[ 𝟎𝟎 ] 𝐓𝐖𝐎 𝐇𝐎𝐔𝐒𝐄𝐇𝐎𝐋𝐃𝐒
(00: TWO HOUSEHOLDS . . . BOTH ALIKE IN DIGNITY)
La stazione di King's Cross pullulava di famiglie – alcune molto emotive, che avvolgevano i propri figli in abbracci e baci, altre più severe, impegnate a insegnare loro cosa fare e cosa non fare. Da lontano, una rossa di undici anni osservava una coppia di anziani che arruffava i riccioli del figlio, augurandogli buona fortuna con entusiasmo. Juliet rabbrividì alla vista di quella dimostrazione d'affetto mentre trascinava le sue valigie a bordo dell'Hogwarts Express, senza nessuno da salutare.
Era venuta da sola.
Arin ed Eliana Fawley ritenevano superfluo tenere la mano della figlia lungo tutto il cammino della vita. Arin era un alto funzionario del Ministero e aveva altre cose importanti da fare, mentre Eliana non tollerava l'idea di mescolarsi a quegli "sporchi babbani." Juliet comprendeva perché non fossero venuti con lei, ma questo non cancellava il leggero tremito allo stomaco mentre trovava uno scompartimento vuoto.
"Hai bisogno di aiuto con quella?"
Juliet sobbalzò al suono di una voce sconosciuta. Quando si voltò, si trovò davanti un paio di braccia magre che spingevano indietro il suo baule, impedendogli di caderle addosso. Si bloccò, guardando il ragazzo con occhi socchiusi. Doveva avere la sua età, portava occhiali con una montatura spessa e capelli arruffati, ma Juliet non riusciva a identificare il suo volto e conosceva tutti i figli dei purosangue, avendo partecipato a numerosi balli e cene.
"Sto bene, grazie," disse, ricordandosi di mantenere le buone maniere finché non avesse verificato il suo stato di sangue. "Non ho capito bene il tuo nome..."
"Oh, James!" Allungò una mano. "James Potter."
Juliet fissò la sua mano, chiedendosi cosa avrebbe detto sua madre se l'avesse stretta. I Potter erano purosangue, ma non facevano parte dei Sacri Ventotto. "Juliet," disse, coprendosi la mano con la manica per sicurezza. "Allora sei un simpatizzante dei babbani come i tuoi genitori?"
James scrollò le spalle, incerto su cosa pensare della sua schiettezza. "Beh, direi che ci sono cose molto peggiori che potresti essere."
"Tipo cosa?"
Sebbene James stesse per rispondere, fu la voce inconfondibile e beffarda di Sirius Black a rispondere per lui mentre entrava nello scompartimento con la consueta spavalderia. "Non lo so, magari un suprematista purosangue senza idee proprie." Poi si rivolse a James. "Ti dispiace se mi siedo qui?"
James annuì, mentre Juliet restava a bocca aperta, sbalordita dalla sua arroganza. Sapeva che a Sirius piaceva farla innervosire da quando lo aveva messo in imbarazzo a una festa di fidanzamento. "Mi dispiace, ma ero arrivata prima io," ribatté seccamente. "E comunque non vedo come tu possa essere meglio di me, Sirius. Toujours pur, giusto?"
"Oh, sono sicuro che possiamo trovare un altro scompartimento, amico," suggerì James, prendendo subito in simpatia il ragazzo dai capelli scuri. "Non mi va di passare il mio tempo con chi crede di essere superiore agli altri. Scendi da quel piedistallo prima che qualcuno ti faccia cadere. Non ti farai molti amici con quell'atteggiamento." Il tono tagliente di James svanì appena lasciarono lo scompartimento, per immergersi invece in un'animata conversazione sul Quidditch con Sirius, ora sorridente.
Che fosse un consiglio amichevole o un avvertimento, Juliet Fawley sapeva una cosa per certo: non le piaceva James Potter.
. . .
Nonostante quel che pensava James Potter, Juliet era risoluta nel fare amicizia – ma solo con le persone giuste. Non voleva certo tra i suoi amici un purosangue caduto in disgrazia o un traditore del proprio sangue in divenire. Fare amicizia, tuttavia, si rivelò più difficile di quanto pensasse, visto che nessuno si avvicinò più al suo scompartimento. Abituata a stare da sola, specialmente con genitori così assenti, decise che avrebbe trovato degli amici una volta arrivata a Hogwarts. Essere una purosangue, almeno, le permetteva di conoscere alcuni studenti più grandi – come Evan Rosier e Narcissa Black, entrambi al quarto anno.
Quando Juliet ebbe finito mezza scatola di penne di zucchero (sua madre non le permetteva mai di mangiare dolci a casa) ed era a metà di Animali fantastici e dove trovarli di Newt Scamandro nel tentativo di portarsi avanti, il castello apparve all'orizzonte. Era bellissimo. Anche se la pioggia batteva forte, non le importava, perché finalmente era arrivata a Hogwarts.
"I prim'anni! I prim'anni, con me!" gridò un omone quando tutti scesero dal treno, facendo cenno ai più piccoli di seguirlo.
L'uomo era così imponente che Juliet pensò fosse più sicuro restare in mezzo alla folla, senza avvicinarsi troppo né allontanarsi troppo in fondo. Tremando un po' per il freddo, si sforzò di mantenere un sorriso accogliente mentre superavano una curva e arrivavano a un lago vastissimo, dove diverse barche attendevano di portarli al castello. Juliet finì per dividere una barca con due gemelli e una ragazza bruna piagnucolosa, che non le suscitava molta simpatia.
"Siete tutti qui?" domandò l'omone – che poi avrebbe scoperto chiamarsi Hagrid – mentre aiutava gli undicenni a scendere dalle barche su una rampa di gradini di pietra e bussava a una porta imponente. "Ecco i prim'anni, professoressa McGonagall."
La donna dall'aria severa condusse i nuovi arrivati in una stanza vuota alla fine del corridoio, spiegando loro le diverse case prima della Cerimonia di Smistamento. Juliet sapeva già tutto dai suoi genitori, i quali avevano avuto cura di spiegarglielo, visto che era fondamentale che finisse nella casa giusta – ovvero Serpeverde, naturalmente.
Una volta che i prim'anni si furono allineati, la professoressa posò uno sgabello davanti a loro e un vecchio cappello, che subito cominciò a cantare. Juliet alzò gli occhi al cielo, mentre tutti gli altri applaudivano. Le sembrava infantile che un cappello cantasse. Anche la McGonagall sembrava più rilassata mentre chiamava i primi nomi dalla pergamena.
"Aubrey, Bertram!"
Il cappello gridò: "Corvonero!"
Lo Smistamento continuava, e Juliet si avvicinava man mano al centro della fila, ma il suo interesse si risvegliò quando Sirius si avvicinò allo sgabello, stranamente privo della sua consueta spavalderia. Il suo viso parve turbato, e trascorsero lunghi secondi prima che il cappello lo dichiarasse Grifondoro.
Nella Sala calò il silenzio. Tutti sapevano che i Black erano Serpeverde da generazioni.
Trascorsero una decina di secondi prima che uno dei prim'anni in coda applaudisse entusiasta. Era James Potter! Juliet sentì l'odio raddoppiare. Il motivo per cui nessuno applaudiva Sirius era chiaro: Grifondoro era la peggior casa, piena di sciocchi impulsivi. Incoraggiare un simile comportamento era sbagliato, e comunque cosa poteva aspettarsi dallo stesso ragazzo che osava parlarle – lei, un'élite purosangue – come se fosse solo del fango sotto le sue scarpe?
"Potter," sibilò Juliet dal suo posto in fila, "i Serpeverde non rispettano il divieto di maledire i prim'anni. Tienilo a mente, la prossima volta che incoraggerai un simile ammutinamento."
"Merlino, Juliet, hai undici anni e parli come una vecchia megera. Magari una che rinchiude i bambini nei forni," disse, gonfiando il petto e notando un'altra testa rossa che lo osservava con occhi curiosi. "Sirius ha infranto la tradizione, quindi puoi farlo anche tu. I Serpeverde sono un gruppo marcio, e possono farmi tutto il male che vogliono; non mi vergognerò di difendere un amico."
L'audacia di James era soffocante – e poi, perché mai avrebbe dovuto rinchiudere i bambini nei forni? Apparteneva di sicuro al San Mungo. "Quella era la mia idea di gentilezza," ribatté, leggermente offesa. "Dubito che riusciresti a far fronte agli studenti più grandi, attirando così tanta attenzione su di te. È come dipingerti un bersaglio sulla schiena."
"Staremo a vedere," sorrise compiaciuto, stringendo nelle tasche una lista di scherzi accartocciata.
Il sangue di Juliet ribolliva ancora quando la McGonagall chiamò: "Fawley, Juliet!"
Juliet si avvicinò allo sgabello e il cappello, troppo grande, le cadde sugli occhi. Si aspettava quasi di essere smistata immediatamente in Serpeverde. Ma una voce si insinuò nella sua mente, deliberando sui meriti della ragazza. "Hmm," mormorò, "sento molto coraggio in te, ma temi il tuo stesso potenziale. Ti serve qualcuno che ti guidi nella giusta direzione."
Non sono una stupida Grifondoro, pensò amaramente.
"Oh, no, di certo non lo sei," concordò il cappello. "E nemmeno una Tassorosso, per quanto sei impaziente. Corvonero, forse... hai una mente acuta e ami la conoscenza."
Ma non la cerco, rispose nella sua mente. Per influenzare il cappello, pensò a quando aveva ingannato suo padre facendole comprare dei dolci da Mielandia. Sono ambiziosa e astuta, davvero.
"Ingegnosa, sì, tentando di ingannarmi in questo modo," parve divertito. "Staresti meglio con i... Serpeverde!"
Un tavolo adornato di verde e argento esultò quando Juliet si sedette, lasciandole sfuggire un sospiro di sollievo. Potter, ancora in fila, incrociò il suo sguardo fiero e inclinò la testa, curioso. Lei sollevò il mento, orgogliosa del verde sulle sue vesti. Anche Potter era altrettanto orgoglioso del rosso e dell'oro che lo attendevano. Da quel momento, erano parte di case rivali – entrambe uguali in dignità – e nemici in una piccola guerra scolastica. Ma guerre peggiori si profilavano all'orizzonte.
Il destino sembrava volerli separati, ma James Potter non ascoltava nessuno.
Nemmeno il destino.
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