37.Test
Da un'altezza totale di un metro e seicentosessantasei millimetri, il mio riflesso mi osservò da dietro lo specchio. Gli occhi di malachite spiccavano per via dei capelli raccolti in una coda sulla nuca. I ricci ingarbugliati cadevano morbidi sulle spalle avvolte nel vellutato tessuto amaranto, lo stesso che colorava la giacca della tuta oversize e la canotta sottostante. I pantaloni che avevo scelto erano larghi e arieggiati, senza chiusura al fondo, e una moltitudine di tasche permetteva di infilarci dentro una grande quantità di armi. Degli scarponcini morbidi mi calzavano a pennello nei piedi, leggeri nonostante la spessa suola nera, facendomi guadagnare un altro paio di centimetri.
C'erano diversi modelli di tenute Umanenti, così si aveva libertà di scegliere quella che più si addiceva alla propria corporatura, ai gusti personali e alla comodità. L'unico punto comune era proprio il colore rosso scuro, che a volte sfociava nel bordeaux, altre nel carminio.
Mi volsi prima da un lato e poi dall'altro. Certo che sono proprio bella. Per la prima volta mi sentii davvero bene con il mio corpo, e con me stessa. Troppo grassoccia, disequilibrata e quasi sformata, trovavo sempre dei difetti che smontavano ogni sicurezza nel mio fisico. Invece con quella tenuta ero... a mio agio. Bella proprio perché era la cosa giusta da indossare.
Bella, perché con quel colore addosso ero davvero io. Qualunque cosa ciò significasse.
«Fissarti nello specchio è una priorità indispensabile, o si può rimandare a dopo il test?» La voce scocciata di Liss mi riportò al presente.
Il test. Ormai manca poco.
Fuori dalla camera di Yoann, in cui ci eravamo radunati, l'oscurità aveva calciato via la luce del giorno già da un paio di ore e i lampioni dell'Ephia coloravano la notte con aureole dorate.
Tentai di quietare il cuore concitato. La prova sarebbe avvenuta di notte, come consuetudine, perché era di notte che gli Arkonanti... cacciavano. Ai miei avevo detto che sarei stata fuori casa per fare un Pigiama Party con gli amici della scuola di parkour.
«Magari fissarsi no,» mi difese Yoann in risposta a Liss, forse notando l'ansia che mi seccava la voce, «ma fare qualche fotina commemorativa del momento è un obbligo imprescindibile!»
Risi. Tirò fuori il telefonino e passammo i successivi cinque minuti a scattare selfie con facce idiote e a fotografare a tradimento Padma intenta a giocare con Luna. Appena provammo a fare lo stesso con Liss, lei afferrò il cellulare dalle mani del ragazzo e lo lanciò fuori dalla finestra. Letteralmente. Fine dei giochi.
«Era proprio necessario?» rimpianse Yoann, sporgendo il labbro inferiore in un'accentuata espressione offesa, a cui Liss rispose con delle spallucce.
Non se la prese molto perché comunque il telefono non era suo; gli era infatti stato regalato quando era arrivato a Torino. Gli Ephuri non sembravano farsi problemi a sperperare anche somme significative di denaro.
In ogni caso, gli fui grata per avermi fatto tornare il sorriso, sciogliendo il grumo di tensione nel mio petto. Riusciva sempre a capire di cosa avessi bisogno; mi conosceva come il fratello che non avevo mai avuto.
«Yoann... per te non è un problema, vero? Che io faccia il test adesso, senza aspettarti...» gli chiesi a bruciapelo prima di uscire. Le altre due ragazze già mi attendevano all'esterno.
I turchesi che aveva negli occhi scintillarono, piegati tra le palpebre intenerite. «No, è giusto così. E poi credo che sia una cosa che si deve comunque fare da soli. È giusto che tu faccia questa prova, te la meriti dopo tutti i bei risultati che hai raggiunto in questi giorni!»
«Yoann» ribadii, ferma, leggendo l'amarezza dietro il suo sorriso. «Sii sincero.»
Le sue sopracciglia si sollevarono, stupite. «E va bene. Credo di essere un pelino... invidioso.»
Deglutì e abbassò lo sguardo. Non riusciva più a guardarmi negli occhi. «Anche se sono davvero felice per te, non posso fare a meno di sentirmi indietro. In difetto. Ma non è colpa tua» si affrettò a specificare, «è più un problema del mio carattere, con cui sto cercando di fare i conti. Ripeto che è giusto che tu lo faccia ora. Devi scoprire cosa sta accadendo e poi, se vorrai, potrai dirlo anche a me. O aspettare che ti raggiunga. Ho il Cerebrum meno sviluppato, e per questo sono indietro rispetto a te, ma prima o poi raggiungerò anche il tuo livello e...»
«No, Yoyo,» lo fermai, «non sei indietro e non hai il Cerebrum meno sviluppato. Non è una gara. Ogni mente è diversa dall'altra, per cui ognuno di noi ha i suoi punti di forza e di debolezza. Il fatto che io abbia completato il Livello prima di te non significa niente. Sono sicura che custodisci centinaia di cebrim stratosferici sotto quel ciuffo di carota.»
Un sorriso, appena accennato, gli riversò sulle fossette uno spruzzo di sincera gratitudine. Prima che me ne rendessi conto, mi stava già stringendo in un abbraccio pregno di affetto, che fui felice di ricambiare.
Prima di salutarmi, disse: «Cambia i connotati a un paio di Arkonanti anche da parte mia».
Un magnete. Ecco cos'era, per i miei occhi, il firmamento sopra le strade di Torino.
Grazie all'amplificazione visiva dell'Antìlipsi, era possibile scorgere quel che brillava nell'universo anche dove l'inquinamento luminoso tentava di nasconderlo. Qualche volta mi era capitato di ammirare la distesa di stelle al mare, o in campagna, e ne ero rimasta incantata, pur lottando contro il torcicollo.
Anche il quel momento il fastidio al nervo del collo non mancava – chissà, magari esisteva un cebrim per eliminarlo? – ma veniva inghiottito dalla volta celeste, che azzerava ogni cosa intorno. Intrecciati tra le stelle, al posto del buio assoluto, macchie di violetti e spruzzi di azzurri screziavano pieghe profonde quanto le scaglie di iridi immortali.
Dentro ogni mente si celava un intero universo.
I miei piedi penzolavano dall'orlo di un palazzo di otto piani, le luci della periferia si stendevano sotto di me e si sommavano tra loro in una distesa di punti luminosi, fiori su un prato di ombre. Sapevo di dovermi concentrare sulla prova, e che quella era una piccola pausa, ma in quel momento non potevo fare a meno di ascoltare. Non suoni specifici, né pensieri: solo emozioni, avvolte tra loro in tessuti di sogni.
Centinaia di menti addormentate sotto e intorno a me, e le loro porte soffiavano canti più dolci di carezze. C'era qualcosa di speciale, nei sogni. Era diverso rispetto a quello che sentivo nelle menti sveglie. Come se nella coscienza si cercasse di tagliare fuori qualcosa che nel sonno si risvegliava. Tutto quel che sentivo, dalle emozioni di gioia a quelle di paura, era più intenso.
Era... un melodico silenzio. Più volte mi era capitato di uscire da quei momenti di ascolto circostante con fastidiose fitte alla testa. La moltitudine di pensieri ed emozioni che si avvicendavano ogni giorno dentro ognuno di noi erano un labirinto di caos che finiva per soffocarmi. Nei sogni, invece, si incontravano con qualcosa di diverso, uccidendo la razionalità. Aggrottai le sopracciglia. E dove finiscono i sogni, anche i pensieri vengono inghiottiti, dopodiché rimane solo...
«Niente Arkonanti in zona, possiamo proseguire.» La voce di Padma mi fece sobbalzare. Il flusso di riflessioni precipitò nella profondità del cielo notturno. Lo persi per sempre.
«Tutto bene?» mi chiese con una gentilezza che mi colse di sorpresa. Forse doveva aver notato il mio viso deluso.
«Sì» mi rialzai, incrociando la luce che si specchiava nei suoi occhi per via della felivista, «mi ero solo persa nei pensieri.»
«Sai, a volte è meglio non pensare affatto» mi sorrise lei, come se avesse sentito qualche traccia di quel che mi passava per la testa. La mia porta era sigillata e il Clypeus ben vigile, ma Pad era in grado di leggermi lo stesso.
«Possiamo proseguire» saltò su Liss, dopo un attimo, prima che avessi modo di dire altro.
«Avevo già controllato io» ribatté la prima.
«Appunto. Meglio non fidarsi.»
Padma roteò gli occhi. Solita storia, supposi: non si fidava di lei e perciò preferiva verificare personalmente. Dal canto mio, continuavo a considerare sciocca l'ipotesi che Padma fosse un'Arkonante e quello di Liss mi sembrava solo un pregiudizio. Causato da cosa, poi? Chissà se l'avrei mai saputo.
«In cosa consiste esattamente, questo controllo?»
Era il terzo palazzo in cui ci soffermavamo. Le due ragazze chiudevano gli occhi, come in ascolto, e dopo poco davano il via per muoversi ancora. In centro avevamo sostato su un palazzo da cui si godeva un'ottima vista della Mole Antonelliana, mentre sotto di noi la deliziosa Torino notturna si stiracchiava, timida, tra i lumi che indoravano i palazzi sabaudi e le piazze.
Il famigerato test si stava rivelando una mera passeggiata, quasi una formalità. Mi ero proprio preoccupata senza motivo. Le due ragazze si erano limitate a osservare i miei spostamenti e il modo in cui sfruttavo le capacità sviluppate per muovermi nel modo più efficiente possibile. Si trattava di una sorta di prova sul campo, una "caccia agli Arkonanti" per impedire loro di prendere vittime civili. Tuttavia, non tutte le notti giravano e anche senza affrontarli la prova sarebbe stata considerata valida in ogni caso.
«È molto semplice, ma purtroppo non sempre altrettanto attendibile» rispose Liss, svogliata, studiando già le case intorno per scegliere dove dirigerci al termine della sosta, «quando un Ephuro adopera un cebrim provoca delle vibrazioni nei mens, che tramite una sorta di radar di frequenze è possibile percepire. Copre un raggio limitato e non sempre coglie i cebrim più piccoli, ma può fare la differenza tra la vita e la morte di un Letargiante, perché ci permette di individuare la posizione dell'Arkonante che l'ha provocato.»
«Ma non sarebbe sufficiente concentrarsi per trovare le porte delle persone circostanti? Quando se ne incontra una protetta da un Clypeus si trovano gli Ephuri... come è successo a me con quel Jiro all'aeroporto!»
Liss strabuzzò gli occhi per simulare sbigottimento, un palmo sulla fronte: «Oh, ma guardala! L'idea del secolo! Come avranno fatto generazioni e generazioni di Ephuri a non pensarci prima? E tu, dopo neanche un mese, trovi la soluzione a tutti i nostri problemi? Sorprendente, svelaci i tuoi trucchi.»
L'ultima frase la concluse con le labbra arricciate in uno scherno eloquente.
«Diciamo che lì ti è andata bene» mi spiegò Padma. «Non abbiamo mai visto in azione quell'Arkonante, per cui suppondiamo che sia uno di quelli che lavorano dietro le quinte, standosene nel rifugio quando gli altri escono. Di solito usano delle illusioni per distorcere la visione sulla dimensione mentale, lui dev'essersi distratto o esserselo scordato per mancanza di abitudine.»
Annuii. Sì, aveva senso. Tuttavia, così come velavano quello con le illusioni, non c'era il rischio che nascondessero anche le vibrazioni che si spandevano nei mens? Forse per questo dicono che non è del tutto attendibile...
Un brivido fece una maratona lungo la mia spina dorsale, al pensiero che in quel momento potessero esserci chissà quanti Arkonanti in giro per la città a catturare innocenti per risucchiare loro il cervello, senza che noi ne avvertissimo la presenza.
Scacciai il pensiero, reputandolo sciocco. Liss e Padma di certo ne sapevano abbastanza da impedire che accadesse. Perché mi devo sempre fare tutti i complessi?
«Su, andiamo.» Mentre Liss correva per saltare al palazzo successivo, al mio udito sviluppato sopraggiunse il rombo di una moto che rallentava per accostare, proprio nella strada sottostante.
Per qualche motivo, mi sporsi per vedere. Pura curiosità: erano circa le tre di notte, chi se ne andava a spasso a quell'ora?
La felivista e la lente di ingrandimento ottica si attivarono in contemporanea per permettermi di scorgere il ragazzo sollevare con scioltezza una gamba per saltare giù. La chioma d'ossidiana gli pendeva sul capo e gli abiti in pelle riflettevano appena la penombra. Aggrottai le sopracciglia. C'era qualcosa di familiare in lui...
«Ce ne hai messo di tempo, Isi.» Quella frase, pronunciata dal fratello minore, spazzò via ogni dubbio.
Arkonanti.
"Pad! Liss!" squittii nelle loro menti, i nervi all'improvviso a fior di pelle. Le ragazze si raccolsero subito accanto a me, notando ciò che avevo visto.
«Ottimo orecchio, novellina» commentò Liss, con un ghigno.
«Che facciamo? Li... attacchiamo? Cerchiamo di coglierli di sorpresa o...»
Entrambe scossero il capo, poi si guardarono male a vicenda per aver risposto allo stesso modo.
«Non sono a caccia di Letargianti. Quella è Segugio, vero?» Padma indicò una donna dai capelli biondi raccolti in una morbida coda che le ricadeva sulle spalle, non molto distante dai due fratelli. Supposi avesse atteso l'arrivo di Isidoro insieme a Cosimo. La riconobbi immediatamente. Era proprio lei.
«Quindi?» insistetti.
«Quindi ora si passa all'azione vera» sorrise Liss, negli occhi le si era accesa la luce di chi ha appena scovato il Sacro Graal. «Vedi? Non vogliono essere seguiti... stanno tramando qualcosa. E noi abbiamo finalmente la possibilità di scoprire di che si tratta.»
«E il mio test?»
«Quello è storia passata. Sei una vera Ephura, adesso.»
Senza attendere risposta, Liss balzò giù. Padma la seguì.
Un piccolo sorriso mi increspò le labbra.
Saltai anch'io.
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