WARRIORS
Francesca
Era l'alba e io e le altre donne ci stavamo preparando per andare alla biblioteca. L'isola era grande, non piccola, quindi avevamo preso con noi cibo e coperte, nel caso fosse necessario. Livia mi teneva per mano, e adoravo quando passavamo del tempo libero insieme. Sentivo una connessione speciale con lei, una presenza rassicurante.
Nel libro c'era scritto che c'era un grande campo per gli allenamenti proprio vicino alla biblioteca. Non riuscivo a capire perché questo posto fosse stato abbandonato e mai più ripreso da una donna. Nel libro c'era scritto che tutti gli uomini che entravano diventavano maledetti. Avevo letto quel passaggio solo ora, e una paura sottile si insinuava nel mio cuore.
Mentre ci incamminavamo, non potevo fare a meno di pensare a Cornelius. Avevo paura per lui. Mi giravo sempre per vedere cosa stesse facendo, temendo che si trasformasse in un mostro a causa della sua origine.
Cleopatra camminava al mio fianco, la sua presenza era un conforto. «Maestà,» disse, la sua voce calma, «deve sapere che la biblioteca contiene non solo conoscenze, ma anche segreti oscuri. Dobbiamo essere pronte ad affrontare qualsiasi cosa troveremo lì.»
Annuii, stringendo la mano di Livia. «Siamo pronte,» dissi, cercando di infondere sicurezza nella mia voce. «Dobbiamo essere forti, per noi stesse e per il futuro di questa isola.»
Non facevo altro che pensare a Marcus in guerra. Livia mi aveva detto che avevo fatto la cosa più giusta in quel momento, ma avevo paura che potesse morire. Non volevo che Livia perdesse anche lui. Ieri notte, l'avevo sentita pregare agli Dei affinché non uccidessero suo figlio. Lei era forte, sia dentro che fuori; non mostrava mai se qualcosa le faceva male o meno.
Chiusi gli occhi, cercando di scacciare quei pensieri. Non sapevo quanto tempo ci sarebbe voluto per arrivare alla biblioteca, ma sapevo che dovevamo continuare ad andare avanti. Ogni passo ci avvicinava sempre di più alla nostra destinazione.
Dopo tre ore di viaggio, finalmente arrivammo. La biblioteca si ergeva davanti a noi, un'antica struttura imponente con colonne di marmo e porte massicce nelle colonne c'erano delle sirene. Era maestosa e imponente, come se custodisse secoli di segreti. Le donne si fermarono a guardarla, ammirando la sua bellezza e il suo mistero.
«L'abbiamo trovata,» disse Cleopatra con un sorriso. «Siamo arrivate.»
Mi girai verso le altre donne, sentendo un'ondata di orgoglio e determinazione. «Bene, entriamo,» dissi. «Qui troveremo le risposte che cerchiamo.»
Aprii le porte con l'aiuto di Livia e Cleopatra, e insieme entrammo. La biblioteca era immensa, con scaffali che si estendevano fino al soffitto, pieni di libri e pergamene. C'era una luce fioca, proveniente da finestre alte che lasciavano filtrare i raggi del sole del mattino.
«Dividiamoci,» dissi alle altre. «Cerchiamo dei manuali, antichi testi di strategia.»
Le donne annuirono e iniziarono a esplorare. Mi avvicinai a uno degli scaffali, tirando fuori un libro polveroso. Lo aprii e iniziai a leggere. Era pieno di tecniche di combattimento, esercizi fisici e strategie di guerra. Era esattamente ciò di cui avevo bisogno.
Aiutai anche le altre a prendere qualcosa. Livia aveva già un sacco di libri in mano; ne presi qualcuno per non darle troppo peso e dissi: «Livia, ho paura. Paura che l'impero non mi voglia più. Forse aveva ragione Artur, forse non sono...»
Mi zittì subito e disse: «Cesca, siamo venute fino a qui non solo per allenarci, ma per combattere una guerra insieme agli uomini. Non voglio mai più sentirti dire queste sciocchezze.»
Dissi: «Va bene, Livia.»
Cornelius venne verso di me e disse: «Cesca, vieni qui. Ho trovato delle armi.»
Mi girai verso Livia, posai i libri e dissi alle ragazze: «Prendete i libri, io vado a vedere le armature.»
Seguii Cornelius in una casa dove c'erano spade, archi e altre armi. «Magnifico,» dissi. «Sono ancora tutte perfettamente nuove.»
Cornelius annuì. «Già.»
Sorrisi, e lui mi prese il viso e mi baciò. «Cornelius,» dissi, tirandomi leggermente indietro. Sentivo il calore delle sue labbra ancora sulle mie. Mi guardò negli occhi, cercando di capire cosa stessi pensando.
«Cesca,» disse lui, «so che è un momento difficile per te, ma voglio che tu sappia che ti sosterrò in ogni cosa. Voglio che tu sappia che puoi contare su di me.»
Abbassai lo sguardo, sentendo il peso delle sue parole. «Grazie, Cornelius,» risposi. «Il tuo sostegno significa molto per me.»
Mi baciò. Gli toccai i capelli e dissi: «Cornelius...»
Lui disse: «Non mi desideri, Cesca?»
Sospirai e dissi: «Sì, Cornelius, certo che ti desidero.»
Lui sorrise e mi prese per in braccio, mi appoggiò al muro e mi alzò la tunica. Feci lo stesso con la sua. Sospirai quando entrò dentro di me. Andava forte e veloce; era la mia seconda volta, ma faceva male lo stesso. Cercai di ignorare il dolore, concentrandomi sul piacere che iniziavo a sentire.
Cornelius mi guardò negli occhi, ansimando leggermente. «Cesca, sei incredibile,»sussurrò, continuando a muoversi dentro di me.
Mi aggrappai alle sue spalle, cercando di mantenere l'equilibrio mentre lui aumentava il ritmo. Ogni spinta era intensa, facendomi sentire ondate di piacere che mi travolgevano.
«Sì, Cornelius, non fermarti,» dissi, sentendo la tensione crescere dentro di me.
Lui sorrise e mi baciò di nuovo, le sue mani esploravano il mio corpo con passione. Sentivo il suo respiro caldo contro la mia pelle, il suo cuore che batteva forte contro il mio petto.
Finalmente, raggiunsi il culmine. Il mio corpo tremava mentre il piacere mi travolgeva. Cornelius mi seguì poco dopo, gemendo il mio nome mentre si liberava dentro di me.
Rimase un attimo lì, poi si staccò lentamente, baciandomi dolcemente sulle labbra. «Cesca, sei meravigliosa,» disse, accarezzandomi il viso.
Sorrisi debolmente, ancora un po' stordita dall'intensità del momento.
Lui mi aiutò a sistemare la tunica e si rivestì. «Dobbiamo tornare dalle altre,» disse. «Abbiamo ancora molto da fare.»
Annuii, cercando di riprendermi completamente.
Mi passò una mano tra i capelli e disse: «Ti ho fatto male?»
«No,» mentii, sorridendogli. Non volevo che si sentisse in colpa. Almeno lui non mi aveva abbandonata dopo, a differenza di Marcus. Uscimmo dalla stanza e mi diressi verso le altre.
Guardai il sole per capire che ora fosse. Era quasi ora di mangiare. Le gambe mi tremavano ancora un po', ma cercai di mantenere un'aria di calma e determinazione.
Livia mi venne incontro, notando il mio stato. «Cesca, tutto bene?» chiese preoccupata.
«Sì, tutto bene,» risposi, cercando di non mostrare alcun segno di debolezza. «È quasi ora di mangiare. Dobbiamo ricaricare le forze per continuare a esplorare e sistemare l'isola.»
Cleopatra si avvicinò con un sorriso rassicurante. «Abbiamo trovato un buon posto per mangiare,» disse. «Ci sono ancora alcune provviste e possiamo cucinare qualcosa di semplice.»
Annuii, apprezzando la sua organizzazione. «Perfetto,» dissi. «Andiamo allora.»
Ci radunammo tutte intorno a un'area aperta, dove accendemmo un piccolo fuoco per cucinare. Le donne parlavano tra loro, condividendo storie e risate.
Cornelius mi osservava da lontano, con uno sguardo premuroso. Gli sorrisi per rassicurarlo e lui ricambiò il sorriso, facendomi sentire un po' meglio.
Presi qualcosa da mangiare e sentii qualcuno che mi abbracciava da dietro. Riconobbi subito il profumo di Cornelius che mi baciava le spalle scoperte. «Cornelius, devo parlare un attimo con Cleopatra,» dissi.
Lui si staccò da me e disse: «Sì, vai, parlale.»
Andai verso Cleopatra e dissi: «Cleo, possiamo parlare più lontano?»
Fece segno di sì e ci allontanammo fino a raggiungere un gruppo di alberi dove ci mettemmo all'ombra. Con le lacrime agli occhi, dissi: «Ho scopato con Cornelius, Cleo. Io... io...» La voce si spezzò.
Cleopatra mi abbracciò «Maestà, tu sei innamorata di Marcus. Anche se ti ha ferito, cerca di perdonarlo, anche se ti fa del male.»
«No,» dissi, cercando di mantenere il controllo. «Mi ha ferito molto, non voglio più soffrire per lui, Cleo. E poi ci sono Diana ed Elena in mezzo.»
Cleopatra comprese le mie parole e disse: «Maestà, forse se vi mettete con Marcus, tutto l'odio che provi per te passerà. Non dico che non devi essere più l'imperatrice, lui resterà un granduca e tu l'imperatrice.»
«No,» dissi con determinazione, «non potevo farlo, non dopo tutto quello che mi aveva fatto. Aveva dormito con Diana dopo aver fatto l'amore con me, era la mia prima volta. Forse, ma non sarà così.»
Cleopatra mi guardò con compassione. «Maestà...»
«Chiamami Cesca,» dissi, cercando di mantenere un tono deciso. «Volevo solo un consiglio.»
Improvvisamente, sentii una pietra colpirmi la spalla. Mi girai e Cleo disse: «Che c'è?»
Mi voltai di nuovo verso di lei e dissi: «Ho sentito qualcosa.»
Poi, sentii una voce femminile chiamare il mio nome: «Cesca!» Era una voce simile alla mia. Mi girai e la vidi: una ragazza identica a me, con capelli biondi ma occhi castani. «Chi sei?» chiesi, notando che era accompagnata da due uomini.
«Non ti preoccupare,»rispose, "sono te, sono la tua rincarnazione. Non voglio farti del male, mi serve solamente un'informazione.»
«Di cosa?» chiesi, cercando di mantenere la calma. «Da dove venite?»
«Ci chiamiamo Francesca, lui è Daniel e lui è Salvatore. Veniamo da Atlantide, siamo riusciti a superare tutto. Ma devi dirmi l'ultima cosa che dice la maledizione, Cesca.»
Mi fermai un momento, cercando di ricordare le parole esatte della maledizione. «La maledizione dice: 'Solo un uomo può spezzare la maledizione, ma dovrà ucciderti.' È questa l'informazione che cercavi?»
«Abbiamo passato tutto quello che dice la maledizione,» disse Francesca, con un tono grave. Sentii il peso delle sue parole e il loro significato.
«Adesso devi farti uccidere da un uomo,» dissi, cercando di mantenere la calma nonostante l'orrore di ciò che stavo dicendo.
«Sì,» rispose, guardandomi negli occhi con serietà. «È l'unico modo.»
Cleopatra ci osservava in silenzio, la preoccupazione evidente sul suo volto. «Maestà,» disse con voce tremante, «non possiamo davvero considerare questa opzione, vero? Ci deve essere un altro modo.»
«È l'unico modo per spezzare la maledizione,» rispose Francesca.
«Quanto tempo sono durata come imperatrice?» chiesi, la curiosità e l'ansia mescolandosi nella mia voce.
Francesca mi guardò con un sorriso triste. «Non sei stata sempre l'imperatrice,» disse. «Hai anche abbandonato il tuo diritto al trono una volta per sposarti con un uomo. Siamo nel duemila venticinque, Cesca, e ti ringrazio per avermi detto questo pezzo della maledizione. Adesso devo ritornare al nostro impero. Ci siamo riuscite a rimanere nella storia.»
«Siamo state sempre nella storia,» ripeté, con un sorriso di speranza. «E lo saremo sempre.»
La guardai, sentendo una strana connessione con lei. «I due ragazzi chi sono?» chiesi, guardando i giovani che la accompagnavano.
«Niente spoiler al riguardo, mi spiace,» disse, alzando le mani in segno di difesa e sorridendo. La guardai male, confusa e un po' infastidita dalla sua risposta enigmatica.
«Ma se non passerò tutto quello che dice la maledizione?» chiesi, la voce tremante di paura.
Francesca mi interruppe dolcemente. «Vivrai in un loop, ripetendo sempre la stessa vita,» disse con una voce carica di tristezza. «Solo io posso spezzarla.» Mi toccò la spalla, un gesto di conforto che non riuscì a calmare completamente la mia ansia.
«Va bene,» risposi con un sospiro profondo, «ma fa male tutto quanto.»
«Lo so,» rispose Francesca, «ma lo supereremo, fidati.» Mi sorrise, un sorriso che trasmetteva speranza e forza. «Io devo ritornare, ma prenditi cura di te, Cesca. Va bene? Io l'ho fatto per me.»
«Sì, lo farò,» dissi, sentendo una strana mistura di determinazione e paura. Ci abbracciammo strettamente, poi Francesca e i due ragazzi svanirono nel nulla.
Mi girai verso Cleopatra, che mi guardava con un'espressione di preoccupazione mista a determinazione. «Avrai delle vite molto incasinate, Cesca, ma ce la farai sempre a rialzarti.»
Annuii, sentendo le lacrime minacciare di scendere. «Spero di riuscirci, Cleo. Ma adesso dobbiamo concentrarci su quello che dobbiamo fare qui.»
Cleopatra mi guardava con uno sguardo turbato. «Io ho bisogno che tu mi stia vicino,» dissi, cercando di rassicurarla.
Ma lei scosse la testa, la sua espressione carica di ansia. «Tu mi abbandonerai, Cesca. Noi non saremo più amiche.»
«Perché?» chiesi, incredula. «Non capisco.»
«Non lo so,» rispose, il suo sguardo perso nel vuoto. «Ho solo questa sensazione.»
La presi per mano, stringendola con forza. «Non succederà, Cleo. Non ti abbandonerò mai.»
Ci allontanammo dalla casa e ci dirigemmo verso le altre donne. Cornelius mi toccò il braccio, cercando di leggere nel mio sguardo. «Tutto bene? Ti vedo un po' turbata.»
«Sì, sì,» risposi, cercando di nascondere l'agitazione nella mia voce. «Va tutto bene.»
Livia si alzò da un tronco su cui era seduta e ci guardò con preoccupazione. «State bene?» chiese, con quel suo senso di maternità che sembrava leggere nella mente anche senza poteri.
«Sì, va tutto bene,» risposi, ma Livia non sembrava convinta. «Ti racconto tutto dopo.»
Guardai Cornelius che mi fissava, aspettando una spiegazione. «A me non vuoi dirmelo?»chiese, con un tono ferito.
Scossi la testa. «No, non adesso. È una cosa tra me e Cleo.»
Cornelius annuì, ma potevo vedere che non era contento della mia risposta. Mi prese delicatamente per il braccio e mi sussurrò: «Sai che puoi contare su di me, vero? Sempre.»
«Sì, lo so,» risposi, cercando di trasmettere la mia gratitudine attraverso lo sguardo. «Grazie, Cornelius.»
Dissi a Livia di seguirmi. Entrammo nella casa dove erano conservate tutte le armi. Mi girai verso di lei e cominciai a raccontarle tutto quello che era successo con Cleopatra. «Quindi,»disse Livia, «devi passare attraverso tutto quello che dice la maledizione. E lei sarà come te, identica?»
Annuii. «Sì, c'erano due ragazzi con lei, Daniel e Salvatore. Non avevano vestiti come i nostri, arrivavano dal duemila venticinque.»
Livia sospirò, il peso della situazione chiaramente visibile sul suo volto. «Ho capito.» Poi, come se avesse ricordato qualcosa di importante, aggiunse: «È arrivato il momento.»
«Di cosa?»chiesi, curiosa.
«Delle lettere di tua madre,» rispose Livia.
Il mio cuore fece un balzo. «Davvero?» dissi entusiasta. Ho sempre voluto leggere quelle lettere.
Sorrisi, l'emozione mi travolgeva. «Dove sono?»
«Sono nella mia borsa,» disse Livia.
Uscimmo fuori, e rivolgendomi alle altre donne, dissi: «Ragazze, preparatevi per questa notte. Sistemiamo alcune case come abbiamo fatto dall'altra parte e resteremo qui. Va bene così? Domani faremo gli allenamenti.»
Tutte annuirono e cominciarono a prepararsi. Mi girai verso Livia, che teneva tutte le lettere in mano. Sorrisi appena le vidi, ma notai che lei non era tanto contenta.
«Che c'è, Livia?» chiesi, preoccupata.
«Queste lettere,» disse, «non sono facili da leggere. Contengono verità che potrebbero ferirti, Cesca. Tua madre ti ha lasciato queste parole, ma non sono solo ricordi. Sono anche avvertimenti e consigli duri.»
Annuii, prendendo una lettera tra le mani. «Sono pronta. Devo sapere la verità, qualunque essa sia.»
Livia mi guardò con occhi tristi ma decisi. «Va bene. Leggiamole insieme.»
Ci sedemmo su un tronco, lontano dalle altre. Aprii la prima lettera e cominciai a leggere ad alta voce:
"Cara Cesca,
Piccola imperatrice che adesso sei una grande imperatrice. Mi dispiace per averti abbandonato eri ancora così giovane, ma se non avessi fatto finta che ero morta, tu non saresti mai entrata al palazzo.
La verità è che sono viva e mi trovo a Mu. Sono scappata e ho trovato rifugio qui. Livia mi ha aiutato a fuggire, e grazie a lei sono riuscita a trovare un posto sicuro. Se un giorno vorrai venire qui, sappi che mi troverai nella città di Mu.
Stammi bene, mia piccola imperatrice. Non dimenticare mai quanto ti amo e quanto sono orgogliosa di te.
La tua mamma"
Mi girai verso Livia, con le lacrime agli occhi, e dissi: «Mamma è viva. Dopo la guerra possiamo andarci, vero? Mi piacerebbe trovarla, mi manca da morire. Come mai non me lo hai mai detto?»
Livia rispose con un tono dolce: «Tua madre non voleva che telo dicessi. Eri una bambina, e i bambini parlano, e anche tanto.» Sorrisi, apprezzando la sua sincerità, e dissi: «Grazie, Livia, per averla conservata.»
Livia mi restituì un sorriso, ma notai una preoccupazione nascosta nei suoi occhi. Presi la lettera e la infilai con cura insieme alle altre, sentendo un misto di felicità e inquietudine. Ero felice di sapere che mia madre era viva, ma c'era qualcosa che mi turbava profondamente.
Cleopatra. Perché avremmo dovuto abbandonarla? Perché lei, che mi era sempre stata fedele, avrebbe dovuto essere lasciata indietro? Il pensiero mi tormentava.
Mi girai verso Livia e chiesi, cercando di nascondere la mia ansia: «Cleopatra... perché dovrebbe essere abbandonata?»
Livia mi guardò con serietà, prendendo un respiro profondo. «Cesca, ci sono cose che non possiamo prevedere. Cleopatra ha un destino diverso dal nostro, ma non significa che la abbandoneremo. Dobbiamo solo essere pronti a tutto.»
Con un'ultima occhiata alla lettera di mia madre, mi preparai mentalmente per ciò che ci attendeva.
Avevo intenzione di diventare una guerriera. Lavoreremo sodo, ci prepareremo e combatteremo. Riprenderò Atlantide, riporterò Lemuria sotto il mio controllo e poi andrò a Mu a cercare mia madre. Mentre il sole calava, sentivo l'ansia crescere per il giorno successivo. Avremmo fatto gli esercizi, preparato le armi e tutte le ragazze avevano sistemato delle case per dormire lì vicino.
Ero nella casa con Livia. Avevamo cenato e parlato di tutto ciò che ci aspettava. Nonostante l'ansia, ero felice per la lettera di mia madre, anche se non mi aveva scritto esattamente dove si trovava, solo che era nella città di Mu.
Livia notò la mia inquietudine e disse: «Cesca, andrà tutto bene. Hai un obiettivo chiaro e il coraggio di portarlo a termine.»
Sorrisi, sentendomi rassicurata dalle sue parole.
Al mattino dopo mi alzai all'alba. Uscii dalla casa e sentii il freschetto del mattino sulla pelle. Mi avviai verso la casa dove tenevamo le armi, decisa a controllare se ci fossero dei vestiti adatti per gli allenamenti. Aprii un baule e trovai tutto lì: gli abiti erano perfetti. Sorrisi nel vederli, ma decisi di indossare quelli di mia madre, un completo nero e corto.
Mi tolsi la tunica rossa che indossavo e misi il nuovo abito. Indossai anche gli stivali, sentendomi pronta per la giornata. Era un momento importante, non solo per me, ma per tutte le donne che avevano scelto di seguirmi in questa avventura.
Chiamai le altre: «Ragazze, è ora di alzarsi! Prepariamoci per gli allenamenti!» Erano le sette in punto e avevamo intenzione di allenarci fino alle undici.
Le altre uscirono dalle loro case, alcune ancora assonnate, ma tutte determinate. Livia si avvicinò a me, sorridendo. «Sei pronta, Cesca?»
Annuii. «Sì, Livia. Oggi inizia la nostra trasformazione.»
Cleopatra e le altre donne si unirono a noi, formando un cerchio. «Abbiamo un duro lavoro davanti a noi, ma possiamo farcela,» dissi, guardando ognuna di loro negli occhi. «Siamo qui per diventare delle vere guerriere e riconquistare ciò che ci appartiene.»
Tutte annuirono, determinazione nei loro sguardi. Iniziammo con esercizi di riscaldamento, preparando i nostri corpi per l'allenamento intenso. L'atmosfera era carica di energia. Le donne seguirono i miei movimenti, imitando ogni mio gesto con precisione.
Dopo il riscaldamento, passammo agli esercizi di combattimento. Livia prese il comando, dimostrando tecniche avanzate di difesa e attacco. «Ricordate, non è solo una questione di forza, ma anche di strategia e agilità,» disse, mentre mostrava una serie di mosse fluide.
Il sudore cominciava a colare sulle nostre fronti, ma nessuna di noi si fermava. Ogni colpo, ogni parata era eseguita con crescente sicurezza. La determinazione di ognuna di noi era palpabile.
Gli allenamenti continuarono fino alle undici, come previsto. Al termine, eravamo stanche, ma soddisfatte. Avevamo fatto un passo importante verso il nostro obiettivo.
Ci sedemmo in cerchio per riposare e riflettere sulla mattinata. «Avete fatto tutte un lavoro straordinario,» dissi, guardando le mie compagne. «Sono orgogliosa di voi. Questo è solo l'inizio, ma con la nostra determinazione, possiamo raggiungere qualsiasi obiettivo.»
Le donne risposero con un applauso, il loro spirito era alto. Sapevamo che ci attendevano molte sfide, ma eravamo pronte ad affrontarle insieme, come una vera squadra di guerriere.
Livia mi guardò con un sorriso affettuoso. «Cesca, tua madre sarebbe orgogliosa di te.»
Sorrisi a mia volta, sentendo il calore delle sue parole. «Grazie, Livia. Lo faccio per lei, per noi, e per tutto l'impero che abbiamo perso. Riconquisteremo il nostro posto nel mondo.»
Stavamo diventando una forza da non sottovalutare, pronte a lottare per ciò che ci apparteneva di diritto.
Era fatta sera e ci facevano male tutte le ossa, sentivamo i muscoli indolenziti e ogni movimento era accompagnato da un lieve "crack". Livia si appoggiò a un albero e disse: «Sono esausta.» Annuii, sentendo anch'io la stanchezza in ogni fibra del mio corpo.
«Dopo pranzo abbiamo aspettato un'ora e abbiamo corso in cerchio per un'altra ora,» dissi. «Ci sentiamo esauste, ma questa deve essere la nostra routine per tutti i giorni, tranne la domenica. La domenica ci fermiamo.»
Guardai il cielo e vidi la luna piena illuminare la notte con la sua luce argentea. Era un momento di quiete dopo una giornata intensa. Mi girai e vidi Cornelius, che si avvicinava. Avevo bisogno di parlare con lui, di capire come stava affrontando tutto questo.
«Cornelius,» dissi, avvicinandomi a lui. «Come ti senti?»
Mi sorrise, anche se il suo sguardo tradiva la stessa stanchezza che sentivo anch'io. «È stato un giorno lungo, Cesca. Ma sono felice di essere qui con te e di vedere la determinazione in tutte voi. È... ispirante.»
«Sì, è vero,» risposi, guardando le altre donne che si riposavano intorno al fuoco. «Abbiamo lavorato duramente oggi. E continueremo a farlo.»
Cornelius mi prese da parte, il suo sguardo era serio. «Cesca, avevamo parlato di sposarci,» iniziò.
Annuii, sentendo un nodo formarsi nello stomaco. «Sì, tu vuoi ancora?»
Sospirò profondamente, evitando il mio sguardo per un momento. «Cesca, io ho cambiato idea. Voglio essere solo il tuo amante, non posso sposarti. Sento ancora una connessione con mia moglie.»
Sentii una fitta al cuore. «Ma... Cornelius, abbiamo fatto dei piani, abbiamo costruito delle speranze.»
Scosse la testa. «Niente 'ma', Cesca. Questa è la mia decisione. Se per te va bene...»
L'ira montò dentro di me. «Va bene? Come puoi dirmi una cosa del genere adesso? Dopo tutto quello che abbiamo passato?»
Lui cercò di calmarla. «Cesca, cerca di capire. È difficile per me.»
«Capire? Non c'è niente da capire! Mi hai illusa, mi hai fatto credere che avremmo avuto un futuro insieme!» urlai, la voce spezzata dalla rabbia e dal dolore.
Cornelius si trasformò davanti ai miei occhi. Il suo corpo si contorse e mutò in una forma mostruosa, un orrore di cui avevo solo sentito parlare. Indietreggiai, terrorizzata, cadendo a terra e sentendo un dolore acuto alla schiena.
«Cornelius, cosa stai facendo?» gridai, il terrore nella voce.
Il mostro avanzò verso di me, le sue intenzioni chiare negli occhi selvaggi. Mi preparai al peggio, il cuore battendo all'impazzata. Ma poi, un lampo di acciaio e un urlo.
Cornelius cadde a terra, la testa separata dal corpo. Dietro di lui, con una spada insanguinata in mano, c'era Marcus.
«Ciao, stellina,» disse, un sorriso sul volto mentre mi guardava.
Il sollievo mi travolse e sentii le lacrime scendere. «Marcus...»
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