95.Sospetti

«Se n'è andato così, senza nemmeno dirci come rintracciarlo!» si rese conto Liss, mentre tirava un calcio alla ringhiera a cui prima era stato appoggiato lui, interrompendo quegli attimi di silenzioso sbigottimento che si erano creati da quando R.R.R. ci aveva lasciati soli.

«A dir la verità ha proprio sfacciatamente evitato di rispondere a parecchie delle nostre domande» ribatté Elias. «E in particolare si è affrettato a concludere proprio quando abbiamo cominciato a chiedergli spiegazioni sui vortici di mens. C'è qualcosa che non ci vuole dire in merito, è evidente, e per questo non ci possiamo fidare di lui.»

Non avevo idea del motivo per cui Elias si impuntasse tanto sull'argomento, ma evidentemente c'erano dei trascorsi. Riconoscevo, però, che in parte aveva ragione, quei vortici sembravano un bel problema e stentavo a credere che quel ragazzo strambo che avevamo appena conosciuto fosse in grado di generare qualcosa di talmente distruttivo su una così grande scala. Era anche vero che lui stesso aveva detto di essere in contatto con Letargianti da ogni parte del mondo, e anche a Venezia ci aveva dimostrato di sapersela cavare egregiamente anche sulla lunga distanza; nulla impediva di pensare che fosse anche in grado di creare quei disastri.

«In ogni caso, che ci piaccia o no, ha ragione: a noi serve il suo aiuto» intervenne Yoann e, a quelle parole, nessuno seppe ribattere altro, forse anche perché tutti ancora un po' intontiti dal fiume di parole con cui ci aveva sommersi R.R.R. senza preavviso.

Ci fu un tacito scambio di sguardi, e il nostro patto fu siglato. Non che per me fosse una gran novità: R.R.R. già sapeva che avremmo accettato, come aveva dimostrato sia chiamandoci soci, che con la promessa – o minaccia? – che io e lui ci saremmo rivisti ancora. Quindi non si poneva nemmeno la necessità di informarlo perché di sicuro aveva già previsto quel momento.

«Va bene, ma anche fosse, come potremmo riuscire noi ad aiutare R.R.R.?» si interrogò Ewan. «Cioè, è lui quello onnipotente, che prevede ogni tua mossa e pensiero! Noi siamo dei semplici Ephuri!»

A quelle parole il suo Adelpho mi trafisse con lo sguardo, ma fu un attimo talmente breve che l'istante subito successivo già dubitavo fosse avvenuto per davvero.

«Se ci ha scelti è perché sa che possiamo aiutarlo...» insistette Yoann. «Evidentemente un modo dev'esserci, solo non sappiamo quale!»

«E allora perché non ce lo dice, questo modo, lui che sa tante di quelle cose?» grugnì Elias.

Padma, che fino a quel momento era stata in silenzio a seguire la conversazione, troppo timida per ribattere qualunque cosa a Elias, borbottò: «Si vede che vuole che ci arriviamo con le nostre teste, altrimenti i risultati sarebbero diversi».

Aveva ragione: non potevamo avere idea di cosa ci riservasse il futuro, ma R.R.R. evidentemente sì. Ogni nostra azione poteva avere centinaia di riscontri diversi, anche solo il più piccolo errore sarebbe potuto essere fatale. Come si faceva a vivere ogni giorno con questa consapevolezza? Come si poteva essere sicuri di compiere sempre le scelte migliori?

Forse ci stavamo sbagliando e non dovevamo fidarci di R.R.R. perché si trattava dell'ennesima truffa? Ci stava prendendo in giro ancora adesso? Il fatto che lui sapesse ogni singola cosa che facevamo e pensavamo, indipendentemente dalle nostre scelte, mentre noi vagavamo nel deserto dell'indecisione e dei dubbi, mi faceva sentire fin troppo piccola e insignificante, un totale burattino nelle sue mani, e questa situazione non mi piaceva proprio per niente. Dovevamo concludere la questione, e dovevamo farlo il prima possibile.

«E come facciamo ad arrivarci con le nostre teste, sentiamo un po'! Aspettiamo la rivelazione divina dal cielo? Anche riuscissimo, miracolosamente, a far fuori tutti gli Arkonanti che ci hanno seguiti qui, non cambierebbe nulla!» ci sputò in faccia Liss, mentre con un ampio gesto esasperato delle mani aperte evidenziava l'ultima parola. «Sono come formiche, quegli esseri viscidi, in continua comunicazione tra loro! Per ognuno che ne uccidiamo ne spunteranno altri tre, e di sicuro non si fermeranno finché R.R.R. non sarà nelle loro mani, dovessero anche provarci fino al giorno della sua morte!»

A quelle parole sgranai gli occhi, accesa da un'idea improvvisa. «Forse è proprio questo il punto!»

«Sì, e questo sarebbe il problema, non la cosa di cui esultare, Liv» ribatté lei guardandomi con sufficienza.

«L'unico motivo per cui gli Arkonanti smetterebbero di cercarlo, sarebbe la sua morte!» esclamai.

Negli occhi di Pad e Yoann si accese un lampo di comprensione. «Stai dicendo che...» cominciò Yoann.

Annuii. R.R.R. si era sempre divertito a barare e prendersi gioco di noi, sbeffeggiandoci con inganni e tranelli. Ora, invece, saremmo stati noi ad aiutarlo a realizzare l'imbroglio più grande di tutti.

Quella notte, di nuovo, non riuscii a prendere sonno. Troppi erano i dubbi su R.R.R. e troppi i rischi cui andavamo incontro, troppi interrogativi su come inscenare la sua morte. Ogni volta che chiudevo gli occhi rivedevo il volto cadaverico di Hel che mi minacciava di uccidere uno dei miei amici, senza contare che ero in ansia per Yoann che già il giorno seguente avrebbe dovuto svolgere il test d'ammissione per diventare Ophliro – il ragazzo aveva promesso, però, che avrebbe permesso a me e Padma di vedere attraverso i suoi occhi con il cebrim dell'Hospes, così saremmo stati insieme anche in quella situazione.

Forse però, il mio era anche un rifiuto di prendere sonno, perché, mi resi conto solo in quel momento, non volevo rivedere Will, neanche per ascoltare semplicemente la sua stupenda musica. Poteva sembrare assurdo, ma scoprire che R.R.R. poteva vedere e parlare con lui, e che non fosse più una prerogativa solo mia, mi faceva sentire a disagio. E anche un po' irritata.

Era come se il violinista mi avesse tradita, in un certo senso: aveva sporcato il nostro luogo speciale con un intruso. Sapevo che era un pensiero sciocco e immaturo, però mi ero abituata a quell'intimità solo nostra, e stavo cominciando a sospettare che Will non tenesse a me quanto diceva. A Venezia aveva ballato con me ed era stato un momento molto bello, ma poi subito dopo era tornato dagli Arkonanti, per poi "collegarsi" con R.R.R.

Ogni volta che eravamo insieme evitava di rispondere alle mie domande e sembrava sempre in ansia, dicendo di avere poco tempo e cose simili, l'ultima volta si era addirittura accusato di essere egoista per aver desiderato parlare con me. Eppure per tutto il tempo mi aveva studiata come un interessante animale da laboratorio.

Quanto era realmente interessato a me, e quanto invece, mi stava manipolando? Com'ero stata sciocca a credere che fossimo legati da un qualche particolare legame, quando le nostre dita si erano toccate per la prima volta... Non si trattava di nulla di più della connessione via sogno, non diversa da quella che adesso lo legava anche al Mecenate dei Perduti. Non era una cosa solo nostra.

E se adesso io mi fossi addormentata cosa sarebbe successo questa volta? Sarebbe riuscito a farmi cambiare idea semplicemente scorrendo l'archetto sulle corde tese per generare quei suoni sublimi? Oppure adesso che stavo scoprendo le sue carte sarebbe cambiato qualcosa?

In ogni caso, non l'avrei scoperto quella notte, di questo potevo essere certa, perché i miei occhi non volevano proprio saperne di chiudersi. E neanche le notti seguenti probabilmente avrei fatto luce sul misterioso violinista, perché ogni volta era sempre più ambiguo e indecifrabile, soprattutto quando tirava fuori quella storia sull'esistenza di un'altra parte di me.

Il suono improvviso di alcuni passi provenienti dalla sala d'ingresso, e della porta che si chiudeva, mi destarono dai miei pensieri. Aggrottai le sopracciglia. Qualcuno era appena uscito? Oppure entrato, mi resi conto con un brivido.

Mi alzai lentamente, poi mi avvicinai alla porta. Per un attimo pensai di svegliare Padma e Liss, ma, da come ronfavano con totale tranquillità, compresi che se si fosse trattato di un malinteso non me l'avrebbero fatta passare liscia per averle strappate via dai loro dolci sogni.

Entrai cauta nella sala e mi guardai intorno con circospezione. La porta d'ingresso era chiusa come sempre e la penombra notturna che filtrava dalle tende illuminava lievemente il divano dall'aspetto un po' stropicciato, con i cuscini in disordine come sempre. Un paio di pantofole maschili erano adagiate sul tappeto e nel tavolino c'erano alcune riviste di mamma. Tutto regolare.

Non appena spostai lo sguardo verso cucina e sala da pranzo, però, notai una figura seduta a tavola. Sobbalzai per lo spavento, poi, stropicciandomi gli occhi, mi accorsi che si trattava semplicemente di Ewan.

«Tutto bene, Laura?» ridacchiò lui.

«Livia» ripetei, «guarda che non ci credo che non l'hai ancora imparato.»

«Hai ragione, touché! È che così è più divertente!»

Roteai gli occhi: «Se lo dici tu! Comunque, che ci fai qui? Sei appena entrato? Ho sentito la porta di casa».

Intanto l'avevo raggiunto a tavola, dove avevo avuto modo di notare che si stava versando in un bicchiere un po' del succo d'uva che aveva acquistato quel giorno, per un motivo che non mi era del tutto chiaro. Possibile che gli fosse venuta voglia di berlo proprio per via della storia di Àlvar Gomis? Per me era l'esatto contrario e non mi capacitavo di come per lui potesse essere stato l'esatto contrario, si vede che pure lui non era del tutto a posto.

«No, Elias è appena uscito... mmmh che buono! Vuoi provare?» rispose mentre prendeva le prime sorsate.

Rifiutai quasi schifata. Non avevo nulla contro il succo d'uva in sé, però mi sembrava... sbagliato.

«È uscito per andare dove?» chiesi ancora.

Invece che rispondermi, a quelle parole lui rise esilarato da qualcosa. «Certo che è incredibile!»

«Che cosa?» Non è che magari in quel succo c'era per davvero un po' d'Alcol?

«Tu ed Elias, mi farete venire il malditesta con i vostri sospetti reciproci!»

Aggrottai le sopracciglia e incrociai le braccia. «In che senso?» chiesi prendendo una sedia e accomodandomi anch'io.

«È da settimane che continua a lamentarsi di come tu sia sospetta! Dice che da quando sei arrivata qualcosa è cambiato: prima hai spiato la nostra conversazione sulla spia...»

«Non è stata una cosa intenzionale, volevo solo provare i vostri Clypeus!»

«...poi, non sappiamo come, hai trascinato tutti a Venezia, venendo a conoscenza di segreti sugli Arkonanti che nemmeno noi, in tutti questi anni, siamo mai riusciti a rivelare! Per non parlare di quando sei tornata con nientemeno che la corona di Arkon...»

«Ho già spiegato che-»

«... e, come se non bastasse, hai persino trovato la città in cui abita R.R.R.!»

«Ve l'ho detto che ho questo cebrim degli indovinelli o quel che è!» esclamai indignata. Possibile che Elias mi mettesse sempre il muso proprio perché era convinto che io fossi la spia?

«Già, un cebrim degli indovinelli, che ha senza dubbio il primato in assurdità di tutta la storia dei cebrim! Per non parlare di quello che ti ha permesso di vedere quelle cose a Casa Batllò attirando così proprio l'attenzione dell'individuo che cercavamo!»

Feci spallucce, arresa. Sinceramente non sapevo nemmeno io perché quelle cose capitassero tutte a me. «Se davvero pensate che io sia la spia, perché allora non avete fatto ancora niente?»

«Ehi ehi, non parlare al plurale! Io non lo penso mica!» Lo guardai eloquente. «No-no, hai troppo la faccia da brava ragazza per bramare alle nostre spalle!»

Non seppi se prenderlo come un complimento. «È proprio ai più insospettabili che bisogna fare attenzione» ribadii guardandolo in tralice.

Lui mi guardò per un attimo, poi decise: «Naah, sei tutto meno che la spia!»

«Se lo dici tu!» risi, con mia stessa sorpresa. Senza la sua spalla ombrosa, Ewan sapeva essere quasi simpatico!

«Quindi dov'è andato Elias?» insistetti.

Lui sbuffò, versandosi un altro bicchiere di succo d'uva. «Saperlo! Ma tornerà. Torna sempre.»

«In che senso?»

«Nel senso che non lo so, e non l'ho mai saputo. Elias esce spesso senza dire dove va. Credo gli piaccia stare solo per immergersi nei suoi pensieri», Ewan scrollò le spalle, indifferente.

Lo studiai attentamente, incuriosita da quella risposta. Non ricordavo bene come funzionasse il legame tra Adelphi, ma avevo sempre dato per scontato che "dirsi tutto e non avere segreti" fosse compreso nel pacchetto. Possibile che invece non fosse così?

«E non lo trovi sospetto? Deve pur averti dato qualche spiegazione!»

«Non saremmo Adelphi se io sospettassi di lui. Il nostro legame si basa sopra ogni altra cosa sulla fiducia, tutto il resto passa in secondo piano. Quello è il suo spazio e io gli voglio bene a sufficienza da concederglielo, perché ne ha tutto il diritto e se io non capissi questo non saremmo davvero Gemelli di Mente.»

Mi morsi il labbro, incredula che Ewan potesse essere tanto sciocco. Evidentemente non l'avevo sottovalutato! «Vuoi dirmi che non hai mai, e dico mai, provato a leggergli il pensiero o a fare cose da Adelpho quando lui era via?»

Lui sorrise, versandosi un altro sorso. Con i capelli scompigliati dal letto da cui probabilmente si era appena alzato, e con quell'aria addormentata, sembrava davvero un ubriacone che affondava i suoi dispiaceri nel vino. «Certo che ci ho provato.»

Sollevai le sopracciglia, sinceramente sorpresa. «E...?» incalzai.

«E niente, sigilla la sua porta e mi espelle con il Clypeus, com'è normale che sia!»

Presi un respiro profondo, per trattenermi dal fare la Liss di turno gridando "E NON LO TROVI MINIMAMENTE SOSPETTO QUESTO?!".

La consapevolezza che stessi diventando fissata come Liss fu sufficiente a farmi comprendere che forse stavo davvero esagerando. Dopotutto ero pur sempre ancora nuova, conoscevo pochissimo molti di loro, non potevo neanche immaginare quale fosse la storia di Elias e le sue reali motivazioni. Forse c'erano delle informazioni che mi sfuggivano, dei particolari di cui non avevo tenuto conto.

O forse semplicemente mi piaceva pensare che fosse lui, perché in tal modo non avrei dovuto rinunciare a nessuno di coloro a cui tenevo.

«Da quanti anni siete Adelphi? Com'è successo?» "Già prima di allora faceva così tanto il misterioso?", l'ultima parte ovviamente evitai di trasmettergliela.

«Tre anni. Lui è arrivato all'Ephia circa cinque anni fa, e all'inizio neanche ci piacevamo molto. Sinceramente non so nemmeno come sia successo», sul suo viso comparve un sorriso dolceamaro, che accese nel suo viso un amore che non avevo mai scorto prima, e che mi sembrò fargli persino luccicare gli occhi, «so solo che è successo. E di questo non potrei essere più grato.»

«Quindi vi ci sono voluti ben due anni? Come mai?»

Lui scrollò le spalle. «Bella domanda, me lo sono chiesto spesso anch'io, perché fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati, abbiamo saputo che eravamo legati in qualche modo, anche se nessuno dei due lo dimostrava!» Ewan ridacchiò.

«In tempi antichi gli Adelphi erano considerati sacri», riprese Ewan passandosi la catenella nera che aveva al polso tra le dita. «Si riteneva che alcuni Ephuri fossero destinati ad averne uno o più, e che quindi fino a quando non l'avessero trovato, avrebbero vissuto tutta la vita con una sensazione di mancanza, come un braccio fantasma. Sempre secondo questo pensiero, se un legame di questo tipo si spezza, significa che gli Ephuri coinvolti si sono disconnessi da sé stessi e questo li ha portati a loro volta ad allontanarli dalla loro metà. Ma, sinceramente, io credo che siano tutte frottole!»

Aggrottai le sopracciglia, sorpresa da quell'ultima affermazione.

«Io ed Elias, ad esempio» Ewan alzò un dito per attirare l'attenzione sulle sue parole, ma uno sbadiglio inaspettato rovinò l'effetto sperato. «Ecco sì, noi sentivamo questo... qualcosa, ma non era niente di prestabilito o cose simili! Certo, ognuno sentiva quanto l'altro stesse diventando fondamentale per vivere, e io percepivo Elias come il fratello che mi era sempre mancato – nulla togliere al Genio Snob della Politica Corrotta e delle Facce Sprezzanti Verso i Fratelli Inferiori – ma se davvero fosse stata una cosa a cui eravamo destinati, ci sarebbero voluti ben due anni per unirci definitivamente come Gemelli?»

Mi chiesi se si aspettasse una qualche risposta, ma sperai di no perché non avrei saputo davvero cosa dirgli. Per fortuna riprese dopo un attimo, con voce impastata: «No! La risposta è no, Ferrara. Perché per crearsi un legame veramente stabile, è necessario il tempo. Le esperienze.» fece una pausa ad effetto. «Le prove che la vita ci pone davanti!» Puntò il pugno sul tavolo per dare maggiore evidenza alle sue parole.

«Suppongo di sì» risposi cercando di non scoppiare a ridere per la scenata da ubriacone-addormentato che stava facendo.

«È un legame speciale!» continuò lui, imperterrito, trascinando la pronuncia della c. «Ma lo è perché siamo noi a renderlo così! A costruirlo in questo modo superando tutte le difficoltà che ci pone la vita!»

Annuii, riconoscendo la serietà delle sue parole dietro lo sguardo addormentato. «Ewan, sembri ubriaco. Sei sicuro di non voler andare a dormire? O stai aspettando Elias?»

«Ubriaco?» sbadigliò di nuovo. «No, ma un giorno voglio imparare a esserlo. Lo sai che alcuni Arkonanti sono in grado di immunizzarsi ai Destabilizzatori? È per questo che gli Ephuri non li fanno quasi mai prigionieri, salvo casi speciali. Beh, perché noi invece dobbiamo limitarci in questo modo? Guarda cos'è successo a quella tizia solo perché il governo vuole ridurre il nostro potenziale in modo da poterci controllare?»

Lo guardai con nuovo rispetto, nonostante il suo pessimo stato attuale. Quindi era quello il motivo per cui stava bevendo il succo d'uva! Pensava che abituarsi al gusto dell'uva fosse un primo passi per sviluppare quell'immunità. «Guarda» disse però subito dopo, indicando la bottiglia.

Battei un paio di volte le ciglia e mi resi conto che l'etichetta che avevo visto prima si era sostituita con un'altra. Vino analcolico. Era questo che stava bevendo in realtà, e l'aveva nascosto a tutti gli altri con una piccola illusione a cui nessuno aveva fatto caso.

«Ewan!» esclamai. Persino l'odore della bevanda, che ora mi appariva per com'era veramente, era stato velato.

«Shhh, questo sarà il nostro piccolo segreto» sussurrò con uno sguardo strano che ora potevo dire con sicurezza di essere davvero da ubriaco. «Inoltre, come vedi, sono ancora pienamente in grado di sfruttare al meglio le mie facoltà cerebrali.» disse con un cenno verso la bottiglia, ora tornata succo d'uva, per poi ridacchiare.

«Di questo non ne sarei così sicura. Su adesso torna a dormire, se vuoi lo aspetto io Elias.»

Ewan sollevò di scatto lo sguardo verso di me, sorpreso, con uno strano sorriso a storcergli la faccia. «Quindi... te ne sei accorta anche tu?»

«Di cosa?»

Lui si sporse sul tavolo verso di me. «Di come la situazione si sia fatta scottante tra noi» con un sorriso ambiguo provò a versare le ultime gocce di vino, per poi scoprire che la bottiglia era già vuota e fare una faccia delusa.

Roteai gli occhi. Era più ubriaco di quanto pensassi per arrivare a provarci con me. «Sai, tutti soli... nel mezzo della notte... con gli altri che dormono...»

«Senti, ti porto a letto» sentenziai infine.

«Cosa? Ma io non dicevo sul serio...» esclamò sorpreso mentre lo prendevo per un braccio per trascinarlo nella sua camera. Per fortuna non fece troppi problemi e si lasciò portare buono buono fino in camera e persino rimboccare le coperte. Non mi piaceva fare la parte della mammina premurosa e nemmeno dell'amica comprensiva, ma non c'erano molte altre possibilità purtroppo.

Se Elias non era lì a occuparsi del suo Adelpho, qualcuno doveva pur farlo.

Ritornai in cucina e mantenni l'illusione del succo d'uva, per evitare che vedendo la bottiglia, mamma e papà pensassero che qualcuno tra noi beveva. Poi mi misi seduta e attesi.

Con un sobbalzo sorpreso sentii la porta aprirsi. Mi chiesi se per sbaglio mi fossi addormentata, senza accorgermene. Elias, mi scrutò, sorpreso, ma non disse niente. Guardò me, poi la bottiglia vuota, e sembrò capire qualcosa. Sospettai che Ewan gli avesse parlato del suo desiderio di immunizzarsi ai Destabilizzatori, perché non sembrava molto sorpreso.

«Ciao», lo salutai.

«Ciao», rispose lui, studiandomi attentamente. Dopodiché senza aggiungere altro, si diresse spedito verso la sua camera e chiuse la porta dietro di sé.

Aggrottai le sopracciglia. Forse perché troppo concentrato a notare qualche fallo in me su cui basarsi per i suoi sospetti, aveva impiegato meno impegno a nascondere sé stesso. E ora un minuscolo pezzettino di ghiaccio quasi sciolto, forse neve, prima attaccato alle suole dei suoi mocassini, era appena finito sul pavimento. Lo presi e questo mi si sciolse tra le mani, rivelando però un vago odore di pino ai miei sensi sviluppati dai cebrim dell'Antìlipsi.

Peccato che a luglio, di pini innevati, non se ne vedeva nemmeno l'ombra, a Barcellona.

Eh niente, il mistero sulla spia si infittisce sempre di più, ma chissà, potrebbe essere stato appena rivelato un indizio importante 👀

Comunque ringrazio Fraxinusexcelsior perché l'idea per come impostare questo capitolo mi è venuta dopo una nostra chiacchierata sulla somiglianza tra lo stato di ubriachezza e la sonnolenza🤣

Bene, dopo avervi rivelato questo particolare inutile vi chiedo scusa in caso nel capitolo ci sia qualche refuso, perché oggi non ho proprio avuto la possibilità di rileggermelo e ricontrollarlo per bene😅
Spero che comunque vi sia piaciuto.

ꟻAᴎTAꙅilɘᴎA

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