Capitolo 4

Prima di quanto me ne potessi rendere conto ero già arrivata di fronte a scuola. Questo era un edificio imponente a tre piani, colorato di un giallo pastello con alcune parti lasciate bianche, sul fronte si trovavano due bandiere: quella europea e quella dell'Inghilterra, e al centro il nome della scuola "Royal's school". Perchè avesse quel nome non mi è mai interessato più di tanto.

Nel cortile intercettai Vanessa che mi corse in contro e mi salutò calorosamente, stavo per raccontarle della stranezza dei miei genitori quella mattina durante la colazione, e ovviamente di cosa fosse successo, ma il suono della campanella mi tolse questa opportunità costringendomi a rimandarla a dopo. Così entrai.

I nostri armadietti si trovavano distanti, perciò ci salutammo anche se ci saremmo viste subito dopo in classe, ma era di routine ormai. All' interno la scuola richiamava gli stessi colori dell'esterno e questo, dava un senso di tranquillità ed ordine, secondo Vanessa invece rendeva il tutto più noioso. Chissà magari non aveva tutti i torti.

Non feci in tempo ad aprire l'armadietto per prendere i libri di filosofia quando una voce interruppe la pace che mi ero guadagnata.

"Ei bambola, come sta il tuo fidanzatino? State ancora insieme?"

Riconoscerei questa voce tra mille.

Marcus.

Chiusi l'armadietto e lo vidi con il suo classico ghigno e quella faccia che non ha alcunché di gentile. Occhi marroni e capelli castani, mentre di corporatura era robusto, e proprio per questo faceva parte della squadra di football, ma non lo sopportavo. Risposi: "Sfortunatamente per te si, e sta meravigliosamente."

Fece una faccia annoiata e giurai che se fosse per me l'avrei preso a schiaffi. Quel ragazzo era capace di farti saltare i nervi da un momento all'altro, e non era facile.

Rise e ribatté: "Eieiei tesoro, non ti scaldare, ti ricordo che.."

Non ebbe il tempo di finire la frase che il mio eroe, Daniel, ci raggiunse e mi salvò da una crisi di nervi.
"Marcus quante volte ti ho detto che devi starle lontano?"

Guardò alle mie spalle e sorrise: "Ma guarda un po' chi abbiamo qui, sta calmo cagnolino, me ne vado", fece un finto segno di resa e andò via.

Mi girai verso Daniel conoscendo la sua reazione ogni volta che lo chiamava così e lo calmai, o almeno ci provai, per i primi minuti non voleva saperne di lasciarlo andare incolume ma poi, con un bacio, lo convinsi, e solo quando sentii i suoi muscoli rilassarsi mi calmai anch'io.

Ero intentata a raccontargli di questa mattina ma la campanella mi interruppe di nuovo. Avrei dovuto fare una bella chiacchierata con miss Blue.

Mi salutò e si diresse verso la classe di latino, così anch'io finii di prendere il mio materiale e andai verso l'aula di filosofia.

***

"CHARLOTTE FEW"

Mi ripresi di scatto, ma mi ci volle un po' per capire dove ero. Poi mi bastò riconoscere il viso arrabbiato della signorina Wolk, la mia insegnante di inglese. Era una donna sulla cinquantina, occhi marroni e castana, ma le si iniziava a vedere la ricrescita bianca, sempre vestita perfettamente e un fisico più che benevolo per la sua età.
Poi ricordai tutto, il forte mal di schiena, i crampi allo stomaco, io che mi accovacciavo piegata in due con la testa sul banco, e mi addormento.

Mi sentii avvampare e prima che potessi controbattere la sentì urlare: "MA LE SEMBRA MODO?!", poi si sistemò la gonna e con calma riprese: "Non è da lei, la prego di stare attenta."

Sentii delle risatine provenire da dietro di me, ma cercai di non farci troppo caso. Così risponsi: "Mi scusi professoressa, non mi sono sentita molto bene".

"Spero per lei che non accada più. Stavamo dicendo..." e riprese da dove aveva interrotto.

Si allontanò dal mio banco camminando verso la cattedra e continuò a spiegare, ma io non riescivo ad essere attenta, c'era qualcosa che dannatamente non andava in quella giornata. Il dolore alla schiena continuava ad aumentare e mi resi conto che forse avrei dovuto ascoltare i miei genitori. In quel momento mi pentí tantissimo di non essere rimasta a casa.

Mancava mezz'ora alla fine della lezione ed io non ce la facevo più, ero davvero distrutta. Così domandai: "Professoressa potrei uscire?"

Mi guardò sconsolata ma poi affermò: "Le do 5 miniti, non di più."

Annuii e presi il pass per il bagno, uscendo dalla classe barcollando mi ci diressi ed entrando notai che era vuoto, pensai che fosse meglio così. Mi appoggiai al muro e lentamente mi abbassai fino ad essere accovacciata su me stessa. Sembrava che la schiena stesse per esplodere. Presi il telefono e scrissi un messaggio a Vanessa: "Vieni in bagno".

Ricevetti subito la risposta: "Okay arrivo."

Sperai che arrivasse il prima possibile. Bloccai il telefono e mi concentrai sulla respirazione: inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira.

Un attimo dopo sentii la porta aprirsi e chiudersi. Vidi Vanessa entrare nel bagno e, vedendo la mia situazione la vidi chiudere a chiave la porta e catapultarsi su di me.

"Cos'hai?" chiese preoccupata.

"Non lo so, sento un forte mal di schiena, mi sento strana, è tutto sbagliato" farfugliai.

Allarmata affermò: "Chiamo tua madre".

"No Vi, non serve, mancano solo venti minuti alla fine delle lezioni posso farcela." dissi, non molto convinta.

Vanessa entrò in stato di allerta: "Fidati di me, è meglio se.."

Allora le dissi: "Aiutami ad alzarmi, devo..."

Il dolore non mi permise di finire la frase, mi accasciai a terra e vidi Vanessa sgranare gli occhi e iniziare a correre, uscire da bagno e lasciarmi da sola.

Non capivo cosa stesse succedendo ma sentivo la pelle dietro le spalle lacerarsi e gridai, o meglio aprii la bocca per farlo ma non uscì alcun suono.

Sentii nuove voci intorno a me ma non riuscì a riconoscerle. Poi all'improvviso non sentii più niente, vidi tutto sfocato, l'ultima scena che riuscì a vedere fu la faccia sfocata di un ragazzo del quale non riconobbi l'identità che si avvicinò a me e mi scosse.

Poi mi prese in braccio, e svenni.

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