Capitolo 39

È martedì, e io sono ancora qua in Italia. Devo dire che mi piace questa nuova fase della mia vita e sto pensando di sostare qualche giorno in più, riprendendo le mie lezioni online. Mi sono appena svegliata e mi rendo conto che è tardissimo: non ho sentito la sveglia e me ne sono accorta perché mi sono ritrovata sul letto da sola e grazie al post-it sul mio comodino, che riporta: "Buongiorno dormigliona! Ti ricordo che io ho le visite stamattina e il primo allenamento, nel primo pomeriggio. Se non ti ho svegliata è perché eri troppo carina con quegli occhietti chiusi e non volevo interrompere i tuoi dolci sogni. Ci vediamo dopo! Ti amo!" e che mi stampa subito un bel sorriso. Quando fa così, è davvero dolcissimo e mette un po' di zucchero filato nella mia personalità. Diciamo che lui si è inserito nella mia vita bruscamente, ma gradualmente ha versato del dolcificante per fermare il gusto amaro tipico di essa.
Sono le 10:30, non mi era mai capitato di alzarmi a quest' ora, tranne quando mi ammalo. Mi misuro la febbre per precauzione, anche se non me la sento. Infatti non c' è l' ho (per la precisione è uno stupido 37°) e quindi penso che sia stato un caso che mi sia alzata in questo strano orario. Ma, sento, dentro di me, qualcosa che non va: non mi sento benissimo. Ho un po' freddo e non mi sento riposata e questo mi capita quando sono molto stressata o in sovrallenamento. Non ho nemmeno fame e, infatti, mi limito ad un tè caldo. Mi reco in bagno e mi guardo allo specchio: sembra che io abbia visto un fantasma, però io ho promesso di raggiungere Lennart dopo le visite e di aiutarlo con la ripresa degli allenamenti. Mi vesto in maniera più pesante del solito ed esco, recandomi al centro medico di riferimento della squadra. Arrivo giusto in tempo perché lui ha appena finito. Non appena esce, ci spostiamo in un angolo lì vicino e senza troppa gente che passa. "Com' è andata?" gli chiedo. Lui mi risponde che sarebbe potuta andare molto peggio: ha perso un po' di massa muscolare, come si poteva immaginare, ma quel che è positivo è che gli esami del sangue sono perfetti e anche il cuore sta bene e che deve solo aumentare la resistenza che, per ovvi motivi, è un po' calata pure quella. Io lo abbraccio e gli prometto che avrei fatto tutto il possibile per aiutarlo. Mi ringrazia e mi dice di stare tranquilla che lui si sente mentalmente più solido e convinto si potercela fare. Poi mi dà un bacino sulla fronte, che è una delle sue manifestazioni d' affetto preferite. "Sei un po' calda" mi sussurra guardandomi dritto negli occhi. "Tranquillo, non ho febbre, solo una piccola alterazione e, solitamente, è un segnale di stanchezza." cerco di tranquillizzarlo io. Lui mi risponde, a sua volta, che oggi preferirebbe che non mettessi in pratica oggi le mie conoscenze universitarie e che tornassi a letto a dormire. "Ma io voglio proprio aiutarti!" insisto io, ma lui sostiene che io debba imparare a conoscere i miei limiti: va bene essere sempre al top e cercare di migliorarsi, ma, in alcuni giorni e bene ascoltare i segnali del proprio corpo. Mi racconta di quella volta in cui si è lussato una rotula: provava sempre a tornare a calciare qualcosa, ma, a lungo andare, l' osso in questione è fuoriuscito completamente dalla sua sede ed ha allungato i tempi di recupero per niente. Al sentire di quella storia, mi rendo conto che forse Robin ha ragione: io e Lennart siamo più simili di quanto immaginiamo ed era solo che non riuscivamo a capirci. Anche lui è determinato e un po' ribelle, in fondo.
Se raccontassi come ci siamo conosciuti e in che rapporti eravamo, ad una persona che ci conosce adesso, questa non ci crederebbe proprio per l' intesa che si è sviluppata tra noi e che ci ha portati ad essere una coppia.
Torniamo a casa per il pranzo e lui mi spedisce a nanna come si fa con i bimbi piccoli. Io cerco di oppormi senza esagerare con i capricci, ma Lennart mi corrompe con la proposta del pranzo a letto. Io, abbasso lo sguardo e vado in camera chiudendo definitivamente la bocca. Dopo una ventina di minuti, mi porta un vassoio con un bel piatto di brodino. "Ma non sono ammalata!" protesto io, in quanto desiderosa di qualcosa di sostanzioso da masticare tra i denti. "Tu fidati di me, è la ricetta magica di mia nonna e hai bisogno di mangiare leggero se vuoi riposare meglio" mi dice, trattandomi come fossi in punto di morte. Almeno lo assaggio, però e devo dire che ha un gusto più intenso e deciso rispetto al classico brodino che propinano ai moribondi. Anzi, devo essere sincera: è buono, ma ho ancora fame. Gli chiedo che cos' abbia questa ricetta di particolare, ma l' ingrediente segreto non può rivelarlo per tradizione familiare.
In quel momento, inizio a tremare e sudare allo stesso tempo e capisco che è iniziato il processo di termoregolazione corporea, ma non sono ancora convinta che il magico brodino sia davvero così magico! "Io mi prendo su il borsone e vado, se non c' è altro che posso fare per te" mi saluta lui. "No, tranquillo! Sto bene e mi posso arrangiare da sola." Non appena Lennart esce dalla porta, mi riprovo la febbre. Sempre 37 segna quel dannato termometro. Ma io non sto male, lo giuro. Non sono nemmeno più stanca! Così esco dalle coperte, ma mi viene un brivido. "Forse il mio ragazzo ha ragione: il mio corpo necessita riposo" mi ripeto tra me e me. Non capisco perché continuo a sottovalutarlo sotto certi aspetti: forse ho una paura inconsapevole che si mostri una cattiva persona? Forse perché non ho mai avuto fiducia completa nelle persone ed ho sempre pensato che il mio istinto fosse il mio migliore alleato? Non ne ho idea, ma tutto questo pensare mi porta a cadere in un sonno profondo. Vengo svegliata solo verso sera, quando Lennart torna in casa e si reca in camera da me: "Come ti senti?" mi chiede. "Io ho iniziato di brutto gli allenamenti muscolari e mi sto preparando per tornare a correre. Mi sono sentito dire che il mio fisico è predisposto per tornare come prima velocemente e poi mi hanno ricordato che i muscoli hanno memoria" mi racconta sedendosi sul letto ed iniziando ad accarezzarmi la schiena. "Beh, positivo direi!" esclamo io. Lui mi fa notare che non ho ancora risposto come sto. Beh, devo ammettere che mi sento molto più in forze adesso e giuro che non dubiterò mai più della sua magica ricetta. Anzi, non dubiterò mai più di lui perché sa sempre che consigli dare e al momento giusto.
In quel momento, mi chiamano su Skype le mie due più care amiche e io, pur avendo un aspetto da sconvolta, accetto lo stesso. Mi domandano in che letto ho dormito, dal momento che è lampante che mi sono appena svegliata. Io, finalmente, confesso a loro che sono fidanzata. Applaudono entrambe e sostengono che fosse ora. Poi, Lennart si fa vedere in webcam per salutarle e sia Aimee-Lynn, che Chiara sembrano sconvolte e allucinate. "Ma sei proprio tu?! No dico...sei tu davvero il suo ragazzo?! Sei tu in carne ed ossa?!" chiedono loro a lui in coro. "Sì sono io, proprio io!" esclama lui ridendo. "Vogliamo sapere come hai fatto a farla ragionare, dopo che noi abbiamo tentato invano di farle capire che l' odio che sosteneva di provare per te, era, in realtà, amore...per mesi e mesi!" ribadiscono loro. Lui continua a ridere, ma io sono in imbarazzo perché, in effetti, le mie amiche mi conoscono meglio di quanto io conosca me stessa. "Ragazze care...non c' è una ricetta esatta per aiutare una persona a decifrare i suoi sentimenti, ma una cosa è certa: io e mio fratello maggiore diciamo sempre che, se una ragazza respira gli speciali ormoni Czyborra, che noi rilasciamo, di sicuro cade ai nostri piedi e non c' è via di scampo. Con la vostra amica è successo esattamente questo!" Ok è vero: a quella affermazione rido anche io e mi torna il buonumore.
Amore mio, avrò anche respirato i tuoi ormoni come dici tu, ma ti ricordo che non sono per niente facile da conquistare e ancora mi sto chiedendo come tu abbia fatto...scherzo! Non credo ci sia una spiegazione logica: ci si innamora e basta ed è un processo chimico che avviene quando meno ce lo aspettiamo.

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