11. Scuse

‹‹Diana!›› urlò a squarciagola Brandon, permettendo al tonfo che le sue scarpe rigide producevano contro l'antico pavimento di accompagnare il suono della voce roca.

Lo ignorai, tentando di impedire all'udito di captare qualsiasi altro rumore che avrebbe potuto turbare il mio stato di quiete. Proseguii indisturbata la mia marcia, calpestando con impeto la superficie legnosa.

‹‹Diana, dannazione›› mugugnò con voce irata ‹‹non volevo mentirti.››

In una frazione di secondo riuscì a piazzarsi dinanzi a me e a fermare il rapido movimento che le mie gambe stavano compiendo da alcuni minuti. Aggrottai le sopracciglia, scrutando il volto dell'uomo, per poi osservare le sue pupille, le quali si dilatarono non appena incontrarono le mie.

Spostai il peso del corpo sui talloni, per poi far scivolare lo sguardo verso destra e dirigermi verso la medesima direzione.

‹‹Smettila di scappare›› esordì Brandon, cingendo la mano attorno il mio polso, intimandomi a voltare il capo.

‹‹Tu mi hai mentito›› esclamai, sottraendo il braccio alla sua presa e avvicinandomi a lui. Puntai il dito contro il petto ricoperto dal tessuto grigio e distesi la bocca in una linea sottile.

‹‹Sei il figlio di Andy Miller. Jonathan Miller, un ragazzo morto una ventina d'anni fa, è tuo zio, così come lo è Sally,›› deglutii una piccola quantità di saliva prima di proseguire ‹‹avresti tutte le ragioni per coprirli. Come potrei mai fidarmi di te?››

Il mio braccio schizzò verso l'alto, evitando che una ciocca di capelli scuri offuscasse il mio campo visivo. L'impetuosità che aveva accompagnato i miei movimenti durante la conversazione aveva reso la fronte madida di sudore e, improvvisamente, tutti gli indumenti parvero incredibilmente pesanti sebbene fosse inverno inoltrato e il clima rigido stringesse in una morsa la cittadina.

Scoprii leggermente il polso, scrutando l'orologio stretto attorno a esso.

‹‹Devo andare›› sussurrai, per poi infondere nel mio sguardo tutto il disprezzo che si era riversato nel mio animo e trasmetterlo a Brandon.

Quest'ultimo alternò lo sguardo attento dal mio volto al braccio, rimasto ancora sollevato a causa dell'azione compiuta in precedenza. Deformò leggermente il labbro, lasciando che si protendesse verso il basso e assunse un'espressione dubbiosa.

‹‹Ho un'indagine da portare avanti, Brandon›› esclamai profondamente irritata, prima di permettere a un sospiro di abbandonare il mio corpo ‹‹spostati prima che sia costretta a inveirti contro per costringerti a farlo.››

Un sorriso sornione apparve sul volto color pesca dell'uomo, che nel frattempo aveva fatto scattare le mani in aria e assunto un'espressione innocente.

‹‹Che caratterino›› brontolò, lasciando che la voce intrisa di ironia penetrasse all'interno delle mie orecchie e irritasse ogni singola parte del mio corpo. Si voltò, avviandosi a grandi passi verso l'uscio, per poi spalancare la porta e ruotare il capo verso la mia figura.

‹‹Muoviti Diana, abbiamo un'indagine da portare avanti.››

‹‹Potresti evitare di ticchettare le dita sul cruscotto?›› esclamai infastidita.

Erano passati trenta minuti dall'inizio di quel travagliato viaggio verso la stazione di polizia di Cherry Ashes, del tempo che era trascorso con estrema lentezza.

Non avrei mai immaginato che quella, seppur breve, convivenza si sarebbe rivelata una tale tortura.

Le nocche della mano sbiancarono maggiormente non appena si strinsero attorno al volante color crema, come a voler imprimere la forza trasmessa dai muscoli sul rigido tessuto in pelle.

Brandon sbuffò, strusciando il palmo della mano sinistra sul tessuto beige che fasciava le sue gambe muscolose e gettò il capo all'indietro, abbandonandolo contro il sedile.

‹‹Ricordami ancora perché ti sto lasciando guidare la mia macchina›› iniziò, estraendo la mano dalla manica della giacca scura, e lasciando che il dito indice si distinguesse dalla massa informe che le altre formavano illuminate dall'oscurità ‹‹scegliere la musica e, ultimo ma non meno importante, dirmi quello che devo fare.››

Non appena il fiato si affievolì all'interno della sua bocca, protese il braccio verso il cruscotto e iniziò nuovamente a produrre il rumore fastidioso che aveva tormentato con costanza la mia mente per gran parte del viaggio.

‹‹Ti odio›› mormorai, ignorando il suo comportamento infantile. Egli lasciò schioccare la lingua contro il palato e assunse un'espressione divertita.

‹‹Siamo arrivati›› esordii pochi minuti dopo, indicando con un cenno del capo, l'edificio che si ergeva dinanzi alle nostre figure ‹‹sento che sarà divertente.››

Osservai con diffidenza la seduta color pistacchio che affiancava l'uomo che si ostinava a intrattenere una conversazione con Brandon. Inarcai leggermente un sopracciglio non appena notai un enorme macchia sopra di essa, caratterizzata da un colore rossastro.

Il volto dell'uomo venne ricoperto dalla cordialità che il suo sorriso, contornato da rughe rossastre che scorrevano sottili sulla superficie carnosa delle labbra, trasmetteva in quel momento.

‹‹Tallish, Kurt stava parlando di tua nonna›› esclamò il giovane, schiarendosi con prepotenza la voce che, per alcuni istanti, si era arrochita.

Mi scostai leggermente dal tavolino metallico, tentando di assumere un'espressione quanto più indifferente possibile. Mi avvicinai all'agente e rigettai con ribrezzo l'odore che aleggiava attorno la sua figura.

‹‹Rose,›› sentenziò Kurt, puntando gli occhi cerulei sulla mia figura ‹‹non le assomigli per niente.››

Soppesai per alcuni istanti la delusione che era balenata sul volto segnato dal tempo prima di spalancare la bocca per rispondere. L'esile rivoletto d'aria che però fuoriuscì dalla mia cavità orale fu l'infimo risultato della riservatezza, la quale mi impedì di formulare una frase.

Rivolsi un sorriso all'uomo, ben consapevole dell'impossibilità di rilasciare informazioni sulla mia vita privata all'interno di quella cittadina.

‹‹Kurt›› prese parola Brandon, notando la palpabile tensione che avvolgeva gli animi irrequieti all'interno della stanza ‹‹vorremmo farti un paio di domande riguardo a ciò che è successo alcuni anni fa.››

Il silenzio impregnò per alcuni istanti ogni centimetro della camera.

La smorfia prodotta dal volto dell'uomo produsse un sentimento di inquietudine, palpabile ed estremamente pesante. Distolsi lo sguardo, volgendo la mia attenzione sulla superficie biancastra che ingombrava gran parte della parete dinanzi a me.

‹‹Quelle immagini risalgono all'indagine di vent'anni fa?›› chiesi, distogliendo lo sguardo per alcuni istanti dal piano lucido permeato da immagini.

La schiena di Kurt si irrigidì, imitando il movimento dei capelli brizzolati sul capo roseo.

‹‹Non vi posso aiutare›› pronunciò sommessamente, prima di allungare gli arti in modo da afferrare i fascicoli color sabbia che decoravano la scrivania. Essi vennero accatastati alle spalle di un vecchio computer brontolante, per poi essere coperti da un piccolo fermacarte arancione.

Accompagnai la confusione che strinse in una morsa lo stomaco con uno sguardo interrogativo.

‹‹Quale sarebbe il problema?››

Furono queste le parole che riuscii a pronunciare non appena notai Brandon muoversi di soppiatto per lo studio. Tentai di coprire la sua figura possente con il mio corpo, nel tentativo di ostruire il campo visivo di Kurt.

‹‹Nessun problema›› gracchiò egli, inarcando un sopracciglio non appena notò l'atteggiamento che aveva caratterizzato i miei movimenti ‹‹non avete alcun diritto di ricevere delle informazioni senza un mandato.››

Sbuffai, visibilmente irritata dall'atteggiamento dell'uomo.

Sfregai nervosamente il palmo della mano sul viso.

‹‹È sicuro di non poterci fornire alcuna informazione? Stiamo tentando di risolvere un caso›› ribadii, tentando di marcare con insistenza ogni singola parola pronunciata.

Kurt scosse il capo, allontanandosi goffamente e raggiungendo la sua scrivania.

‹‹Vi prego di lasciare questo edificio.››

La stretta che cingeva il mio braccio mi impedì di proferire parola. Il mio corpo rimase inerte non appena Brandon applicò la forza necessaria per trascinarmi via dal locale angusto. Udii un flebile strascichio di parole da parte del giovane prima che il mio volto si scontrò con l'aria pungente.

‹‹All'interno di questo fascicolo ci dovrebbe essere tutto ciò che ci serve›› esclamò l'uomo, tentando di attirare la mia attenzione lasciando frusciare i fogli appena rubati dinanzi al mio sguardo.

‹‹Non sei ansiosa di scoprire la verità?››

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