Ohnno


Nome: Pandora (nella mitologia greca, Pandora [in greco antico "Πανδώρα", da "πᾶς", "tutto" e "δῶρον", "dono", cioè "tutti i doni"] è la prima donna mortale, creata da Efesto su ordine di Zeus; il suo mito è legato a quello del celebre quanto nefasto vaso, che lo stesso re degli dei le avrebbe affidato intimandole di non aprirlo mai, perché la sua apertura avrebbe liberato tra gli uomini tutti i mali in esso racchiusi.
Il poema di Esiodo "Le opere e i giorn"i narra che Zeus si infuriò contro Prometeo per il furto del fuoco: il Titano aveva forgiato il primo uomo impastandolo con la terra e la pioggia, gli aveva infuso astuzia e timidezza, forza, fierezza e ambizione e l'aveva poi animato col fuoco divino. Ma il fuoco divino sarebbe dovuto restare privilegio degli dei e non essere offerto a creature terrene; per questo Zeus era in collera. Riservò a Prometeo un castigo atroce: incatenato sul Caucaso, avrebbe visto un'aquila divorargli il fegato che sarebbe ricresciuto ogni notte per perpetuare il dolore. Agli uomini inviò un dono infido e alla prima donna fu affidato il compito di portare con sé, nel mondo, infinite sofferenze; ordinò ad Efesto di forgiare la fanciulla, "Pandora". A lei ogni dio offrì un dono divino: bellezza, virtù, abilità, grazia, astuzia e ingegno.
Ermes, che aveva dotato la giovane di astuzia e curiosità, venne incaricato di condurre Pandora dal fratello di Prometeo [che nel frattempo era stato liberato da Eracle], Epimeteo: questi, nonostante l'avvertimento del fratello di non accettare doni dagli dei, la accolse, si innamorò, la sposò ed ebbe da lei una figlia, Pirra, destinata a diventare la sposa di Deucalione e madre della nuova umanità dopo il diluvio che aveva sommerso l'Ellade.
Pandora recava con sé un vaso regalatole da Zeus, che però le aveva ordinato di lasciare sempre chiuso. Tuttavia, spinta dalla curiosità, Pandora disobbedì; aprì il vaso e da esso uscirono tutti i mali che si avventarono furiosi sul mondo: la vecchiaia, la gelosia, la malattia, il dolore, la pazzia ed il vizio si abbatterono sull'umanità. Sul fondo del vaso rimase solo la speranza, che non fece in tempo ad allontanarsi perché il vaso fu chiuso nuovamente.
Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali; dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato, cupo ed inospitale, fino a quando Pandora aprì nuovamente il vaso e permise anche alla speranza di librarsi tra gli uomini: «Così disse ed essi obbedirono a Zeus signore, figlio di Crono. E subito l'inclito Ambidestro, per volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede un cinto e l'adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno al suo corpo condussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma, l'incoronarono con fiori di primavera; e Pallade Atena adattò alle membra ornamenti di ogni genere. Infine il messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l'araldo divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l'avevano portata in dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l'arduo inganno, senza rimedio, il Padre mandò a Epimeteo l'inclito Argifonte portatore del dono, veloce araldo degli dèi; né Epimeteo pensò alle parole che Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma rimandarlo indietro, perché non divenga un male per i mortali. Lo accolse e possedeva il male, prima di riconoscerlo. Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all'uomo la morte (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell'orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell'orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell'egioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini.»)

Cognome: Pandora rispondeva al cognome di "Emmenidi"; gli Emmenidi (in greco antico: "Ἐμμενίδαι") furono un ghenos siceliota, attivo in Akragas e originario, secondo la tradizione, di Rodi o di Tera. La famiglia fu in vari modi collegata dagli antichi alla figura di Edipo.
Capostipite degli Emmenidi fu Emmene, figura la cui storicità è oscura: sarebbe stato lui (o un Telemaco) responsabile della caduta del tiranno Falaride, ma è facile immaginare che tale tradizione sia stata messa in piedi dall'emmenide più illustre, cioè Terone, tiranno di Akragas a partire dal quattrocentoquarantotto o dall'anno successivo (date che è possibile indurre dalle testimonianze di Diodoro Siculo). In effetti, il mezzo secolo di storia agrigentina tra Falaride e l'instaurarsi della tirannide di Terone non è quasi per nulla documentato e comunque solo in modo indiretto; furono gli scoliasti di Pindaro a suggerire che gli Emmenidi abbiano avuto un ruolo preminente nell'abbattimento della tirannide falaridea. Rimane quindi del tutto ipotetico che a Falaride sia seguita una tirannide "protoemmenide" e a questa un regime oligarchico, che precedette il ritorno, con Terone, alla tirannia in Akragas. Gli Emmenidi, al momento dell'instaurarsi della tirannide teronea, appaiono come una delle casate più in vista di Akragas: allevano cavalli e hanno relazioni con tutta la grecità; Senocrate, fratello di Terone, si afferma con la quadriglia alle Pitiadi del quattrocentonovanta avanti Cristo e la vittoria è cantata da Pindaro in un'ode in onore di Trasibulo, figlio di Senocrate. Quanto all'emmenide Terone, il più insigne rappresentante del ghenos, egli appare in posizione di eminenza all'interno della famiglia anche prima di assumere la tirannide. L'imponenza della figura di Terone è così ricordata da Diodoro: «Terone agrigentino, non solo per stirpe e per ricchezza, ma anche per generosità nei confronti della plebe, di molto superava non solo i concittadini, bensì tutti i Sicelioti.»
Terone fu importante alleato del tiranno di Siracusa Gelone ed insieme si affermarono contro i Cartaginesi e contro le poleis calcidesi alla battaglia di Imera. L'alleanza tra Gelone e Terone fu sostanziata anche da matrimoni dinastici: Demarete, figlia di Terone, sposerà Gelone e, alla morte di questi, passerà al fratello Polizelo; nel breve periodo che vide i Dinomenidi Polizelo e Geronecontendersi la successione a Gelone, Terone prenderà le parti del genero e si sfiorerà lo scontro tra Akragas e Siracusa. Composto il conflitto con l'aiuto del poeta Simonide, Terone sposerà una figlia di Polizelo e i due diventeranno l'uno suocero dell'altro.
L'equilibrio mantenuto da Terone nei suoi rapporti con Siracusa non è retto da Trasideo, che tenta di abbattere Gerone, come racconta Diodoro: «[Trasideo], dopo la morte del padre Terone, raccolti molti mercenari, e aggiuntivi contingenti agrigentini e imeresi, radunò un esercito di oltre ventimila uomini fra cavalieri e fanti. [...] Prevalsero i Siracusani. [...] Trasideo, sfiduciato, fu deposto e privato delle sue prerogative. Esule riparò a Megara Nisea, dove fu condannato a morte. Gli Agrigentini, instaurata la democrazia, rivoltisi con un'ambasceria a Ierone, ottenero la pace.»
Il tentativo egemonico di Trasideo fallisce dunque miseramente. Gerone, vecchio e malato, riesce comunque a sconfiggerlo; non è comunque chiaro come mai Trasideo venga condannato a morte a Megara Nisea. La vittoria siracusana non porterà bene nemmeno ai Dinomenidi, il cui ultimo rappresentante, Trasibulo (succeduto a Gerone nel sessantaquattro avanti Cristo), verrà deposto di lì a poco (nel settantadue o nel settantuno), anche se, a differenza di Trasideo, avrà salva la vita e otterrà un esilio a Locri.

Età: L'età di Pandora? Davvero? Anche il sol basarsi sul suo aspetto fisico è un errore impossibile da non commettere! Quanti anni potrebbe mai aver avuto questa ragazzina nel momento della sua morte? Quattordici, forse quindici anni? Pare non poco complicato azzardarsi a superare questa soglia!
Questa perplessità, questo costantemente "pescamento di granchi" ha sempre caratterizzato gran parte della sua vita, sino alla sua stroncatura, avvenuta alla veneranda età di venticinque anni. Esatto, venticinque: una vera sorpresa, no?

Aspetto fisico:

Che dire...Il motivo per la quale venga costantemente scambiata per una ragazzina -o, per meglio dire, "un moccioso"- è forse fin troppo palese affinché io debba soffermarmici in eterno: che sia frutto di un particolare miscugli di geni o di una nutrizione che certamente non rasentava la perfezione, resta ugualmente impossibile non ammettere quanto ella risulti stranamente affascinante. Perché sì, siamo onesti con noi stessi: per quanto bizzarra ed inusuale sia la sua bellezza, questa parrebbe esser comunque ammaliante, forse valorizzata da questa sua particolarità! L'aspetto etereo, di un'algida eleganza e dalle lente movenze aggrazzite potrebbero esser in grado di ipnotizzare anche il più schizzinoso.
Il delicato visino fanciullesco appare come estremamente androgino, armonioso nei suoi distanti tratti, stranamente severi per un aspetto tanto giovanile: essi vengono esaltati dalla candida, diafana pelle di porcellana, che tanto arriva a farla sembrare una bambola da collezione con quella inumana perfezione; il naso piccolo, dal setto stretto, termina con una graziosissima punta all'insù, non particolarmente apprezzata nell'epoca in cui ha vissuto, mentre le morbide labbra dalla forma a cuore spiccano per il loro colorito roseo leggermente accennato, ma non per questo meno invitante.
I grandi occhi dal taglio tipicamente occidentale sono facilmente paragonabili a quelli di un'adorabile cerbiatto, per quanto il suo sguardo indecifrabile trasmetta tutt'altro -inquietudine, forse-: le sue splendenti iridi potrebbero quasi capaci di scrutarti fin dentro l'anima con il loro estremamente intenso blu, che di "umano" potrebbe avere ben poco; i corti, soffici capelli arrivano a stento al collo, in un taglio spesso definito come "mascolino": la loro tonalità nerastra, puro ebano, arrivano ad incorniciarle alla perfezione il volto angelico.
La sua corporatura, come forse già accennato in precedenza -o intuibile da ciò che è stato detto- risulta particolarmente esile, per quanto non così gracile come appare di primo acchito: il suo fisico sinuoso, snello è forse vagamente più tonico ed atletico di quanto si possa pensare, seppur sia ugualmente impossibile definirla come un'atleta; le curve femminee non sono particolarmente generose, anzi, rasentano quasi un'eterna, eterea giovinezza, quasi fosse ancora una ragazzina in procinto di sbocciare. Per finire, sfortunatamente, non spicca davvero in altezza, al punto che a stento sfiora il metro e cinquantacinque.

Carattere: (Ci ho provato, giuro, ma...Insomma...No; solo, no. La mia pigrizia mi ha impedito di farcela!
Alla fine ho però ceduto ad infilare questa canzone:
What do you want from me?
Why don't you run from me?
What are you wondering?
What do you know?
Why aren't you scared of me?
Why do you care for me?
When we all fall asleep,
Where do we go?
Say it,
Spit it out,
What is it exactly you're payin'?
Is the amount cleanin' you out?
Am I satisfactory?
Today,
I'm thinkin' about the things
That are deadly,
The way I'm drinkin' you down
Like I wanna drown,
Like I wanna end me.
Step on the glass,
Staple your tongue.
Bury a friend,
Try to wake up.
Cannibal  class,
Killing the son.
Bury  a friend,
I wanna end me.
I wanna end me.
I wanna,
I wanna,
I wanna...
End me.
I wanna,
I wanna,
I wanna...
What do you want from me?
Why don't you run from me?
What are you wondering?
What do you know?
Why aren't you scared of me?
Why do you care for me?
When we all fall asleep,
Where do we go?
Keep you in the dark,
What had you expected?
Me to make you my art
And make you a star
And get you connected?
I'll meet you in the park,
I'll be calm and collected
But we knew right from the start
That you'd fall apart,
'Cause I'm too expensive.
It's probably something'
That you shouldn't be said out loud.
Honestly,
I thought that I would be dead
By now;
Calling security,
Keepin' my held down.
Bury the hatchet
Or bury a friend right now.
For the debt I owe,
Gotta sell my soul
'Cause I can't say "no".
No, I can't say "no".
Then my limbs all froze
And my eyes won't close.
And I can't say "no".
I can't say "no".
Step on the glass,
Staple your tongue.
Bury a friend,
Try to wake up.
Cannibal class,
Killing the son.
Bury a friend,
I wanna end me.
I wanna end me.
I wanna,
I wanna,
I wanna...
End me.
I wanna,
I wanna,
I wanna...
What do you want from me?
Why don't you run from me?
What are you wondering?
What do you know?
Why aren't you scared of me?
Why do you care for me?
When we all fall asleep,
Where do we go?)

Epoca: I ricordi riguardo la sua data di nascita, dell'anno in cui è stata data alla luce risultano esser non poco blandi: col passare del tempo, infatti, ha totalmente smesso di conteggiarlo, al punto da perder quasi totalmente la cognizione di esso. Eppure numerose memorie sono ancora vivide nella sua mente, gran parte delle quali sono legate alla famosa "guerra di Troia", che sfortunatamente si è ritrovata a vivere in pieno superata da poco la maggiore età. Non a caso, durante uno dei suoi momenti più cruciali, si è ritrovata a far di un folto gruppo di donne strappate via dalla propria città natia per divenire schiave una volta giunte a Troia.
Nella mitologia greca, la guerra di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, presumibilmente attorno al milleduecentocinquanta avanti Cristo o tra il millecentonovantaquattro e il millecentottantaquattro avanti Cristo circa, nell'odierna Turchia; gli eventi del conflitto sono noti principalmente attraverso i poemi epici "Iliade" ed "Odissea" attribuiti ad Omero, composti intorno al IX secolo a.C.. Entrambi narrano una piccola parte del conflitto: l'Iliade i fatti avvenuti durante l'ultimo anno di guerra, l'Odissea, oltre al viaggio di Ulisse per tornare in patria, narra la conquista di Troia; le altre opere del "Ciclo Troiano", invece, sono andate perdute e sono conosciute solo tramite testimonianze posteriori. Singoli episodi sono infatti descritti in innumerevoli testi della letteratura greca e latina, e dipinti o scolpiti in numerose opere d'arte. Secondo l'Iliade, la guerra ebbe inizio a causa del rapimento di Elena, regina di Lacedemone (la futura Sparta), ritenuta la donna più bella del mondo, per mano di Paride, figlio di Priamo re di Troia. Menelao, marito di Elena, e il fratello Agamennone radunarono un esercito, formato dai maggiori comandanti dei regni greci e dai loro sudditi, muovendo guerra contro Troia. Il conflitto durò dieci anni, con gravissime perdite da entrambi gli schieramenti. Fra le vittime vi fu Achille, il più grande guerriero greco, figlio del re Peleo e della dea Teti. Achille era re dei Mirmidoni, che condusse in molte battaglie contro Troia, venendo infine ucciso da Paride che, per vendicare la morte del fratello Ettore, lo colpì con una freccia al tallone, suo unico punto debole. Troia infine cadde grazie all'astuto Ulisse e al suo piano del cavallo di legno, cambiando l'esito del conflitto.
È ancora oggetto di studi e di controversie la questione della veridicità storica degli avvenimenti della guerra di Troia: alcuni studiosi pensano che vi sia un fondo di verità dietro gli scritti di Omero, altri pensano che l'antico poeta abbia voluto raggruppare in un unico conflitto, quello fra greci e troiani, le vicende di guerre e assedi diversi succedutisi nel periodo della civiltà micenea. Alcuni studiosi pensano, invece, che Omero non sia mai esistito o che Iliade e Odissea siano opera di autori diversi. I due poemi hanno comunque reso possibile la scoperta delle presumibili mura di Troia, collocando cronologicamente la guerra verso la fine dell'età del Bronzo, intorno al milletrecento-milleduecento avanti Cristo, in parte confermando la datazione di Eratostene.

Trasformazione:

Con la sua trasformazione, come già infondo da aspettarsi, l'aspetto di Pandora muta oltre l'inverosimile, al punto da esser quasi impossibile ricondurre la sua nuova forma con lei. Uno spettro, un'ombra fin troppo distinta e vivida, è a dir poco complicato riuscire a comprendere cosa questa sua "versione" in realtà sia, eppure bisogna ammettere che l'inquietudine che emana sia semplicemente insopportabile; nel suo tetro, insistente, surreale silenzio non è difficile paragonarla all'uomo nero che tanto terrorizza i bambini di qualsivoglia età.
Le emozioni che caratterizzano questa radicale modifica? Come potrebbero mai esser raccontate, comprese da chi non è mai stato in grado di provarne appieno? Quel senso di vuoto, di placida "tristezza" che tanto contrasta con una furia cieca, un odio inumano; chi potrebbe mai capire, apprendere, se nemmeno Pandora è in grado di narrare?

Causa della morte: Com'è facile aspettarsi, Pandora non parla mai realmente di come e perché è morta, se non per qualche vaghissimo accenno nel contesto nella quale ciò è avvenuto. Oramai schiava, la donna non risultava ugualmente incapace di sottomettersi a chicchessia; come avrebbe mai potuto? Il suo orgoglio, la sua dignità e -ancor vivido- il suo odio le hanno sempre impedito di piegarsi dinanzi a chiunque. È questo il massimo che potrebbe esser estrapolato, difficilmente potrebbe spingersi oltre. D'altronde, spesso sporcarsi col proprio stesso sangue è ritenuto ben più vile dell'esser circondati da quelli altrui

Curiosità:
~ Come spesso veniva insegnato alle giovani di classe sociale piuttosto elevata, ella eccelle come suonatrice d'arpa; capacità attualmente non poco sottovalutata, certo, ma semplicemente invidiabile. A questo si accosta anche una certa dote non indifferente nel ballo: coi suoi movimenti ben più sinuosi di quanto ci si potrebbe mai aspettare, quasi lascivi potrei dire, ella appare decisamente ammaliante.
L'arpa (dal latino tardo "harpa", di origine germanica) è uno strumento musicalecordofono a pizzico; esistono vari tipi di arpe. Per quello che riguarda la musica popolare e tradizionale, molte culture e geografie hanno tra i propri strumenti qualche variante di arpa: si ha così l'arpa celtica, le varie arpe africane, indiane, ed altre ancora.
In ambito occidentale, il termine "arpa" non altrimenti specificato si riferisce quasi sempre all'arpa da concerto a pedali, della quale esistono varianti acustiche ed elettriche. L'arpa da concerto a pedali è dotata di quarantasei-quarantasette corde tese tra la cassa di risonanza e una mensola detta "modiglione", con un'estensione di sei ottave e mezzo e intonata in do bemolle maggiore; i suoni estranei a questa tonalità si possono ottenere agendo su sette pedali a doppia tacca; ogni corda è in grado di produrre tre note diverse ed è possibile costruire una scala cromatica.
L'arpa ha un'origine antichissima: deriva dal cosiddetto arco musicale; i primi ad avere in uso l'arpa furono i Sumeri nel terzo millennio avanti Cristo. Le raffigurazioni sui monumenti risalenti all'Antico Regno, descrivono strumenti di media grandezza, alti circa un metro, forniti di sei od otto corde, formati grazie ad un fusto di legno arcuato, aventi l'estremità inferiore a forma di losanga, parzialmente concava e convessa; il suonatore appare accosciato o inginocchiato. Nelle epoche successive, ad esempio nel Medio Regno, lo strumento assume dimensioni più grandi ed il suonatore viene raffigurato in piedi, la cassa sonora appare più ampia ed anche il numero di corde sale fino a venti. Se ne conserva un esemplare che è stato datato circa al duemilasettecento avanti Cristo ritrovato a Ur (nell'odierno Iraq) da sir Leonard Woolley; l'arpa di cui parliamo era curvilinea e viene ancora costruita in Africa. Presso gli Egizi e gli Assiri venivano costruite arpe di varia foggia ed aventi un numero tra loro differente di corde (sembra che se ne avessero fino a ventidue); l'uso dell'arpa era anche conosciuto dal popolo ebraico mentre fu disdegnato dai Greci e dai Romani a tutto vantaggio della lira e della cetra.
L'arpa ricomparve in Europa, durante il IV secolo, presso le popolazioni nordiche (in particolare irlandesi ed anglosassoni) e da lì si diffuse nel resto del continente dove venne particolarmente usata nel genere musicale del Minnesang nel XII secolo; dal IX secolo al XIV secolo l'arpa in Irlanda fu usata dai cantori girovaghi.
L'arpa divenne molto comune nel XIV secolocome accompagnamento per i canti o le danze.
Questo strumento ha subito notevoli modifiche nell'arco dei secoli.
Michael Praetorius, nel milleseicebtodiciannove descriveva i tre tipi di archi diffusi al suo tempo: l'arpa comune, di ventiquattro corde diatoniche, avente un'estensione da "fa" a "la"; l'arpa irlandese, di quarantatrè corde, da "do" a "mi" e l'arpa doppia, cromatica, di cinque ottave ("do"-"do").
A partire dall'inizio del XVII secolo fu utilizzata per la realizzazione del basso continuo, in particolare nell'accompagnamento del canto, e fu quindi inserita immediatamente nel gruppo strumentale utilizzato nelle prime opere; nel milleseicentosette, Monteverdi le dedicò un ruolo solistico nell'Orfeo, dove simboleggia la lira suonata da Orfeo.
Proprio in questo secolo furono effettuati vari tentativi per estendere le possibilità esecutive dell'arpa. Dapprima fu fatto il tentativo di ridurre le arpe a due tipi di accordature; Antonio Stachio aggiunse cinque corde per ciascuna ottava e quindi estese la gamma dell'arpa a sei ottave più due note. Patrini realizzò un'arpa doppia, in cui una fila di corde emetteva i toni della scala diatonica, mentre l'altra i semitoni intermedi. Solamente nel millesettecentoventi, il costruttore bavarese Hochbrucker inserì i pedali, prima quattro e poi sette, azionanti una serie di leve collegate ai piroli delle corde; alla pressione del pedale corrispondeva una maggiore tensione della corda, equivalente al rialzo di un semitono.

Orientamento sessuale: Per quanto si voglia esser onesti, Pandora risulta totalmente incapace di rispondere ad un quesito simile: oltre che per la stizza ed il fastidio che le causa una domanda simile, anche perché non ne ha la minima idea; d'altronde, non ha mai realmente avuto il bisogno di etichettarsi in più e più modi, specialmente considerando l'epoca in cui ha vissuto.
Durante tutto il periodo dell'antichità classica, scrittori come Erodoto , Senofonte, Platone, Ateneo di Naucrati e molti altri hanno esplorato gli aspetti riguardanti l'amore tra persone dello stesso sesso nell'antica Grecia; la forma più diffusa e socialmente significativa di rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso in terra ellenica consisteva tra uomini adulti e giovani entrati nella pubertà o adolescenti, sistema questo conosciuto comunemente col termine di pederastia. Inoltre anche il matrimonio tra uomini e donne nell'antichità era strutturato con la stessa differenza d'età, con uomini sulla trentina che generalmente assumono mogli nei loro primi anni dell'adolescenza. Anche se i rapporti tra uomini adulti sussistevano, seppur in misura notevolmente minoritaria, con almeno uno dei membri di ciascuna coppia che assumeva un ruolo sessuale passivo, essi contravvenivano alle rigide convenzioni sociali che venivano in tal maniera gravemente disattese. Non è chiaro infine come fossero considerati tali rapporti fra le donne e come venissero veduti nella società in generale, ma esistono in tal senso esempi fin dal tempo della poetessa di Lesbo Saffo. Gli antichi greci non concepivano l'orientamento sessuale come un identificatore sociale, così come hanno sempre fatto le società occidentali moderne; la società greca non ha distinto il desiderio o il comportamento sessuale dal sesso di appartenenza dei partecipanti, ma piuttosto per il ruolo che ciascun partecipante giocava all'interno del rapporto e nell'atto sessuale, ovvero se fosse stato dominante o dominato. Questa polarizzazione tra attivo e passivo entrava in corrispondenza con i ruoli sociali dominanti e sottomessi: il ruolo attivo, anche nella penetrazione, è stato associato da sempre con la mascolinità, pertanto appartenente allo status sociale più elevato e all'età adulta, mentre il ruolo passivo è stato assimilato con la femminilità, con lo status sociale più basso e con la primissima gioventù.
Le prime testimonianze di omosessualità tra donne sono note negli scritti della poetessa Saffo, proveniente dall'isola di Lesbo. La donna aveva aperto una scuola dove le fanciulle si riunivano per alcuni anni imparando a vivere, venendo iniziate anche dal punto di vista sessuale; ella scrisse altresì svariate poesie d'amore rivolte a fanciulle sue studentesse. L'amore in queste poesie a volte è ricambiato, talvolta invece no; come risultato della sua fama nell'antichità, lei e la sua terra sono diventati emblematici dell'amore tra le donne.
Oltre ad essere una notevole autrice di poesia (ne sono sopravvissuti più di  seicento frammenti), Saffo era anche a capo di quello che era conosciuto come un "tiaso", comunità in cui anche le donne potevano ricevere una forma limitata di istruzione; però alle ragazze, in tali comunità tutte al femminile, capitava anche di sperimentare l'amore omosessuale. Come la polis si è evoluta, invece, il matrimonio è divenuto sempre più essere lo scopo finale e l'organizzazione della cultura femminile uno strumento integrato di esso. Dal momento poi in cui le donne sono sempre più state confinate nelle loro case i thiasoi diminuirono sempre più la loro funzione originaria. Relazioni erotiche pedagogiche di tipo saffico sono inoltre documentate per quanto riguarda Sparta, insieme con la nudità atletica per le donne in egual misura a quella maschile. Platone nel "Simposio" cita donne che "non si preoccupano per gli uomini, ma che hanno grandi affetti femminili". In generale, comunque, le testimonianze e la rilevanza storica di amore e relazioni sessuali tra donne rimane molto scarsa.
E dopo questa lezione gratuita di storia, è oramai estremamente facile intuire quali possano esser in realtà le preferenze di Pandora che, se mai dovesse esser soggetta ad una ferrea etichettazione, risulterebbe esser Omosessuale Omoromantica Poliamorosa

_LadyAlys_ Spero vada bene!~~

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