Capitolo 13
"Il primo passo: prendere energia dalla natura e restituirla alla natura stessa.", disse, poggiandomi a terra.
E fu in quel momento mi resi conto di quanta energia mi fosse costato questo esercizio. Infatti non riuscii a tenermi in piedi, ma per fortuna le mani di Daniel non avevano ancora lasciato i miei fianchi, e mi sorressero prontamente.
"Direi che per oggi basta, che ne dici?", mi chiese.
Annuii e lasciai che mi prendesse fra le sue braccia per poi spiccare il volo, e tornare a casa.
Arrivati, mi salutò con un tenero bacio sulle labbra e andò via, consigliandomi di riposare.
Il primo suono che sentii dopo aver chiuso alle mie spalle il portone d'ingresso proveniva dal mio stomaco. Avevo decisamente fame. Così mi avviai in cucina e decisi scongelare una delle pizze che avevamo nel frizer.
Aprii la scatola, presi la pizza surgelata, la misi in un piatto di ceramica, e la inserii nel forno mettendo il timer impostato sui 15 minuti.
Nel fra tempo decisi di farmi una bella doccia ghiacciata che non fece altro che peggiorare la situazione, mi sentivo ancora più stanca di prima.
Misi l'intimo e tornai in cucina, tolsi la pizza (ormai cotta) dal forno e la gustai guardando i cartoni animati che giravano in TV a quell'ora.
Poi controllai il telefono e notai la chiamata persa da Vanessa, e la richiamai. Rispose dopo il secondo squillo:
(V) "Chan?"
(C) "Si, sono io, ho visto che mi avevi chiamata ma non avevo il telefono con me. Tutto bene? È successo qualcosa?"
La sentii armeggiare con qualcosa, un paio di rumori qua e là, e poi rispose:
(V) "No, tutto bene, volevo sapere come andassero le cose a casa, sai... dopo l'altra sera."
(C) "Ti dirò sinceramente che non ho ancora parlato ai miei da quella sera, non so se perché mi stiano evitando o perché siamo tutti impegnati. Loro lavorano, io ho gli allenamenti..."
(V) "Allenamenti?!"
La voce di Vanessa si alzò di in ottava e, senza lasciarmi completare la frase continuò:
(V) "Voglio i dettagli. Immediatamente."
Risi e lei insistette, così le raccontai cosa avevamo fatto, come mi ero sentita, le espressioni e dei commenti di Daniel e lei, dopo aver soddisfatto la sua curiosità con una montagna di domande, in mezzo a vari gridolini di gioia, disse:
(V) "Sei spettacolare Few!"
Al che risi di gusto, ma mi venne in mente una cosa:
(C) "Van, come facevi a sapere cosa mi stava accendendo? Sei un angelo anche tu, come Daniel?"
Questa volta fu lei a ridere:
(V) "Non sai quanto lo vorrei, ma no, io sono solo una strega."
(C) "Una strega? Intendi quelle con il pentolone enorme e una collezione interminabile di qualsiasi schifezze esistente sul pianeta?"
(V) "Esattamente, ma senza naso storto, neo gigante e, (ammettiamolo), molto, molto più sexy."
In quel momento sarei dovuta essere sconcertata da una rivelazione del genere. Insomma, avevo appena scoperto che esistevano le streghe!
Ma iniziai a ridere a crepapelle per l'affermazione di Vanessa. Così lei si finse offesa e disse:
(V) "Che c'è?! È la verità!"
Risi ancora di più, e poi la mia immaginazione mi diede il colpo di grazia. Immaginai la faccia imbronciata che fa sempre in queste occasioni e dalle risate troppe iniziò a farmi male la pancia.
Lei, contagiata da me, smise di fare l'offesa e passammo i dieci minuti successivi a calmarci, e ricominciare a ridere, per poi ricalcarci, e riprendere nuovamente a ridere.
In tutto questo non mi ero accorta che mi era arrivato un messaggio da parte del mio ragazzo, con una posizione, e lo riferii alla mia migliore amica. La quale ci pensò un po' su e chiese:
(V) "Strano, senza descrizioni o indicazioni su cosa fare?"
(C) "No, nessuna."
(V) "Puoi dirmi che posizione ti ha inviato?"
(C) "Sessantaseiesima strada, quarto incrocio a destra, seconda casa sulla sinistra."
Vanessa ripeté quell'indirizzo un paio di volte ad alta voce, poi si bloccò e disse:
(V) "Oh no..."
(C) "Cosa Van, cosa?!"
Ogni secondo che passava durava un'infinita.
(V) "È nel covo dei vampiri."
Iniziai ad agitarmi e blaterare duecento cose contemporaneamente, facendo domande, dandomi risposte, progettando piani che andavano in fumo in meno di tre secondi. Al che Vanessa disse:
(V) "Charlotte, così non lo aiuti!"
(C) "E cosa dovrei fare?!"
Strillai.
Poi attesi un paio di secondi e lei parlò:
(V) "Si, non c'è altra soluzione. Dobbiamo andare a prenderlo."
Non esitai un attimo, chiusi la chiamata dicendole che ci saremmo incontrate lì, salii in camera, mi infilai le prime cose che trovai e iniziai a sfrecciare per le strade di Londra.
Non mi ero accorta che si era già fatta sera.
Dopo dieci minuti di corsa, e un fiatone da far invidia a chiunque mi scontrai con un ragazzo, farfugliai un: "Scusa" veloce, senza nemmeno guardarlo in faccia, per poi riprendere a correre.
Ma quello mi prese per un polso e disse: "Ei bellezza, che fai di fretta e da sola in queste stradine buie?"
Mi voltai e cercai di liberare il mio polso dalla sua presa. Dovevo andare da Daniel. Aveva bisogno di me.
"Vieni con noi, ci divertiamo un po", disse.
Constatai che fosse ubriaco.
"Lasciami stare, stronzo.", urlai.
Ma lui non si diede per vinto. Strinse di più il mio polso nella sua mano, tanto da farmi digrignare i denti, e disse: "Forza bambolina, non vogliamo di certo farti del male."
La forte puzza di alcol mi fece girare la testa. Quando poi sentii qualcosa alle mie spalle ululare.
Marcus.
Il ragazzo e i suoi amici sgranarono gli occhi, lui mi lasciò il polso e iniziarono a correre via a gambe levate continuando a ripetere: "Via, via, via, via, via!".
Mi voltai, e dissi: "Non mi sarei mai aspettata di dire queste parole ma grazie... Mar... cus?"
Ma quello che mi si presentò d'avanti non era affatto Marcus.
Rimasi immobile, bloccata dalla paura, mentre quello mi si avvicinava sempre di più.
Poi il lupo scoprì i denti e fece un balzo e io misi istintivamente le mani davanti alla faccia, coprendomela, aspettando l'inevitabile.
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