75.Pattini e pappagalli
Tempo un paio di giorni, già mi sentivo completamente a mio agio in quella città nuova e colorata, come ci fossi sempre vissuta. In un certo senso era come se possedesse un'atmosfera particolare che portava le persone a essere più rilassate, e perché no, magari anche un po' più pazze. O forse si trattava semplicemente dell'aria di vacanza.
Per di più, dovevo ammettere che ero un po' in ansia al pensiero di vivere tutti insieme in un unico appartamento, sicura che qualcosa sarebbe andato storto, già mi aspettavo tensioni tra i conviventi, divergenze, litigi, sospetti e così via. Invece... okay, molti di quei timori in effetti si erano avverati, ma erano anche accompagnati da bellissimi momenti familiari e divertenti che continuavano a lasciarmi piacevolmente stupita ed equilibravano i primi.
La casa si era rivelata molto carina anche dall'interno, e la bellissima vista mare di cui si poteva godere da quell'ultimo piano, l'interno composto da stanze spaziose e accoglienti, con pareti candide, illuminate dalle numerose finestre scorrevoli, mi avevano fatta sentire immediatamente a mio agio, e lo stesso era valso per gli altri.
In men che non si dica mi ero già abituata a sentire durante la notte il suono degli scricchioli provocati dal letto sovrastante, dove Pad si rigirava nel tentativo di addormentarsi, e a Liss che mi dava sempre la schiena a pochi metri di distanza, così come erano diventati ormai normalità i ticchettii provocati dalle unghie di Luna sul parquet in legno scuro mentre questa passeggiava tranquillamente in qualunque orario della notte e il fracasso provocato dalla gatta che si arrampicava sulla scala a pioli per raggiungere Padma o che saltava giù con un tonfo accompagnato da uno dei suoi strani versetti, ricevendo ogni volta in risposta i mugugni irritati di Liss.
Mi ero ormai abituata anche al profumo delle crepes che ogni mattina Yoann si metteva a preparare, svegliandosi appositamente un'ora in anticipo rispetto agli altri. A rendere ancora più delizioso il gusto di quei prelibati dolci francesi, era la quiete che vigeva durante la colazione, la serenità familiare, le risate, l'emozione di iniziare un altro giorno di vacanza, sempre presente nonostante la consapevolezza che si trattava in realtà di una semplice copertura.
Un'altra divertente normalità a cui mi ero ormai abituata era quella delle serate-film. Ogni giorno, dopo cena, guardavamo un film diverso tra quelli registrati nel PC di Yoann - ovviamente tradotti in italiano -, e qualche volta si univano anche mamma e papà. Da come il mio amico interveniva durante la visione, con commenti concitati e partecipi, emozionandosi anche fin troppo per ogni singola scena, mi resi conto di quanto fosse un vero appassionato di film, stupendomi per non essermene mai accorta prima.
Non era l'unico di cui si stavano svelando nuove caratteristiche che prima mi erano sconosciute. Convivendo insieme, infatti, c'era sempre qualcosa di nuovo che si scopriva, anche in chi si poteva pensare di conoscere perfettamente. Notai, ad esempio, che Padma imitava la sua gatta molto più spesso di quanto credessi, altre volte passava invece interi minuti a osservarla.
«Pad... cosa stai facendo?» le chiesi una volta mentre fissava attentamente Luna che mangiava beata dalla sua ciotolina, la coda arrotolata intorno alla gamba della sedia più vicina.
«Osservo. Lo sai, vero, che i gatti mangiano senza guardare il cibo?»
«Ehm... no, non lo sapevo. Vanno a naso?» tirai a indovinare, confusa.
«Hm» si limitò a mugugnare lei in risposta.
Solo poche ore dopo, terminato il pranzo, anzi che prendere il cucchiaino per assaggiare la crema catalana, un dolce tipico della zona, Padma avvicinò il viso alla coppetta molto simile a quelle di Luna per poi prendere tranquillamente a leccare, usando la lingua come un gatto e senza guardare ciò che mangiava. Con grande sorpresa di tutti i presenti, riuscì a trangugiarselo tutto senza problemi. Quando sollevò dalla tazzina vuota la faccia imbrattata di crema dalla fronte al mento, attaccata anche in alcune ciocche di capelli, notò per la prima volta le nostre espressioni basite.
«Che avete da fissardare? Così si gusta molto di più!» Dopodiché si alzò con nonchalance per dirigersi al bagno, probabilmente per lavarsi la faccia.
Inoltre, notai che spesso si metteva a fusare lei stessa, quando Luna le si acciambellava a fianco in cerca di coccole, ma quella non era decisamente la caratteristica più strana tra quelle inerenti alla sua gatta. Ogni tanto, mentre studiava Luna, si appuntava qualcosa su un piccolo taccuino il cui accesso era severamente vietato a chiunque. Non che si potesse avere la possibilità di leggerlo, dal momento che Padma era sempre attentissima a nasconderlo gelosamente, in particolare per evitare di farlo cadere nelle mani di Liss. Quest'ultima, infatti, ci teneva particolarmente ad appropriarsene, perché secondo lei, lì erano contenuti appunti e informazioni sui cebrim di Padma, sia su quelli già sviluppati che su quelli che aveva in mente di sbloccare, indispensabili per vincere quella stupida competizione infinita. Se l'ipotesi di Melissandra era giusta, però, cosa diamine c'entrava Luna con i suoi cebrim?
Di Liss, invece, non notai molte nuove particolarità prima ignote, se non il fatto che non era proprio in grado di rilassarsi. Durante i pochi momenti liberi, quando io mi mettevo a leggere, Yoann ad ascoltare musica e Padma a meditare o coccolare Luna, Liss entrava in uno stato di inquietudine e agitazione; secondo lei, stavamo perdendo tempo prezioso per la ricerca di R.R.R. e del frammento. Per evitare di girare avanti indietro con passi nervosi o sedersi a gambe e braccia incrociate trascorrendo interi minuti a sbuffare irritata, spesso preferiva uscire per passeggiare nei dintorni nella speranza di poter incontrare miracolosamente pappagalli color arcobaleno o qualunque tipo di indizio utile alla missione.
Inutile dire che i suoi momenti preferiti della vacanza, per ora, erano quelli in cui andavamo in giro a visitare la città, cosa che succedeva molto spesso in effetti, come era giusto che fosse. Ogni giorno ammiravamo affascinanti meraviglie e assaggiavamo piccoli pezzi della vita che si faceva lì, dando qualche scorcio a strade di negozietti di souvenir, sempre affollate di turisti, a vie contraddistinte dal profumo di prelibatezze dolci e salate, a piazze che si distinguevano per la maestosità di fontane o statue, a case signorili particolarmente eleganti e curate, e persino a parte dell'affascinante zona gotica della città.
I miei genitori volevano anche organizzare delle visite ad alcune delle opere di quel Gaudì che lì era tanto famoso, ma i prezzi non erano affatto bassi e considerando che noi eravamo in sei lo erano ancora meno. Per il momento, avevamo quindi deciso di ammirare le sue creazioni semplicemente da fuori e di rilassarci in giri casuali e senza pretese.
Capitò più di una volta che durante queste uscite ci soffermassimo a guardare da vicino alcuni pappagalli in cerca di piume colorate, ma finora non avevamo ancora trovato nulla. Era praticamente impossibile, a dir la verità, che ottenessimo un qualche risultato nel giro di un solo mese, e iniziavo a temere che avremmo fallito.
Spesso gironzolavamo senza mete precise solo noi quattro, ma in quasi tutte quelle passeggiate in breve tempo ci dimenticavamo del vero obiettivo e iniziavamo a comportarci come turisti, oppure come semplici ragazzi che si divertivano insieme. Di solito a quel punto Liss si stufava e se ne andava per conto suo. Certe volte quella ragazza non sapeva proprio divertirsi!
Mi dispiaceva che fosse tanto concentrata sul nostro obiettivo da dimenticarsi di sé stessa, ma non potevo farci nulla, e anzi, sinceramente, preferivo godermi la vita e passare il tempo con i miei amici, piuttosto che sprecare tutte le mie energie in quella ricerca assurda e priva di senso. Dopotutto Will aveva detto che avremmo trovato R.R.R. solo se lui lo avesse voluto, sarebbe stato inutile pertanto cercare qualcuno che non si sarebbe fatto trovare in ogni caso. Non era passata ancora neanche una settimana, ero sicura che sarebbe bastato aspettare solo un altro poco, e poi sarebbe stato il mecenate stesso a venire da noi.
«Avete notato che qui c'è un sacco di gente che gira in pattini, bici, skate e monopattini?» osservò Yoann durante una di quelle passeggiate.
«Devono essere fissati con le ruote qui», ipotizzò Padma, scrollando le spalle.
In effetti, fin da subito, praticamente ovunque, mi erano saltati all'occhio un sacco di ragazzi - e non solo - che si muovevano tramite quei mezzi. Li usavano per qualunque cosa, per andare in spiaggia, a fare la spesa o anche solo per mangiarsi un gelato. Probabilmente questa particolarità era da attribuirsi alle numerose piste ciclabili e alle strade larghe e spaziose, dall'asfalto liscio.
«Già», dissi. Restammo tutti e tre a fissare i passanti dalla panchina su cui ci eravamo accomodati in quel momento, ammirandone i movimenti rapidi e sinuosi, e ascoltando il suono di quelle piccole rotelline sull'asfalto liscio. In un certo senso era come se identificassero i barcellonesi, aggiungendo un altro strambo particolare a quella città allegra e pazza per completarne il quadro di insieme. Come guidati da un unico istinto, Yoann, Pad e io ci scambiammo uno sguardo, leggendovi reciprocamente il riflesso dell'improvvisa idea appena venuta a ognuno di noi.
Neanche un'ora dopo, tutti e tre scivolavamo per le strade del centro, ciascuno calzando le proprie paia di pattini appena acquistati al primo negozio sportivo che avevamo trovato. Almeno così potevamo dirci veri barcellonesi! Dopotutto per circa un mese, forse più, saremmo stati a tutti gli effetti abitanti di quella città, perché allora non mimetizzarci completamente in mezzo agli altri, facendoci trascinare dall'euforia collettiva?
Per di più mi era mancato pattinare, era da molti anni che avevo smesso ma, nonostante ciò, ricordavo abbastanza bene i movimenti basilari per restare in piedi. Ovviamente approfittai anche del cebrim del parkour appreso negli ultimi tempi per fondere insieme alcune mosse al fine di gingillarmi in acrobazie divertenti per vivacizzare ulteriormente le nostre passeggiate.
Ci trovammo talmente bene da iniziare a usarli praticamente tutti i giorni, contagiando ben presto pure Liss, anche perché in fin dei conti le conveniva se voleva stare al nostro passo durante i giri in città.
Grazie ai pattini, oltre che a tanti piccoli particolari, crebbe sempre di più in me la sensazione di essere come un vero abitante del luogo, ero ormai entrata completamente dentro al flusso che scorreva a Barcellona. In un certo senso, ogni città, così come ogni luogo, aveva una sua certa atmosfera, uno spirito, un po' come un personale flusso che la contraddistingueva e condizionava le emozioni, i pensieri, gli stili di vita di chi viveva al suo interno. Per ogni abitante rappresentava la completa normalità, fino al momento in cui ci si andava a trasferire in un altro luogo e si entrava in contatto con un nuovo flusso, accorgendosi così della differenza rispetto al precedente.
Era un fenomeno che avevo sempre notato visitando luoghi nuovi, ma non mi ero mai saputa spiegare il perché. I mens si stavano davvero rivelando la risposta a tutte le domande.
Tra l'ottavo e il nono giorno di vacanza, però, iniziai a percepire uno strano cambiamento di quell'atmosfera prima rilassata e allegra: una particolare elettricità in esponenziale aumento istante dopo istante, sembrava attraversare gli animi dei barcellonesi. Mi risultava ancora difficile, tuttavia, comprendere se si trattasse di una cosa positiva oppure negativa.
Per di più, nei sogni degli ultimi tempi, le canzoni suonate da Will erano composte di note basse, dalle durate brevi e dai ritmi incalzanti, alternate occasionalmente da acuti intensi e vibranti che raggiungevano il culmine per poi riabbassarsi rapidi. Ricordavano un po' la classica melodia che nei film horror contraddistingueva le scene antecedenti all'arrivo del jumpscare di turno. Era ovvio che volesse avvertirmi di qualcosa, ma purtroppo non ero ancora riuscita a trovare il tempo di mettermi a dormire durante il giorno, di conseguenza non avevamo più avuto alcuna occasione per parlare.
Inutile dire che il mio organismo era ormai entrato in un automatico e continuo stato d'allerta. Stava per succedere qualcosa, questo era certo.
La mattina del dieci luglio l'elettricità circostante sembrava aver quasi raggiunto il suo culmine. Era talmente tangibile, infatti, da venir notata persino senza il bisogno di far caso ai mens. La sentivo propagarsi prepotentemente dalle persone stesse che incrociavamo per le strade mentre pattinavamo in centro: dai loro scambi di sguardi, dalla voce, dai modi di camminare e di muoversi, dalle bandiere fissate ad almeno due terzi delle finestre e dei balconi presenti, le quali spiccavano per via delle orizzontali strisce alternate di rosso e giallo spezzate dal triangolo blu che partiva dal bordo sinistro, al cui interno emergeva una stella nivea a cinque punte. Nonostante queste ultime fossero state presenti fin dal primo giorno, quel mattino sembravano più luminose, più osservate e ammirate dai passanti, senza contare che alcune di esse erano state affiancate da cartelloni che riportavano visibili scritte in catalano o spagnolo a caratteri cubitali.
Con il passare della giornata, che, nonostante ciò, scorse abbastanza liscia e tranquilla, la tensione circostante aumentò di ora in ora in modo esponenziale. Erano quasi le sei del pomeriggio, orario in cui solitamente tornavamo a casa per poi andare a rilassarci al mare, quando l'elettricità sembrò raggiungere i suoi massimi livelli.
«È solo un'impressione,» esordì Yoann, mentre guardava due ragazzi poco avanti a noi che camminavano con passo concitato, facilmente riconoscibili per via dei colori accesi delle loro mantelle, gli stessi della bandiera catalana, «o oggi c'è qualcosa di strano in giro?»
«No, non è solo una tua impressione, stavo per dire la stessa cosa!» risposi subito. Anche se non ce l'avevo per niente con lui, il tono con cui risposi venne fuori particolarmente irritato, come se mi avesse infastidita che avesse parlato al posto mio. In quei giorni ero spesso vittima di sbalzi d'umore senza preavviso, ma era un supplizio che ricorreva ogni mese a cui ormai ero abituata, per cui non detti troppo peso all'espressione lievemente offesa di Yoann.
Aprii la bocca per chiedere alle due Ephure più esperte il significato delle scritte che avevo notato ovunque in giro, ma fui costretta a richiuderla, distratta da un boato di voci che gridavano in coro nelle vicinanze di Plaça Cinc d'Oros e del suono ripetuto dei clacson di macchine bloccate forse dal traffico.
«Siete proprio dotati di uno spiccato spirito d'osservazione voi due», commentò acida Liss. Un nutrito gruppo di persone stava attraversando con passo spedito la piazza, agitando bandiere e ripetendo la stessa frase. Incuriositi, li seguimmo per qualche metro, ma li perdemmo di vista nell'incrocio che introduceva a Passeig de Gràcia, dove si mescolarono all'afflusso di gente che arrivava da tutte le vie circostanti per unirsi alla calca sempre più estesa e compatta nella via più importante. Da quel che traspariva dai loro modi di esprimersi, di comportarsi e di agitare le bandiere, potevo però facilmente intuire che si trattava di una folla di protestanti di qualche tipo, e iniziai anche a intuire quale.
«Cosa dicono?» dovetti gridare per farmi sentire al di sopra della calca nonostante i miei amici si trovassero a pochi centimetri di distanza da me.
Padma rispose, l'espressione corrucciata un po' inquieta: «Som una naciò, nosaltres decidim, cioè, Siamo una nazione, noi decidiamo...»
«Fantastico, siamo capitati nel bel mezzo di una protesta per l'autonomia della Catalogna, ottimo!» Liss fece una breve rotazione intorno a sé stessa con i pattini, sollevando le mani in un gesto disperato.
"Cosa ha scaturito la protesta?" chiese Yoann, preferendo saggiamente la comunicazione telepatica alle parole.
"Non ne so molto anch'io, ma creduppongo c'entri con la recente decisione del Tribunale costituzionale spagnolo di annullare alcuni articoli di uno statuto catalano, sostenendo che la Catalogna non è una nazione e non ha quindi autonomia decisionale."
"E non è così? La Catalogna fa pur sempre parte della Spagna, no?" ribatté con tono naturale il ragazzo.
Padma si morse il labbro, forse indecisa su come rispondere nella maniera più opportuna. Fin da quando eravamo arrivati, era stata fin da subito evidente la tensione che incorreva tra la Comunità Autonoma della Catalogna e il resto della Spagna. Se tutte le frasi scritte o con voce digitalizzata riportate sempre in due lingue molto simili tra loro eppure ben contraddistinte, che avevamo notato centinaia di volte nella Metro non erano una prova sufficiente, allora lo era l'astio di alcuni cittadini con cui avevamo avuto modo di parlare per un motivo o per un altro, quando precisavano di essere catalani e non spagnoli dopo qualche nostra innocente confusione. Certo, molti mantenevano comunque una parvenza di cordialità, ma anche sotto i sorrisi gentili, si scorgevano il risentimento al solo pensiero di essere considerati spagnoli e la fierezza di essere invece catalani.
Da quel che sapevo, si trattava di una tensione scaturita da diversi fattori complessi, che avevano contribuito nel tempo ad alimentare i movimenti separatisti. Nonostante avesse origini storiche, ormai era principalmente una questione economica e politica. La Spagna non voleva separarsi dall'industrializzata, ricca e turistica regione, e quest'ultima non accettava le pressioni e i limiti imposti dal governo centrale, certa di essere del tutto in grado di prosperare da sola.
Ecco spiegata, quindi, la particolare elettricità che avevo percepito aumentare negli ultimi tempi, e che adesso era esplosa tutt'intorno a noi.
"È una lunga storia che non ci riguarda" tagliò corto infine Pad, anche se Yoann non sembrava poi così convinto della risposta ricevuta.
"Esatto, direi che stare qui è una gran perdita di tempo, torniamocene a casa!" concordò Liss, rivelandosi così in improbabile accordo con Padma.
A dir la verità non c'era nulla di strano in questo, siccome eravamo praticamente tutti d'accordo; dopotutto non c'erano poi tante altre possibilità. A nessun Ephuro piacevano particolarmente le calche o in genere i luoghi affollati, inoltre tutta quella affluenza e quel chiasso continuo non ci invogliavano più di tanto a dilungare il nostro giro, soprattutto se confrontato con il tranquillo e rigenerante bagno al mare che ci apprestavamo a fare.
Liss fece dietrofront, e Yoann la seguì a ruota con un movimento liscio e sinuoso delle rotelline dei pattini. Stavo per fare lo stesso, quando la mano di Pad, la presa forte e del tutto inaspettata, si chiuse intorno al mio braccio.
"Fermi!" esclamò nelle menti di tutti e tre. Il suo sguardo era fisso sul cielo poco avanti a noi. "Lo so che può sembrarvi una cosa pazzurda, ma... credo che invece dovremmo partecipare alla protesta..."
Anticipando la domanda di Liss, l'Ephura alzò un dito verso l'alto.
A svolazzare sopra la folla, non molto distante da noi, un pappagallo dalle dimensioni leggermente più significative rispetto agli altri presenti nei dintorni, si distingueva per il suo piumaggio contraddistinto da accesi verdi, blu e rossi.
Se il mio braccio non fosse stato sorretto da Padma, avrei perso l'equilibrio.
Ed ecco che tornano i miei amati cliffhanger!!! Ammetto che mi era mancata questa dolce soddisfazione 🥰
Almeno però questa volta dovrete aspettare una settimana sola!
Comunque, sappiate che la parola usata poco fa da Padma (Pazzurda=pazza+assurda), non è di proprietà mia ma di invenzione esclusiva di GiulSma !!!
Come vi avevo già detto tempo fa, a me fa sempre piacere quando proponete nuove parole da aggiungere al suo dizionario personale, quindi non esitate a farvi avanti se ve ne viene in mente qualcuna (O se, come nel caso mio, di GiulSma e di molti altri suppongo, già usate parole di vostra invenzione nel vostro normale linguaggio parlato 🤣)!
Sono curiosa di vedere cosa riuscite a tirare fuori! 😂
꧁ꟻAᴎTAꙅilɘᴎA꧂
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