6 · End...

«Hai preso tutto?»

«Credo di sì.»

Eren chiuse lo zaino, coprendone la vista a Carla. Doveva ammettere di averci messo dentro meno vestiti di quanti ne sarebbero normalmente serviti, ma data la natura del suo "viaggio" non prevedeva di indossarne poi così spesso.

I primi sintomi del calore si erano fatti sentire la notte prima quando, pur essendo luglio inoltrato, si era svegliato a causa di vampate di caldo fin troppo forti. La diagnosi era stata semplice: entro un giorno, sarebbe iniziato.

Entro un giorno sarebbe andato di nuovo a casa di Levi, per passare con lui l'intera settimana di calore. E forse, non solo quella. Questo ai suoi genitori però ancora non lo aveva detto.

L'idea di andare a vivere insieme aveva solleticato la fantasia della coppia per diversi giorni, dopo il diploma. Il marchio era ormai una certezza per entrambi e l'idea di restare separati, dopo essersi reclamati a vicenda, non sembrava avere alcun senso. Diciotto anni erano pochi forse per uscire di casa, ma in fin dei conti, solo pochi metri lo separavano dai genitori e Levi non era certo un ragazzino inesperto. Aveva vissuto da solo per anni e bramava quanto l'Omega il poter spendere il resto del tempo insieme.

Nonostante fosse una follia, quella notte Eren aveva mandato un messaggio a Levi, avvisandolo dell'imminente inizio del suo -loro- calore. Non si era aspettato alcuna risposta, naturalmente. Levi faceva parte di quelle persone sagge che spegnevano i cellulari, quando andavano a dormire. Invece, incredibilmente, la sua risposta era arrivata neanche una manciata di secondi dopo.

[03:12] Levi❤ : Allora ti aspetto a casa, domani.

[03:13] Non mi aspettavo che rispondessi.

[03:13] Levi❤ : Ho lasciato il cellulare acceso.

[03:14] Oh. Strano, perché?

[03:15] Levi❤ : Avevo un presentimento.

Eren aveva sorriso a quella risposta e gli aveva dato la buonanotte, aggiungendo un esagerato numero di cuori. Diventava sempre sdolcinato, anche troppo, quando il livello dei suoi ormoni si alzava.

«Cara, calmati. Sta andando a neanche mezzo minuto di distanza, non sta espatriando.»

«Oh, lasciatemi preoccupare. Queste cose fanno parte del mio dovere di mamma premurosa!»

«Sei una madre premurosa anche se non conti le mutande che si mette in borsa. Come se gli servissero, tra l'altro.»

«Papà!»

«Grisha!»

Madre e figlio gridarono contro l'Alpha, arrossendo all'unisono. L'uomo mise le mani sui fianchi, sollevando una delle sopracciglia.

«Oh, wow, scusatemi. Non mi ero accorto che fosse un segreto, come una coppia spende il calore.»

«Nessuno sta nascondendo niente, ma stai dimenticando un aspetto fondamentale: il tatto!»

Eren si passò una mano sul viso, sospirando prima di mettersi lo zaino sulle spalle. Perlomeno quelle battute erano in famiglia. Non osava immaginare cosa sarebbe stato capace di dire a Levi... Rabbrividì.

«Vado» disse, sporgendosi per baciare Carla sulla guancia.

La donna non perse tempo a catturare tra le braccia il figlio, ormai decisamente più alto di lei. «Ci vediamo presto, ricordati di bere molto, amore.»

Eren strofinò per qualche secondo il viso tra i suoi capelli. «A presto, ma'.»

Quando si girò, per rivolgere al padre lo stesso salutò, lo trovò però fermo in piedi con le braccia incrociate. Confuso, sbattè le ciglia, attendendo che dicesse o facesse qualcosa. Scambiò anche uno sguardo con Carla, altrettanto perplessa, ma prima che uno dei due Omega potesse fare qualcosa per risolvere quel mistero, Grisha si sistemò gli occhiali.

«C'è una cosa che devo dirti, prima che tu te ne vada, anche se sembra che in questa casa sia scoppiata un'epidemia di pudicizia» disse, assumendo in un istante l'espressione seria da dottor Jaeger. «Hai più preso soppressori, da quando sei andato in calore, ad Aprile?»

Eren aggrottò la fronte, scuotendo lentamente la testa. I rapporti avuti con Levi avevano riequilibrato i suoi livelli ormonali meglio di quanto i soppressori avrebbero mai potuto fare. Negli ultimi tre mesi si era sentito bene come non ricordava di sentirsi da tempo ed il flacone rosa era rimasto ben chiuso nel cassetto del suo comodino, intoccato.

Grisha annuì debolmente, assottigliando le labbra. «In questo caso... C'è ancora una cosa che devi assicurarti di portare con te.»

Detto questo, si girò uscendo dalla stanza del figlio a passo spedito. Eren e Carla lo seguirono, curiosi di vedere dove l'Alpha sarebbe andato a parare. Grisha camminò fino al proprio studio al piano terra e lo videro armeggiare con un dei cassetti della scrivania, da cui estrasse una piccola scatola delle dimensioni del palmo della sua mano.

«Ecco, fai in modo di tenerli sempre a portata di mano nei prossimi giorni» disse, consegnandola nelle mani di Eren. «Anche con tutto l'amore del mondo, credo che per te sia un po' presto per avere un figlio, non credi?»

Il ragazzo abbassò lo sguardo sull'oggetto appena ricevuto e subito sentì il familiare calore dell'imbarazzo risalire come un serpente lungo il collo, strozzandolo e rendendogli il viso rosso quanto il tramonto.

«Oh, preservativi!» esclamò Carla, sbirciando. «Ottima idea, tesoro. Ora che ci penso, non ne hai mai avuti, vero?» continuò lei, riportando lo sguardo di Eren di nuovo sui genitori.

«E-eh?»

«Dalla tua espressione direi proprio che la risposta è no... Vuoi che ti insegni come si mettono?»

«C-Com-»

«Certo, è facile. Vieni, prendine uno e-»

«No!»

Eren aprì lo zaino e ci gettò dentro la scatola in fretta e furia. Poi richiuse la zip e lo mise sulle spalle, indietreggiando verso la porta. Doveva uscire da lì prima che i suoi genitori gli provocassero un ictus.

«Eren! Ma cosa-»

«Sono in ritardo! A presto, vi voglio bene!» gridò, già correndo fuori dalla porta, diretto verso le scalinate.

Scese i gradini due a due e quando arrivò davanti alla casa blu, trovò la porta aperta e Levi intento ad annaffiare le piante sul davanzale di fronte alla finestra.

Si girò, sentendo i passi di corsa avvicinarsi e sollevò un sopracciglio.

«Ti stanno inseguendo?»

«Zitto. Zitto, non parliamone ti prego» fu la risposta del ragazzo, che lo superò quasi senza guardarlo per rifugiarsi in casa.

Levi vuotò l'annaffiatoio, prima di pulirsi le mani. Diede per precauzione una veloce occhiata nei paraggi, senza trovare nulla di insolito ad attirare il suo sguardo e chiuse quindi la porta.

«Eren?»

Trovò il ragazzo in camera da letto, seduto sul materasso con le mani a coprirgli il viso. Era rimasto in quella camera solo per qualche minuto e già l'aria profumava come un negozio di caramelle. Respirando a fondo, varcò la scoglia e si avvicinò.

«Se è successo qualcosa, vorrei saperlo...» insistette, aggrottando la fronte.

«Non è successo niente in particolare... Solo...» Eren abbassò le mani, il viso rosso ed un'espressione indecifrabile. «Non riesco neanche a dirlo.»

Sconfitto, si limitò ad aprire lo zaino e dopo averci frugato dentro alla cieca, estrasse la scatola consegnatagli dai genitori, poco prima. Levi la prese, rigirandola tra le dita e sentì le labbra incurvarsi lievemente.

Ora era tutto decisamente più chiaro.

«Ti hanno fatto il discorsetto sul sesso sicuro?» chiese, scartando la confezione.

Eren scosse la testa e dopo aver lasciato cadere lo zaino a terra, afferrò un cuscino e ci sprofondò il viso.

«Credo che sia stato uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita...»

«Andiamo, ci siamo passati tutti.»

«Mia madre mi ha chiesto se doveva mostrarmi come usarne uno.»

«Oh» disse ed Eren si rifugiò un po' più in profondità, nel cuscino.

Lui non aveva mai ricevuto lezioni di educazione sessuale -né avuto dei genitori abbastanza presenti da impartirgliene-, ma poteva immaginare come si sentisse il suo compagno in quel momento. La loro settimana insieme non stava iniziando nel migliore dei modi, ma era sicuro di avere ancora tutto il tempo di rimediare.

Di ora in ora, aveva percepito i propri sensi diventare più sensibili, segno che il calore dell'Omega era sempre più vicino ad iniziare. Lasciando cadere a terra le scarpe, salì sul letto e si mise dietro il giovane castano, massaggiando le spalle e la schiena, giù fino ai fianchi.

Lo sentì sospirare e l'aspro odore dell'imbarazzo si alleviò a poco a poco, sostituito dall'aroma delicato del corpo che si rilassava tra le abili mani dell'Alpha.

Infine, Eren abbandonò il cuscino. Piegò la testa all'indietro. Gli occhi socchiusi, dalla pupilla già dilatata, cercarono le iridi chiare dell'amante e brillarono trovandole. Quel luccichio si propagò sul suo viso in forma di sorriso e quando le labbra si piegarono all'insù, in una curva dolce, come due calamite le loro bocche si trovarono per uno scomodo bacio che finì quasi subito. L'imbarazzo di Eren si tramutò in una risata morbida che Levi non perse l'occasione di baciare.

«Riesci sempre a farmi stare meglio» disse, calciando le scarpe per poter salire sul letto. «Non vedo l'ora di diventare tuo.»

Levi, seduto nel centro, tese le braccia e lasciò che l'Omega gli si rannicchiasse contro al petto, affondando il viso tra i suoi capelli spettinati.

Ringhiando sottovoce, lo strinse tra le braccia e sorrise quando Eren iniziò a strofinare il viso contro il suo collo.

Io lo sono già.

*****

Levi aveva preparato la casa per il calore.

La prima volta che Eren era stato lì, l'aveva colto completamente alla sprovvista. Nonostante ricordasse quella come la settimana più felice della sua vita, la consapevolezza costante di non avere praticamente nulla di ciò che avrebbe potuto rendere più facile la vita dell'Omega durante quei giorni di febbre e lussuria, erano stati un chiodo fisso nella sua mente. Il suo Alpha non poteva perdonarsi e l'aveva spinto a muoversi in anticipo, quella volta, consapevole che il loro prezioso compagno sarebbe tornato.

La dispensa era stata riempita di bottiglie, il frigorifero di ghiaccio e frutta. Acqua e zucchero erano i due elementi alla base della sopravvivenza di un Omega in calore, sempre disidratato dalla febbre e stanco, per le energie consumate.

Neanche la camera da letto era stata risparmiata. Nonostante le alte temperature di luglio inoltrato, coperte e cuscini avevano fatto la loro apparizione in grandi quantità, così che Eren potesse usarle per circondarsi di oggetti morbidi, costruendosi un piccolo nido comodo nel quale passare il tempo a riposare. L'Alpha non aspettava altro da giorni. Poter dormire con il suo Omega, nel nido costruito da lui apposta per loro, rappresentava il culmine della felicità.

Per questo quando vide Eren seduto al centro del letto, iniziare ad allineare cuscini ai margini del materasso, il suo cuore iniziò a battere un po' più in fretta. Rimase appoggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate, lo sguardo rapito dai movimenti calcolati con cui l'Omega costruiva il loro primo nido. Non entrò, né si offrì di aiutare. Era una cosa che doveva fare da solo, che era certo Eren volesse fare da solo.

Il ventilatore acceso in un angolo provvedeva a rendere l'aria della stanza respirabile e ad ogni rotazione inviava verso l'Alpha zaffate di dolce profumo che urlava Eren, Eren, Eren.

«Levi.»

L'Omega tese le braccia e l'Alpha entrò nella stanza seguendo l'invito. Ammirò il morbido nido colorato che aveva creato e con cura salì sul letto, senza spostare coperte e cuscini dalla loro perfetta posizione. Gli sentì fare le fusa, non appena entrato.

«Ti piace?» chiese.

Semisdraiato nel centro, Levi gli circondò i fianchi con un braccio, attirandolo sopra di sé. «È perfetto.»

Le fusa crebbero d'intensità. Sdraiati al centro del loro piccolo mondo, i loro corpi si adattarono l'uno all'altro. L'Alpha era rilassato, entrambi erano al sicuro a casa sua –loro, come ormai Levi la considerava- ed avevano un'intera settimana dinnanzi per godere della reciproca compagnia. Avrebbero potuto fare le cose con calma...

La bocca di Eren sulla ghiandola del suo collo stroncò quel placido pensiero sul nascere. Il corvino ringhiò debolmente, colto di sorpresa, ma la sua reazione non fece che aumentare le attenzioni dell'Omega, che succhiò la pelle con più vigore.

«E-Eren-» balbettò, la voce di colpo più profonda e strozzata. Tutto era cominciato così all'improvviso.

L'Omega rise contro la sua pelle e si sollevò, leccandosi dalle labbra la densa secrezione che la ghiandola dell'amante aveva già iniziato a produrre, in risposta alla sua provocazione. Era piacevole sapere di poterlo sottomettere così facilmente.

«Sì?» chiese poi, guardandolo dall'alto verso il basso.

Levi era certo di non aver mai visto niente di più bello. Le parole gli morirono in gola, alla vista degli occhi verde brillante dell'Omega, le pupille lievemente dilatate. Lo stava guardando come se fosse pronto a divorarlo e Levi si sentiva al contempo eccitato ed esposto. Nessun Omega l'aveva mai guardato così, ma se c'era qualcosa di cui era sicuro ormai era che Eren fosse completamente diverso da qualunque altro. Per questo se n'era sentito attratto.

Per questo se n'era innamorato.

Il calore non era ancora ufficialmente iniziato, ma questo non importava più a nessuno dei due. Levi aveva pensato di spendere in coccole quelle ultime ore prima della febbre, credendo che fosse ciò che l'Omega desiderava. Invece, ancora una volta, l'aveva sorpreso.

Accolse di buon grado quel cambio di programma ed aiutò il ragazzo a sistemarsi, seduto sopra di lui, il fondoschiena che premeva contro l'inguine quel tanto che bastava perché la frizione ad ogni movimento gli scatenasse l'istinto di sollevare i fianchi. Unire i loro corpi, affondando dentro di lui come aveva già fatto tante e tante volte, come desiderava poter fare per il resto delle loro vite.

Al centro del loro nido, si baciarono fino a dimenticare cosa fosse il respiro. L'afa dell'estate li avvolgeva, consumando il poco ossigeno che il ventilatore garantiva loro. Desiderio, quasi bisogno, si sprigionò dal corpo di entrambi, una nube densa ed intossicante come il fumo di una sigaretta. Lentamente, seguendo le indicazioni dell'Omega, le loro posizioni si scambiarono. La schiena di Eren aderì al materasso, le sue gambe aperte circondarono i fianchi dell'uomo attirandolo giù, contro di sé. Più vicino. Di più, di più.

Mio.

«C'è qualcosa che devi dirmi, Eren?»

Ti voglio.

«C'è qualcosa che vuoi farmi, Levi?»

L'Alpha ringhiò sottovoce, tenendo a freno l'istinto per poter proseguire quel gioco di provocazioni, sguardi e profumi ammalianti.

«Così tante, che non saprei da dove iniziare...» rispose, lasciando che le dita delle mani esplorassero liberamente la pelle nuda sotto la maglietta del ragazzo, scura e sudata, calda e morbida. Perfetta.

«Ce n'è una che viene prima di tutte...» gli rispose Eren, infilando l'indice nel colletto della propria maglietta per abbassarlo e scoprire il collo.

Levi sentì l'acquolina in bocca alla sola vista. Aveva posato le labbra sulla pelle morbida innumerevoli volte, stringendo i pugni di nascosto, conficcando le unghie nella carne cosicché il dolore annebbiasse il desiderio. L'istinto. Ed ora, invece...

«Fallo» disse ancora Eren, chiudendo gli occhi.

Il fiato caldo dell'Alpha gli bruciò la pelle. La lingua assaporò per prima la pelle lucida di umori, abbronzata per quella carnagione così particolare, sensuale e calda d'estate così come d'inverno. Trattenne il respiro, aspettando, il corpo teso, gli occhi chiusi così stretti che poteva veder danzare sotto le palpebre piccoli cerchi argentati.

Un bacio fu tutto quel che sentì premere contro la ghiandola, prima che l'Alpha si muovesse sopra di lui, allontanandosi. Eren riaprì gli occhi.

«Che stai facendo?»

«Credi davvero che ti marchierei in questo modo, di fretta e con tutti i vestiti addosso?»

Quella domanda fu sufficiente a farlo arrossire e girare lo sguardo. La foga che l'aveva trascinato gli aveva fatto dimenticare quanto a lungo quel momento fosse stato atteso da entrambi. Deglutì, imponendosi di calmarsi e facendo forza con le braccia, si mise seduto.

«Allora toglimeli, perché non voglio più aspettare per essere tuo.»

L'ordine dell'Omega attraversò Levi come una scarica elettrica, paralizzandolo per un istante prima che il corpo iniziasse ad agire libero dal pensiero. Tre mesi erano passati dall'ultima volta in cui aveva posato le mani sulla pelle nuda di Eren, eppure la memoria era fresca e recente, come se fosse accaduto soltanto poche ore prima. Deciso, ma delicato, slacciò i pantaloni e li sfilò, inspirando a pieni polmoni l'odore dolciastro degli umori che avevano già inumidito l'intimo.

Caldo, bagnato. Pronto per lui.

Il desiderio condiviso di unirsi e tornare ad essere quella singola entità di cui entrambi sentivano la mancanza pulsava nel petto di Alpha ed Omega.

Eren ignorò l'imbarazzo di mostrarsi già così eccitato, ripetendo a sé stesso che per Levi non era niente di più dell'ennesima dimostrazione di quello che provava per lui. La foga di privarsi di ogni singolo strato di stoffa che opprimeva i loro corpi divenne una priorità e una volta liberi, insieme ricaddero sul materasso, avvinti in una stretta fatta di morsi, ringhi e preghiere

Le loro erezioni premevano l'una contro la coscia dell'altro. Petto contro petto, pelle finalmente nuda, il ritmo dei baci rallentò fino a fermarsi del tutto.

Levi si leccò le labbra, accarezzando con una mano il viso del ragazzo che, steso sotto di lui, riusciva ormai solo ad ansimare.

«Sei bellissimo» disse, rapito per un momento dagli occhi grandi e brillanti che lo scrutavano, guardandolo come fosse il più prezioso dei tesori.

«Levi...»

«Eren...»

«Ti amo.»

Con naturalezza, Levi seguì col pollice i contorni delle labbra di Eren, curve dolci di un rosa incantevole, lievemente gonfie per i baci ed i morsi scambiati tra gli amanti.

«Ti amo anch'io» rispose.

Come fossero le parole di un incantesimo, entrambi sentirono i loro corpi stringersi un po' di più l'uno all'altro, un attimo di dolce calma protratto nel tempo per dar modo alle loro coscienze di adattarsi, consapevoli di ciò che era stato detto ed era ora impossibile ritrattare.

Il profumo rovente del desiderio tornò però presto ad annebbiare i sensi, contaminando l'aria e l'Alpha mosse i fianchi, premendo la propria virilità contro il corpo del giovane, che si inarcò contro al materasso, strozzando un gemito acuto.

«Posso marchiarti, Eren?» chiese, un'ultima volta.

«Sì.»

La sua preghiera infine venne ascoltata. L'inesperienza di entrambi scomparve. Eren e Levi scomparvero.

L'Alpha reclamò il proprio posto in superficie e l'Omega guaì il suo richiamo, muovendosi contro di lui. Lussuria e desiderio fluirono nelle loro vene insieme al sangue, che sgorgò dalla ferita quando Levi morse con forza il collo del suo compagno. I denti affondarono, squarciando la pelle e penetrando la carne, il metallico sapore che invadeva la bocca dell'aggressore. Eren pianse, inarcandosi contro di lui, la bocca aperta in un grido muto, gli occhi ciechi, di colpo neri.

Ogni traccia di colore scomparve, inghiottita da quel desiderio vorace che annullava le persone, lasciando solo gli animali.

Le lacrime che corsero lungo le guance, ricaddero sul cuscino. Eren tremava, travolto da qualcosa che non aveva potuto immaginare o anticipare. Non avrebbe mai potuto.

Non esisteva sensazione al mondo che potesse essere paragonata. Sentiva un richiamo dal suo Alpha, che non poteva essere percepito attraverso alcun senso perché veniva da dentro di lui. Una voce, nella sua testa, un ringhio, un appello disperato. Una mano tesa, alla ricerca della gemella, in quel mondo onirico dentro cui Eren era già stato gettato e nel quale, ora, non gli restava che condurre anche l'uomo che amava.

L'istinto lo fece muovere. Cieco, afferrò i capelli di Levi, costringendolo a piegare la testa e ne addentò la carne, là dove l'odore era più intenso e lo guidava, come un'unica stella in un cielo completamente nero.

L'orgasmo esplose violento per entrambi, quando il marchio vermiglio dei denti dell'Omega venne impresso.

Il sangue toccò la sua lingua e Levi gemette di dolore. Si mosse, schiacciando Eren tra il proprio corpo ed il materasso, muovendo il bacino ad un ritmo folle, perché ogni frizione era benzina sul fuoco che li stava consumando vivi.

Che ardeva e bruciava, facendoli ringhiare e pregare. Lasciarono la presa nello stesso momento e le loro bocche insanguinate si trovarono a metà strada per un bacio vorace. Il legame tra loro si andava saldando, ogni istante più profondo e le nere iridi cieche di entrambi riuscivano a distinguere solo la figura del compagno.

Le ultime scie di piacere dell'orgasmo, il dolore, il calore in arrivo, l'eccitazione, il timore. Levi poteva sentire tutte queste emozioni dentro di sé, come fossero proprie, eppure la fonte era il giovane ragazzo che ora stringeva tra le braccia, soffocandone il respiro con una serie infinita di baci.

L'orgoglio di averlo come compagno, il timore di non essere abbastanza, la voglia di essere posseduto dalla persona che più al mondo aveva scoperto di amare, la gioia di essere stato scelto. Eren provava tutto questo e Levi lo viveva attraverso di lui, come fossero pensieri suoi, finalmente uniti anima e corpo. Esausti, travolti da qualcosa che era immensamente più grande di loro, fu il richiamo del marchio non ancora completato a spingerli a separarsi brevemente. Seduti l'uno sull'altro, a turno, senza risparmiare gemiti e sospiri, segnarono l'uno i polsi dell'altro con morsi che incisero la carne di impronte indelebili, che avrebbero portato con orgoglio. A quel punto, ogni ghiandola sul corpo dell'Alpha era stata reclamata.

Mio.

Ringhiando sottovoce, Eren si stese sulla schiena, aprendo le gambe che pigramente sarebbero ricadute sul materasso, se le mani delicate di Levi non le avessero sorrette. Ansante, sorrise quando Levi leccò l'interno di una delle cosce, ripulendo la pelle che di lì a poco avrebbe segnato.

Sentiva il ringhio possessivo del suo Alpha riverberargli nel petto come se fosse lui stesso la fonte e non il meraviglioso uomo piegato tra le sue gambe.

Al primo morso soffiò, tendendosi per il dolore. Una scossa elettrica gli attraversò il corpo, risalendo lungo la spina dorsale, mozzandogli il respiro. Levi strinse i denti con un po' più forza di quanta fosse necessaria, poi leccò lentamente il sangue che colava dal taglio perfettamente circolare. Nuove calde lacrime scivolarono lungo il viso, mentre l'Omega singhiozzava di piacere e dolore. Per Levi quel suono era una melodia ed un tormento insieme. Non sopportava di sentirlo piangere, ma qualcosa di troppo importante richiedeva la sua attenzione.

Ancora, ti prego. Non fermarti, stava dicendogli Eren con una sinfonia di gemiti e guaiti, artigliando le lenzuola come fossero l'unico legame rimasto tra lui e la realtà. Quel marchio incompleto bruciava come l'inferno, prosciugando le sue energie dalla prima all'ultima, lasciandolo senza respiro. Ora che aveva potuto assaggiare il noi, la solitudine lo stava uccidendo.

Prendimi e fallo smettere.

Levi non perse altro tempo, prima di marchiare anche l'altra ghiandola, soffermandosi poi a lungo a leccare e ripulire le ferite, per alleviarne il dolore. Poteva sentire il proprio odore in quei marchi, intenso ed indelebile. Annusandolo, si ritrovò a fare le fusa ed Eren gli accarezzò i capelli, sorridendo.

Come l'ultimo pezzo di un puzzle da sempre incompleto, quell'ultimo morso completò il legame formatosi non solo coi marchi, ma molto tempo prima, fin dal loro primo incontro.

Sospirando, l'Omega chiuse gli occhi, vuotando i polmoni completamente, prima di riprendere un nuovo e profondo respiro, il primo della sua nuova vita.

«Wow» disse solo e l'Alpha prese la sua mano, baciandone il palmo.

Per entrambi la sensazione era la medesima, chiarissima eppure impossibile da definire a parole. Si sentivano completi, cullandosi in quel legame che ad ogni battito all'unisono dei loro cuori sembrava diventare un po' più forte.

«Tutto bene?» chiese Levi, risalendo il materasso fino a sdraiarsi accanto al ragazzo.

Lussuria e desiderio sembravano essersi quietati, per il momento, un fuoco estinto che covava ancora una fiammella, nascosta sotto la cenere. Guardandolo vide di nuovo il verde delle iridi e ne fu sollevato: quegli occhi spettacolari gli erano mancati, nonostante fossero spariti solo per pochi minuti.

«Benissimo. A parte che mi sento..-»

«Esausto?»

«Completamente» sorrise, girandosi su un fianco. Le mani calde del ragazzo gli si posarono sul viso e Levi lo strinse a sé, circondandogli il corpo con le braccia. «Ma sono così dannatamente..-»

«Felice.»

Eren rise, leccandogli l'angolo della bocca, un gesto dolce ed affettuoso che sciolse il cuore dell'Alpha. «Vuoi continuare a completare le mie frasi?»

«Perchè no? Posso sentire ciò che provi, prima che tu lo dica... Non hai bisogno di parlare davvero» rispose il corvino, baciandolo sulla fronte, poi sulla tempia e pian piano coprendo ogni centimetro del suo viso.

«Posso farlo anche io, sai?» disse, chiudendo gli occhi per ascoltare meglio le sensazioni dentro di sé. «Ora per esempio sei felice... e rilassato... E no, neanche per idea, ti ho appena detto che sono stanco» concluse, dandogli poi un piccolo schiaffo sulla mano che aveva sul suo fianco.

«Non ho fatto niente!»

«Lo stavi pensando.»

«Se avessi una creatura come te nuda nel tuo letto, anche tu penseresti a tenerla il più vicina possibile» rispose, la voce bassa ed un lieve ringhio in sottofondo, mentre stringeva la presa sul corpo dell'Omega, possessivo.

Eren guaì in risposta, strofinando il naso sul collo dell'Alpha, prima di leccare il marchio.

«Sono tuo, abbiamo tutta una vita di fronte a noi, ora...»

«Avrò pazienza» acconsentì l'Alpha, massaggiando con le dita la nuca del suo compagno.

Eren tacque per qualche secondo, poi respirò a fondo e sorrise.

«Levi..-»

«Anche io.»

*****

Levi dormiva. Si erano addormentati, una volta completato il rituale del marchio, esausti per l'energia, più mentale che fisica, che richiedeva. Avevano passato qualche ora abbracciati, respirando l'uno il profumo dell'altro, che da solo bastava ad aiutarli a conciliare quel sonno rilassato e quieto.

Eren era stato il primo ad aprire gli occhi. La sua pelle era ricoperta da un lieve strato di sudore, inevitabile considerando che aveva appena dormito nudo, abbracciato ad un'altra persona, in un nido in piena estate. Forse era stato proprio il caldo a svegliarlo.

Non ne era infastidito, però. Quel contrattempo gli aveva appena regalato l'occasione di guardare il viso di Levi, sereno e addormentato.

Si rese conto di avere il respiro corto e, messosi seduto, portò una mano al petto. La sua pelle era bollente, attraversata da fremiti che facevano pulsare i suoi marchi e scendevano infine per concentrarsi tutti in un unico punto, appena sotto l'ombelico.

Ansimò, guaendo.

Il calore era ufficialmente iniziato ed i quaranta gradi all'ombra non lo stavano aiutando.

Seppe che Levi era sveglio, ancora prima di sentirlo muoversi, cercandolo nel letto con la mano. Fu la percezione di emozioni estranee che si risvegliavano nel suo petto, ad avvertirlo. Il sesto senso appena acquisito, che superava gli antichi cinque.

Confusione, fastidio. Dov'è Eren?

«Sono qui.»

L'Alpha si mise seduto, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco. La luce della stanza era quella della metà pomeriggio. L'afa era insopportabile, ma l'aria era resa ancora più calda e densa dall'odore degli ormoni impazziti del suo giovane Omega.

«Che fai?»

«Niente... Ti guardavo dormire.»

«Potevi svegliarmi» lo rimproverò l'Alpha, respirando a fondo l'aria dolce attorno a lui, prima di baciarlo sulla spalla. «Dirmi che mi volevi...»

«Devo per forza dirlo?» Aveva abbassato la voce, ma Levi poteva sentirlo ancora molto chiaramente, i sensi acuiti dal calore che aveva ormai travolto del tutto anche lui.

No, non aveva bisogno di sentirselo dire. Poteva percepire il suo desiderio crescere e sotto i polpastrelli, la sua pelle diventare d'oca ovunque la toccasse. Eppure era bollente, come se avesse la febbre.

«No.»

Fecero l'amore fino a sera.

Tutto era diverso, ora. Col marchio a creare un ponte stabile tra di loro, cuore ed anima uniti, le loro emozioni, sensazioni e piaceri venivano scambiati tra l'uno e l'altro, amplificando l'esperienza. Era come vedere un film con qualche fotogramma in anticipo sull'audio. Quella infinitesimale frazione di secondo che separava la percezione di un piacere dal gemito di risposta, ora non esisteva più. Era estasi senza soluzione di continuità.

Era dimenticarsi dove iniziava l'uno e cominciava l'altro.

Era essere uno, più di quanto avrebbero mai creduto di poter sperimentare.

Era amore.

*****

«Per te sarebbe okay invitare i miei, qui? Tra qualche giorno, intendo.»

La domanda arrivò a spezzare la silenziosa calma nella quale Levi, appoggiato con la schiena ai cuscini del letto, sonnecchiava, Eren seduto tra le sue gambe, intento a trangugiare come un affamato una ciotola di macedonia ricoperta di zucchero che l'Alpha aveva preparato per lui poco prima.

«Eh?»

«Voglio far venire i miei genitori a casa, quando il calore sarà finito» ripeté pazientemente, leccandosi un po' di succo dalle labbra.

Levi lo guardò lottare per mantenere in equilibrio la ciotola della merenda, mentre si girava per poterlo guardare in viso. Abbandonato contro i cuscini, si mise comodo ed incrociò le braccia dietro la testa.

«Le abbiamo già fatte le presentazioni.»

«Non eri ancora il mio compagno, però.»

«Lo ero.»

Con una delle gambe che circondavano l'Omega, gli diede un lieve colpo che lo fece sussultare. Un pezzetto di mela scivolò dal contenitore, atterrando sullo stomaco nudo dell'Alpha, che sibilò per la sensazione fredda improvvisa.

«Hiss-»

«Colpa tua, così impari a spingermi.»

L'Alpha alzò gli occhi al cielo, poi prese la mela e se la spinse in bocca, leccandosi poi le dita appiccicose per succo e zucchero.

Eren lo guardò masticare, succhiando il cucchiaio che stringeva in una delle mani, ma al suo sostenuto silenzio si spazientì.

«Allora?!»

«Allora cosa?»

«Posso farli venire o no?!»

«Perché mi chiedi il permesso?»

«Perché è casa tua!»

«No, non lo è.» Facendo forza sugli addominali, raddrizzò la schiena e si portò al livello del ragazzo, le braccia andarono a circondargli i fianchi. «Ora è casa nostra. A meno che tu non voglia vivere da qualche altra parte, in quel caso quella sarà casa nostra e questa la nostra casa provvisoria.»

Eren aprì e chiuse la bocca un paio di volte.

Casa nostra.

Nostra.

Abbandonando la ciotola, lo abbracciò di getto. Un dolce suono di fusa gli uscì dalla gola e l'Alpha rispose allo stesso modo, baciandolo sulla tempia.

Nostra.

*****

«Hai la camicia abbottonata male.»

«Lascia perdere la mia camicia e guarda il bottone dei tuoi pantaloni, moccioso.»

Eren gli tirò in testa uno dei cuscini del divano, tanto forte da farlo quasi sbilanciare.

L'Alpha ringhiò, ma lui non si scompose, incrociando le braccia mentre ancora stringeva nella mano l'arma del delitto.

«Non mi fai mica paura, sai?»

«Non voglio farti paura, voglio che ti allacci i pantaloni prima che arrivino i tuoi genitori!»

«Uffa, d'accordo.»

Non appena Eren abbassò lo sguardo verso i jeans, Levi si mosse ed un cuscino colpì l'Omega dritto in faccia, facendolo cadere all'indietro sul divano.

«...Levi!» gridò, dimenticandosi completamente dei pantaloni ed afferrando invece un altro cuscino dal divano, sempre più spoglio.

Per la fine di quella battaglia, i bottoni non era più l'unica cosa fuori posto su di loro.

*****

L'ultimo cuscino era appena tornato al suo posto, quando alla porta sentirono i distinti colpi ritmici che tanto avevano atteso. Si scambiarono uno sguardo d'incoraggiamento, poi Levi raggiunse l'ingresso ed aprì la porta.

Carla e Grisha Jaeger apparvero sorridenti sulla soglia. Entrambi salutarono educatamente e Levi non fece loro notare il modo in cui avevano evitato di incrociare i suoi occhi, per fissare i propri sguardi sul suo collo.

Lí, cicatrice vermiglia sul candido della pelle, il marchio di Eren si mostrava in tutto il suo splendore. A detta di Eren, i genitori non si sarebbero sorpresi di trovarli marchiati, al contrario, era stato certo che per entrambi sarebbe stato strano se non l'avessero fatto. Eppure non mancò di notare una scintilla di stupore a seguire la realizzazione, sui loro volti.

Eren aveva marchiato Levi Ackerman. Si era lasciato marchiare da lui.

La vita del loro bambino era ora indissolubilmente legata a quella dell'uomo di fronte a loro e nonostante avessero già passato insieme diverso tempo in svariate occasioni, il pensiero faceva ancora un certo effetto.

Convinto di essere stato guardato ormai abbastanza, Levi si schiarì la voce e riportò gli sguardi della coppia sul proprio viso.

«Buongiorno» disse, facendo un passo indietro per invitarli in casa.

Eren corse letteralmente tra le braccia della madre, non appena la vide. Entrambi gli Omega si ritrovarono a fare le fusa, stretti l'una all'altra.

«Come stai, piccolo mio?»

«Bene. Benissimo...» rispose lui, facendosi infine indietro per tornare accanto a Levi.

L'Alpha gli passò un braccio attorno ai fianchi. «Accomodatevi, il pranzo è già pronto.»

La neonata famiglia mangiò insieme, per la prima volta unita come mai era stata. Per Eren, vedere Levi interagire così facilmente coi genitori era emozionante. Carla si rivolgeva a lui nello stesso modo con cui parlava al figlio. Grisha era rilassato e presto i due si erano persi a discutere di alcuni titoli di libri poco conosciuti che a quanto pare il padre aveva notato nella libreria del suo mate.

Seduto sul divano, le braccia strette attorno alle gambe, Eren li guardava sfogliare le pagine. I cuscini del divano si abbassarono accanto a lui, quando qualcun'altro si aggiunse, al suo fianco.

Girò gli occhi per incontrare quelli di Carla. I suoi lunghi capelli erano raccolti in una treccia che portava appoggiata ad una delle spalle, facendone dondolare la fine sul petto. Nel nastro che la legava, Eren aveva aggiunto un fiore, poco dopo il suo arrivo ed era ancora lì, morbido e dai colori brillanti. Nonostante il caldo, quando lei tese le braccia, il ragazzo le si avvicinò subito per farsi stringere.

«Hai gli occhi felici» gli disse, facendo passare le dita tra le sue ciocche disordinate.

Arrossendo, Eren si strinse nelle spalle.

«Forse.»

«Credi che non sappia riconoscere mio figlio felice?»

«Non ho detto questo» rispose lui, poi fece una pausa prima di aggiungere. «Sono felice con Levi, quel che sento è... giusto.»

Carla sorrise e gli prese la mano, guardando senza toccarli i segni dei denti che ora segnavano il polso del figlio.

«Credo che verrò a stare qui.»

Lo disse sottovoce, un mormorio di cui Carla era l'unica destinataria, ma nel medesimo istante in cui la donna spalancava gli occhi, anche Grisha smise di parlare, distratto dalle emozioni della propria mate che sentiva scorrere dentro di sé.

«Ne avete già parlato?» chiese lei, ignorando gli Alpha ora silenziosi meglio di quanto riuscisse a fare Eren.

Lui annuì, poi le baciò la guancia quando vide i suoi occhi inumidirsi per l'emozione.

«Oh, ti prego non fare così... Saremo vicini. Vicinissimi...»

«Lo so e sono felice, davvero, ma... Mi sembra che stia accadendo tutto così in fretta...»

Grisha e Levi si erano avvicinati al divano, ora, prendendo posto ognuno accanto al proprio Omega. Grisha si inginocchiò a terra, di fronte alla compagna e prese tra le proprie la mano libera di lei. Eren cercò quella di Levi, che prontamente arrivò a stringere la sua, intrecciando le dita in una presa dolce e decisa insieme.

«Carla, tesoro... È tutto okay» disse l'Alpha, accarezzandola.

Lei annuì, asciugandosi gli occhi con il bordo di un fazzoletto che aveva tirato fuori dalla tasca del vestito.

«Vogliono vivere insieme» disse solo.

Levi alzò le sopracciglia, un'espressione di silenziosa sorpresa che fece sorridere il suo giovane compagno. Così era di quello che Eren stava parlando. La felicità e l'impazienza che aveva percepito nascere in lui erano causate al pensiero della loro futura vita come coppia.

Grisha invece non mostrò alcuna reazione. Non sembrò sorpreso, né tantomeno infastidito o sconcertato. Sorrise e si sollevò, per posare un bacio sulla tempia della donna.

«Lo sapevamo. Ne avevamo parlato, ricordi?»

Eren si sentì arrossire all'idea che i genitori avessero avuto una conversazione su lui ed il suo compagno.

«Certo, lo so... Ma sentirglielo dire...»

Eren guardò Levi. L'Alpha non rispose a parole, ma dentro di sé Eren seppe che sarebbe stato d'accordo con lui. «Mamma, se sei preoccupata io posso... Noi possiamo... aspettare un pochino prima di...»

«No no, certo che no!» Carla scosse subito la testa, più e più volte, zittendo il figlio prima ancora che avesse concluso la frase. «Questo è qualcosa che, beh, siete voi a dovervi sentire pronti ed è evidente che lo siate. Io voglio solo vederti felice.»

«A-Allora posso...»

«Sì, Eren» rispose Grisha. «Anche se, ancora una volta, non ti sarebbe servito il nostro permesso.»

«Ma la mamma..-»

«Tua madre è emotiva, un caso perso. Lasciala fare.»

«Come scusa?!»

Eren ridacchiò, appoggiando la schiena al petto di Levi mentre di fronte a lui i genitori si intrattenevano in un breve bisticcio. Distogliendo l'attenzione da loro, alzò lo sguardo verso il paio di occhi chiari che, divertiti, seguivano la scenetta. Le braccia di Levi erano saldamente strette attorno ai fianchi del suo giovane compagno, come se tenerlo accanto a sé fosse ciò che di più importante c'era al mondo.

Strofinando il naso contro il suo collo, fece le fusa.

Posso restare?, chiese senza parole.

L'Alpha lo baciò sulla fronte, rafforzando un po' la presa su di lui.

Resta.

*****

Organizzare il trasferimento non fu un'impresa da poco.

Il caldo infernale di inizio agosto non aiutava affatto.

Costantemente diviso tra gli allenamenti sportivi, le preparazioni per l'università e gli scatoloni da riempire con un minimo di ordine, arrivato a sera Eren desiderava solo mettersi a dormire. E l'avrebbe fatto, se il suo letto non fosse stato ufficialmente rimpiazzato da uno matrimoniale, con un Alpha omaggio ad aspettarlo.

Anche se il calore era concluso, non lo era il desiderio che provavano l'uno per l'altro. Le sensazioni erano meno travolgenti, ora che entrambi potevano pensare razionalmente, ma altrettanto piacevoli ed intense quando, dopo cena, Eren si sedeva sulle gambe di Levi, afferrando con delicata decisione il libro del momento, per depositarlo ordinatamente sul tavolino da lettura.

Reclamava per sé il tocco di quelle mani forti, lo sguardo di ghiaccio delle iridi che si accendevano al primo suono di fusa, il calore della bocca che lo aveva legato a sé.

Non c'era bisogno di chiedere, bastava desiderare.

«Oggi ho liberato la metà di armadio che ti serviva» gli disse Levi quella sera.

Eren, che ancora ansimava steso sul divano, incurvò le labbra in un sorriso.

«Domani vado a prendere il resto dei miei vestiti» rispose, lasciando scivolare l'indice su e giù lungo la schiena nuda dell'Alpha.

La sua pelle era ricoperta da un sottile strato di sudore. Il sesso non era certo il modo migliore di superare il caldo. Nonostante questo, nessuno dei due aveva esitato.

«Quante stramaledette felpe possiedi?»

«Non abbastanza.»

Anche se non poteva vederlo, Eren sapeva che il suo compagno stava alzando gli occhi al cielo e gli tirò i capelli. L'Alpha ringhiò il suo disappunto sottovoce, ma l'afa era troppo soffocante perché potesse venirgli voglia di litigare sul serio. Strofinò la bocca contro la ghiandola sul collo di Eren, che subito lasciò la presa. Le dita dei piedi si arricciarono, mentre l'Omega inarcava la schiena lasciandosi sfuggire un morbido gemito a labbra socchiuse. Lo knot che li legava, al sicuro dietro uno strato di lattice, a quel movimento improvviso fece sussultare entrambi.

«E-Eren...»

«È stata colpa tua.»

«Stronzate.»

«Fallo ancora.»

L'Alpha obbedì. Alla nuova aggressione della ghiandola dell'Omega seguirono altri gemiti, ringhi e graffi lungo la schiena. Lo knot si alleviò fino a scomparire e approfittando della rinnovata mobilità, anche Eren si spinse verso l'alto, trovando e cominciando a succhiare la pelle marchiata dell'Alpha.

«Ah... Cristo, Eren...»

«Levi... Per favore...»

«Sì. Sì, ma a letto.»

Senza aspettare risposta, si alzò in piedi, prendendolo in braccio. Eren rise, aggrappandosi a lui e lo baciò sulle labbra, costringendo l'Alpha a trovare la strada per la camera da letto alla cieca.

Faceva caldo, sì, ma non così tanto.

*****

Nonostante fossero passati quasi due mesi dal trasferimento, a prima vista la casa sembrava esattamente la stessa.

Gli stessi fiori sul davanzale, gli stessi libri sparsi ovunque per le stanze. Lo stesso odore di caffè la mattina e di tè alla sera. Però, se si faceva attenzione, si potevano notare alcuni piccoli dettagli.

Cornici di foto appese alle pareti o appoggiate su mensole dove fino a poco prima non c'era stato nulla. Scarpe da ginnastica abbandonate dietro le porte, per la fretta.

Zaini che se aperti sprigionavano un forte odore di cloro.

Due tazze, nel lavandino.

I cambiamenti, sì, c'erano stati, ma l'armonia tra vecchio e nuovo era tale da far dubitare che quei piccoli dettagli che testimoniavano il passaggio da Io a Noi non fossero sempre stati lì.

La chiave girò nella serratura, facendola scattare e Levi entrò.

«Eren» chiamò, appoggiando la borsa e la giacca all'appendiabiti all'ingresso.

«Cucina!»

L'Alpha compì i pochi passi che occorrevano a permettergli di mettere la testa dentro la stanza. L'Omega gli dava le spalle, un grembiule macchiato allacciato attorno al petto, mentre davanti ai fornelli teneva d'occhio più pentole di quante le sue mani potessero maneggiare.

«Che accidenti stai combinando?» chiese l'uomo, osservando i banconi della cucina, sui quali sembrava essere appena stata combattuta una violenta guerriglia di ingredienti.

«Oh oh, bel modo di rivolgersi a chi ha passato le ultime due ore a-»

«Qualsiasi cosa tu abbia fatto, scommetto che potevi farla senza far esplodere tutto...questo.»

Sentendo in risposta solo silenzio, Levi distolse lo sguardo dall'arredamento martoriato per rivolgerlo al suo giovane compagno. Eren si era girato, ora e a giudicare dalla combinazione di fronte aggrottata e braccia incrociate, il suo umore non era dei migliori.

Levi sentì prudere lievemente il marchio sulla ghiandola.

«Tu» disse l'Omega, puntandogli contro un cucchiaio di legno «Sei un insensibile.»

«E tu sei un casinista.»

«Avrei sistemato!»

«Oh certo, come no.»

Si guardarono in cagnesco per qualche secondo, poi Eren sospirò e spense i fuochi. Toccandosi il marchio sul collo, la sua espressione passò dalla rabbia al turbamento.

«Hai avuto una brutta giornata?» chiese.

Levi alzò le spalle. «Un po'. Tu?»

Eren annuì, lo sguardo basso.

Si mossero l'uno verso l'altro, nello stesso momento. Levi tese un braccio verso il ragazzo, trascinando al contempo una delle sedie del tavolo accanto a sé, per sedervisi e portare Eren in braccio. L'Omega non esitò ad accoccolarsi contro il petto del compagno, gli occhi chiusi e le braccia attorno al suo collo.

«Non ho avuto il lavoro in piscina.»

Levi lo strinse un po' più forte. Ne avevano parlato per giorni, Eren era davvero emozionato per quell'occasione e la tristezza che sentiva attraversarlo ad onde era così intensa da sentirsi quasi affogare.

«Ne troveremo un altro, ma lo sai, non hai bisogno di lavorare, ora... Dovresti studiare e..-»

«Voglio lavorare. Come fai tu. Non voglio farmi mantenere da te in casa e dai miei genitori con l'università. Voglio poter fare qualcosa da solo!» esclamò, stringendo i pugni e Levi iniziò a leccare e baciare con infinita delicatezza il collo dell'Omega, nella speranza di aiutarlo a calmarsi.

Funzionò. Sentì il suo corpo rilassarsi contro al suo. La sua voce smise di tremare ed il suo odore tornò delicato, non più acre e pungente per le emozioni che lo travolgevano.

«Hai ragione. Troverai un altro lavoro» ripeté allora l'Alpha e chiuse gli occhi quando Eren strofinò piano la guancia sulla sua.

«Scusa se ti ho dato dell'insensibile, non è vero. Non lo penso» mormorò, facendo piano le fusa.

«Scusa se mi sono arrabbiato per la cucina.»

«Pulisco tutto, ora...»

«Ti aiuto.»

Nessuno dei due si alzò dalla sedia ancora per una buona manciata di minuti, che passarono tra coccole e baci languidi, che funzionavano meglio di qualunque scusa.

*****

Tra le lenzuola, senz'altro che un paio di boxer come indumento, a Levi piaceva guardarlo dormire. Alcuni forse l'avrebbero trovato inquietante, ma era più forte di lui. Il sonno rilassava nel compagno quei lineamenti che stress ed impegni tendevano per tutta la giornata. Credeva che col passare dei mesi si sarebbe abituato, che questa l'attrazione per simili dettagli sarebbe sfumata, ma si era sbagliato ed era rimasto dipendente dall'ammirare il viso calmo di Eren, accarezzandogli i capelli. Per qualche motivo, aveva deciso di farli crescere ed ormai erano diventati lunghi abbastanza perché di giorno potesse raccoglierli in una piccola e bassa coda di cavallo.

A Levi piaceva lavarglieli, quando facevano il bagno insieme.

Lasciava scorrere le dita tra le ciocche castane, che da bagnate diventavano quasi nere ed ascoltava il modo in cui il suo Omega faceva le fusa al suo tocco, gemendo liberamente quando la presa diventava un po' più decisa.

Tutto ciò che Eren faceva sembrava appositamente studiato per scoccare una nuova freccia al cuore dell'Alpha, non importava quante volte l'avessero già centrato.

Era innamorato di ciò che Eren era stato, di ciò che era, ma soprattutto di ciò che sarebbe diventato, giorno dopo giorno, accanto a lui. Innamorato del futuro che apparteneva ad entrambi.

*****

I turni serali erano quelli che Levi odiava di più. E non era neanche lui a doverli fare.

Quando Eren tornava a casa era quasi mezzanotte, la sua pelle sapeva sempre di cloro ed era affamato oltre ogni immaginazione. L'Alpha gli faceva sempre trovare la cena in caldo, la vasca da bagno pronta e quasi sempre Eren ci trascinava dentro anche lui, che tra baci e bolle, gli lavava i capelli come aveva sempre amato fare.

Forse anche quella sera, avrebbe potuto farlo.

Levi chiuse il libro che stava leggendo nell'attesa e si sdraiò sul divano, appoggiando la testa ai cuscini. Da quella posizione, la luce della sua abat-jour si rifletteva sul vetro di una delle due cornici appese accanto alla porta, ma l'uomo non distolse lo sguardo. Anche dietro al riflesso, il viso sorridente di Eren era ben visibile, vestito elegante nel giorno della sua laurea, avvenuta qualche mese prima.

Carla aveva pianto dall'inizio alla fine della cerimonia, seduta tra Grisha e Levi che avevano finito i fazzoletti a forza di prestarli alla donna. Eren l'aveva abbracciata per almeno cinque minuti, quando tutto era finito. Era stato impossibile per chiunque altro avvicinarsi al ragazzo, che ridendo stringeva la madre, più piccola di lui, tanto che a guardarli facevano davvero tenerezza.

Dopo i genitori, finalmente Levi era riuscito ad avere il suo turno di congratularsi col ragazzo ed Eren l'aveva baciato dolcemente sulle labbra, facendo le fusa sottovoce, perché solo lui potesse sentirle.

«Questa giornata è perfetta perché ci sei anche tu» gli aveva sussurrato, facendo arrossire l'Alpha, una delle rare occasioni.

Attorno alla fotografia della laurea, ce n'erano decine di altre ed ognuna raccontava una storia fatta di sentimenti e ricordi, che Levi custodiva gelosamente.

La prima vacanza insieme, in occasione della quale Eren aveva preso un aereo per la prima volta e contenere il suo entusiasmo era stata davvero un'impresa, per l'Alpha; quando avevano partecipato ad una maratona; la nascita del primo figlio di Hanji, a cui avevano accettato di fare da padrini; la gita in barca a vela dove Eren aveva insistito per nuotare in mare aperto, mentre Levi dal ponte, lo guardava domandandosi come facesse a sopportare il freddo di quelle onde. Eren sembrava essere nato per stare in acqua.

Un tintinnio dietro la porta, uno scatto e la porta si aprì.

Levi si mise seduto ed i loro sguardi si incrociarono. Eren gli sorrise, illuminando la stanza.

«Ciao.»

«Ehi.»

Non dovette neanche alzarsi, non ce ne fu il tempo. Eren girò attorno al divano, scalciando le scarpe, lasciando cadere a terra la borsa tracolla. Salì sul divano ed insieme si accoccolarono sui cuscini, sospirando per la vicinanza ritrovata. Steso su un fianco, prese le sue braccia e se le portò attorno al corpo, facendosi stringere. Levi alle sue spalle gli baciava il collo e la nuca, inspirando profondamente il suo odore. Zuccherino, delicato. Lo sarebbe stato ancora per poco. Presto sarebbe arrivato il calore e tutto sarebbe diventato più intenso e travolgente, intossicante. Era già qualche giorno in ritardo, ma non era certo la prima volta che succedeva ed avevano imparato a non farci troppo caso.

«Oggi sono sei anni» mormorò il ragazzo, il collo piegato per lasciare al suo uomo un più facile accesso alla pelle che agognava leccare.

Levi mormorò un assenso a bocca chiusa.

Sei anni dal primo calore di Eren. Settantadue settimane dalla prima volta in cui si erano toccati. Duemila centonovanta giorni passati l'uno nei pensieri dell'altro.

Così tanto tempo, eppure un battito di ciglia, da quando tutto aveva iniziato a cambiare, senza che loro se ne fossero neanche resi conto.

«Avrei voluto uscire, festeggiare in qualche modo...» mormorò l'Omega, affranto, ma Levi, ringhiando piano, calmò i suoi lievi lamenti sul nascere.

«La giornata non è ancora finita.»

La sua voce era roca e profonda, un sussurro ferale all'orecchio sensibile dell'Omega che inarcò la schiena contro il suo petto.

«Dovrei andare a lavarmi, allora...»

«In realtà, speravo di iniziare proprio dalla vasca...»

Eren arrossì e rise, portando le mani su quelle di Levi, strette attorno ai suoi fianchi e congiunte all'altezza dello stomaco.

«Amo le tue idee.»

Un amore reciproco.

Un amore coltivato con cura e devozione. Un amore che due cuori alimentavano, battendo all'unisono, ogni giorno del resto delle loro vite.

E lì, protetto dalle loro mani congiunte, un terzo piccolo e inosservato cuore batteva coi loro.

*****

Note d'Autore

Non avevo scritto nulla, finora, ma in questo momento sento di volerlo fare. La storia si avvia alla conclusione. Lo sarebbe già stata, in realtà. Il sesto doveva essere l'ultimo capitolo, ma quel piccolo cuore ha preteso di avere una parte tutta sua e così il vero ultimo aggiornamento ci sarà domenica prossima.

Grazie a tutti coloro che hanno seguito la storia fino a questo punto. Grazie per la pazienza che avete avuto, per i commenti positivi e l'energia che mi avete dato e continuate a darmi. 

Alla prossima✨
Farea

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