Capitolo 11
Il mattino seguente mi svegliai con un gran mal di testa.
La prima cosa che notai fu l'assenza di Daniel accanto a me.
Con le poche forze a me rimaste andai in bagno per farmi una doccia scaccia pensieri, che non fece molto effetto.
Tornai in camera, infilai un semplice legghins nero e una canotta color verde petrolio, e uscii dalla mia stanza con i capelli ancora bagnati per dirigermi in cucina.
Un profumino mi invase le narici pur con la porta chiusa. Patatine fritte. Le mie preferite.
Mi catapultai dentro aspettandomi di trovarci mia madre, o Daniel. Ma ci trovai Cail, alle prese con i fornelli che imprecava contro "quello stupido aggeggio da umani", comunemente detto padella.
Non riuscii a non trattenermi da una risata e così facendo attirai la sua attenzione.
Trovavo strano il modo in cui anche se io non conosca affatto questo ragazzo, sentivo di potermi fidare di lui. Era come se lo conoscessi da una vita, se fossi legata a lui in qualche modo a me ignoto.
Lui regalandomi un bellissimo sorriso disse: "Buongiorno dormigliona".
Sorrisi di rimando: "Buongiorno Cail. Come hai fatto ad entrare qui? E dove sono tutti?".
Lui fece finta di pensarci e poi rispose: "Ovviamente dalla porta." rise e poi continuò, "I tuoi sono a lavoro dato l'orario...", guardai l'orologio a muro e mi accorsi solo in quel momento dell'orario.
Era mezzogiorno.
"...e Daniel non ne ho idea, è uscito di qui circa un'oretta fa. Al che io ho deciso di entrare e provare a cucinarti qualcosa, come puoi ben vedere senza successo." disse, ridendo tanto da contagiare anche me.
Poi tornai seria e chiesi: "Daniel lo sa?".
Lo vidi sorridere a trentadue denti per poi esporre un: "No!", fiero.
Alzai gli occhi al cielo, e portai la mia mano sinistra alla fronte. Lo sentii ridere. Alzai lo sguardo e dissi: "Credo tu debba andare, ora.", ma in realtà, non lo volevo davvero.
Come leggendomi nel pensiero lui disse: "Fammi restare un altro po', assaggiamo questo cibo da umani e poi prometto che me ne vado.".
Risi alla sua affermazione, era così diverso dai miei sogni. Decisi di dargli una possibilità, così sorrisi e annuii, mostrandogli la quantità di sale da mettere nella porzione da lui cucinata di patatine.
Lui mi guardava e apprendeva tutto, "per una prossima volta", aveva detto.
Dopo aver finito di mangiare le patatine (bruciate) di Cail, aver discusso sul loro sapore, e aver parlato del più e del meno, potevo dire che il mal di testa era ufficialmente sparito, sostituito dalla spensieratezza che mi aveva trasmesso quel ragazzo.
Un autentico miracolo.
Lo accompagnai alla porta, lo salutai, e lo vidi andar via, lamentandosi tra se e se di non so cosa.
Sorrisi e chiusi la porta, c'era qualcosa in quel ragazzo che mi attraeva. Dovevo ammetterlo.
Tornai in cucina per fare ordine a tutto quel disastro, e una volta finito mi stesi sul divano cercando qualcosa di bello da vedere in TV.
Ma non trovando niente decisi di spegnerla e farmi qualche altra ora di sonno, dopotutto i miei genitori non sarebbero tornati prima delle diciotto ed erano solo le tredici.
Così tornai a letto, e sprofondai felicemente tra le braccia di Morfeo.
***
Mi trovavo in un bosco, i grandi alberi sopra di me filtrano la luce del sole, rendendo il tutto uno spettacolo per gli occhi.
Poi sentii un rumore dietro di me. Un ramoscello spezzato. Andai nel panico e mi voltai molto lentamente. Ma non vidi nessuno.
Un altro ramoscello spezzato. Alla mia sinistra. Mi voltai ma ancora niente.
Un altro ancora. Questa volta di nuovo alle mie spalle. Mi voltai per la terza volta e trovai Cail, con le ali completamente spalancate, che fluttuava davanti a me.
I suoi occhi erano vitrei e completamente bianchi. Sulle labbra aveva un sorriso sghembo.
"Cail, se è uno scherzo guarda che non è divertente.", affermai al metà tra arrabbiata e impaurita.
Lui mi si avvicinò, e io automaticamente mi allontanai.
Poi iniziò a parlare: " Ti è rimasto poco tempo."
Alzai gli occhi al cielo, frustrata, e dissi: "Dici sempre la stessa cosa, mi vuoi spiegare che cosa significa?".
Lui allargò il suo sorriso e recitò: "Solo uno dei due potrai salvare, cosa sceglierai? Il bene o il male?".
Detto questo sparì nel nulla lasciandomi in quel luogo, piena di domande e senza risposte.
Perché comportarsi così dopo le ore appena passate insieme?
Un altra domanda da aggiungere a quelle senza risposta.
Poi sentii lo scorrere dell'acqua alla mia destra, e mi avviai in quella direzione.
Un piccolo lago mi si presentò d'avanti, e senza pensarci due volte, mi ci tuffai.
Mi svegliai di colpo e completamente bagnata. Guardai davanti a me e vidi Daniel con un secchio in mano che rideva come un matto.
"SEI PER CASO IMPAZZITO?!", urlai.
Ma questo invece di farlo ammutolire lo fece ridere ancora più forte, al che sbuffai e gettai le coperte all'aria, per alzarmi e andare in bagno.
Bottai un: "E menomale che dovresti essere un angelo", per poi sparire dietro la porta del bagno. Presi un asciugamano e vi avvolsi i miei capelli. Tante domande mi affollarono la mente, ma le scacciai subito. Ci avrei pensato dopo.
Uscii e vidi il mio ragazzo seduto al bordo del letto che continuava a ridacchiare, così gli saltai addosso e gli spettinai tutti i capelli, sapendo che lo odia, e vidi la sua espressione passare da divertita ad arrabbiata. Ero riuscita nel mio intento.
Risi e gli lasciai un bacio sulla guancia, per poi avvicinarmi un po' di più alla sua bocca, sfiorarla e passare all'altra guancia. E in fine baciarlo.
Lui mi strinse a se e i nostri corpi si incastrarono perfettamente. Appoggiai la mia testa accanto alla sua e dissi: "Ti amo.".
Daniel sorrise e rispose: "Mai quanto io amo te, mon ange.".
Sorrisi e mi gustai questo momento di calma.
Non so quanto restammo in quella posizione ma poi lui mi fece cenno di sedermi, ed io lo feci.
Una volta uno di fronte all'altra, disse: "Non voglio metterti fretta, ma c'è bisogno che tu ti alleni. Hai tanto potere dentro di te che va canalizzato nel modo giusto e sarebbe meglio iniziare la più presto.".
Mi stupii di sentirmi carica e pronta ad affrontare qualsiasi cosa. Annuii con foga e Daniel sussurrò: "Brava la mia ragazza.", ma non capii se lo stesse dicendo a me o a se stesso.
Poi, la sua espressione fiera mi fece optare per la prima teoria. Dopo di ché mi disse di riposare (come se non lo avessi fatto abbastanza quel giorno), e andò via.
Guardai l'orario sul display del cellulare e notai che erano appena le diciotto, i miei sarebbero arrivati da un momento all'altro. Così andai in cucina per apparecchiare e iniziare a cucinare per cena.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top