Capitolo 7
L'aria tesa proveniente dalla cucina si percepiva sin dal corridoio. Mi ci volle una gran forza di volontà per aprire la porta della cucina ed attraversarla.
Appena dentro il vociare dei miei genitori smise di colpo. Mi guardavano entrambi con in espressione a me incomprensibile. Mi feci coraggio e parlai: "Credo che mi dobbiate delle spiegazioni.".
Fu allora che le loro espressioni ebbero un interpretazione: paura. Mia madre mi fece cenno di sedermi al tavolo con loro e io lo feci senza protestare, farlo avrebbe solo complicato le cose. Una volta accomodata i miei si guardarono e, dopo un cenno d'incoraggiamento da parte di mio padre, stavolta fu mia madre a cominciare.
"Tanti anni fa, io e tuo padre provammo ad avere un bambino, senza riuscirci. Facemmo le visite necessarie e scoprimmo che io ero sterile. Ci rivolgemmo a tutti gli specialisti possibili, ma senza successo..." non riuscivo a credere a quelle parole, non volevo credere a una cosa del genere.
Ma mia madre continuò: "... Un giorno, Josh era appena tornato da lavoro ed io avevo appena finito di preparare la cena quando, dal nulla, sentimmo il campanello suonare. Ci chiedemmo chi potesse essere a quell'ora ed ci avviammo verso il portone d'ingresso insieme..." BASTA. Non volevo più ascoltare. Eppure c'era una parte di me curiosa di sapere come finisce la storia.
"... All'ingresso trovammo due giovani bellissimi con in braccio una bambina appena nata avvolta in un telo: tu, Charlotte. Lei poteva avere su per giù 18 anni, con un fisico mozzafiato dal quale non si sarebbe mai potuto percepire un parto. I suoi capelli erano come ricavati da filamenti d'oro e i suoi occhi erano di un azzurro tanto cristallino da richiamare il colore del cielo nei suoi giorni più splendenti. Lui era sulla ventina, ed era di una bellezza inconcepibile..." a quell'affermazione mio padre guardò male mia madre, la quale gli accennò un sorriso e lui, come risposta, alzò gli occhi al cielo. Quella scena, in un qualsiasi altro momento mi avrebbe fatto sbellicare dalle risate, ma quel giorno non fu così.
Mamma sospirò e continuò ed io, che avrei dovuto provare rabbia, sentii la curiosità crescere: "... I suoi occhi erano così scuri quasi da non distinguere la pupilla dall'iride e i suoi capelli non erano da meno. Una tonalità di nero talmente scura che immaginai fossero tinti..." chiusi gli occhi e provai a riportare quell'immagine che mi era appena stata accuratamente descritta, nella mia mente con scarsi risultati.
"... Ci chiesero di poter entrare e noi, viste le loro facce spaventate, non esitammo un attimo a farli accomodare in casa.".
Ci fu un attimo di silenzio che, immaginai, serviva per separare la parte credibile da quella non credibile. Guarda caso indovinai.
"Di qui in avanti non sappiamo dirti esattamente cosa sia successo poiché accadde troppo in fretta. Entrarono degli uomini in casa armati fino al collo e minacciando di consegnargli "ciò che era di loro diritto", con un'espressione così dura da far paura a chiunque. Ma non a quei due. Vidi la ragazza nasconderti dietro di lei e il ragazzo a sua volta nasconderla dietro se stesso. Gli uomini si guardarono tra loro e sorrisero a quella sfida facendo apparire alle loro spalle delle ali enormi ed io e tuo padre rimanemmo bloccati in un angolo della cucina, increduli, ammirando quello che stava avvenendo proprio d'avanti ai nostri occhi..." inutile dire che ormai ero dentro al racconto fino al midollo e, visti gli accadimenti delle ultime ore non mi spaventai, anzi, considerai la cosa quasi normalità.
"... Allo spuntare delle ali cambiarono aspetto, ed ancora oggi, dopo anni, non sarei in grado di descriverlo. Dopo scoprimmo che questi venivano chiamati i dimenticati. Ma a questo ci arriveremo..."
"... Vedemmo i due ragazzi entrare in stato di allarme e, subito dopo, spalancare le ali. Lei aveva delle ali di un bianco purissimo, lui di un nero profondo, entrambe con una particolarità: su quelle della ragazza era presente una piuma nera e su quelle del ragazzo una piuma bianca..."
"... Nessuno fece più caso a noi e iniziarono a combattere. Ci stupimmo dell'agilità e della forza che mostrarono i due nel combattere ma nonostante tutto erano in netta minoranza e stavano perdendo. Ancor prima di riuscire a collegare cervello e corpo afferrai due coltelli da cucina, seguita a ruota da tuo padre e li lanciammo verso quegli uomini che avevano violato il nostro domicilio..."
"... Io ne presi due, lui uno e quelli, con una espressione scioccata scomparvero sotto i nostri occhi. Tutti si voltarono verso di noi accorgendosi della nostra presenza solo allora e fu quella piccola distrazione a costare la loro vita."
Scioccata da tutte quelle informazioni riaprii gli occhi e guardai le persone che mi avevano cresciuta con tanto amore come se fossi loro figlia. Mi salirono le lacrime agli occhi e iniziai a piangere.
Mio padre si alzò dalla sedia e venne accanto alla mia asciugandomi le lacrime ed abbracciandomi. Io ero totalmente immobile. Non sapevo cosa pensare. Volevo solo sfogarmi, e loro me lo lasciarono fare per così tanto tempo che ne persi la cognizione.
Solo dopo che mi fui calmata papà continuò il racconto: "Nella stanza eravamo tutti immobili e nessuno riusciva a capire cosa fosse realmente successo. I ragazzi si domandavano come mai li avessimo aiutati. Noi ci domandavamo chi fossero e cosa volessero da noi..."
"... Ci fecero un inchino in segno di ringraziamento, fecero scomparire le ali dalla loro schiena e si sedettero a tavola, aspettano che io e tua madre ci calmassimo e che fossimo pronti. Entrambi credevamo di essere diventati pazzi e che fosse stato tutto frutto della nostra immaginazione, ma poi i ragazzi si presentarono..." mio padre guardò mia madre aspettando che lei annuisse e continuò.
"... La ragazza si chiamava Ariel, Regina degli Angeli Maggiori, e il ragazzo..." passarono svariati minuti in cui mi sfiorarono così tanti pensieri da non ricordarmene nemmeno uno, poi la mamma prese la parola al posto suo e concluse: "Lucifero, Re dell'Inferno."
Alzai le mani in segno di resa ed entrambi si bloccarono (non che avessero voglia di continuare, credetti): "Vi rendete conto di quanto sia grande questa cosa?" un pensiero si insinuò nella mia mente e ribattei arrabbiata: "Se è uno scherzo sappiate che non è divertente."
Ma appena diedi uno sguardo al frigo difronte a me notai il profilo sfocato delle mie ali e pensai che forse in fondo a tutto questo ci fosse un fondo di verità. Perché mai mi dovrebbero mentire su una cosa del genere? Tralasciando il fatto che sarebbe una cosa troppo strana da inventare. Poggiai la testa sul tavolo e lasciai che le notizie che mi erano appena state dette si ordinassero nella mia mente.
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