Capitolo 3 - La Verità di Birba (2/3)
<<Grazie, ti ringrazio molto!>> disse lei all'uomo seguendolo.
<<Non ci vorrà molto, è davvero vicino, si parla di qualche minuto a piedi, ma ti andrebbe se nel frattempo facessimo due chiacchiere?>> le chiese guardandola con i suoi due occhietti vispi.
<<Non credo sarebbe un problema!>> rispose lei sorridendo.
<<Intanto direi di presentarci, io mi chiamo Angelo Giuda e lei sarebbe?>>
<<Lisandra Sabina, al tuo servizio!>> disse con un gesto del capo.
<<Ma certo! Ti conosco! Sei la mitica Lisandra Sabina! Ti ho vista alla capitale mentre stracciavi tutti con la tua balestra! Non sbagli mai un colpo, eh?>> le disse ammiccando.
<<In effetti no, eh, eh!>> ogni volta che qualcuno le faceva i complimenti sentiva il suo orgoglio gioire e crescere a dismisura, amava i complimenti, soprattutto riferiti alle sue capacità, non ne aveva mai abbastanza! Poi quell'uomo aveva un ché di affascinante, forse avrebbe potuto provare a portarselo a letto quella sera, magari l'avrebbe aiutata a distrarsi dall'indicibile atto che avrebbe dovuto compiere da lì a poco.
I due entrarono in una via buia e fredda. In qualche modo, le mura delle case che delimitavano quel passaggio, erano abbastanza alte da bloccare la luce del sole, creando una zona di costante ombra. Negli altri luoghi si poteva intravedere qualche sporadico ciuffo d'erba che tentava disperato di spuntare ai lati delle strade, qui non si notava nulla di tutto ciò. "Se Gaius vive qui, ci credo che nessuno sapesse dirmi dove stava!", pensò Lisandra, ma subito dopo si chiese, allora, come facesse quel ragazzo a saperlo: lo conosceva? Magari era un vicino? Magari un amico? Magari, per caso, lo aveva visto entrare in una casetta qua attorno e aveva fatto due più due, capendo che quella era la sua abitazione. Non rimase molto a pensarci, alla fine non le interessava troppo e continuò a seguire lo sconosciuto.
<<Sai, Lisandra, sebbene questa venga definita "La capitale del Mégalesimo", qui i magici non sono i benvenuti.>> le disse con uno sguardo spaventosamente serio.
<<Certo, come nel resto del mondo d'altronde, e con questo?>> gli rispose, sorpresa di questo repentino cambio d'umore.
Lui si fermò, la fissò negli occhi e disse <<E con questo, quelli come te li uccidiamo!>>. La sua bocca si trasformò in un terrificante ghigno a trentadue denti. Il sangue si gelò nelle vene di Lisandra, i suoi occhi si spalancarono e solo in quel momento capì in che orrenda situazione si trovasse. Provò a voltarsi e fuggire, ma due grossi uomini le bloccavano la strada, si girò di nuovo e vide che ai lati della via, nascoste dal buio, si trovavano un paio di ragazze che la fissavano senza battere ciglio.
<<C-C'è stato un errore! Un malinteso! I-Io non sono una magica! Sono umana, esattamente come voi!>> ma Angelo non la ascoltava più, non gli importava nulla di ciò che diceva, non una parola, per lui la sentenza era già stata emessa.
<<Vedi, qui tutti hanno perso qualcosa per colpa di quelli come voi! Io, per esempio, ho perso i miei due adorabili figli... Non permetterò mai più che qualcosa del genere possa accadere di nuovo!>> e detto questo, si spostò di lato per mostrarle il fondo della via, dove c'era un cavallo nero come la pece <<Lo vedi quel cavallo?>> le chiese indicandolo <<Ti uccideremo, poi ti faremo a pezzi, ti metteremo in dei sacchi e useremo quel bel bestione per buttare ciò che rimarrà di te in mare!>>
"Questo è pazzo!" si disse Lisandra. Capì che non poteva ragionare con una persona del genere, non c'era modo per fuggire. Doveva combattere, forse uccidere, anche prima di quanto pensasse. Angelo, con mossa agile, tirò fuori uno spadino nascosto nel suo giacchetto. Di tutto risposta, Lisandra tentò di prendere la sua balestra inserita in un cinturino che le passava dalla spalla destra, fino alla schiena, ma uno degli uomini dietro di lei le bloccò il braccio immobilizzandola, mentre un altro le diede una forte calcio alle gambe costringendola a buttarsi in ginocchio. Lei provò a dimenarsi e a urlare aiuto, ma lì il suono sembrava fermarsi: nessuno sarebbe arrivato ad aiutarla. Anche le donne davanti a sé estrassero uno spadino e tutti e tre si stavano avvicinando a lei con il sangue negli occhi.
Era finita, dalle stalle alle stelle e poi morta così. La fama, incredibile, la stessa cosa che l'aveva salvata si sarebbe rivelata la cosa che le avrebbe tolto la vita. Forse semplicemente il suo destino era sempre stato questo? Morire accusata di essere una magica. Aveva già scampato la morte più volte, ma se lo sentiva: questo era il momento buono. Era immobile, completamente inerme, impossibilitata a fare qualsiasi cosa. Beh, almeno sarebbe morta con la coscienza pulita, sapendo di non aver ucciso nessuno e di non aver mai fatto nulla di male. Si, un veloce esame di coscienza, un veloce addio alla vita, a tutto ciò che aveva provato ed era pronta. Non la morte che sperava, ma la morte non la scegliamo noi, alla fine la morte decide lei quando e come arriva e lei ormai questo lo sapeva bene, lo aveva accettato da tempo. L'Imperatrice dovrà trovarsi qualcun'altra che faccia il lavoro sporco al posto suo.
Nitriti, urla. Lisandra aprì gli occhi. No, non era ancora morta, ma il cavallo era infuriato. Quel cavallo nero, in fondo alla via, aveva travolto Angelo e le altre ragazze calpestandoli con i suoi imponenti zoccoli, probabilmente rompendogli qualche ossa. I suoi occhi erano rosso sangue e qualcosa lo aveva fatto impazzire. Non era la prima volta che Lisandra vedeva un cavallo reagire in quel modo e sapeva cosa fosse: la rabbia equina. A volte, per qualche motivo, i cavalli venivano infettati con questa malattia e avevano scatti di rabbia feroce, in cui pensavano solo a ferire altre creature, padroni compresi e ora quel cavallo stava venendo dritto verso di lei. Doveva andarsene da lì!
<<Scappate! E' Diodoro!>> tentò di gridare il pazzo che, sdraiato a terra, si stava trascinando lungo la via, con le altre due ragazze completamente immobili, forse morte, forse svenute. I due uomini che trattenevano Lisandra la lasciarono e fuggirono a gambe levate. Il cavallo però continuava ad avanzare. Facendosi forza, sebbene frastornata, tentò di alzarsi e farsi da parte per lasciare spazio all'animale, ma non era riuscita a reagire abbastanza in fretta, quel cavallo l'avrebbe colpita ben prima che lei si potesse mettere in piedi!
Eppure ci fu qualcosa, qualcosa nello sguardo di quel cavallo quando riconobbe il viso di Lisandra, gli occhi si fecero più grandi come se fosse spaventato e in barba a tutte le previsioni, si fermò poco prima di colpirla nitrendo e alzandosi su due zampe. Lei, ancora scossa, riuscì ad alzarsi e indietreggiò subito: aveva tutte le intenzioni di allontanarsi da quell'animale, non voleva starci accanto un secondo di più.
<<Stai bene?>> era una voce maschile, proveniva da dietro le sue spalle. Lisandra trasalì, prese immediatamente in mano la balestra, si girò e la puntò verso l'uomo.
<<Hey, calmati, sono venuto ad aiutarti.>> rispose lui alzando le mani con fare calmo. La sua voce era profonda e rilassata, non sembrava essere lontanamente preoccupato.
<<Chi diavolo sei tu?!>> disse terrorizzata. Non si fidava per nulla, era decisamente sospetto e non voleva avere nulla a che fare con nessuno in quel momento, voleva solo andarsene da lì. Lui mosse leggermente il capo, mettendo in evidenza la sua testa completamente pelata e la sua barba a coda d'anatra <<Il mio nome è Diodoro Herod, ma tutti qui mi chiamano "Hero". Sono venuto per salvarla, signorina Sabina.>>
<<Come fai a sapere il mio nome?!>> com'era possibile? Chi era davvero quello lì? Stava succedendo qualcosa di strano e non voleva solo lavarsene le mani di quella situazione.
<<Lo hai detto a quel tipo poco fa, com'è che si chiamava? Giuda, giusto?>>
<<Tu mi stavi seguendo?!>> lo stato delle cose stava solo peggiorando, doveva trovare un modo per andarsene da lì.
<<Si, ho avuto modo di conoscere quel tipo là, io e lui abbiamo avuto delle belle grane in passato, diciamo che lui e i suoi amichetti non se la sono vista bene con me.>>.
Lisandra realizzò cosa volesse far intendere: quelli erano cacciatori di magici, lo facevano per professione, li uccidevano, mandavano la testa all'Imperatrice e ricevevano i soldi, quindi è probabile che se si avevano problemi con loro, si era magici e stupita chiese <<Quindi tu sei... Un magico?!>>. Questo poteva cambiare tutto, poteva spiegare molte cose, poteva spiegare il comportamento del cavallo, poteva spiegare il motivo per cui si trovasse lì e subito un dubbio si insinuò nella mente della ragazza "se mi avesse salvata lui?".
<<Di certo se lo fossi non lo verrei a dire a una sconosciuta che mi sta puntando una balestra addosso! In ogni modo, la tua fortuna non finisce qui, quel tipo ti ha detto una marea di cazzate, ma io so davvero dove abita Gaius. Di certo non mi credi, ma se uscirai da quella viaccia e verrai qua, sulla strada principale, potrò dimostrartelo.>>. Lisandra decise di dargli ascolto, nonostante ciò che le era appena successo, quel tipo ispirava fiducia, forse per il suo modo di parlare. Abbassò leggermente la guardia, pur rimanendo attenta a ogni suo movimento e camminò fuori da quel luogo buio. I suoi occhi color smeraldo poterono riabbracciare i raggi del sole. L'uomo alzò il dito e lo puntò in alto verso la residenza regale <<Gaius abita lì.>>, a quel punto la ragazza confermò la fondatezza dei suoi dubbi: sicuramente gli abitanti di Lalderina sapevano dove si trovava Gaius, ma avevano deciso di non dirglielo, per qualche motivo nessuno si fidava di lei, forse perché era una straniera? Ora che vedeva meglio quell'uomo notò che aveva grossi occhi scuri e le folte ciglia corrucciate: nemmeno lui sembrava davvero fidarsi di lei, la squadrava da capo a piedi.
<<Come fai a sapere che abita lì?>> domandò lei.
<<Diciamo che ci conosciamo molto bene. Ti scorterò io fin là, non vorrei che quei cinque teppistelli di prima tornassero.>>
Nemmeno Lisandra si fidava di lui, c'era qualcosa di strano in tutto questo, i pezzi non combaciavano e un brivido freddo le attraversava la spina dorsale: aveva paura di poter essere pugnalata alle spalle in ogni momento, ma pensò che alla fin dei conti, se avesse camminato per la strada principale, sarebbe stata davanti agli occhi di tutti e nessuno si sarebbe mai sognato di aggredire qualcuno lì.
<<Accetto, ma resta a distanza e non avvicinarti a me. Soprattutto non dire una parola e non fare gesti, capito?>>
<<Va bene, va bene, prometto che non farò assolutamente nulla, alla fine gli amici di Gaius sono anche miei amici.>> le disse alzando le mani e facendo un sorriso tirato. Non la convinceva nemmeno un po', si ripromise di tenere la guardia alta tutto il tempo.
<<Birba?>> disse Diodoro voltandosi verso il cavallo, che di risposta si guardò attorno e tornò indietro. Forse lo conosceva?
Continua --->
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