprendo le tue preoccupazioni ma non sei sola immagino, la tua famiglia ti aiuterebbe no? Giusto il tempo di ingranare»
Soffoco una smorfia sarcastica e Flo si sistema meglio sul divano dai motivi floreali con l'aria preoccupata.
«Non c'è nessuno, vero?» domanda con la delicatezza di chi sa di stare esplorando un lago ghiacciato sotto un sole d'agosto.
Mi limito ad annuire e gli occhi color caffè della ragazza si fanno tristi. Ecco, queste sono quel tipo di reazioni che odio scaturire, compassione o peggio, pena. Percepisce che non voglio affrontare il discorso così cambia argomento. Eppure, il suo sguardo in qualche modo mi accarezza l'anima, ci sono modi di confortare che vanno oltre le parole e la fisicità.
«Cosa facevi a New York?»
«Rimediavo alle mie scelte sbagliate. Volevo fare musica un tempo, ero così ingenua, tanto da investire tutto su quello. Purtroppo vivere d'arte non è facile come sembra, all'inizio con qualche serata riuscivo a tirare su qualcosa per sostentarmi ma, presto mi sono ritrovata artista di strada, arrotondavo con qualche lavoretto saltuario» il ricordo di quei giorni è come una ferita ancora aperta.
Ero sola, lo sono sempre stata ma per mia scelta, nel bene e nel male. Tutto quello che avevo era un sogno e una chitarra e quando ti ritrovi sommersa di debiti, sfrattata, elemosinando un letto a qualche conoscente, senza nemmeno poterti permettere un pezzo di pane e non esiste conforto, nessuna spalla su cui cullarsi anche solo per qualche secondo, cambi per sempre, perché impari a tue spese che puoi contare solo su te stesso.
"Chi ha subito un danno è pericoloso, perché sa di poter sopravvivere" l'ho letto distrattamente in un libro molto tempo fa.
Avevo puntato tutto sui miei sogni fragili, troppo fragili. Inevitabilmente mi torna in mente l'espressione contrariata di mia madre e le sue frasi velenose, le scaccio via velocemente, non ho tempo per rimuginare sul passato.
«E alla fine..?» continua curiosa mentre strizza un cuscino giallo, quasi fosse di fronte la scena madre di un film.
«Non era una cosa che poteva funzionare, si è rivelato un fallimento. Ho mollato e mi sono concentrata sui dolci, altra mia passione ma un po' più redditizia» spiego ridendo e cercando, come sempre, di buttarla sul ridere.
«Sono troppo curiosa di assaggiarli!» alle sue parole mi rendo conto che stiamo biascicando, l'alcool ha fatto decisamente effetto e adesso che mi ci fa pensare, ho una fame da lupi.
Ci guardiamo per due secondi e dopo un attimo corriamo in cucina, quasi leggendoci nel pensiero.
«Hai carta bianca, non ho molto eh, ho dimenticato di fare la spesa ma un po' di latte, uova e farina basteranno. Fai quello che vuoi, prendo altro vino!» spiega concentrata a raccogliere i capelli ramati in una coda scombinata.
Noto un cesto pieno di mele, non ci penso su due volte, ne afferro qualcuna lavandola accuratamente. Aggrappata alla vasca del lavello c'è una rana con gli occhi sgranati e una spugnetta per piatti ficcata in bocca. Alzo un sopracciglio, è orribile.
Mentre il burro scioglie a bagnomaria, spremo succo di limone e grattugio un po' di scorza, divido le mele levando il torsolo per poi cominciare a tagliarle in fettine sottili che butto dentro la ciotola con il succo.
«Flo! Dove trovo del lievito in polvere?»
«Nello stipetto in basso a destra!» mi informa lei alle mie spalle mentre stappa l'ennesima bottiglia sul piccolo tavolino circolare alle mie spalle.
Setaccio la farina con il lievito e verso le uova, cominciando a mescolare con una frusta, un pizzico di sale e continuo a montare.
«Ti sei avvicinata alla pasticceria per tuo nonno, vero?» domando mentre litiga con il cavatappi.
«Si, mi ha contagiato. Era un ottimo pasticcere, avresti dovuto assaggiare la sua torta alla zucca! Ho frequentato l'accademia di Arti Culinarie solo che poi ho rinunciato, purtroppo mio nonno si è ammalato e ho deciso di prendermene cura, per me è stato un padre a tutti gli effetti. Ho accantonato un po' tutto nonostante fosse contrario. La malattia ha fatto il suo corso e dopo cinque mesi è morto» davanti quel ricordo i suoi occhietti si intristiscono.
«Mi dispiace tantissimo, dovevi esserci molto legata immagino» dico aggiungendo burro fuso e cannella.
«Sai è per lui che ti ho contattata, è per lui che voglio aiutarti con il tuo progetto, la tua pasticceria. Amava quel posto, mi ha insegnato a preparare le ciambelle proprio in quella cucina!»
La guardo con affetto, immaginandomela piccola piccola alle prese con farina e burro con suo nonno accanto.
«E per il resto? Insomma, che ti piace fare nel tempo libero?» domando mentre verso nella ciotola scorza di limone e latte.
«Mhmm, vediamo...faccio volontariato al canile comunale, il sabato mi ingozzo di pizza facendo il rewatch di Buffy e non molto altro. Ah si, adoro i videogiochi! Insomma, una perfetta nerd! Tu invece? Ti prego dimmi che ti piace Buffy, sennò non potrai essere mai mia amica! » scherza porgendomi il calice alla bocca e facendomi bere mentre sono presa a preparare, alza troppo il gomito e rischio di affogare per la sua espressione buffa.
«Adoro Buffy! Ho già prenotato la seduta del tuo divano per sabato! Io niente, quando posso strimpello qualcosa e mi piace molto leggere. Una volta ero un animale da festa, giravo tutti i club che potevo e stavo fuori fino all'alba, ci ho anche lavorato per un inverno quando stavo a Chicago, poi mi sono stancata di quella vita. Ho ricominciato a lavorare in varie pasticcerie e devo dire che andava bene ma, non essendo titolare non godevo di nessun beneficio, quindi eccomi a Newberry, chi l'avrebbe detto. Beh è l'immobile più economico che ho trovato» confido aggiungendo all'impasto le fettine di mele per poi mescolare qualche secondo mentre Flo imburra la tortiera.
Inforniamo la torta di mele che dopo circa un'oretta servo sul tavolino del salotto che adesso profuma di zucchero.
«A te l'onore!» esclamo brilla con il calice di vino in mano. La rossa taglia due fette fumanti e presto ci troviamo a gustarle golosamente.
Mhmm, poteva essere più buona ma viste le mie condizioni, sembra comunque la cosa più gustosa del mondo.
«È squisita! Dio se ci voleva! » si complimenta masticando con goduria.
«Avevo bisogno di addolcirmi un po', quello stronzo tutto in tiro mi ha fatto venire i nervi»
«William Morgan, è sempre stato odioso. Viene dalla famiglia più ricca della città, sono proprietari terrieri di quasi mezza Newberry. Gestisce alcuni immobili, hotel, compagnie, più che altro investe. È un privilegiato e poi non sa cosa sia l'educazione! Non ho mai visto nessuno indispettirlo come hai fatto tu oggi, aveva una faccia!» racconta mossa dalle risate.
«Viziato ecco cos'è, ha sempre avuto tutto senza sudarsi niente, grazie che non sa cosa significhi rischiare di restare col culo per terra. Ma invece questo James, il proprietario in percentuale, è un parente no?»
«È il fratello minore, ha lasciato Newberry anni fa, diciamo che era la pecora nera della famiglia» confida afferrando la seconda fetta.
«Cioè?»
« È sempre stato molto irriverente. Dalle voci che ho sentito dava spesso spettacolo, non credo che ai Morgan andasse bene, il padre quell'anno partecipava a una campagna politica e si sa, per i ricconi l'immagine è tutto»
«Credi sarà d'intralcio per la vendita?» chiedo sinceramente preoccupata.
«Non saprei dirti, non lo conosco affatto se non per questi pettegolezzi» mi informa con la punta del naso sporca di zucchero a velo.
Maledetti Morgan, mi stanno già sulle palle.
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