4 · Our Choice

Se per baciarti dovessi poi andare all'inferno, lo farei. Così potrò poi vantarmi con i diavoli di aver visto il paradiso senza mai entrarci. [Shakespeare, Romeo e Giulietta]

Perché proprio quella sera avesse deciso di rileggere una delle più tragiche storie d'amore mai scritte, Levi non lo sapeva.

O forse sì.

La sua non poteva certo essere definita romantica, ma della tragedia aveva tutte le caratteristiche.

La repulsione per lo sporco era quasi stata vinta dalla consapevolezza che per lavare via polvere, sudore e sangue avrebbe dovuto privarsi anche dell'odore di Eren. Perderlo aveva significato ricadere immediatamente in quel fastidioso stato di allerta e disagio, in cui i suoi sensi sembravano tre volte più forti e la pelle bruciava per il bisogno di essere toccata.

Dei passi fecero scricchiolare la poca ghiaia disseminata fuori dalla sua porta.

Levi chiuse il libro, alzandosi in piedi, le orecchie tese per ascoltare. Sperò davvero che chiunque fosse il proprietario di quei passi, proseguisse la sua trafelata corsa giù per la via, in fretta, liberandolo dal fastidio di quel crepitio. Invece quelli si fermarono proprio davanti all'ingresso della piccola casa azzurra e ritmici e trafelati colpi iniziarono ad abbattersi contro il legno levigato.

L'Alpha ringhiò, alzandosi dalla sua poltrona. Di tutte le pessime giornate, quella era decisamente la più lunga a concludersi.

Quando afferrò la maniglia per aprirla, fece in modo che il corpo comunicasse nel modo più chiaro possibile che non aveva alcuna voglia di seccatori, rendendo acre ed intenso il proprio odore.

Eppure non appena ebbe aperto la porta sentì scomparire ogni intento bellicoso.

«Non mandarmi via...» pregò Eren, inspirando profondamente il rifiuto dell'Alpha.

Levi rimase senza parole per un secondo di troppo e l'Omega prese l'iniziativa. Varcò la soglia di quella casa che tante volte aveva osservato da lontano e avvolse le braccia attorno al collo del suo proprietario. L'Alpha stringeva la maniglia della porta così forte che era certo si sarebbe rotta a breve, ma a quel gesto la presa si sciolse nel più naturale dei modi per poter ricambiare l'abbraccio.

Quando le sue mani si adagiarono sui fianchi di Eren, il ragazzo fece un breve suono di fusa, interrotto poi dalle parole che si era preparato in fretta, durante quella corsa.

«Fammi restare.»

Tum-tum

L'aria che circondava il corpo di Eren divenne bollente e dolce quanto il miele che Levi era solito sciogliere nel tè. Il suo viso era rosso per l'imbarazzo e vicino, così vicino che potevano percepire il respiro di uno sul volto dell'altro.

Tum-tum

«Qui?» chiese, consapevole di sembrare un idiota, ma impossibilitato a reagire in alcuna altra maniera.

«Sì. Con te.»

Tum-tum

«Eren...» Levi si sforzò di mantenere il sangue freddo nonostante il cuore gli fosse già schizzato in gola e lui ne sentisse i battiti rimbombargli nelle orecchie. «Se tu resti, i-io...»

«Hai detto di volere solo ciò che voglio io» lo interruppe Eren, con il tono di chi non accettava un no come risposta. «Ho avuto la possibilità di scegliere e ho scelto te.»

La porta si chiuse, sbattendo alle sue spalle ed Eren sobbalzò. Abbassando lo sguardo, vide la gamba di Levi ritrarsi, dopo aver calciato la porta. Il cuore batté nel petto un po' più forte all'arrivo della consapevolezza che sì, sarebbe potuto restare. Ebbe a malapena il tempo di registrare il pensiero nella propria mente, prima di sentirsi sollevare. I piedi lasciarono terra nello stesso momento in cui un paio di mai fredde gli afferrarono le cosce. Eren le strinse attorno ai fianchi dell'Alpha, ancorandosi a lui.

Lussuria. Desiderio.

In risposta agli ormoni rilasciati nell'aria dall'Alpha, Eren sentì il proprio odore cambiare.

Sottomissione. Invito.

«Levi...»

Fu un ringhio la sua risposta ed Eren tentò di replicarlo. Sentì la schiena aderire alla porta dietro di lui, quando Levi ve lo spinse contro e subito si leccò le labbra secche, sgradevole conseguenza della paura che aveva dovuto sopportare fino a quel momento. La paura di essersi sbagliato. La paura di essere rifiutato. Di dover tornare a casa con la coda tra le gambe ed il cuore spezzato.

La lingua di Levi si aggiunse alla sua.

L'Omega guaì sorpreso quando l'Alpha gli leccò il labbro inferiore, facendole sfiorare e mosse la propria, per dar seguito a quella che era stata una prima, leggera carezza.

«Levi...» chiamò ancora, disperato, quando quel contatto gli venne negato.

La sua bocca lo zittì, senza preavviso.

Il cuore gli esplose nel petto e per una manciata di secondi Eren non fu in grado di reagire. Di rispondere. Di fare nulla che non fosse lasciarsi baciare, inerte e sopraffatto. Era quasi certo di star sognando.

Poi le mani sulle sue cosce strinsero la presa, riportandolo alla realtà.

Eren ricambiò il bacio, facendo salire le proprie mani tra i capelli corvini, accarezzando l'undercut per raggiungere le ciocche più lunghe. Le dita vi si avvolsero possessive quanto la lingua che ora aveva varcato la soglia della sua bocca, rivendicandola come propria.

Gli lasciò il controllo che chiaramente agognava, permettendogli di esplorarlo, leccando il palato, la lingua ed ogni centimetro di sé.

Quello fu il suo primo bacio.

Il corpo dell'Omega era caldo, più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Il calore lo attraeva come una falena alla luce di una lanterna e Levi abbandonò la sua bocca per assaggiarlo.

Eren avrebbe voluto lamentarsene, ma ogni suono si spezzò al ritmo dei morsi lievi che l'Alpha gli impresse lungo la gola, tracciando una linea immaginaria che scendeva inesorabilmente, diretta verso un particolare punto del collo. La stoffa della maglietta venne spostata rudemente, liberando la pelle umida sopra la ghiandola. Quel tenue luccichio, appena visibile sulla carnagione scura, era ipnotico. L'Alpha guardò con reverenza quella zona vergine, mentre la bocca si riempiva di saliva. Era un affamato, a cui veniva per la prima volta offerto un pasto e si mosse prima del pensiero, premendovi la lingua. Succhiò la carne rovente che ricopriva la ghiandola. Versi osceni uscivano dalla bocca del ragazzo, suoni che nessuno dei due aveva mai sentito prima, che l'Omega non credeva di poter neanche produrre.

Eren si abbandonò all'istinto. Chiuse gli occhi, piegando la testa per esporre il collo. Il bacino scattò in avanti, l'inguine premuto contro lo stomaco del compagno. I loro odori si fusero, crescendo d'intensità mentre l'uno chiamava l'altro in un modo che andava oltre le semplici parole. Le dita delle mani tremanti artigliarono nuovamente i capelli di Levi, sfruttando quella presa per spingere il suo viso contro la pelle.

Un invito. Una richiesta.

Una preghiera.

Ringhiò quando Levi lo lasciò insoddisfatto. L'Alpha si ritrasse, leccandosi la bocca umida di umori e saliva.

«Perché?» guaì.

«Pazienza» rispose la voce roca dell'Alpha.

«Non voglio avere pazienza.»

Levi sbuffò, divertito. Non poteva essere più d'accordo col suo Omega.

Qualcosa nel petto vibrò a quel pensiero.

Finalmente, finalmente poteva dirlo. Il suo Omega. Nel tempo di un battito di ciglia, si rese conto che ciò che era accaduto era reale. Eren era in casa sua, era in calore e voleva lui. L'aveva stretto, baciato e ciò che sentiva premere contro lo stomaco lasciava poco spazio all'immaginazione. Ed ora, impaziente, lo provocava quasi volesse essere scopato lì, contro la porta d'ingresso. Come se Levi avesse mai potuto permettere una cosa simile alla loro prima ed agognata volta insieme.

«E cosa vuoi, Eren?»

Il tono con cui lo disse fu sufficiente a farlo gemere di nuovo. Levi bevve quei suoni, bisognoso di sentirli ancora ed ancora, ripetuti all'infinito. Non c'erano tante risposte possibili a quella domanda. Solo una, la medesima per entrambi. Toccarsi, baciarsi, unirsi. Sedare quel fuoco che bruciava nelle vene, l'incendio che erano stati costretti ad affrontare da soli per tanto, troppo tempo.

Eppure Levi voleva sentire quelle parole uscire dalle labbra di Eren.

Voleva che il suo giovane Omega gli desse un permesso chiaro e diretto, inconfutabile.

«Rispondimi, Eren» ordinò, ringhiando. Le vibrazioni si propagarono dalla gola alle labbra, che l'Alpha premette contro il collo color caramello perché potesse sentirle tutte, dalla prima all'ultima.

«Te» riuscì ad ansimare in risposta.

Senza lasciarlo scendere, Levi si allontanò dalla porta e si diresse verso la camera da letto. Quello non era ancora ciò che desiderava sentire, ma era una conferma sufficiente a fargli fare la prima mossa.

Eren si aggrappò a lui.

Era stato tante volte in quella casa, ma non era mai andato oltre l'ingresso ed ora anche questo sarebbe cambiato. Affondò il viso tra i capelli neri di Levi, strofinandovisi come se non volesse perdere neanche un istante del tempo a loro disposizione.

L'aria cambiò quando passarono dal soggiorno alla nuova stanza: lì non c'erano fiori a confondere l'odore di Levi, né i profumi della cucina a nasconderlo, fondendosi al suo.

Rabbrividì quando l'Alpha lo lasciò cadere con delicatezza sul copriletto. La stoffa era liscia e fredda, al contatto con la sua pelle bollente per il calore. Più tempo passava, più sentiva il suo corpo avere la meglio sui soppressori. Avere un Alpha, il suo Alpha per sé, disponibile e pronto a soddisfare ogni sua richiesta e bisogno, gli stava facendo produrre molti più ormoni di quanto le medicine potevano contenere.

Eren prese un lungo respiro, prima di riaprire gli occhi per guardarsi finalmente attorno. Non era l'arredamento ad interessargli, ma l'uomo che stava salendo carponi sul materasso su cui era appena stato adagiato. Colse l'occasione per guardarlo negli occhi ed in quelle iridi gelide vide tutto ciò che fino a quel momento aveva solo respirato. Desiderio, impazienza, euforia. Lussuria.

Spingendosi verso di lui, gli avvolse le braccia attorno alle spalle, trascinandolo verso di sé senza dargli il tempo di reagire. Le loro labbra si fusero di nuovo, stavolta in un bacio a cui diede inizio il più giovane. Eren lasciò che le proprie mani scivolassero dalle spalle al collo dell'Alpha. Sotto la pelle candida sentiva i muscoli in tensione e le vibrazioni dei ringhi che rimbombavano nella gola.

«Unisciti a me...» sussurrò allora, calciando via le scarpe per potergli stringere le gambe attorno al bacino.

«E-Eren...»

«Non è quello che vuoi?»

«Sei tutto ciò che voglio» rispose subito, deciso e senza esitazione.

Con un'intraprendenza che non si aspettava di avere, l'Omega strinse le ginocchia contro i fianchi di Levi e rovesciò le loro posizioni. Il soffice sospiro che sfuggì a Levi, quando la sua schiena colpì il materasso, si spezzò in gola alla vista del ragazzo che, ora sopra di lui, si sfilava la maglietta restando a petto nudo.

«E tu sei ciò che voglio io.»

Tentatore, mosse i fianchi, creando contro l'inguine di Levi una frizione che non fece altro che rendere ancora più evidente quanto duri già fossero.

Levi si mise seduto. Le braccia gli strinsero il torso, trascinandolo a sé, il petto nudo contro la stoffa della maglietta che lasciava percepire chiaramente quanto bollente fosse il corpo che ricopriva. Eren gemette, muovendosi contro di lui.

L'attesa era straziante, ma sarebbe valsa ogni secondo.

«Sei sicuro?» Levi smise di mordicchiargli la gola, solo il tempo di pronunciare quelle poche sillabe. Tutti i suoi sensi erano fuori controllo e poteva sentire quel poco di razionalità che gli era rimasta scivolare via ad ogni respiro che prendeva. «Non sono certo di potermi trattenere...» sussurrò, le labbra accanto all'orecchio.

Le sue parole erano una minaccia ed una promessa insieme. Eren mugolò, stringendogli le dita tra i capelli. I loro corpi si mossero l'uno contro l'altro.

«Voglio morderti.» Con i denti strinse il lobo, iniziando quasi subito a succhiarlo.

«Ah...»

«E possederti.» Due dita sfiorarono la zona umida di pelle sopra la ghiandola dell'Omega, che subito sobbalzò, strofinando l'inguine contro lo stomaco dell'Alpha.

«L-Levi...»

«E non sarò delicato.»

Le unghie dell'Alpha pizzicarono la pelle, simulando la pressione dei denti.

Per Eren fu come prendere fuoco. Reagì, spingendosi contro quel dolore che era ancora troppo debole, troppo poco. Tra le sue gambe, qualcosa di caldo iniziò a scivolare lentamente lungo le cosce. Il suo corpo si preparava a ciò che lo aspettava e che conosceva per puro istinto.

«A-Aspetta... Aspetta» balbettò con voce affannata.

Subito sentì Levi fermarsi, teso, preoccupato forse che qualcosa fosse andato storto. Che ci avesse ripensato. I loro sguardi si trovarono di nuovo e per l'Alpha fu davvero difficile concentrarsi sulle parole che uscivano da quelle labbra rosee, quando il viso del loro proprietario era ciò che di più erotico e provocante avesse mai visto: rosso, ansante, le pupille nere dilatate in quelle iridi verdi, brillanti per desiderio e lussuria.

«Vuoi marchiarmi?» chiese.

«Sì.»

Eren trattenne il respiro, lottando per trovare le parole che affondavano sempre più nella coscienza ormai sopita per lasciar posto all'istinto irrazionale.

Levi colse quell'esitazione e la sfruttò. Lo baciò ancora e la lingua dell'Omega scivolò subito fuori dalla bocca, per andare incontro alla sua. Era bisognoso il modo in cui cominciò quel bacio e violento quello in cui l'Alpha lo concluse, con un morso sul labbro inferiore che provocò un gemito nel suo proprietario.

«Non ho mai voluto nessuno come voglio te» continuò, ricoprendo il collo di Eren di segni rossi, ovunque le labbra si posassero per succhiare la pelle. «Sei mio, lo sei da sempre.»

«Non stavolta.» Levi si fermò e così fece anche Eren. Le mani calde dell'Omega gli circondarono il viso, accarezzando gli zigomi, scrutando in quegli occhi ora pieni di confusione. «Voglio stare con te, questa notte e tutte quelle che verranno, ma non voglio il marchio. Non ancora.»

«Non...ancora?» ripeté l'Alpha.

«Non ancora.»

«Mi stai chiedendo di corteggiarti ufficialmente?»

L'Omega arrossì, ma venne distratto dall'imbarazzo quando si sentì sollevare ed adagiare nuovamente al centro del letto. Levi era di nuovo sopra di lui, ora e lo guardava più famelico che mai.

«Prima mi implori di portarti a letto e poi vuoi fare il romantico» disse, sfilandosi la maglietta che finì a terra. «Faremo come desideri. Per te, io posso aspettare...»

Eren avrebbe potuto sentirsi lusingato, se non fosse stato troppo impegnato a mangiare con gli occhi il corpo dell'uomo tra le sue gambe.

Senza l'ostacolo della stoffa, l'odore dell'Alpha lo raggiunse violento, inondando i polmoni e fu sufficiente a farlo sospirare ed a stringere le cosce.

«Basta aspettare per stanotte» lo provocò, cercando di sollevarsi verso di lui, ma Levi lo spinse di nuovo contro il materasso, premendogli una mano sul petto nudo.

«Basta aspettare.»

L'espressione sul volto del corvino fu abbastanza per far gemere Eren e quasi implorare, perché le parole venissero sostituite dalle azioni. Il mondo intero si fermò quando le loro bocche si trovarono per l'ennesima volta, la prima di quella lunga notte. Ogni bacio era più violento e passionale del precedente ed i gemiti si perdevano, l'uno contro la bocca dell'altro.

Con le mani tremanti per la fretta e l'impazienza, Eren si slacciò i pantaloni iniziando a guaire, perché Levi lo aiutasse a liberarsi di quell'inutile indumento che tra loro era solo un ostacolo. La stoffa era impregnata di umori, il fronte dei suoi boxer umido per il seme che l'eccitazione aveva già fatto riversare fuori dall'erezione, dolorosamente costretta dall'intimo. Levi sentì la bocca riempirsi di saliva alla sola vista di quel corpo che stava per diventare suo, per la prima notte del resto della loro vita. Liberatosi dei propri pantaloni, fece scivolare le mani sotto le cosce dell'Omega, tirandolo a sé. I loro corpi si toccarono, un incastro perfetto ed il solo sfregamento bastava a far perdere loro ogni razionalità, le parole dimenticate, sostituite da versi più animali che umani mentre si spingevano l'uno contro l'altro. Il bacino di Levi lo schiacciava contro al materasso, facendolo tremare e pregare perché potesse avere di più di ciò che in quel momento gli era concesso.

Eren credeva di sapere cosa significasse essere in calore.

Aveva vissuto quei giorni da solo, negli ultimi tre anni, contrastando i dolori e la libido che fuori controllo lo imploravano di trovare un compagno che potesse soddisfare i loro desideri. Che potesse mettere fine al bisogno fisico, puramente carnale, di accoppiarsi e sentirsi parte di qualcosa di più grande di lui. Non avrebbe mai potuto immaginare che era molto, molto di più.

Le sue mani si muovevano prima del pensiero, graffiando la schiena e le spalle di Levi con le unghie. Quando piegò la testa, esponendo il collo, l'Alpha subito lo strofinò col proprio, marchiandolo nell'unico modo che in quel momento gli era permesso e lasciandosi marchiare.

L'odore che avrebbero portato come una medaglia per i giorni seguenti, impossibile da cancellare qualsiasi cosa potessero tentare, era la prova che si era appartenuti, che si erano scelti e che chiunque altro avrebbe dovuto star loro alla larga.

Con due dita, Levi agganciò i bordi dei boxer del suo giovane partner. Con uno sguardo chiese per l'ennesima volta il permesso che Eren gli concesse, sollevando i fianchi perché sfilare l'indumento diventasse più semplice.

Non era mai stato nudo di fronte a nessuno, prima d'ora e questo Levi sembrava saperlo, perché chiuse gli occhi, ringhiando e prese a leccare e mordere uno dei capezzoli sul suo petto, dandogli il tempo di abituarsi a quella sua nuova condizione, ma il calore suggerì ad Eren come agire.

L'Omega iniziò a guaire, richiedendo attenzioni in quella delicata parte che il suo mate aveva scelto di ignorare per rispetto.

«Dio, Eren...» gli sentì gemere, mentre la bocca calda ed i denti affilati scendevano lungo il suo corpo, dal petto al ventre e ancora più giù.

Percepì il suo respiro caldo soffiare sull'inguine, ma lo superò. L'obiettivo dell'Alpha era un altro ed un istante dopo Eren urlò, artigliando le lenzuola che era certo, avrebbe finito per strappare prima dell'alba. Levi leccò l'interno della coscia del giovane, una mano stretta attorno alla sua erezione che pompava con movimenti disperatamente lenti. La tentazione di chiudere le gambe attorno al suo viso era tale da richiedere una vera fatica fisica per poterla contrastare, anche se non era certo che all'Alpha sarebbe dispiaciuto. Chiuse gli occhi, puntando i talloni nel materasso e si concentrò sulla sensazione della lingua e dei denti dell'amante, che stuzzicavano la pelle morbida e bagnata delle cosce. Ogni volta che la pressione raggiungeva la ghiandola secondaria sotto la pelle, Eren si inarcava ansimando ed urlando.

Per siglare un marchio definitivo, ad un Alpha occorrevano tre morsi da parte del proprio Omega, uno per ciascuna ghiandola ormonale, nel collo e nei due polsi. Per un Omega, invece, i morsi erano cinque. Le due ghiandole in più si trovavano nell'interno coscia, pochi centimetri sottopelle ed era proprio una di quelle che, in quel momento, Levi si divertiva a succhiare, facendo attenzione a non rompere la pelle coi denti. I versi di piacere che quel semplice gesto scatenavano in Eren bastavano a far pulsare la sua virilità, ancora confinata all'interno dei boxer neri.

Ogni volta che la lingua incontrava il sapore del liquido che colava tra le cosce dell'Omega, Levi ringhiava e stringeva la presa delle dita sulla carne morbida del giovane compagno. L'attesa era straziante e l'Alpha dentro di lui lottava per mettere da parte ogni preliminare e prendere ciò che riteneva proprio di diritto; Levi invece amava il modo in cui ad ogni lappata, Eren si rilassava un po' di più. La tensione e la paura che avevano inquinato l'odore dolce dell'Omega andavano disperdendosi sempre di più, sostituite da desiderio, passione e fiducia. Questo era tutto ciò per cui il corvino si era impegnato a resistere, adattandosi al suo ritmo, alla sua inesperienza in qualsiasi cosa riguardasse amore ed intimità.

Eren si agitava, contorcendosi sulle lenzuola. Le sue gambe erano mollemente abbandonate ai lati del viso dell'Alpha, le mani stringevano il cuscino a cui era appoggiato così forte da rendere le dita bianche. Spingeva il bacino verso l'alto, andando incontro alla mano di Levi, che pompava la sua erezione in modo costante, adattandosi al ritmo che l'Omega dettava con movimenti e sospiri. Era così caldo, così vicino a finire. Ogni volta che, sbirciando verso il basso, i suoi occhi coglievano per un istante l'immagine di Levi, tutto il suo corpo reagiva con una vampata di calore e desiderio.

Tutto era troppo e troppo poco al contempo. Era una sensazione irrazionale, impossibile da definire a parole. Ed Eren si ritrovò a pregare, perché quel qualcosa di cui sentiva il bisogno e la mancanza gli venisse concesso. Ti prego. Ti prego, ti prego, ti prego.

«Ti prego... L-Levi...»

«Sono qui, Eren.»

«Levi...»

L'Alpha si spostò verso l'alto, abbandonando il comodo posto tra le sue cosce. Eren fu svelto ad afferrarlo per le spalle, trascinandolo di nuovo sopra di sé. Nella sua bocca assaggiò il proprio sapore ed insieme ringhiarono quando il bacino di Levi lo schiacciò con forza contro il materasso. La sua erezione, bloccata nella stoffa, pulsò quando la spinse contro le sue natiche, pronta a penetrare in quel corpo che gli si offriva senza un dubbio o un'esitazione.

«Ah!»

«Dio. Eren...»

«Fallo. Ti prego, ti prego Levi, voglio sentirti. Voglio averti...»

Con una forza di volontà che non credeva di avere, l'Alpha gettò via i propri boxer, poi si leccò due dita. Eren non ci fece neanche caso, distratto dall'improvvisa pressione tra le natiche che apparve quando, con i polpastrelli, Levi toccò, brevi movimenti circolari, l'entrata bagnata e calda del suo corpo, prima di spingerle dentro. Le sentì scivolare senza alcuna resistenza e guardò le emozioni che si susseguirono sul viso dell'Omega, modificandone i bei lineamenti in espressioni di sorpresa, confusione ed infine piacere.

Eren rovesciò gli occhi all'indietro, piangendo e gemendo suoni acuti e rochi insieme.

«Cazzo...» L'Alpha piegò le dita, dentro di lui, premendo contro le pareti, esplorando, cercando ed Eren si muoveva, andandogli incontro come se non avesse mai fatto altro nella propria vita. Un istinto naturale che gli faceva desiderare di essere riempito, di diventare completo accogliendo il proprio compagno sempre un po' di più. «Sei stupendo.»

«Mgh...» Eren mugolò, in imbarazzo, ma quando la mano di Levi tornò sulla sua erezione, perse il privilegio di pensare.

«Non esiste niente con cui potrei paragonarti in questo momento. O in ogni altro momento...» insistette, guardando Eren contorcersi tra le proprie mani, senza alcun controllo apparente sulle proprie azioni.

Per il ragazzo, tutto era confuso. I contorni dei mobili, i colori, il ritmo del proprio respiro, le parole pronunciate dalla voce del suo amante. Tutto bruciava in un incendio di cui lui stesso era l'origine e prima vittima. Quando Levi si abbassò tra le sue gambe, leccando la cima della sua erezione, la luce di quelle fiamme lo accecò. Il calore di tutto il suo corpo si concentrò in un unico punto ed esplose in un getto di piacere perlato ed un grido strozzato. Lacrime calde scivolarono lungo le guance, dagli angoli degli occhi in cui si erano radunate ed il ragazzo giacque inerte sul materasso, il petto che si alzava ed abbassava in fretta, tentando di fornirgli l'ossigeno di cui sembrava costantemente a corto.

Levi si leccò le labbra e la mano. Gli occhi di Eren si riaprirono per seguire quel movimento, uggiolando e gemendo. «Anche il tuo sapore è perfetto» Eren vide quelle belle labbra umide muoversi, pronunciando le sillabe di parole che lo raggiunsero a scoppio ritardato, troppo sopraffatto per poter rispondere in alcun modo.

Lo guardò, mentre Levi faceva altrettanto ed abbassò lo sguardo sull'erezione dell'Alpha, che svettava scura per il sangue ed il desiderio che vi si era concentrato durante l'attesa.

«Eren posso?»

Quelle parole suonarono nelle orecchie dell'Omega come tanti campanelli, risvegliandolo. Le mani di Levi erano tornate sulle sue cosce e le tenevano aperte con una presa delicata e decisa al contempo.

Rispose con un guaito arreso: non c'era niente che desiderava di più, in quel momento e tese una mano verso di lui, un invito che Levi accolse, baciandone il palmo.

Dalla sua prospettiva, Eren era così bello da togliere il respiro.

Il suo corpo era disseminato dei lividi scuri che lui stesso gli aveva procurato ed un moto di orgoglio e possessività gli attraversò l'animo, come una scossa elettrica. Aveva reclamato come proprio ogni centimetro di quella creatura che ora avrebbe fatto propria anche dall'interno.

Lentamente, consapevole ed attento, Levi strinse la presa sui fianchi di Eren, per tenerlo in posizione mentre si spingeva dentro di lui. Il desiderio di affondare in quelle carni calde senza remore era trattenuto solo dalla soddisfazione che provava, sentendo le gambe di Eren stringersi attorno ai suoi fianchi e le sue mani tendersi disperate verso di lui, ansiose di trascinarlo giù.

Più vicini.

Più uniti.

Leccò le lacrime che scesero sul viso dell'Omega, che aveva iniziato a piangere e gemere in un modo che l'avrebbe spaventato, se non fosse stato totalmente sopraffatto dall'odore che quello stesso corpo sprigionava, sempre più intenso per ogni centimetro che Levi guadagnava dentro di lui.

Gioia. Completezza. Pace.

La lussuria sembrava essere passata in secondo piano per l'Omega che ora riusciva, per la prima volta, a capire che cosa l'avesse spinto a desiderare quell'uomo fin dal primo momento in cui si erano toccati. Erano la metà di uno. Separati, solo per potersi ritrovare.

Infine i fianchi di Levi toccarono le sue cosce, e l'eccitazione di Eren si tramutò in grida, pugni chiusi e graffi profondi sfogati sulle spalle dell'Alpha.

Le persone che facevano parte della loro vita, i luoghi che frequentavano abitualmente, il mondo intero scomparve, eco lontano fatto di ricordi appartenenti a due creature che avevano cessato di esistere, per formarne una nuova.

Il nome dell'uno sulla bocca dell'altro, le dita di una delle mani di Eren strinsero quelle di Levi, intrecciandosi e stringendosi, per sentirsi vicini in un nuovo modo ancora. Era come se le loro intere esistenze non fossero servite ad altro che non fosse portarli a quel momento, il letto che tremava sotto le spinte poderose dell'Alpha, l'aria intossicante per il calore del suo compagno.

Vide come a rallentatore i movimenti che il corvino compiva per dargli piacere. Il modo in cui i suoi muscoli si tendevano e flettevano sotto la pelle chiara, creando ombre e facendo risaltare le vene.

«Levi... Levi, Levi!»

«Eren... Ah..»

L'Omega ripeté più e più volte il suo nome, la fronte premuta contro quella del suo amante, i loro occhi incatenati come se ogni cosa, dal loro respiro al moto del Sole ne dipendesse.

Levi mantenne le spinte lente, ma profonde. Gentili, ma piene di desiderio e passione, che trasparivano da ogni ansimo, gemito. Che impregnavano il suo odore, con il quale aveva ricoperto ogni parte del castano sotto di sé.

Guardò le gocce di sudore che si formavano ai lati della sua fronte e scivolavano lungo il viso, cadendo e perdendosi nelle fibre delle lenzuola. Il modo in cui si mordeva il labbro, rendendolo rosso ed invitante, come un frutto maturo pronto da cogliere.

Questo era il suo Omega.

Il suo Eren.

La sua vita, da quel momento in avanti.

Sentì le dita tremanti del giovane amante afferrargli i capelli e trascinare il suo viso contro il proprio collo. Affondando una nuova spinta, Levi si avventò coi denti contro la carne morbida della spalla, squarciando la pelle, facendo sgorgare sangue rosso e vivo nella propria bocca e lungo il collo, fino alle lenzuola.

In qualsiasi altro momento, una ferita simile sarebbe stata causa di un dolore incalcolabile, per l'Omega.

In quel momento invece, aperto e violato dall'amante, il grido che gli ringhiò in gola fu una liberazione. Eren rovesciò la testa all'indietro, urlando il nome di Levi come fosse un dio troppo lontano da raggiungere, anche con le preghiere più intense. Il sangue versato, un sacrificio per avere la sua incondizionata attenzione.

Tra le lenzuola di un letto sconosciuto, macchiato di sperma, sangue e sudore, non si era mai sentito più completo e felice.

Le spinte di Levi divennero sempre più irregolari e veloci. Eren le accolse tutte, muovendosi per andar loro incontro. I muscoli del suo corpo si contrassero, quando l'orgasmo lo colse per la seconda volta, ancora più intenso della prima. Con un gemito più simile ad un singhiozzo ed il viso umido di lacrime, sporcò il proprio stomaco e quello di Levi.

Intrappolato nella morsa calda dell'Omega, Levi ringhiò, spingendosi a fondo prima di raggiungere il climax.

Sentì i denti di Eren affondare nella propria spalla, quando il proprio sperma riempì il suo corpo, marchiandolo come proprio dall'interno. Appoggiò la fronte alla sua, respirando in fretta, gli occhi chiusi per darsi il tempo di riprendersi prima di affrontare di nuovo la radiosa bellezza del suo Omega, che sentiva tremare tra le proprie braccia.

Qualcosa si mosse, allora. Qualcosa su cui non aveva alcun controllo.

Eren guaì, sentendo la pressione dentro di sé aumentare ed il calore dell'imbarazzo risalì lungo il collo, colorandogli il viso di una tonalità in più.

Levi sollevò il capo, la fronte aggrottata, le sopracciglia unite in una linea sottile. Quando i loro sguardi si incrociarono, Eren rise.

«Merda.»

«Shh... Non fa niente.»

«No-non ci avevo pensato...»

«Levi. Va bene» ripeté il ragazzo, giocando pigramente con le dita tra i suoi capelli. «Per quel che ne so, dovrei esserne onorato.»

Levi assottigliò lo sguardo, indeciso se sentirsi preso in giro o sorridere della leggerezza con cui Eren aveva accettato il suo knot, quando dopo un rapporto la cima dell'erezione dell'Alpha si gonfiava di poco, intrappolando temporaneamente il seme all'interno del corpo dell'Omega. Serviva ad aumentare le possibilità che da quell'unione potesse nascere una nuova, piccola vita. Era comune tra le coppie ufficialmente marchiate, decisamente meno tra semplici amanti, ma l'idea che il suo Alpha fosse coinvolto dall'Omega al punto da volerlo legare a sé in quel modo era solo l'ulteriore prova di quanto profondo fosse il sentimento che Levi aveva sviluppato per Eren.

«Stai bene?»

«Mai stato meglio...» sospirò l'Omega e Levi gli leccò la gola, facendolo sorridere.

Lentamente, Levi portò entrambi a stendersi su un fianco ed Eren si raggomitolò contro al suo petto, facendo le fusa ed iniziando a rilassarsi. Non avevano idea di quanto tempo lo knot sarebbe durato, potevano essere pochi minuti così come un'ora.

Nessuno dei due comunque aveva alcuna fretta di separarsi dall'altro.

Quando il ragazzo iniziò a sbadigliare, Levi stese un braccio, lasciando che lo usasse come cuscino. L'idea di cercare di coprirlo apparve e scomparve dalla sua mente nel giro di un battito di ciglia: erano troppo caldi per pensare di mettersi addosso anche un solo lenzuolo. Per non parlare del fatto che la stoffa l'avrebbe privato della vista del suo bel compagno addormentato.

«Sei sicuro di stare bene?» chiese di nuovo, a voce bassa.

Vide le labbra di Eren incurvarsi appena, sul suo viso rilassato. «Sono con te.»

L'Alpha deglutì, cercando di rispedire il cuore al proprio posto.

«Allora dormi un po'.»

Eren non ebbe bisogno di farselo ripetere. Avvolto dalle braccia dell'uomo che aveva sognato per anni, si addormentò consapevole che, al proprio risveglio, il sogno sarebbe continuato.

*****

Cinguettio.

Profumo di fiori.

Acqua scrosciante.

Luce calda.

Ancora mezzo addormentato, Eren registrò questi suoni e sensazioni e decise che niente implicava che lui dovesse aprire gli occhi o alzarsi dal letto. Respirò a fondo, concentrandosi sugli odori che lo circondavano.

Oltre ai fiori, caffè e bagnoschiuma aleggiavano con i loro aromi delicati.

Si rigirò, afferrando il lembo della coperta che sentiva contro il fianco, per sollevarla almeno fino alla spalla.

Tutto il suo corpo protestò al movimento, facendolo mugolare. La coperta spostata mosse l'aria nascosta sotto la stoffa ed una serie di stimoli del tutto diversi lo raggiunse, colpendolo come un mattone nello stomaco. Sudore, sperma, sangue.

Calore, lussuria.

Alpha, Omega.

«Levi...»

Si mise seduto, guardandosi attorno. La stanza da letto era vuota, il letto freddo accanto a lui. Guardò in basso: le lenzuola su cui era sdraiato e le proprie stesse cosce erano la più sporca e perfetta rappresentazione di ciò che era accaduto la notte precedente. Tutto il suo corpo portava i segni del passaggio della bocca di Levi e del suo odore, impregnato in profondità nella pelle.

Ignorando i lamenti del corpo affaticato, si strinse le gambe al petto e lasciò che la coperta ricadesse dal corpo. L'aria fresca del mattino avvolse il suo corpo nudo, ma il ragazzo la ignorò in favore dei suoni che provenivano dalla porta alla destra del letto.

O per meglio dire, che avevano smesso di provenire.

Il suono dell'acqua scrosciante –della doccia, pensò Eren ora che era sveglio e lucido- si era fermato, sostituito dal suono di piedi nudi sulle piastrelle. L'Omega guaì prima che Eren potesse rendersene conto, richiamando l'attenzione del compagno.

«Ti sei svegliato» disse la voce di Levi, da dietro la porta socchiusa.

Un istante dopo, l'uomo apparve sulla soglia. Come unico indumento portava un asciugamano di stoffa nera avvolto attorno alla vita ed un altro più piccolo sulle spalle, a raccogliere le gocce che cadevano dai capelli umidi. Eren osservò come per la prima volta quel corpo, che solo poche ore prima aveva stretto al proprio. Alla luce del mattino, i lineamenti dei muscoli erano decisamente più evidenti che non nella penombra della notte precedente. I suoi occhi seguirono le forme degli addominali, concentrandosi poi sulla V che dal bacino spariva oltre l'asciugamano. E lì si persero, mentre il profumo di eccitazione e lussuria iniziava a scaldare l'aria attorno al ragazzo.

Levi fece allora schioccare la lingua, riportando l'attenzione di quelle iridi di giada sul proprio viso. Un sorrisetto appena accennato gli incurvava le labbra, mentre l'uomo si beava delle attenzioni del proprio Omega, l'Alpha che ruggiva d'orgoglio all'idea di poter provocare una tale reazione solo entrando nella stanza.

«Dormito bene?»

«Ehm...» Perché improvvisamente era così difficile ricordare come rispondere.

Levi attese qualche secondo che Eren riacquistasse il controllo di sé e quando non accadde si avvicinò al letto, appoggiando un ginocchio sul materasso. L'Omega si mosse, girandosi verso di lui. Le gambe ricaddero aperte sulle lenzuola, le braccia si tesero verso il corvino finché non gli ebbe circondato il viso con le mani.

Levi girò appena la testa, sfiorandogli il polso con un casto bacio a labbra chiuse.

«Vuoi mangiare?»

Eren si spinse verso di lui e leccò la gola dell'Alpha, facendo le fusa. Era appena uscito dalla doccia, la sua pelle profumava di sapone e bagnoschiuma, eppure l'odore di Eren era ancora lì, forte ed intenso come se non avesse mai incontrato acqua e fragranze, impregnato nella carne in modo indissolubile.

Levi si fermò. Un ringhio profondo iniziò rombare dal fondo della gola, crescendo di volume mentre la bocca dell'Omega scendeva dal collo al petto e giù, verso lo stomaco.

«...I-intendevo cibo» balbettò, afferrando quelle spettinate ciocche castane tra le dita.

Il suo Alpha era in lotta con sé stesso: parte di lui desiderava spingere Eren contro il materasso e reclamare nuovamente il suo corpo, ma l'istinto protettivo gli comandava di prendersi cura del suo Omega tenendolo pulito e nutrito. In salute.

«M-Mhmm...»

Eren morse la pelle sotto l'ombelico e con una mano fece sparire l'asciugamano nero che cingeva i fianchi di Levi. L'Alpha si liberò di quello che aveva attorno alle spalle, prima di salire sul letto e prendere il posto tra le cosce del castano.

In fondo, aveva lottato contro l'istinto per tutta la vita.

*****

Con le mani a conca, Eren raccolse un po' d'acqua, lasciando una grossa bolla proprio nel centro. La sollevò, avvicinandola al viso, ma colpita dal suo respiro, quella esplose, schizzandolo con minuscole gocce di sapone.

«Chiudi gli occhi» lo avvisò Levi, prima di rovesciargli in testa un po' d'acqua.

Eren piegò il capo all'indietro. La schiuma tra i suoi capelli colò lungo il viso, finendo nell'acqua in cui erano immersi fin quasi a metà del busto. Sollevò le mani, pettinandosi le ciocche castane, perché non gli finissero davanti agli occhi e scacciò le gocce che minacciavano di cadergli negli occhi.

«Per quanto ancora vuoi continuare a lavarmi i capelli?» domandò, sentendo il tappo di qualche flacone aprirsi, dietro di sé.

«Finché saranno puliti» rispose l'Alpha, iniziando a massaggiare la nuca del ragazzo seduto tra le proprie gambe. «Non fingere che non ti stia piacendo» aggiunse poi, quando sentì l'ormai familiare suono di fusa.

«Mh-mh... Mi piace, ma voglio farlo anche io a te...» rispose lui, la voce debole e trasognata, mentre si abbandonava a quelle dolci carezze.

«Dopo. Abbiamo tempo.»

*****

La passione tornava a trascinarli ad intervalli regolari.

Era Eren a dettare il ritmo di quei loro momenti d'intimità. Quando gli ormoni nel suo corpo diventavano troppi, quando il suo odore cambiava e la pelle cominciava a bruciare, quando le pupille si dilatavano all'interno degli occhi e le sue mani vagavano alla cieca, afferrando l'Alpha per attirare la sua attenzione, allora Levi interrompeva qualsiasi cosa stessero facendo. Lo sollevava tra le braccia e tornavano ad essere uno. Il letto di Levi era il loro nido d'amore, il luogo preferito e più comodo per sfogare istinto e desiderio di possessione, ma era capitato che la camera sembrasse troppo lontana ed allora avevano saputo adattarsi. In fondo, all'uno bastava l'altro.

Nelle pause che l'Omega concedeva tra un picco di ormoni e l'altro, Levi si prendeva cura di lui.

Si assicurava di lavarlo, disinfettare le ferite che si procuravano l'uno con l'altro e farlo mangiare. Non era mai stato un amante della cucina, ma in questo l'Omega stesso gli era venuto in aiuto.

Con solo intimo ed una maglietta addosso, aveva guidato Levi nella creazione di piccole ricette che Carla gli aveva insegnato, nei lunghi giorni di calore solitario passati a casa, impossibilitato a fare qualsiasi cosa fuori da quelle mura.

Erano tutte pietanze semplici, tutti successi ed ogni volta che si ritrovavano a lavare i piatti, Eren si assicurava sempre di soffiare quante più bolle possibili tra i capelli dell'Alpha, che sospirava senza trovare la forza di protestare. Perché avrebbe dovuto, dopotutto? Eren sorrideva, il suo Omega era felice.

Levi si sentiva completo.

Eren aveva telefonato ai suoi genitori, appena era giunto il mattino.

Entrambi erano stati sollevati di sentire la sua voce, nonostante non avessero nessun dubbio su dove e come avesse passato la notte. Carla gli aveva portato una borsa con alcune delle sue cose e l'aveva lasciata fuori dalla porta, rispettosa dell'intimità del figlio e del suo nuovo compagno.

Era sicura che Eren avrebbe fatto le dovute presentazioni, quando fossero stati pronti ed insieme al marito avevano convenuto che i due meritavano fiducia e pazienza. Inoltre, la riluttanza ad indossare vestiti e lo stato del suo corpo pieno di lividi e morsi, non erano esattamente l'immagine di sé che Eren voleva lasciare a chiunque non fosse il suo mate.

Il terzo giorno in casa Ackerman, il quarto di calore per Eren, iniziò con lo squillo del cellulare del corvino.

I due si erano coricati solo da un paio d'ore, dopo essersi intrattenuti nell'ennesimo tête-à-tête, nel pieno della notte. Il desiderio dell'Omega aveva cominciato a farsi sentire mentre ancora entrambi dormivano, la schiena del giovane premuta contro il petto del suo compagno e, nel sonno, il suo odore aveva richiamato le attenzioni dell'Alpha. Quando gli occhi verdi del ragazzo si erano schiusi sulla camera in penombra, le sue cosce erano già bagnate, le mani calde di Levi gli accarezzavano il bassoventre e la bocca dell'Alpha leccava e succhiava la ghiandola del collo, senza soluzione di continuità. Gli era bastato gemere ed inarcare la schiena, perché l'uomo circondasse la sua neonata erezione con una mano e spingesse la propria oltre la morbida apertura custodita tra le natiche.

I movimenti erano diventati più ferali, gli odori più intensi, le prese più salde ed i gemiti più acuti. Eren aveva ripetuto più e più volte il nome dell'amato, un braccio piegato dietro la testa per artigliargli i capelli, tirarli fino a farlo gemere, finché il piacere di entrambi aveva preso forma liquida.

L'ultima cosa che Eren ricordava di quel momento era la pressione che cresceva all'interno del proprio corpo, mentre lo knot di Levi lo legava a sé e la sua lingua che leccava le lacrime sfuggite dagli occhi, nel momento dell'apice.

Ed ora, uno squillo acuto e incessante spezzava il suo riposo.

Il suono continuò abbastanza a lungo da svegliare anche l'Alpha, che si sollevò sulle braccia e allungò stancamente la mano verso il comodino. Un ringhio basso e frustrato iniziò a farsi strada nella sua gola, alla vista del nome sullo schermo ed Eren rotolò tra le lenzuola per premere la fronte contro il suo fianco, stringendogli la vita in un abbraccio pigro. Le sue fusa furono in grado di distrarre l'uomo dalla rabbia per quell'intrusione, anche se solo telefonica, in casa sua durante il loro calore.

Quattrocchi del cazzo, pensò mentre il pollice premeva il pulsante di rifiuto della chiamata e gettava il cellulare di nuovo sul comodino. Aveva svegliato il suo Omega, era fortunata che non potesse averla a portata di mano in quel momento.

«Torna a dormire» disse, scivolando di nuovo sotto le lenzuola per stringere Eren al petto. «È ancora presto.»

Eren sorrise, gli occhi già chiusi, pronto a sprofondare nuovamente in quel sonno ristoratore che gli avrebbe dato le energie necessarie ad affrontare un'altra giornata di calore. Le dita di Levi gli accarezzavano lentamente le ciocche di capelli sulla nuca, giocandoci nella penombra, per farle scivolare tra le dita. Il ritmo del suo respiro, il suono ed il modo in cui il suo petto si muoveva contro il suo corpo, erano un rilassante naturale.

Poi il cellulare squillò di nuovo.

Levi imprecò, allontanando le mani da Eren così in fretta che l'Omega si lasciò sfuggire un uggiolio di disappunto. Chiunque fosse al telefono era così importante, da meritare l'attenzione del suo Alpha, strappandogliela? Più importante di lui?

Levi rifiutò nuovamente la chiamata, segnandosi mentalmente di far pagare alla donna ogni singolo minuto di quelle interruzioni. Le sue dita si mossero per spegnere il dispositivo e liberarsi finalmente dell'intralcio, ma il nome di Hanji Zoe apparve nuovamente e prima di rendersene conto, si ritrovò ad accettare il collegamento, portando all'orecchio il cellulare.

L'odore della frustrazione e dell'abbandono crebbe attorno al ragazzo, che si mosse tra le coperte seguendo un istinto che non sentiva appartenergli, ma che non poteva più combattere.

«Porca puttana, Hanji!» stava dicendo Levi, dopo aver risposto ed anche se ascoltava la voce dall'altro capo della chiamata, i suoi occhi chiari erano fissi sull'Omega che aveva calciato via le lenzuola con veemenza.

«Levi! Oddio, ero terribilmente preoccupata!» esclamò la voce della donna.

L'uomo aggrottò la fronte.

«E perc-»

«Quando non ti sei presentato in ufficio neanche stamattina, ho chiesto a Pixis che fine avessi fatto e mi ha risposto che avevi chiesto un congedo per calore! Capisci?!»

No, Levi non capiva.

Non capiva come a quel vecchio del cazzo fosse venuto in mente di parlare degli affari suoi ad una donna che, per quanto sua amica, restava comunque una collega sul lavoro.

Non capiva perché Hanji avrebbe dovuto trovare così allarmante la sua assenza.

E soprattutto non capiva che cosa Eren stesse facendo, gattonando sul materasso fin tra le sue gambe.

Smise del tutto di pensare quando gli vide separare le cosce con le mani e farsi spazio per iniziare a leccare la pelle morbida di una di esse. Quella lingua calda risalì velocemente fino all'inguine, il membro rilassato e morbido venne preso d'assedio dalle mosse inesperte di un ragazzo che aveva dalla sua creatività e determinazione.

Guarda me. Ascolta me. Interessati a me, me soltanto.

Quegli occhi di smeraldo parlavano al posto della bocca, impegnata ora ad aprirsi a sufficienza per avvolgere tra le labbra la cima di una neonata erezione. Non ci era voluta più di qualche lappata, perché tutto il sangue del corpo dell'Alpha andasse a concentrarsi in un unico punto.

Al cellulare Hanji stava ancora parlando. Poteva vagamente percepire la sua voce che lo chiamava, sempre più confusa dalla sua assenza di risposta, ma aveva piegato la testa contro il cuscino, le dita della mano libera strette tra i capelli castani del suo amante.

«Levi? LEVI! Ehi!! Ma c'è ancora la linea?!»

Quando, con un piccolo sforzo, Eren riuscì a farlo scendere in gola ed iniziò a fare le fusa per la soddisfazione, l'Alpha riuscì a ritrovare abbastanza controllo da chiudere la chiamata e gettare il cellulare a terra.

«A-Ah! Eren..!» gemette, inarcandosi sul materasso e verso di lui.

L'Omega seguì con lo sguardo la caduta del dispositivo e dopo aver sentito il suo doloroso atterraggio sul pavimento, spinse la testa contro il bacino di Levi tre, quattro volte, sempre più in fretta, portandolo sempre più in alto, alla propria vetta di piacere e lussuria. E poi, quando ormai le mani tra i suoi capelli tremavano per lo sforzo di trattenersi, Eren si ritrasse, abbandonandolo così, ad un soffio dall'orgasmo.

Levi avrebbe ringhiato per il disappunto, ma il suono si strozzò nella gola dell'Alpha, rendendogli impossibile sfogare una manifestazione tanto violenta e spiacevole contro il suo Omega. Sollevandosi sui gomiti, incontrò lo sguardo smeraldino, duro e tagliente e si risolse a produrre un uggiolio confuso.

Così impari a lasciarmi solo, ringhiò l'Omega, incrociando le braccia davanti al petto e dandogli le spalle.

L'Alpha alzò lievemente gli occhi al cielo. A fatica, ignorando al meglio possibile ciò che tra le sue gambe urlava per avere la sua completa attenzione, si mise seduto dietro di lui e gli circondò il busto con le braccia. L'Omega non si mosse di un centimetro, ma Levi lo sentì fremere quando con la gola vicino al suo orecchio, iniziò a ringhiare in modo basso e profondo, ad imitazione delle dolci fusa che solo il ragazzo era in grado di produrre.

Hai ragione, perdonami. Non lasciarmi, resta con me.

Con baci morbidi e delicate lappate, iniziò a stuzzicare la ghiandola sul collo del ragazzo, che sentì liberarsi lentamente da ogni tensione lo tenesse avvinto ed abbandonarsi contro il proprio petto, la testa piegata per permettergli una posizione migliore.

Eren, ringhiò l'Alpha.

Levi..., gemette l'Omega.

Le lenzuola accolsero di nuovo gli amanti e la loro pace ritrovata.

*****

Quando Eren si svegliò, socchiuse gli occhi, ma il resto suo corpo rifiutò di muoversi.

Anche se non riusciva a vedere la sveglia, la luce che entrava dalla finestra gli suggeriva che doveva essere tardo pomeriggio. I raggi del sole erano di un intenso rosso-dorato e parte della parete di fronte sembrava essere placcata di quel prezioso metallo.

Il calore andava ormai giungendo al suo termine.

Eren poteva sentire il corpo stanco e martoriato dai precedenti giorni di passione incontrollata a cui l'aveva sottoposto. Da zero a cento in una notte, aveva spinto ogni muscolo a movimenti e sforzi che non si era mai trovato a compiere, ma a cui si era riscoperto insospettabilmente predisposto. Erano già diverse ore che il familiare caldo da picco di ormoni non si faceva sentire e più o meno un giorno ancora gli rimaneva da trascorrere assieme all'uomo che aveva scelto come compagno.

Al pensiero di Levi, le dita dei piedi si strinsero lievemente, una contrazione causata dal ricordo delle ore ed ore di piacere che era stato capace di donargli, senza mai dimenticare l'inesperienza del partner con il quale si stava intrattenendo. Era stato dolce e deciso al contempo. Perfetto. Si sarebbe assicurato di dirglielo, prima di tornare a casa.

Molte cose sarebbero cambiate, da lì in avanti. Avevano superato un limite che non poteva essere ignorato, non c'era spazio per i ripensamenti e sicuramente Eren non aveva intenzione di perdere il proprio tempo in simili pensieri. Levi era l'unico che aveva sempre desiderato, ma prendersi almeno una stagione per conoscersi come coppia gli era sembrata una cosa logica da fare, prima di legarsi eternamente a lui. Tre mesi durante i quali avrebbe potuto frequentarlo in un modo completamente differente, avvicinarsi senza timore di suscitare in lui o in sé stesso reazioni sgradite e soprattutto avrebbe avuto il tempo di diplomarsi ed uscire ufficialmente dal mondo dei giovani, per fare un primo passo nella sua vita adulta.

L'idea di farlo con Levi Ackerman al proprio fianco gli scaldava il cuore.

Con la voglia di sentire il sapore della sua bocca sulla propria, Eren si riscosse dal dormiveglia, intenzionato a girarsi per cercare il corpo del compagno. Solo allora però si rese conto del peso caldo sulle proprie gambe. Abbassando lo sguardo, sentì il rossore scaldargli le guance alla vista che i suoi occhi misero a fuoco.

Levi aveva lasciato il suo fianco, mentre dormiva e si era steso lentamente sul materasso, per non disturbare il sonno del più piccolo. Aveva appoggiato la testa alle sue cosce, il viso rivolto verso la pancia di Eren. Le dita di una delle sue mani si muovevano attorno al suo ombelico, sfiorando la pelle in modo così delicato che l'Omega non se n'era neanche reso conto, finché non aveva scelto di farci caso, il suo corpo troppo abituato al tocco di Levi per allertarlo al primo contatto.

I loro sguardi si incrociarono, ma niente nell'espressione o nei gesti dell'Alpha cambiò. Vedere Eren imbarazzato, fermo immobile senza sapere come muoversi o cosa dire, lo divertiva. Decise di liberarlo dal peso di quel momento, sollevandosi sulle braccia.

«Ehi» mormorò il ragazzo, guardandolo mentre tornava al suo fianco e sistemava i cuscini per appoggiarvi la schiena.

«Dormi davvero tanto» rispose, passandogli distrattamente un braccio attorno alle spalle.

Eren si accoccolò istintivamente contro di lui, sussultando appena quando la mano libera di Levi tornò sulla sua pancia.

«E-Ehm...»

L'Alpha alzò lievemente un sopracciglio, come ad indicargli che lo stava ascoltando, anche se i suoi occhi azzurri rimasero fissi sulla pelle scura che stava accarezzando.

«La... La tua mano...»

«Ti infastidisce?»

«No...»

«Quindi?»

«Perché lo stai...?»

«Secondo te?»

Eren aveva una sola risposta a quella domanda e non un grammo del coraggio che gli sarebbe servito per pronunciarla a voce alta. Si limitò a piegare le gambe, portandosi le mani dietro le cosce come per mantenere la posizione. Neanche allora Levi smise di accarezzarlo.

«Posso smettere se vuoi.»

«Non voglio che tu smetta...» balbettò in risposta, scuotendo subito la testa. «Solo che... Tu non pensi che io sia...»

«Avevi sempre preso i soppressori regolarmente?»

Eren annuì, passandosi la lingua sulle labbra secche. «Sempre. Fino all'altra mattina, quando è iniziato all'improvviso ed ho preso alcuni di quelli generici, in infermeria... E poi un paio di pillole a casa mia.»

«Allora no.»

Eren sentì il cuore stringersi nel petto ed il suo Omega forzarlo a guaire per il dispiacere, ma inghiottì i suoni ed invece posò una mano su quella di Levi.

«L'avresti voluto?» sussurrò.

L'Alpha rimase in silenzio così a lungo che Eren credette di non essere stato sentito. Stava pensando se ripetere la domanda o approfittare dell'occasione per abbandonare l'argomento, quando il corvino si sporse per baciargli la tempia.

«Credo di no. Non ora, comunque» disse, le labbra ancora contro la sua pelle. «Non prima di averti reso completamente mio.»

Eren deglutì, l'Omega dentro di lui che cinguettava per la gioia di sentire il proprio mate progettare un futuro con lui. Sorridendo, lasciò che la tensione scivolasse via dal corpo ed accarezzò il dorso della mano di Levi.

«Mi sono sempre piaciute le famiglie numerose» sussurrò, chiudendo gli occhi per lasciarsi cullare dal battito dentro al petto del suo compagno.

Come prima, Levi non rispose per diverso tempo. Le sue dita disegnavano piccoli cerchi attorno all'ombelico, scendendo fino alla zona al di sopra dell'inguine, dove la pelle un giorno si sarebbe tesa, gonfia per la vita che vi si sarebbe insediata, per crescere forte prima di venire alla luce.

Gli diede un nuovo bacio, sulla fronte questa volta e ringhiò a voce bassa.

Anche a me.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top