5. Souvenir

"‹‹Questa notte, all'interno dell'appartamento situato nella piccola cittadina di Cherry Ashes, nello stato del Kentucky, è stato ritrovato il corpo privo di vita della quindicenne Lucy Hampton›› la voce della giovane giornalista rimbalzava all'interno delle pareti della piccola abitazione, rendendo impossibile non udire le parole pronunciate con tono professionale dalla donna ‹‹pare che gli investigatori abbiano già individuato la causa del decesso: suicidio. Infatti la ragazza si sarebbe gettata dal balcone del suo appartamento al quinto piano. Il movente non è...››

Il braccio dell'uomo seduto dinanzi alla televisione si mosse con solennità, reggendo il piccolo telecomando color pece. Il suo dito si abbassò con lentezza, ed i suoi occhi osservarono il volto della giornalista, ridursi ad una leggera linea colorata situata al centro dello schermo, per poi sparire del tutto.

‹‹Questo sarà solo l'inizio›› sussurrò, digrignando i denti con ferocia. Il suo corpo si protese sulla poltrona, mentre le mani rugose si appoggiarono contro i braccioli morbidi. Si sistemò con più accuratezza sopra l'ammasso di cuscinetti e rivolse lo sguardo verso gli ospiti della serata, i cui sguardi erano puntati tutti su di lui.

‹‹L'inizio di cosa?›› chiese il signor Kennest, con estrema curiosità. Egli lasciò che i suoi occhi color pece scintillassero alla luce spettrale della lampada cigolante.

‹‹L'inizio della fine›› rispose il vecchio.

Altre nove paia di sguardi si puntarono contro di lui, contornati da altrettante sopracciglia aggrottate.

‹‹Da questo giorno nulla sarà come prima. Tutto è stato violato, i segreti aumenteranno ed un sentimento di vendetta striscerà con noi e dentro di noi›› tentò di spiegare l'anziano, con voce ancora più cupa ‹‹moriremo strozzati dalle nostre stesse mani››"

La pipa venne stretta ancora di più all'interno delle mani di Andy Miller, mentre i suoi occhi scavavano con stanchezza tra i colori vivaci delle fiamme del caminetto. Espirò una profonda boccata di fumo, lasciando che la piccola nuvoletta bianca si scontrasse con il volto di Jonathan, che sbuffò irritato.

‹‹Per quanto tempo ancora hai intenzione di stare seduto su quella poltrona?›› chiese stizzito, facendo volteggiare una mano davanti al volto per scacciare via il fumo. L'anziano mantenne lo sguardo dinanzi a se, ancora avvolto dai pensieri e dai ricordi. Sul suo volto contornato da rughe, si potevano perfettamente distinguere i sentimenti negativi che turbavano l'anima dell'uomo. I suoi pensieri scorrevano veloci, impedendogli di concentrarsi appieno sul vero scopo di quella giornata lugubre e buia.

‹‹Quando arrivano gli altri?›› ribatté invece il vecchio, ignorando completamente la domanda postagli pochi secondi prima da Jonathan. Quest'ultimo si limitò ad alzare lo sguardo verso la porta, che in quel momento si era spalancata, lasciando che gli ospiti entrassero, scrollandosi tutta l'acqua che pochi istanti prima aveva albergato sui loro cappotti pesanti.

‹‹Buongiorno Andy›› annunciò la signora Sanchez, avvicinandosi al coetaneo e prendendo posto accanto a lui. Il proprietario dell'albergo le rivolse un timido cenno del capo, spostandosi leggermente per permettere alla donna di sedersi. Il grande maglione in cachemire rosso sangue della vecchia si piegò sotto la pressione posta dalle braccia fragili e dalle gambe esili, mentre il leggero ticchettio generato dal colpo che il pavimento creava a contatto del piede, deformava le fradice scarpette marroni. Il proprietario dell'albergo aspettò che tutti gli ospiti si accomodassero, per poi aprire la bocca e spezzare il silenzio tombale che si era formato.

‹‹Benvenuti signori›› annunciò l'uomo con solennità ‹‹sono felice di avervi tutti qui, riuniti››

Un piccolo colpo di tosse interruppe il suo discorso. La pipa cadde dalle sue mani, lasciando che il fumo avvolgesse anche parte del pavimento in legno.

‹‹Vorrei aver convocato questa assemblea in circostanze migliori. Tuttavia, quando il dovere chiama, bisogna essere sempre pronti ad agire›› riprese poco dopo aver raccolto l'oggetto abbandonato per terra.

‹‹Il problema è Diana›› lo interruppe Jonathan, spazientito dal comportamento dello zio ‹‹dobbiamo sbarazzarcene prima che venga a conoscenza della verità. Non ci rimane ancora molto tempo prima che scopra che il vero assassino non è Sevilla››

‹‹E che cosa proporresti figliolo?›› chiese il signor Kennest, decidendo di porre la domanda che tutti i commensali aspettavano di udire. Tutti si voltarono verso i due padroni di casa, mentre si scambiavano uno sguardo furbo.

‹‹Lo vedrete presto››

L'oscurità colmava ogni singolo spazio presente a Cherry Ashes, e l'unica luce che mi permetteva di continuare la mia camminata, era fornita dalla luna, che risplendeva fiocamente quella notte. Il freddo gelava le mie ossa, ed i miei piedi venivano strascicati pesantemente sull'asfalto bagnato dalla pioggia incessante. Nulla però poteva compensare il sentimento di felicità e di soddisfazione che occupava il mio animo in quel momento.

Strinsi ancora di più il piccolo souvenir, terminato poco prima da Charles, e lo innalzai al cielo, per poter intravedere meglio ogni singolo dettaglio di quell'oggetto che simboleggiava la mia vittoria.

Tutti i tasselli di quella storia erano al proprio posto, e finalmente avrei ottenuto una grande promozione per la risoluzione di quel caso.

Abbassai leggermente il capo, come a voler imprimere nella mia mente ogni singola caratteristica di quel marciapiede sporco, di tutte le piccole piante che, dai davanzali delle case, si protendevano verso di me. Sorrisi sotto ai baffi mentre mi avviavo verso l'albergo.

Charles Sevilla era l'assassino, il serial killer di dieci vittime. Egli le aveva uccise, per poi far credere alla polizia che una decina di persone si erano suicidate in circostanze misteriose. Tutti abitanti della stessa cittadina, accomunati da una sola persona.

Perché nessuno ci ha mai pensato prima?

Tutto sembrava troppo facile. Scossi la testa, ripensando alla mia piccola escursione nel cimitero, lo scorso pomeriggio. Il volto di mia nonna, stretto attorno a quattro piccole barrette di metallo e affisso sulla lapide, aveva provocato in me delle sensazioni di tristezza e di rabbia. Le violette che avevo riposto alla base del pezzo di pietra grigia rettangolare, si erano subito piegate al gelo, come la mia anima quella notte, alla vista della sua sciarpa ripiegata con disordine sul pavimento. Mi ero impegnata ad eseguire il compito che mi aveva affidato, un compito che aveva costituito il suo ultimo pensiero prima di morire. Le sue ultime parole, scritte su un anonimo bigliettino, erano state portate con me per tutti gli anni seguenti.

Sospirai distrattamente, non appena intravidi la figura rozza e rovinata dell'albergo svettare contro il cielo color pece. Non appena raggiunsi l'entrata principale, spinsi silenziosamente la porta, evitando di bagnare l'uscio con le goccioline di pioggia che mi erano piombate addosso durante la passeggiata.

‹‹Il problema è Diana››

La voce indistinguibile di Jonathan Miller penetrò all'interno delle mie orecchie, facendomi sobbalzare non appena egli pronunciò il mio nome. Mi accostai leggermente al muro, l'unico ostacolo che separava l'atrio dal salotto con il fiato sospeso, troppo paurosa del rumore che avrebbe potuto provocare il mio respiro, strappando così al ragazzo l'opportunità di continuare il discorso.

‹‹Dobbiamo sbarazzarcene prima che venga a conoscenza della verità. Non ci rimane ancora molto tempo prima che scopra che il vero assassino non è Sevilla››

Sebbene in quel momento la sua voce divenne fioca e quasi indistinguibile, le sue parole risuonarono chiare nella mia mente. Un sentimento di sorpresa pervase ogni singola parte del mio corpo. Le mie mani presero a tremare, mentre la presa sul piccolo souvenir in vetro si faceva sempre più debole.

‹‹E che cosa proporresti figliolo?›› chiese il signor Kennest, proprio mentre il battito cardiaco aumentava così come il respiro.

‹‹Lo vedrete presto››

Il rumore che provocò il vetro della piccola sfera trasparente contro il pavimento fece sobbalzare il mio corpo, che smise di funzionare temporaneamente.

‹‹Diana?›› esclamò Jonathan sorpreso, alzandosi di scatto dal divano e camminando minacciosamente verso di me ‹‹Diana››

Corri suggerì la mia mente, durante la mia paralisi momentanea.

Corri.

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