Capitolo 20

Siamo nel settembre 2027. Io sono rientrata da qualche mese in panchina e nostro figlio ha quasi quindici mesi. È iniziata la mia terza stagione su questa panchina, in quanto sono riuscita a condurli al secondo titolo consecutivo nonostante la maternità. Stamattina sto allenando e preparando i ragazzi alla quarta giornata di campionato, dopo una partenza sottotono. Lennart, invece, è a casa con Thijs perché non si può allenare, in quanto ha rimediato una lesione di secondo grado all' adduttore nella scorsa partita e sono contraria a siringhe o altri metodi per accelerare i processi di guarigione. Penso che si rischi una recidiva inutile e più dannosa, senza contare che il corpo ha bisogno dei suoi tempi.
Quando torno a casa dopo pranzo, noto che Thijs è seduto per terra e piange disperato. "Che succede qua? Vieni dalla mamma!" gli sussurro prendendolo in braccio. Thijs, che da qualche mese aveva iniziato a parlare, si limita a dire "Papà brutto!" lasciandomi sconvolta. Papà Brutto?! COME PAPÀ BRUTTO!?
"Thijs! Non si dicono queste brutte cose, chiedi subito scusa a papà!" rispondo io. Thijs non si muove di una virgola. Lennart è palesemente esasperato e mi dice che è tutto il giorno che nostro figlio continua a pronunciare "Papà brutto" o "Papà cattivo" solo perché non l' ha portato al parco a causa del suo dolore alla coscia. Così ha perso la pazienza e gli ha dato un colpetto sulla schiena, ma ha iniziato a piangere e non sapeva più cosa fare. Ha provato a coccolarlo e a giocare con lui, ma urlava "no!" e si è intristito perché gli vuole bene, ma ha la sensazione di non riuscire a mostrarlo. "Forse non sono bravo con i piccoli" conclude. Io credo che sia un amore con i bimbi, ma forse deve imparare a comunicare meglio con loro.
In quel momento, arriva il fisioterapista di squadra e io ne approfitto per portare Thijs proprio al parco, allo scopo di farlo familiarizzare con nuovi terreni, dal momento che ha appena imparato a camminare. Ricordo benissimo i suoi primi passi e come me ne sono accorta: stavo cucinando e me lo sono ritrovato in piedi con la manina appoggiata al mobile. Ho interrotto l' azione che stavo compiendo e mi sono chinata, dicendogli di venire da me. Vedere le sue gambine muoversi è stata un' emozione unica perché mi sono resa conto di quanto crescono in fretta i bambini. La sua prima parolina, invece, è arrivata all' età di soli nove mesi, piuttosto precoce. Che sensazione! Quel giorno stavo dirigendo una partita di campionato e avevo appena sostituito Lennart per far esordire un ragazzo della primavera e per far respirare me e il mio vice nella gestione di Thijs, che mi aveva accompagnata in panchina per la prima volta. Non appena mio marito si è seduto in panchina, gli ho rifilato il piccolo in braccio e tutte le altre riserve si sono precipitate a coccolarlo, in quanto piccola mascotte di squadra. Al fischio finale, ho saputo che ha detto "mamma" perché Lennart si è avvicinato a me con lui in braccio, quasi all' altezza della spalla e gli fa: "Piccolino...raccontiamo alla mamma..." e neanche il tempo di terminare la frase, che ripete "Mamma" di nuovo.
Arrivati al parco, mi siedo sulla panchina e lascio Thijs muoversi liberamente, sporcarsi e anche cadere: è importantissimo che lui trovi il suo equilibrio da solo e rinforzi la muscolatura, anche per non finire in infermeria come papà. Ad un certo punto, arriva un' altra bambina, più o meno della sua stessa età, accompagnata da una giovane ragazza, di circa sedici anni a vederla, che pensavo fosse la sorella, fino a quando non l' ho sentita nominare "Mami!" Che bello vedere due bimbi così piccoli che fanno amicizia e giocano insieme. Non solo...noto che la ragazza mi riconosce tramite...mio figlio. "Ciao bel bambino! Tu assomigli un sacco a Czyborra, hai la stessa forma degli occhi e gli stessi capelli. Sei la sua versione mulatta, sei bellissimo!" gli dice. Thijs sembra aver capito il complimento e le abbraccia una gamba. Così mi alzo e cerco di staccarlo. "Ma no, non si preoccupi...io adoro i bambini e ne ho una anche se sono ancora al liceo" si rivolge a me. Poi si rende conto di chi sono e si congratula con me sia per i risultati della squadra, che per il bimbo, aggiungendo che, a sua detta, è tenerissimo e, quando sarà grande, farà strage di ragazze. In effetti, se cerchi di stare da solo con tuo figlio quando sei fuori di casa, è difficile proprio per il suo aspetto singolare: non si vedono molte persone in giro mulatte, ma biondissime e con gli occhi quasi trasparenti, come due specchi di ghiaccio.
Inoltre, notando che i nostri bimbi vanno d' accordo ci presentiamo e ci scambiamo i numeri, in modo da iniziare il processo di socializzazione, anche in vista dell' asilo.
Tornati a casa, noto che Lennart è in accappatoio perché ha appena finito la doccia post-fisioterapia e riabilitazione e gli chiedo come sta. Mi risponde che è stato un po' traumatico perché aveva la sensazione di non avere il controllo completo della zona interessata, ma che si impegnerà per tornare in campo il prima possibile. Thijs, in quel momento, sfoggia la sua natura ruffiana ai massimi livelli e corre in contro a papà, che lo prende in braccio. "Ora papi non è più brutto e cattivo?" gli chiede dolcemente. Thijs ci pensa un po', sorride ed esclama un sonoro "Sí!" ridendo. "Come sí?!" esclama Lennart guardandolo negli occhi. Io li interrompo, dicendo che è ora di fare il bagnetto, ma Lennart si propone, allo scopo di rimediare e migliorare il rapporto padre-figlio. Io mi fido a lasciarglielo, ma gli stilo alcune raccomandazioni sulla temperatura dell' acqua, della stanza e sui giochini. Senza contare che adora il massaggino sul pancino, ma bisogna stare attenti perché detesta le mani o l' acqua fredde. Anzi, le superfici fredde in generale. "Che bambino precisino! Questo ha preso da te!" scherza Lennart. Gli rispondo con una linguaccia.
Mentre io preparo la cena, lui vi racconta la sua prima esperienza "bagno".


Bene ragazzi! Ciao a tutti!
Diventare genitori è una missione, lo confesso: specie se praticate due lavori come i nostri. Oggi vi racconto i drammi di un papà che si è preso parole dal figlio tutto il giorno e che è alle prese con gli schizzi d' acqua. Prima di metterlo in vasca, accendo un po' il riscaldamento, poiché si tratta di un settembre incredibilmente freddo e gli riempio un po' la vasca con acqua caldina, ma non eccessivamente. Lo aiuto delicatamente ad entrare. "Freddo!" urla Thijs, schizzandomi addosso battendo con la manina. Provo a scaldargli l' acqua, aggiungendone un po', anche se mi sembra già calda e non vorrei si ustionasse.
Evidentemente ho un figlio che ama il caldo proprio...con l' acqua bollente si vede proprio quanto si rilassa. Io resto lì, con lui, seduto su uno sgabello di fianco alla vasca. Brrr! A stare fermo lì, mi viene un brivido, così mi accendo la stufetta e mi sparo l' aria calda addosso, stando attento a non surriscaldare troppo la mia aria lesionata. "Coccole!" dice dopo un po'. Allora inizio a studiare come pormi per fare il massaggino senza sollecitare il mio infortunio. Trovo una posa, scomoda, ma la trovo. Inizio ad insaponarlo delicatamente, fino ad arrivare al pancino, sua zona preferita. Inizia a piangere per il freddo delle mie mani, così decido di scaldarle ed indossare un paio di guanti in tessuto che mi ero portato in bagno per precauzione. Ma piange lo stesso. Dove sbaglio? Me la sta facendo pagare per la mancata gita di stamattina? "Allora forse devo provare con più leggerezza: Arya sarà anche una donna dalla personalità forte, ma il suo tocco delicato è un qualcosa di magico." penso tra me e me. In effetti, la mia intuizione è giusta! Con meno pressione, Thijs torna in mood rilassato. A quel punto, entra Arya per avvisarci che la cena sarebbe stata pronta entro dieci minuti e, vedendo la scena, confessa che si è un po' sciolta e che non aveva mai dubbi che io potessi cavarmela come papà. Quando mia moglie chiude la porta, io cerco di tirare fuori Thijs dalla vasca, senza fargli percepire sbalzi termici, per asciugarlo e mettergli un bel pigiamino morbido. Non sapevo si rilassasse così tanto con un semplice bagno: finché mi reco dal bagno alla cucina, il nostro piccolino si addormenta sulla mia spalla come un angioletto e, decido di riporlo nel suo lettino, stando attendo che non se ne accorgesse per non svegliarlo, gli tiro su la copertina e gli do un bacino sulla fronte. E raggiungo mia moglie per la cena. Non vi lascio nemmeno immaginare cosa abbiamo fatto dopo...forse avete capito e vi starete chiedendo: Volete un momento di intimità o state cercando un fratellino o sorellina per Thijs? Mah, chi lo sa...

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