73.Adattarsi

«Mamma mia che caldo!» esclamai asciugandomi il sudore con il braccio per la terza volta nel giro di due minuti.

Padma si voltò verso di me, aggrottando le sopracciglia: «Sei un'Ephura, ricordi? Non sei obbligata a sentirlo, sei tu stessa che ti stai autoinfliggendo questo dolore. Quindi non hai diritto di lamentarti!»

Grugnii irritata. Se proprio avessi dovuto scegliere un cebrim che detestavo più di tutti gli altri, sarebbe stato sicuramente proprio quello dell'Immunità ai sensi. Fin da subito mi aveva fatta storcere un po' il naso, pur riconoscendone l'ovvia comodità.

Quando l'immensa distesa blu del mare ci si era parata davanti e il sole estivo ci aveva accolti in un abbraccio luminoso, però, fui ancora più certa del fatto che quel cebrim fosse del tutto sbagliato. Era terribilmente seccante, certo, sentire bruciare la pelle per i raggi diretti e spietati di mezzogiorno, nuotare nei litri e litri di sudore che colava dalla fronte e inzuppava i capelli e, soprattutto, cercare di mantenere la mente lucida con il sole che batteva sulla testa. Però se tutte queste sofferenze non fossero state presenti, l'immersione nell'acqua fresca del mare sarebbe stata altrettanto rigenerante? Un buon ghiacciolo o un gelato, avrebbe avuto lo stesso sapore?

Esattamente per questo motivo, quando mi ero accorta di aver attivato il cebrim in automatico, come in un riflesso involontario, avevo deciso coscientemente di spegnere quello scudo inutile e soffrire come tutti i Letargianti e come avevo sempre fatto per tutta la vita prima di scoprire di essere un'Ephura.

Perché gli altri non ci facevano caso e si estraniavano come se nulla fosse dal mondo che li circondava? Noi Ephuri non eravamo forse famosi per essere più collegati alla natura? Beh, a me non sembrava poi molto.

«Okay...» dissi solo, per poi aggiungere subito dopo, con un sorrisino divertito, e alzando la voce per farmi sentire anche dagli altri: «Però intanto lo soffrite anche voi, ma in modo diverso. Dopotutto, Yoann e Liss sono stati obbligati a mettersi quintali di crema solare per via della loro carnagione chiara!»

A quelle parole Padma ridacchiò. Le due "mozzarelline" come li chiamava mamma, erano subito saltate all'occhio dei miei genitori, i quali, avendo comunque i ragazzi sotto la loro tutela, avevano subito insistito per prevenire ogni possibile rischio. I due sottoscritti avevano ovviamente tentato di opporsi, affermando che non era indispensabile per loro proteggersi dal sole, ma era stato del tutto inutile, con l'unico risultato di ritrovarsi con due facce ancora più bianche del solito.

Padma ed io ci eravamo salvate soltanto a causa della nostra carnagione un po' più colorita rispetto alla loro. Ovviamente non mancavamo occasione per gongolarne davanti ai due sfortunati.

«Non osate rigirare ulteriormente il coltello nella piaga, chiaro?» sibilò Liss subito dopo. Scoppiai a ridere malignamente, ma quando mi voltai per sghignazzare insieme a Pad, notai che la ragazza era scomparsa.

«Ma che-»

Mi guardai intorno confusa, fino a quando non individuai, nella calca dell'immensa spiaggia che avevamo appena raggiunto, la sua figura minuta che sfrecciava verso il mare, sollevando i granelli di sabbia al suo passaggio.

«Yuhuuu!» gridò.

Mentre correva si tolse i vestiti che indossava fino a rimanere in costume, il tutto a una velocità impressionante e senza rallentare la corsa. Stupita dall'euforia improvvisa dell'Ephura, affrettai il passo appena in tempo per vederla fiondarsi in mare, dove l'acqua accarezzava la sabbia umida con piccole onde.

Invece che bagnarsi al suo interno, però, Padma continuò a correre, senza arrestare la sua rapida avanzata. Battei un paio di volte le ciglia per cercare di dare un senso a ciò che i miei occhi mi stavano mostrando. Padma stava correndo, ma non dentro l'acqua, bensì... sopra di essa!

La mia bocca si spalancò automaticamente per lo stupore. Sotto i suoi piedi, l'acqua sembrava quasi una superficie solida, un po' molle forse, perché si deformava e increspava a ogni passo, senza però mai farla sprofondare. Era stupefacente e sconvolgente allo stesso tempo il modo in cui i cebrim, dopo tutto quel tempo, continuassero ancora a sorprendermi tanto. In fondo non avevano limiti, come la mente.

Dopo una ventina di passi, raggiunta la distanza di sicurezza sufficiente da tutte le altre persone presenti, Padma trasformò la corsa in un salto acrobatico con capriola in avanti che terminò in un tuffo a bomba perfetto, e finalmente si immerse in acqua in un'esplosione di schizzi.

Senza rendermene conto mi ritrovai a ridere e battere le mani entusiasta per la bellissima esibizione, contagiata dal buon umore dell'altra Ephura.

«Wow, ma co-come ha...» Yoyo cercò di trovare le parole per descrivere ciò che Pad aveva fatto, ma si limitò a indicarla con la bocca aperta mentre emetteva incomprensibili versi di stupore.

«Cebrim della... camminata sull'acqua, credo si chiami. Non è niente di che, avete presente quegli insetti che sono talmente leggeri da riuscire a camminare persino sui liquidi? Ecco, le è bastato diminuire il proprio peso corporeo fino a renderlo sufficiente a galleggiare. Oppure... potrebbe aver rallentato le particelle di acqua su cui poggiavano i suoi piedi per rendere il suo passaggio talmente veloce rispetto a essa da non affondare. Qualunque metodo abbia utilizzato, comunque, è un gioco da ragazzi, anch'io avrei potuto farlo a occhi chiusi. Ma ovviamente si diverte a fare l'esibizionista, come al solito!» spiegò Liss, roteando gli occhi, scocciata.

Da come ne parlava lei sembrava un gioco da ragazzi, ma a me non pareva affatto...

«Oh, eccovi, finalmente!» esclamò un'allegra e familiare voce femminile proprio dietro di me. Voltandomi, notai mamma e papà, entrambi in versione estiva con i loro ampi cappelli a tesa larga, gli occhiali da sole e, ovviamente, gli immancabili bicchieri con le cannucce tenuti in ciascuna mano. Siccome loro non si sarebbero bagnati, preferendo invece la vita da spiaggia - o attendendo il mare mosso per poter surfare, nel caso di mamma - erano usciti prima per potersi godere la giornata fin dal primo mattino, nel tempo in cui noi ci preparavamo.

«Ah, intanto abbiamo affittato un paio di ombrelloni, quindi se volete approfittare della loro ombra a prendere il sole, siete i benvenuti!» spiegò papà con tono gentile, indicando degli ombrelloni bianchi, quattro sdrai e un tavolino pieno zeppo di cibarie varie.

«Cioè, perché voi prendete il sole... all'ombra?» chiese Liss con un sopracciglio inarcato.

«Sì... cioè, no. Vicino... credo» rispose confuso papà, in viso la stessa espressione di un bambino di sette anni di fronte a una disequazione logaritmica.

«Vi prego, ditemi che quelli non sono dei cocktail...» feci un cenno verso i bicchieri che avevano in mano.

Mamma scoppiò a ridere, come se avessi appena detto qualcosa di terribilmente esilarante: «Ma ti pare? Cocktail? Noi

Roteai gli occhi: sì, erano decisamente cocktail. Ma dopotutto era giusto che si divertissero... a modo loro, ovviamente.

Il nostro divertimento, invece, almeno per ora, era ristretto a quella prima giornata di mare, perché, come Liss insisteva a ricordare in ogni occasione possibile, la vacanza era soltanto una facciata e dovevamo concentrarci sulla ricerca di R.R.R. e del frammento. Nonostante ciò, ero sicura che qualche momento saremmo riusciti comunque a ritagliarcelo, anche per non insospettire i miei genitori.

Mentre mamma e papà andavano a mangiare e a bere chissà cosa, e Liss si distendeva su uno sdraio - a quanto pareva, era inspiegabilmente stanca già a quell'ora -, io e Yoyo iniziammo ad avvicinarci all'acqua.

Udii il francese vicino a me prendere un profondo respiro, come per assaporare con tutto sé stesso il profumo del mare, lo sguardo ipnotizzato dalle onde che ritmicamente si innalzavano e poi abbassavano, espandendosi sulla riva e bagnandoci i piedi.

L'acqua era trasparentissima, cristallina sotto la luce intensa del sole che creava migliaia di scintille luccicanti come stelle sulla sua superficie increspata dal lieve soffio del vento estivo. Mai avevo visto tanto affascinato il mio amico, i suoi occhi blu seguivano il movimento immortale e infinito del mare, rispecchiandosi totalmente in esso, come se riuscisse a carpirne un significato incomprensibile agli occhi di tutti gli altri, eppure semplice e naturale per lui.

«Yoann?» lo chiamai, pentendomi subito dopo per aver spezzato quel momento che pareva quasi speciale, intimo.

«Sì, tutto a posto! Facciamo gara a chi raggiunge prima Padmina?»

«Ci st- EHI!»

Tempo di rispondere e lui era già partito a razzo, facilitato dalle sue gambe lunghe. Indispettita, lo seguii, gettandomi a capofitto nel mare, incurante dell'improvviso contatto con l'acqua gelida, a cui però mi abituai in un paio di minuti.

Ci riunimmo a Padma poco dopo, per poi prendere a schizzarci a vicenda, chiacchierare o semplicemente sguazzare un po', giusto per passare del tempo insieme.

«Mi sto stufaniando,» sbuffò Pad, dopo una mezzoretta circa, «andiamo in profondità?»

Mi morsi il labbro, reticente. «Non lo so...»

Non ero mai stata un gran che nel nuoto, e nonostante amassi l'acqua, preferivo pur sempre restarmene dove potevo ancora vedere il fondale e sentirmi protetta dalla riva o dalla presenza degli altri bagnanti nelle vicinanze. Avevo provato qualche volta, a inoltrarmi più avanti, dove il blu infinito e intenso predominava ovunque si posasse il mio sguardo, tuttavia, a prevalere sul sentimento di meraviglia, era sempre il disagio al pensiero che ci fossero metri e metri di acqua a separarmi dalla sabbia, il terrore che nel nulla che mi circondava potesse comparire qualcosa, un pesce pericoloso, una medusa, o anche semplicemente una reliquia umana, qualunque cosa sarebbe stata in grado di terrorizzarmi in egual misura. Perché a farmi paura non era tanto la presenza o meno di alcunché, quanto il fatto che potesse esserci senza che io ne fossi nemmeno a conoscenza. Era l'immensità del mare a terrorizzarmi, il grande e infinito nulla del tutto sconosciuto e misterioso, tanto da farmi sentire piccola e inerme, totale vittima dei suoi oscuri segreti.

«Allora?» chiese ancora Pad. A Yoyo non sembrava dispiacere l'idea, ma aveva preferito aspettare che rispondessi anch'io, forse perché aveva notato il mio stato d'animo.

«Ecco, io... non sono proprio un asso a nuotare. E poi non so trattenere il respiro tanto a lungo...»

«Oh. Giusto, non ci avevo pensato» rispose, con mio stupore, la ragazza. Non credevo che sarebbe stato così semplice...

«Voi non possedete i cebrim dell'acqua, quindi dovreste trattenere il respiro e utilizzare gli occhialini... A meno che,» continuò subito dopo, «non rendessimo vere le scuse che abbiamo inventato per venire qui...»

«A cosa ti riferisci?» chiese Yoann.

«Beh, abbiamo detto che io e Liss siamo venute per continuare a insegnarvi il Quarto Livello, no? Potremmo farlo davvero, senza contare che sarebbe molto utile anche per voi! Quindi al lavoro, allievi, oggi impareremo a... respirare sott'acqua!»

Padma quel giorno sembrava particolarmente allegra. A quanto pareva questo tipo di lezioni più "dinamiche", la entusiasmavano molto di più rispetto a quelle in classe che a volte era stata obbligata a tenere a noi e ad altri all'inizio del Secondo Livello... oppure era semplicemente l'aria di mare che la elettrizzava. In effetti, non erano molte le cose che la emozionavano, se non si contava Luna e tutto ciò che la riguardava.

Fatto stava che era bellissimo vederla così piena di vita, propensa al dialogo, disposta ad aiutarci e starci dietro, nonostante la difficoltà degli esercizi. Le tante volte che si chiudeva in sé stessa, escludendosi dagli altri, rendevano più speciali quei pochi momenti, quasi unici, perché non si sapeva mai cosa aspettarsi da lei.

Nonostante i cebrim dell'acqua non fossero indispensabili per la conoscenza di un Ephuro Attivo medio, come ci aveva spiegato Pad, ero ugualmente volenterosa di impararli, e non era solo per la "sete di cebrim" tipica di ogni Ephuro.

«Nei tempi antichi,» aveva spiegato Padma, «gli Ephuri erano molto più frammentati e separati tra loro rispetto a come sono oggi. Erano principalmente piccoli gruppi che restavano nel loro luogo di origine senza spostarsi o viaggiare mai, e quindi erano molto più legati, in tutti i sensi, alla loro zona, sia fisicamente che mentalmente.

«Questo significa che, ad esempio, gli Ephuri che abitavano in una zona montana, davano importanza primaria ai cebrim che potevano essergli utili a entrare in sintonia con essa, come l'arrampicata, la resistenza al freddo e alle intemperie, antiscivolo automatici per neve e ghiaccio, cebrim di autodifesa da belve, eccetera eccetera; coloro che abitavano il deserto sviluppavano, invece, cebrim per sopravvivere e per riuscire a orientarsi al suo interno; gli Ephuri residenti in città o villaggi davano maggior importanza al parkour e al combattimento; e quelli in ambienti marini o lacustri, ovviamente, i cebrim dell'acqua, come nel nostro caso. In qualunque luogo si trovassero, insomma, loro ne diventavano la specie animale più "evoluta", multiabile e adattabile, connettendosi il più possibile con il loro ambiente, sfruttandolo al massimo a loro vantaggio, ma senza modificarlo come nel caso dei Letargianti, quanto per renderlo un proprio alleato e amico. Non era il loro ambiente a doversi adattare a loro, ma loro a doversi adattare a esso, tramutando sé stessi per far sì che diventasse, a tutti gli effetti, il proprio habitat naturale.»

Per fare una breve pausa dalla lezione, che io e Yoyo stavamo seguendo in diligente silenzio, troppo affascinati per rispondere, mise la testa sott'acqua e poi ne uscì lentamente, lo sguardo puntato verso il cielo sopra la sua testa, il viso atteggiato in un'espressione rilassata.

«Poi gli Ephuri presero a viaggiare, a creare una stupida gerarchia, che in realtà c'era già prima, ma in modo molto meno marcato, e a non appartenere più a nessun luogo specifico. I cebrim di adattamento vennero inclusi nel pacchetto di quelli necessari a essere considerati Ephuri Attivi, mescolandosi alle altre centinaia che si sono venuti a creare nel corso del tempo e perdendo quindi la loro importanza e sacralità. Oggi, ormai, non è raro trovare grandi e insopporfiosi "esperti" che non sono nemmeno in grado di aprire gli occhi sott'acqua!»

Le sue parole mi lasciarono alquanto perplessa. Appena arrivata dagli Ephuri era stata decantata tanto quella famosa "connessione alla natura" ereditata dagli Eph, la stessa che gli Arkonanti proteggevano a ogni costo, ma a quanto pareva si era trattato solo di parole a vuoto, o quasi.

«Perciò, miei cari allievi, la scelta è vostra», concluse Padma, ostentando un goffo inchino, «potete starvene qui a sguazzare come oche ubriache per tutto il giorno, oppure approfittare di questa possibilità e aprire la vostra mente per farle raggiungere una nuova, più ampia, prospettiva!»

«Il ruolo di "oca ubriaca" spetta solo e soltanto a Liss, non mi permetterei mai di sottrarle un tale onore!» risposi subito decisa, ripensando al travestimento veneziano della ragazza. «Quindi, sono tutta orecchi!»

«Pure io!» concordò Yoann, il suo solito sorriso a trentadue denti già che gli illuminava il volto.

E così, tra risa e sorrisi, era iniziata la tortura.

Bevvi più acqua salata quel giorno che in tutta la mia vita. Più volte sentii bruciare la gola, le orecchie e il naso e neanche il tempo di far scomparire il dolore, che già dovevo rimettere la testa sott'acqua. La parte peggiore dell'allenamento, fu quando Padma mi spinse con una mano la testa verso il basso, come per affogarmi. L'acqua mi arrivò ai polmoni, impedendomi di respirare, sentii bruciare intensamente il petto, e per quanto mi divincolassi e ribellassi, la presa della ragazza era troppo forte.

Mi impanicai, dimenticando per un attimo che la mia amica aveva promesso che mi avrebbe lasciata giusto un momento prima che fosse troppo tardi, e pensai di morire.

Fu in quel momento di massimo terrore, che cominciai a percepire ogni singolo mens dell'acqua presente dentro al mio organismo, così come in quella che mi circondava. Era solo un flusso, come ogni altra cosa, un flusso che si muoveva dentro di me e ostacolava i mens dei miei organi interni, entrando in conflitto con essi e provocandomi dolore.

Ma non era l'acqua che mi affogava il problema, quanto io che non ero in grado di ricavare il bene da lei. Non era lei a doversi adattare a me, ma io a lei, come aveva detto prima Pad. I mens del mio corpo smisero di contrastare gli intrusi e iniziarono invece a mescolarsi con essi, per poi andare avanti e indietro, ciclicamente, separando a ogni giro alcuni mens singoli dal flusso dell'acqua, i quali andavano a unirsi a quelli del mio corpo e a spingere a loro volta in senso contrario e rendendo possibile il prossimo giro.

A ogni ciclo dei mens, sentii arrivare nuovo fiato e in men che non si dica mi accorsi di star respirando, nonostante la mia testa fosse ancora sotto l'acqua. Uno schiocco mi rimbombò nelle orecchie.

"Aspetta a uscire, adesso" mi avvertì la voce di Pad, la sua mano non mi spingeva più il capo verso il basso dal momento in cui avevo smesso di divincolarmi. "Il tuo organismo interno al momento si è appena adattato all'acqua, adesso i tuoi polmoni riescono ad assorbire l'ossigeno presente al suo interno, in un funzionamento simile a quello delle branchie dei pesci."

"Ottimo!" esclamai, soddisfatta che il mio metodo avesse funzionato, nonostante non sapessi niente né di branchie né di come funzionassero; affidarmi solo e soltanto ai mens era stato sufficiente per interpretare quel meccanismo naturale.

"Ottimo ul coravolo*!" ribatté l'altra. "Canti vittorie troppo presto, per i miei gusti! Ora devi riuscire, mentre tiri fuori la testa, a invertire di nuovo il processo e far tornare i tuoi polmoni come prima, altrimenti affogheresti come un pesce fuor d'acqua. Poi devi reimmergerti e adattare nuovamente i polmoni e così via, diverse volte, senza che ci sia più bisogno di concentrarti ogni singola volta, fino a renderlo praticamente un riflesso involontario."

"E perché Yoann non l'ha dovuto fare?" ribattei. Dopo pochi tentativi, infatti, Yoyo aveva sbloccato in un attimo il cebrim - non era nemmeno stato necessario che Pad tentasse di affogarlo come invece aveva fatto con me - e adesso si allenava già per il cebrim successivo.

"Perché a lui è venuto da subito più naturale, che ne so io! Su, su, al lavoro!"

Non potei fare a meno di sorridere, divertita dall'ilarità della situazione: Yoann ed io ci eravamo praticamente scambiati i ruoli, se prima era lui quello che rimaneva indietro mentre io andavo avanti più velocemente del normale, adesso era l'esatto contrario. E la cosa non mi dispiaceva affatto in realtà, perché in un certo senso era un po' un modo per "pareggiare i conti" e finalmente dissipava il lieve senso di colpa che mi assaliva ogni volta che ripensavo a quel periodo.

In ogni caso, bisognava riconoscere che percepire i mens aiutava parecchio, da quando riuscivo a vederli avevo una nuova percezione del mondo e di me stessa, potevo constatare "con i miei occhi" il modo in cui connettevano ogni cosa e rendevano allo stesso tempo più facile comprendere i meccanismi naturali e sovrannaturali. Anche tutti i cebrim sviluppati precedentemente, potevano infatti essere spiegati tramite i mens, solo che, non sapendolo, li avevo sviluppati in modo ignaro, senza ancora conoscere il loro reale funzionamento, proprio come probabilmente stava facendo adesso Yoann, cosa che valeva, forse, per la maggior parte degli Ephuri.

Anche per questo motivo, non riscontrai comunque troppa difficoltà per sviluppare i cebrim successivi. Come spesso avevo notato che mi accadeva, si innescavano automaticamente in un momento di pericolo o urgente bisogno, come se fossero già tutti presenti nelle profondità del mio Cerebrum e aspettassero solo il mio richiamo per essere spinti all'esterno e sbloccarsi.

Si trattava di una caratteristica mia, oppure era così per tutti gli Ephuri?

Non ero sicura che Padma sapesse darmi una risposta, così tenni per me quel piccolo dubbio.

Passarono diverse ore prima che riuscissi a sviluppare tutti i cebrim di adattamento totale all'acqua, ma il risultato, seppur sofferto, fu più che soddisfacente, perché adesso ero in grado di respirare sott'acqua, vedere nitidamente come un pesce e nuotare come una sirena, senza contare che ero immune alla pressione del mare.

Praticamente ero diventata una creatura acquatica!

«Era ora!» sospirò Padma. «Adesso possiamo andare in profondità?!»

Yoann aprì la bocca per rispondere, ma poi la richiuse, aspettando di vedere cos'avessi da dire io, esattamente come aveva fatto prima. Questa volta, però, sembrava particolarmente scalpitante, ogni mens del suo corpo sembrava fremere dalla voglia di partire e sperimentare i nuovi cebrim tutti insieme.

«I miei genitori... non si preoccuperanno vedendoci andare sotto e non tornare più su?»

«Ti pare che non ci abbia pensato? Siamo protetti da un'illusione che fa sembrare che stiamo semplicemente chiacchierando!»

«Giusto...»

Ora che scusa potevo inventarmi? Guardai titubante l'orizzonte, vasto, immenso, sconosciuto. Mi inquietava, questo era vero, ma, dopotutto, non si trattava solo di un'altra limitazione dell'ambiente? L'uomo teme ciò che non conosce, che mi potesse piacere o meno, era così. Ma io non ero un'umana, ero un'Ephura, e come tale, avevo il potere di adattarmi, di andare oltre a quel limite insondabile che mi aveva sempre bloccata. Alla fine, era lo stesso concetto dei cebrim che avevo sviluppato fino a adesso.

E poi, altrimenti, a che sarebbe servito tutto l'allenamento appena compiuto?

«Beh, allora, non vedo che problema ci sia! Andiamo pure!» dissi infine, emozionata di riuscire a compiere quel piccolo, eppure grande passo.

Yoann, che sembrava non aspettare altro, fu il primo a tuffarsi. Si lanciò verso il blu con una specie di tuffo a delfino piroettando su sé stesso in un movimento liscio e sinuoso. Possibile che mentre aspettava che lo raggiungessi avesse anche sviluppato vari cebrim di tuffi impossibili e spettacolari?

Pad si inoltrò subito dopo di lui, senza tanti fronzoli ed esibizioni questa volta, ma scattando comunque rapida, per l'impazienza di poter finalmente andare al largo insieme a noi, in seguito alla lunga attesa.

Era giunto il mio turno ed era meglio non attendere oltre se non volevo rimanere indietro. Sospirai profondamente per farmi coraggio, e poi, con la spinta di mani e gambe, entrai sotto l'acqua, diretta verso l'orizzonte.

*ul coravolo: fusione di "un corno" e "col cavolo" nel linguaggio padmico.

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