3.
La serata sarebbe potuta andare in mille modi diversi, non mi aspettavo che sarebbe capitato proprio il peggiore.
Emily, come da parola data, alle otto in punto si palesò sotto casa mia ed io, con il mio vestito bianco abbastanza aderente e gli stivali con il tacco del medesimo colore, mi affrettai a raggiungerla e salire in auto.
«Bella scelta», constatò rivolgendomi un sorriso, riferendosi all'abito che avevo scelto.
In realtà, non mi sentivo molto a mio agio, ma le cose che indossavo di solito erano tutte nella lavatrice.
Lei era bellissima, con quella cascata di capelli biondi e ricci che ricadevano sciolti sulle spalle, gli occhi azzurri messi ancora più in risalto dalla riga di eyeliner nero e il mascara che le colorava le ciglia già scure.
Indossava un abito rosso fuoco che, sicuramente, non l'avrebbe fatta passare inosservata. Le abbracciava i fianchi e le cingeva ogni curva, valorizzando il seno importante e sodo messo in risalto anche da una catenina color argento.
«Anche la tua. Ma, solo per informazione...» dissi mentre lei metteva in moto ed io mi accomodavo allacciando la cintura di sicurezza. «James lo sa che ci sarai?»
Emily allargò le labbra in un sorriso ampio. «Non me l'ha chiesto, per questo ho deciso di presentarmi. Vediamola come una sorpresa», confessò con una punta di eccitazione che traspariva dalla sua voce.
«Una sorpresa, certo», borbottai, per niente convinta dalle sue parole.
«Che c'è?»
«Non credo sia una buona idea presentarci lì, se lui non ti ha invitata», osservai, mentre il mio sguardo vagava di fronte a noi, con il buio che ci inghiottiva, illuminato solo da qualche luce della città.
Lei sbuffò infastidita. «Smettila di pensare sempre alle cose giuste da fare. Almeno, se lo troverò con un'altra, mi metterò il cuore in pace e capirò che non fa per me.» Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ma era tesa, lo vedevo dalle sue nocche bianche strette sul volante e lo sguardo corrucciato e cupo con cui fissava la strada.
«Non intendevo questo», misi in chiaro. «Non credo che sia con un'altra. O, almeno, lo spero.»
Sicuramente non ero molto rassicurante.
La sentii emettere un sospiro. «Voglio solo fargli una sorpresa, sperando che sia gradita. E poi, a parte tutto, mi andava davvero di uscire a divertirmi con te.» Mi sorrise e mi diede un piccolo buffetto sulla spalla.
Sorrisi anch'io. «Ci divertiremo, vedrai», promisi con sicurezza.
Lei annuì con convinzione e, nel giro di pochi minuti, ci ritrovammo a parcheggiare fuori dal locale. Il parcheggio esterno era già pieno di auto, il che mi fece capire da subito la situazione che poteva esserci all'interno.
«Che palle! Ma si può? Non troveremo mai parcheggio», imprecò Emily con uno sbuffo sonoro, portandosi le mani tra i capelli.
Se c'era una cosa che la innervosiva da morire, quella era non trovare il posto per l'auto.
«Aspetta, chiamo Liam e gli chiedo dove ha parcheggiato», m'informò.
«C'è anche lui? Non lo sapevo.»
«Si, viene con la sua nuova ragazza. Ci teneva a farcela conoscere, a quanto pare.» Scrollò le spalle e si mise a comporre il suo numero al cellulare. «Ehi, dimmi dove diavolo hai parcheggiato. No, non c'è qui fuori. Ah, okay.» E dopo aver finito di dialogare, mise subito in moto per raggiungere il nostro amico. Fortunatamente, trovammo subito parcheggio accanto alla sua Mustang.
Scendemmo dall'auto e, dal sedile del passeggero della macchina di Liam, uscì una ragazza col caschetto nero che ricadeva sulle spalle lasciate scoperte dal vestito nero che indossava, con la frangetta che le solleticava le ciglia scure e gli occhi color nocciola.
«Oddio, è già qui», sospirò Emily con disappunto, il che mi portò a guardarla male. Che aveva stasera?
Liam ci venne di fronte. «Lei è Cheryl. Cheryl, loro sono Emily e Selene, le mie migliori amiche», ci presentò con una voce fin troppo allegra.
Mi presi del tempo per ammirarla meglio. All'apparenza, sembrava una ragazza dolcissima, con quel sorriso che si dipingeva sulle labbra piene e cariche di lucidalabbra rosa. Aveva un piccolo nero accanto al labbro, sul lato sinistro, mentre le gote tinte di rosa le donavano un aspetto innocente.
«Piacere.» Le porsi la mano e lei ricambiò quel saluto, per poi regalarmi un timido sorriso.
«Piacere mio.»
«Si, abbiamo finito le presentazioni. Entriamo?» Emily sbatté furiosamente il piede a terra, facendomi sussultare.
Cheryl increspò le sopracciglia per quel gesto, ma si ricompose all'istante e ci dirigemmo verso l'ingresso, che pullulava di ragazzi ubriachi e di ragazze poco vestite.
Arpionai il polso di Emily prima di entrare. «Ma che hai?» le sussurrai all'orecchio per evitare che Liam o la sua ragazza mi sentissero.
Lei mi guardò stranita, come se non sapesse di che cosa stessi parlando. «Niente, perché?»
«Sei strana», ammisi con riluttanza. «Sei nervosa per James?»
La vidi mordersi il labbro inferiore, colorato di rosso fuoco come il suo vestito. «No... cioè, boh. Ho paura che lui mi piaccia già un po' troppo. E se non gli faccia piacere vedermi?» I suoi occhi cercarono i miei, bisognosi di rassicurazione.
«Prima di tutto, lui non deve sapere che sei venuta qui per vederlo», misi in chiaro, categorica. «E poi, se non gli fa piacere, che vada a fanculo, no?»
Mi regalò un sorriso, sebbene tirato. «Sai cosa? Hai ragione, Selene.»
«Allora? Muovete quei culi o no?» gridò Liam, ormai davanti alla grande porta che dava sul locale.
La prima cosa che mi colpì appena misi piede all'interno, era il forte odore di alcol e sudore che emanava la calca di persone in mezzo alla pista. Le luci rosse erano soffuse e la musica fin troppo alta per permetterci di parlare.
C'erano troppe persone, non avremmo mai trovato James e gli altri, il che mi fece emettere un ingiusto sospiro di sollievo. Forse, la stavo scampando.
«Andiamo a bere qualcosa!» urlò Emily, prima di prendermi per mano e trasportarmi proprio in mezzo alla folla. Venni sballottata da un ammasso di corpi che danzavano senza inibizioni, prima di riuscire a raggiungere il bancone degli alcolici. «Cosa vuoi?»
Nonostante fossimo appena entrare, già delle gocce di sudore imperlavano la fronte della mia amica, che era stranamente di nuovo euforica.
Non volevo ubriacarmi troppo, non questa sera. Non con la possibilità che potessi vedere quei due demoni e dir loro qualcosa di troppo. «Una coca-cola.»
Lei alzò le sopracciglia. «Ma sei pazza? Una coca-cola?»
Feci spallucce. «Che c'è? Domani abbiamo lezione.»
«Tu non bevi una coca-cola», ordinò perentoria. «Prenditi qualcosa di leggero, che ne so, un sex on the beach?»
«C'è comunque dell'alcol, dentro», dissi l'ovvio.
«Ma se lo bevono anche i bambini!»
Sospirai. «E va bene, ma solo un bicchiere e poi basta.»
«Bene.» Batté le mani, poi si rivolse al barman per fare le ordinazioni.
Nel frattempo, il mio sguardo vagò per la sala. C'erano dei corpi ammassati che muovevano i fianchi in modo ritmico, in mezzo alla pista, poi c'era un angolino più intimo, con dei tavoli lasciati liberi e la luce più soffusa rispetto al resto del locale. Bene, avevo capito dove mi sarei rifugiata.
Iniziammo a bere subito e, con i bicchieri ancora in mano, ci muovemmo per cercare Liam, che trovammo immerso nella pista a ballare con Cheryl, che sembrava darci davvero dentro.
«Però, è brava», constatai annuendo.
La mia amica fece una smorfia. «Niente di che, saprei farlo anche io.»
«Ma ce l'hai con lei?» La guardai, cercando di intuire l'andamento dei suoi pensieri.
Emily era una persona carica di vita, solare e divertente, mi sembrava così assurdo che quella ragazza potesse starle davvero antipatica. Insomma, con chi mai era stata scontrosa la mia amica?
«No, non ce l'ho con lei», espirò. «Spero solo che Liam non faccia qualche cazzata.»
«Del tipo?» Mi accigliai.
«Non voglio che ci vada sotto», confessò con un filo di voce appena udibile. Infatti, la musica era troppo alta ed io cercavo di capire al meglio le sue parole farfugliate, seppur con difficoltà.
«Credo sia normale che ci vada sotto, se stanno insieme.»
«Boh, forse si. In ogni caso, li chiamiamo o andiamo per i fatti nostri?» Indicò, con il mento, l'angolino appartato che avevo notato poco prima. Bene, voleva andarci anche lei.
«Noi avvisiamoli. Nella peggiore delle ipotesi, ci diranno di no e rimarranno lì.»
Lei annuì e ci ritrovammo in mezzo alla pista, per pochi istanti, solo per avvisare il nostro amico che, con grande sorpresa da parte di Emily, acconsentì alla nostra richiesta e ci seguì insieme alla sua ragazza.
Qui, la musica si sentiva più ovattata e i miei timpani ne sembravano molto contenti. Tirai un sospiro di sollievo, ma lo feci troppo in fretta, perché fu in quell'istante che mi resi conto del motivo per cui anche Em voleva venire qui.
«James!»
La voce della mia amica che urlava quel nome fu come un colpo al cuore per me.
Allungai il collo solo per vedere chi fosse presente in quel tavolo, poco distante da dove stavamo noi, in piedi. E lì, lo vidi.
Hayes Myers, insieme a suo fratello, stravaccato sul divanetto in pelle con una ragazza sopra le sue gambe, la stessa che avevo visto nel cortile del campus.
Lui indossava una camicia bianca, con i primi bottoni slacciati da dove compariva una leggera collanina d'oro e la leggera peluria che gli ricopriva il petto. Le maniche erano tirate su fino al gomito e mi regalavano la visione delle sue braccia muscolose e completamente tatuate, fino alle dita ricoperte di anelli dorati.
I capelli castani ricadevano sulla fronte rilassata, con qualche ciocca ribelle che finiva davanti ai suoi occhi così chiari da sembrare acquamarina. Eppure, il suo sguardo era assorto, immerso nei suoi pensieri, assente. In quel momento, mentre lo osservavo, mi resi conto che il suo corpo era presente, ma i suoi pensieri sembravano essere totalmente altrove, al contrario di Harvey, che era impegnato a ficcare la lingua in bocca alla ragazza castana sopra le sue ginocchia.
Insieme a loro vidi James, svaccato anche lui, con Trevis al suo fianco, impegnato a ingollare alcol come se fosse acqua.
Quando James intercettò lo sguardo di Emily, le regalò un gran sorriso di sorpresa e le fece il cenno di avvicinarsi. Ovviamente, io mi pietrificai.
Sapevo che ci sarebbe stato il rischio di incontrarli, ma addirittura sederci nel loro tavolo, non mi sembrava il caso.
«Em, senti...» sibilai.
«Quelli sono i vostri amici?» Fu Cheryl a domandarlo.
«No», rispose prontamente Liam.
«Ma se noi andiamo a farci un giro?» proposi agli ultimi due, che sembravano più scettici di me all'idea di unirsi a loro.
«Cosa? No! Venite con me, subito», ordinò Emily, tirando un sorriso per non farsi vedere agitata di fronte a James.
«Okay, ma lo saluti e poi ce ne andiamo», misi in chiaro, stavolta perentoria.
«Va bene», acconsentì e, nel giro di qualche passo, ci ritrovammo di fronte a quell'ammasso di persone che sembravano davvero dei delinquenti patentati.
Non era solo il loro aspetto a farli sembrare tali. Non erano solamente i piercing o i tatuaggi che li ricoprivano tutti, ma anche il loro atteggiamento. Non ero così superficiale da basarmi solo sull'apparenza, eppure, più guardavo Hayes Myers, più mi rendevo conto di quanto ci fosse un'aura oscura che lo ombreggiava, che incombeva su di lui.
Svaccato sul divano, con quella ragazza sulle gambe, sembrava un demone tentatore. Le sue labbra sembravano il sigillo per l'inferno e, mentre le schiudeva per racchiudere il filtro della sigaretta tra i denti, queste si modellavano donandogli un aspetto estremamente attraente.
Era la sua fierezza. Il modo in cui guardava il resto del mondo, con quello sguardo spento e crudele, come se si sentisse il migliore al mondo, un essere intoccabile, e fosse addirittura convinto di questo.
L'atteggiamento ostile era solo la ciliegina sulla torta.
Emily si sedette accanto a James, per poi lasciare lo spazio sufficiente per far sedere me e gli altri due accanto a lei. Mi ritrovai di fronte a Hayes, e fu così che i suoi occhi, inevitabilmente, scivolarono su di me. Come se non si fosse accorto della mia presenza fino a quel momento, un'espressione di disgusto e disprezzo gli modellò i tratti duri del volto, i lineamenti spigolosi divennero ancora più taglienti e la sua mascella si serrò, mentre le iridi divennero più scure, più penetranti e pericolose.
«Bevete con noi?» domandò Trevis biascicando. Non lo conoscevo, ma dal suo modo di parlare mi resi subito conto di quanto già fosse ubriaco.
«Non vogliamo la spazzatura, qui.» Ed eccolo: il tono di voce graffiato che mi lacerò la pelle. Hayes aveva appena parlato e i suoi occhi erano fissi su di me, causandomi dei brividi fin troppo potenti che mi percorsero la colonna vertebrale.
Fu a quell'affermazione che Harvey si accorse di me. Staccò le labbra da quelle della ragazza e mi guardò con sorpresa, come se fosse l'ultima cosa che si aspettasse: trovarmi seduta con loro.
Il loro astio nei miei confronti era irragionevole, a meno che non si ricordassero davvero di me. E se così fosse, perché mi trattavano in quel modo?
«Lei non è spazzatura», James difese subito Emily, che però non sembrava per nulla turbata dalle parole di quel pallone gonfiato.
Hayes lo guardò torvo. «Non stavo parlando di lei, infatti.» Scrollò le spalle, come se fosse chiaro a tutti a chi fossero riferite quelle parole taglienti.
A me.
Non ce la facevo più. Ogni nervo del mio corpo mi stava gridando di alzarmi e prenderlo a schiaffi, di fare una scenata di fronte a tutti, ma mi trattenni.
«Ce l'ha con te?» chiese Liam al mio orecchio. In quell'istante, gli occhi tenebrosi di Hayes s'impiantarono ancora sui miei, osservando quella scena come se volesse analizzarci.
Strinsi i pugni lungo i fianchi. «Evidentemente, sì.» Mi alzai di scatto, cercando di regolarizzare il mio respiro impazzito e il cuore che batteva forte dentro la cassa toracica. «Che cazzo vuoi, Hayes?» sbottai, in preda ad un'ira che non credevo mi appartenesse.
Lui, dapprima calmo, si alzò in piedi con rapidità e, con pochi passi, mi raggiunse fino ad un palmo dal volto. Da questa vicinanza, con gli occhi nei suoi, riuscii a vedere delle piccole striature verdi intorno alla pupilla dilatata, mentre l'odore forte del fumo mi aleggiò attorno.
«Che diavolo succede?» Sentii gridare Emily, ma ormai ero troppo furiosa per badarmene.
«Hayes, siediti», lo spronò James, ma non sembrò nemmeno sentirlo, preso com'era a fissarmi in cagnesco.
Pensai che volesse pugnalarmi solo con lo sguardo, come se questo fosse in grado di scavarmi sottopelle e lacerarmi il cuore.
Forse, lo era davvero.
Inclinò il collo per raggiungere la mia altezza, i nostri nasi che per poco non si sfioravano. «Per te sono Myers, ragazzina del cazzo», ringhiò, sputandomi addosso tutto il veleno che teneva tra le labbra.
«Okay, adesso basta.» Trevis si alzò per intervenire, ma con un gesto repentino della mano di Hayes, si risiedette senza proferire parola.
Da questo capii che lui non faceva paura solo a me, ma anche ai suoi amici. Era lui il leader.
«Ma chi ti credi di essere, per dire a me come devo chiamarti?» Sbuffai una risata amara.
«Lo sai benissimo chi sono», pronunciò con astio. Continuava a scavarmi la pelle con le iridi ora più scure del solito ed io, per quanto amareggiata da tutto questo, non riuscivo a frenare la rabbia che sentivo ribollirmi nelle vene.
Avrei voluto rispondergli 'anche tu', ma non lo feci. Non ero sicura che si ricordasse, ma ogni cellula del mio corpo mi gridava di si. Me lo urlavano anche i suoi occhi, i suoi movimenti, le sue mani strette in un pugno ferreo e i muscoli in tensione, come se volesse davvero picchiarmi.
«Per me non sei nessuno, guarda un po'», lo provocai.
«Ragazzi...» intervenne Liam.
«Sta' zitto», lo ammonii Harvey, godendosi lo spettacolo da lontano, con le gambe aperte e la ragazza su di lui.
«Forse è meglio se andiamo», disse Emily.
«Si, meglio se te ne vai», replicò Hayes, mordendosi il labbro inferiore con un gesto involontario.
Era nervoso, almeno quanto me. Ma io ero anche curiosa di sapere il motivo, per cui mi trattava con così tanto odio.
«Non sei tu a decidere, lo sai?»
E se prima volevo andare via, ora ero più che bramosa all'idea di rimanere.
Nessuno poteva dirmi cosa fare, tantomeno Hayes Myers dei miei stivali.
Lui emise un verso simile ad un ringhio, poi fece un altro passo nella mia direzione, facendo scontrare rovinosamente le nostre fronti. Sentii la sua pelle ruvida e sudata sulla mia, il che mi causò una strana voragine al petto. «Tu non sai contro chi ti stai mettendo, ragazzina...» Lo disse in modo lascivo, facendo scorrere le iridi infuocate su tutto il mio corpo, che fremette sotto il suo sguardo curioso. Si portò la sigaretta alle labbra e soffiò il fumo sulle mie, facendomi tossire appena.
«Non ho paura di te. Non ne ho mai avuta», confessai con un ringhio sussurrato.
E fui certa che lui avesse capito, perché affilò lo sguardo e strinse i denti. «Dovresti averne. E pure tanta, Brown.» Non accennò al passato come avevo appena fatto io, forse non voleva darmi la soddisfazione di dirmi che anche lui lo ricordava.
Che ci ricordava.
Ma sapeva il mio cognome, e ciò fu una confessione che mi bastò.
«Basta. Andiamo via.» Sentii la mano di Emily posarsi sulla mia spalla.
Hayes sembrò aver concluso con me, perché mi rivolse un'altra occhiata tagliente, prima di voltarsi e mostrarmi la sua schiena ampia.
«Si, andiamocene», l'assecondai, per poi volargli le spalle a mia volta.
Vaffanculo, Hayes Myers.
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