Capitolo quindici - Vital Young [1.2]

Mantenendosi a una certa distanza, Vital osservò il lavoro dei fotografi e dei cameramen che riprendevano i ragazzi per il materiale audio-visivo del prossimo progetto in lavorazione.

Il Presidente della Hit Hit era al suo fianco, aveva insistito perché fosse presente anche lei quel giorno come prova e, alle volte, la interpellava per chiedere un parere.

Tuttavia, rispetto agli altri set che aveva visto da quando era entrata a fare parte del team della Hit Hit, ammetteva che in quello vi fosse qualcosa di diverso: era impossibile reprimere il sorriso e mantenersi severi, concentrati in modo ossessivo al lavoro, e la pressione avvertita era davvero minima.

Vital era stata testimone di quanto in realtà potessero essere stressanti gli shooting fotografici, soprattutto per i ritmi veloci con cui si tenevano e le pause ridotte all'osso. Eppure era assurdo e sconvolgente vedere quei ragazzi divertirsi, scherzare e giocare persino con l'obiettivo...

Sembrava di guardare una famiglia, non un gruppo di lavoro, fu il pensiero che le attraversò la mente e la condusse a rammentare il passato in cui frequentava ancora la scuola: in un battito di ciglia ricordò gli abbracci, i sorrisi, ma anche i momenti di sconforto di quell'orchestra scolastica di cui faceva parte e con la quale, purtroppo, non era rimasta con nessuno in contatto. E poi c'era l'ex professoressa, severa all'esterno e appassionata all'interno, il loro punto di riferimento indiscusso tra loro e il pubblico, la luce di un faro a cui affidarsi nelle notti più burrascose: era sì dovere dei docenti fare il loro lavoro, ma la donna che le aveva insegnato a suonare non si era limitata solo a quello.

Quanto le mancavano i tempi della scuola, pensò reprimendo una lacrima. All'epoca non aveva idea di come potesse complicarsi la vita...

Quando arrivò la pausa Vital si recò al tetto della struttura in cerca di tranquillità e, quando terminò il contenitore di insalata di riso con pezzi di tofu tostati che si era portata dietro da casa, aprì la custodia del violino con l'intenzione di suonare un po'.

Quel giorno c'era una bassa percentuale di umidità, aveva anche assunto l'antidolorifico prescrittole dall'ultimo terapista del dolore da cui andava, nonostante lo sforzo di spostare quella pianta d'appartamento con Ji-Moon Kim, si sentiva in vena di eseguire qualche brano complicato. 

Quindi dopo avere poggiato il bastone a terra e recuperato il violino dalla custodia, si appoggiò alla rete e posizionò il freddo legno sulla spalla con la mano sinistra, incastrando guancia e mento con le forme dolci dello strumento. Alla fine strinse l'archetto tra le dita e chiuse gli occhi.

Poi iniziò a suonare la scala maggiore, dapprima nel modo consueto, una nota dopo l'altra, in ordine. Ma dopo altri minuti cambiò registro e si lanciò in una ridda scatenata di note, toni, semitoni e variazioni.

Per un breve attimo udì la voce della prima persona che l'aveva incoraggiata a superare le prime difficoltà con il violino, la sua obaasan della quale aveva sempre tratto ispirazione ed era stata il suo primo modello di vita...

Con quel sentimento d'affetto che le gonfiò il cuore al suo ricordo, Vital suonò la sua ultima composizione, quella con cui aveva lasciato in definitiva il mondo del palcoscenico, lasciando che le note sgorgassero da lei come una cascata di suoni e accordi: l'origine era la gioia di vivere che aveva riscoperto il giorno della sua rinascita a Tokyo e, nonostante sapesse di essere diventata troppo vecchia per quel mondo, aveva ancora molto da esplorare e scoprire sulla strada.

Concluse la sua performance e alla fine risollevò lepalpebre: con la coda dell'occhio notò un'ombra vicina a lei, quindi si volse conil cuore in gola e gli occhisbarrati. 

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