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Nome: Ofelia (si tratta di una forma femminile del nome greco "φέλας" ["Ophelas"]: deriva dal termine "οφελεία" ["opheleia"] o "οφελος" ["ophelos"], basato sul verbo ophelein, "aiutare", "assistere", etimologicamente derivato dalla radice protoindoeuropea "obhel", "avvantaggiarsi". Il significato è dunque "aiuto", "vantaggio" o "che assiste", "che aiuta", "che avvantaggia"; in rari casi viene invece accostato al greco "φις" ["ophis"], "serpente".
La forma maschile esisteva già nella cultura greca antica, mentre il femminile venne creato nel XV secolo dal poeta Jacopo Sannazaro per un personaggio del suo poema "Arcadia", e fu poi ripreso da Shakespeare per "l'Amleto", sebbene in alcuni casi venga attribuito solo a quest'ultimo; nonostante la tragica fine dell'Ofelia shakespeariana, il nome è in uso sin dal XIX secolo)

Specie: Ella risulta esser un druido; in quanto Elemento del fuoco, d'altronde, non sarebbe certamente potuta esser altro, no? Nonostante ciò, è non poco difficile riuscire a ricondurre la donna con tale elemento; ben poco in lei sarebbe anche solo vagamente paragonabile al fuoco, se non fosse per un piccolo e ben celato "segno distintivo", ovvero sia il suo marchio. Esso è apparentemente una "spruzzata" di lievi lentiggini leggere, bizzarre, a malapena notabili, oppure un'inspiegabile quanti innaturale macchia sulla pelle, nei pressi della coscia della destra: cosa mai potrebbero significare quelle apparenti polveri, quella che quasi parrebbe esser sporcizia? Ma non è altro che cenere, suvvia! È così evidente che quelle microscopiche macchioline corrispondano in realtà al frutto talvolta indesiderato del suo potere!

Aspetto fisico:


Che dire...Non vi è motivo per la quale doversi soffermare troppo a lungo con chilometri premesse sull'età reale e dimostrata della donna: che sarà mai qualche millennio, d'altronde? Un nulla, dal suo punto di visto, che oramai non ha più alcuna concezione degli anni che passano, ma che ugualmente parrebbero gravarle sulle spalle quasi costantemente chine, svogliate in una posizione che non ha mai avuto intenzione di celare la reale scocciatura, stanchezza che da essa traspariva; ma ciò non è importante, in fondo, avevo appena detto che per il bene dei genitali altrui non avrei sproloquiato, diamine! Chiedo venia.
L'aspetto non prettamente femminile né mascolino della donna, tuttavia, trae non poco in inganno: risulta per questo piuttosto difficile comprendere a primo sguardo il reale sesso di Ofelia, motivo per cui spesso viene definita come "ragazzino"; ma nonostante ciò, è innegabile la bellezza che con tanta noncuranza sfoggia, talmente involontaria quanto inusuale, particolare.
Il viso morbido, estremamente adrogeno, dai tratti tanto delicati quanto sfuggenti, distanti, sembrano esaltati dal pallore mortale del suo incarnato, seppur tenda ad arrossarsi impercettibilmente all'altezza delle guance; il naso piccolo, forse vagamente a patata, termina in una geaziosa punta all'insù mentre le morbide labbra a cuore, non particolarmente carnose, sono di un sublime rosso, sulla quale spicca una vecchia cicatrice violacea, spesso e volentieri sfiorata distrattamente dalla donna stessa.
Gli occhi freddi, dal taglio quasi felino, sono invece circondati da un alone rossastro, frutto delle numerose notti insonne dell'Elemento: le iridi definibili come "distanti" risultano estremamente scure, color ebano, al punto che diviene impossibile distinguerne la pupilla; i corti e folti capelli ribelli, costantemente scomoigliati, incorniciano alla perfezione il visino angelico con la loro tonalità fin troppo simile al petrolio, che tanto si distaccata col suo incarnato.
La sua corporatura risulta esile, non estremamente robusta, per quanto sia ben più atletica rispetto a quanto sembri ad una prima occhiata: il fisico snello, sinuoso, non mette in mostra curve particolari, che infatti sarebbero ben più simili a quelle di una ragazzina in procinto di "sbocciare", seppur di rammarico da parte di Ofelia ve ne sia ben poco; sfortunatamente, inoltre, non spicca particolarmente in altezza, sfiorando a stento il metro e sessanta.

Carattere: (Sono pigra e ho anche un pessimo senso dell'umorismo, dunque...
Insane,
Inside the danger gets me high.
Can't help myself,
Got secrets I can't tell.
I love the smell of gasoline!
I light the match to taste the heat!
I've always liked to play with fire.
[Play with fire]
I've always liked to play with fire.
I ride the edge,
My speed goes in the red;
Hot blood these veins:
My pleasure is their pain.
I love to watch the castles burn!
These golden ashes turn to dirt!
I've always liked to play with fire.
[Play with fire]
[Play with fire]
I've always liked to play with fire.
Watching as the flames get higher:
I've always liked to play with...
Right of passage classic maverick,
Match the gas tank,
That's wretched;
Unstoppable legendary animals:
I've always liked to play with fire.
[Play with fire]
I've always liked to play with fire.
[Play with fire]
I've always liked to play with fire.
[Fire, fire]
I've always liked to play with fire.
[Always liked to play with fire]
I've always liked to play with...)

Segni particolari:
~ Se osservata più vicino, stranamente, ella risulta possedere non pochi lividi, per quanto oramai leggeri essi siano: come potrebbe mai esserseli procurata, se a stento decide di propria spontanea volontà di alzarsi? Certamente non può esser caduta in alcun modo, suvvia! Eppure nemmeno lei sarebbe rispondere in modo esauriente ad una domanda simile; a stento ne è a conoscenza persino lei, suvvia! Evidentemente si ferisce con l'aria, altrimenti non vi è alcuna altra spiegazione plausibile. Fatto sta che Ofelia non si è mai creata alcun problema riguardo questo suo bizzarro "problema", che oramai pare far irrimediabilmente parte di lei;
~ Sono anni ormai che ha iniziato a suonare l'arpa, strumento che con sua stessa sorpresa si è ritrovata ad apprezzare particolarmente; ritiene un vero peccato, quasi un blasfemia il ben poco interesse che ad essa viene riservata, deve ammetterlo, ma certamente non ha intenzione di perder tempo nel tentativo di far cambiare idea a questo o quell'altro. Insomma, s'arrangiassero!
L'arpa (dal latino tardo "harpa", di origine germanica) è uno strumento musicale cordofono a pizzico.
Per quello che riguarda la musica popolare e tradizionale, molte culture e geografie hanno tra i propri strumenti qualche variante di arpa: si ha così l'arpa celtica, le varie arpe africane, indiane, ed altre ancora; in ambito occidentale, invece,  il termine "arpa" non altrimenti specificato si riferisce quasi sempre all'arpa da concerto a pedali, della quale esistono varianti acustiche ed elettriche.
L'arpa da concerto a pedali è dotata di quarantasei-quarantasette corde tese tra la cassa di risonanza e una mensola detta "modiglione", con un'estensione di sei ottave e mezzo e intonata in "do" bemolle maggiore; i suoni estranei a questa tonalità si possono ottenere agendo su sette pedali a doppia tacca: ogni corda è in grado di produrre tre note diverse ed è possibile costruire una scala cromatica.
L'arpa ha un'origine antichissima: deriva dal cosiddetto "arco musicale": i primi ad avere in uso l'arpa furono i Sumeri nel III millennio a.C.; le raffigurazioni sui monumenti risalenti all'Antico Regno, descrivono strumenti di media grandezza, alti circa un metro, forniti di sei od otto corde, formati grazie ad un fusto di legno arcuato, aventi l'estremità inferiore a forma di losanga, parzialmente concava e convessa, mentre il suonatore appare accosciato o inginocchiato.
Nelle epoche successive, ad esempio nel Medio Regno, lo strumento assume dimensioni più grandi ed il suonatore viene raffigurato in piedi, la cassa sonora appare più ampia ed anche il numero di corde sale fino a venti; se ne conserva un esemplare che è stato datato circa al duemilasettecento a.C. ritrovato a Ur -nell'odierno Iraq- da sir Leonard Woolley. L'arpa di cui parliamo era curvilinea e viene ancora costruita in Africa.
Presso gli Egizi e gli Assiri venivano costruite arpe di varia foggia ed aventi un numero tra loro differente di corde (sembra che se ne avessero fino a ventidue); l'uso dell'arpa era anche conosciuto dal popolo ebraico mentre fu disdegnato dai Greci e dai Romani a tutto vantaggio della lira e della cetra.
L'arpa ricomparve in Europa, durante il IV secolo, presso le popolazioni nordiche (in particolare irlandesi ed anglosassoni) e da lì si diffuse nel resto del continente dove venne particolarmente usata nel genere musicale del Minnesang nel XII secolo; dal IX secolo al XIV secolo l'arpa in Irlanda fu usata dai cantori girovaghi.
L'arpa divenne molto comune nel XIV secolo come accompagnamento per i canti o le danze.
Questo strumento ha subito notevoli modifiche nell'arco dei secoli: Michael Praetorius, nel milleseicentoventi descriveva i tre tipi di archi diffusi al suo tempo -l'arpa comune, di ventiquattro corde diatoniche, avente un'estensione da fa a la; l'arpa irlandese, di quarantatrè corde, da "do" a "mi" e l'arpa doppia, cromatica, di cinque ottave, "do - do"-.
A partire dall'inizio del XVII secolo fu utilizzata per la realizzazione del basso continuo, in particolare nell'accompagnamento del canto, e fu quindi inserita immediatamente nel gruppo strumentale utilizzato nelle prime opere; nel milleseicentosette Monteverdi le dedicò un ruolo solistico nell'Orfeo, dove simboleggia la lira suonata da Orfeo.
Proprio in questo secolo furono effettuati vari tentativi per estendere le possibilità esecutive dell'arpa: dapprima fu fatto il tentativo di ridurre le arpe a due tipi di accordature; Antonio Stachio aggiunse cinque corde per ciascuna ottava e quindi estese la gamma dell'arpa a sei ottave più due note. Patrini realizzò un'arpa doppia, in cui una fila di corde emetteva i toni della scala diatonica, mentre l'altra i semitoni intermedi. Solamente negli anni venti del settecento, il costruttore bavarese Hochbrucker inserì i pedali, prima quattro e poi sette, azionanti una serie di leve collegate ai piroli delle corde; alla pressione del pedale corrispondeva una maggiore tensione della corda, equivalente al rialzo di un semitono.
Con l'aggiunta di varie modifiche tecniche l'arpa conquistò secoli e Paesi; la scuola d'arpa fu particolarmente brillante nella seconda metà del XVIII secolo in Francia, dove furono fabbricate arpe decorate in modo sfarzoso, alcune delle quali sono ancora conservate presso il Museo del Conservatorio di Parigi, il Museo della Scienza e della Tecnica di Monaco, il Museo dell'arpa Victor Salvi di Piasco ("CN"). Furono due liutai parigini, i Cousineau, negli anni sessanta del settecento, a perfezionare il meccanismo dei pedali, applicando il sistema a uncinetto, che si rivelò molto più pratico dei precedenti e che si basava sull'azione del pedale su un tirante che - tramite una serie di leve - esercitava un'azione di attrazione sugli uncinetti e grazie a questi ultimi la corda veniva trascinata sui capotasti supplementari.
Nel Regno di Napoli, Giuseppe Antonini riportò la testimonianza di un visitatore che, intorno al millesettecentoquarantacinque narrò la presenza di suonatori dello strumento a Viggiano, in provincia di Potenza; il viggianese Vincenzo Bellizia, considerato dal contemporaneo Francesco De Bourcard come «valentissimo costruttore d'arpe», fu uno dei primi artigiani a produrre arpe meccaniche nel reame partenopeo e, per i suoi meriti musicali, fu premiato dal Real Istituto di Incoraggiamento con una medaglia d'argento.
Nicolas Bochsa fu uno dei più grandi arpisti del XIX secolo così come il suo allievo Elias Parish Alvars;
~ Com'è facilmente intuibile, ella presenta una lieve forma di piromania, fin troppo "giustificata" oserei dire; ironia della sorte, forse? Spesso è ella in primis fortemente irritata da questa sua pessima quanto pericolosa tendenza, non è affatto che appicchi "accidentalmente" qualche fuocherello quo lì, senza nemmeno pensarci, nonostante l'impercettibile attenzione che ella impiega nel tentativo talvolta vano di contenersi.
La piromania, dal greco "π ρ" ("pyr", "fuoco") e "μανία" ("mania") è un'intensa ossessione verso il fuoco, le fiamme, gli esplosivi in genere e gli effetti a ciò correlati, che spesso si attua con l'accensione intenzionale di incendi; un piromane in senso clinico non ha generalmente altri sintomi esclusa la fissazione per il fuoco, che è la causa del suo comportamento: il fuoco viene utilizzato solo per indurre euforia, e coloro che sono affetti da questa sindrome hanno spesso dei legami con istituzioni che controllano il fuoco stesso. A partire dal milleottocentocinquanta, si sono fatte svariate supposizioni sulle cause della piromania: se la condizione di piromane nascesse da una malattia mentale più che da una scarsa moralità/devianza sono ipotesi che sono state modificate a seconda degli sviluppi della psichiatria e della cura delle malattie mentali in genere.
I piromani hanno spesso comportamenti altalenanti fra la tristezza e la solitudine fino alla rabbia, cosa che potrebbe portare all'accensione di incendi come uscita/sbocco e alla voglia di tagliarsi le vene; per avere una diagnosi positiva, si devono avere almeno due casi di incendio appiccato intenzionalmente. C'è generalmente tensione o eccitazione prima dell'azione in sé, e gratificazione o sollievo dopo, il malato agisce per il proprio bene, senza nessun'altra motivazione: in qualche caso si tratta solo del piacere di vedere cosa le proprie azioni provocano nelle altre persone, i comportamenti necessari per estinguere gli incendi scatenati: c'è alcune volte anche il piacere di leggere nei quotidiani o di sentire parlare da parte dei media delle proprie azioni degli effetti. Alcuni incendiari dichiarano che il loro piacere in questa azione risiede solo nell'accendere il fuoco per il gusto di farlo, nella visione delle fiamme dardeggianti: altri si sentono sollevati dalla tensione mentre guardano gli oggetti sciogliersi, bruciare, e il tutto si autoalimenta.

Orientamento sessuale: Nonostante i numerosi anni che le gravano sulle spalle e milioni di domande che costantemente le affollano i pensieri in un "brusio" irritante, questo è un quesito sulla quale ella non si è mai posta un interrogativo preciso, desiderosa di una risposta: d'altronde, è solo un orientamento sessuale, no? Una cosa simile non potrebbe mai tornarle realmente utile, né il definirsi in un modo piuttosto che in un altro potrebbe darle appagamento, soddisfamento; lei sta bene così, nella sua ignoranza, non prova alcun desiderio di iniziare ad etichettarsi in milioni di modi diversi: è una persona, non la maglia scrausa che trovi a cinque euro al mercatino dell'usato, suvvia! Eppure, è anche innegabile che in alcuni momenti sia non poco intuibile la sua Omosessualità -ben presto seguita anche dalla Poliamorosità, forse più conosciuta dalla donna stessa rispetto alla precedente-

actofdesperation Lo so', questa scheda è un ottimo lassativo -modestamente, sto pensando di aprirne un commercio-, ma andavo vagamente di fretta--
Spero vada ugualmente bene!

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