Epilogo

Buio.
Vagai nell'oscurità alla ricerca di uno spiraglio di luce da quelli che mi sembravano mesi ma, ancora una volta, non ci riuscii. Avvertivo la testa pesante, le tempie pulsare all'impazzata e, un fastidioso dolore all'altezza della caviglia.

Volevo riuscire a svegliarmi, volevo davvero farlo per dire a tutti che stavo bene ma, mi sentivo intrappolata come in una bolla. Ero cosciente, sapevo di esserlo e anche se non sentivo alcun rumore riuscivo a percepire la presenza di un'altra persona al mio fianco.
Il calore che le sue mani infondevano sul mio braccio mi permise, immediatamente, di avvertire un po' di sensibilità prendere vita su quella zona. Una forte ventata di aria fresca mi fecr rabbrividire e, pian piano, avvertii i muscoli tesi iniziare a sciogliersi.

Sentii una voce, un sussurro flebile arrivare ottavo alle mie orecchie e, con tutte le forze rimaste in corpo, mi sforzai di captare quanti più particolari possibili.

Volevo rispondere, volevo urlare e liberarmi di questa orribile sensazione che mi teneva intrappolata in questo universo parallelo ma, ancora una volta, sembrava essere più forte lui.
Sembrava che l'oscurità fosse più potente della mia volontà di tornare a vivere perché si, mi sentivo come fossi morta. Come se mi trovassi nel limbo pronta ad intraprendere un viaggio sperduto che mi avrebbe condotto in un mondo di incertezze ed attese infinite.
Ma, se questo è ciò che la vita aveva in serbo per me, allora preferivo davvero sprofondare in un sonno eterno.

«Cazzo, svegliati»

«Deve aver battuto la testa, non si muove»

«Se mi senti, sbatti almeno le palpebre»

Ci provai, cercai con tutte le forze di muovere gli occhi ma niente, non ci riuscivo. Mi sentivo intrappolata, volevo solo uscire.

Freddo.
Una sensazione gelida all'altezza del viso mi colpii in pieno e, come se stessi annegando, avvertii i polmoni riempirsi. Mi sentivo priva di forze ma, allo stesso tempo, una carica improvvisa d'energia prese a circolarmi nelle vene.
Il petto bruciava, faceva male e con tutta la forza rimasta iniziai a tossire.
Tossii fino a quanto la gola, del tutto irritata, iniziò a chiedere pietà e mi calmai.

«Grazie a Dio, ti senti bene? Hai preso una bella botta»

Una luce, un raggio di sole mi colpii in pieno sugli occhi ma, mano a mano che misi a fuoco, vidi in realtà il cielo scuro di quella giornata.

Iniziai a distinguere forme e colori e, dopo essermi guardata un po' intorno, un male lancinante alla testa mi fece digrignare i denti. Portai una mano sul punto dolente e gemetti impercettibile quando sfiorai la parte sanguinante sopra il mio orecchio.
Faceva male.

Due forti braccia mi aiutarono a mettermi seduta mentre un capogiro mi costrinse di nuovo a serrare gli occhi. Li strinsi talmente tanto forte che, quando cercai di riaprirli, sembravano quasi essersi incollati tra di loro.

«Forse dovremmo andare in ospedale» sentii ancora una volta quella voce ma, non riuscii a capire da quale fonte provenisse.
Il suo tono era rassicurante nonostante fosse presente un velo di agitazione. Immediatamente iniziai a sentirmi meglio.

Mi voltai lentamente tenendomi la testa e, incontrando finalmente, la fonte di quella melodia graffiante e pura che mi aveva salvata.

«Come ti sente?»

Lo guardai e...il mio cuore perse un battito. Due pozze limpide mi stavano scrutando attente ed, ero quasi certa, di non aver mai visto niente di così bello e particolare. Avevano un taglio strano, erano piccoli e contornate da piccole rughe d'epressione che lo rendevano più vecchio di quello che sicuramente era in realtà. Un sorriso timido si aprì sulle labbra piene e due grandi fossette sbucarono ai lati delle guance prive di barba.

Lo guardai intensamente per quella che mi sembrò un'eternità e, ancora capace di proferir parola, tentai di alzarmi in piedi.
Lui mi precedette e mi tese una mano per aiutarmi a mettermi su.
Titubante l'accettai e, dopo vari passi insicuri, riuscii a stabilizzarmi.

«Cos-, cosa è successo?» riuscii finalmente a dire in tono flebile. Non ero certa che mi avesse sentita ma lo vidi ugualmente fare un posso nella mia direzione.

Si abbassò mettendosi alla mia altezza e dopo avermi scrutato seriamente tirò un sospiro di sollievo. Probabilmente era preoccupato quanto me all'idea che non avessi ancora detto nulla.

«Sei inciampata vicino a quella panchina ed hai battuto la testa.
Sei rimasta svenuta per una ventina minuti, iniziavo seriamente a preoccuparmi» mi spiegò lentamente e con tono calmo. Le sue iridi verdi erano magnetiche e mi infondevano una sicurezza tale da farmi sentirle meglio.

Annuii convinta prima di riportare di nuovo lo sguardo su di lui.
Mi stava fissando come a volermi leggere dentro, come se avesse la necessità di conoscermi in profondità.
E, per qualche malsana ragione, mi sentivo allo stesso modo.

Non so esattamente quale tipo di incantesimo questo uomo mi avesse lanciato ma, ora, non avrei voluto trovarmi in nessun'altro posto se non qui, se non qui vicino a lui.

Mi porse una mano ricca di grossi anelli e dopo averla stretta, avvertii una forte scarica elettrica propagarsi nel mio corpo. Una sensazione familiare, protettiva e assolutamente dolce. Come se avessi vissuto questo momento altre mille volte.
Come se ci conoscessimo già anche se in realtà, non c'eravamo mai incontrati prima.
Come se fossi in attesa di questo da tutta la vita.

«Comunque sono Harold, piacere di conoscerti. Posso offrirti un caffè?»

F I N E.

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