108.Gaudì
Il grande libro, sempre aperto e che bisogna sforzarsi di leggere, è quello della natura; gli altri libri derivano da questo e contengono, inoltre, interpretazioni ed equivoci degli uomini. Ci sono due rivelazioni: una, quella dei princìpi della morale e della religione; l'altra, che guida mediante i fatti, è quella del grande libro della natura.
-Antoni Gaudì y Cornet-
Diverse giornate si susseguirono, uguali tra loro, senza che R.R.R. si degnasse di rivolgerci mezza parola - il che doveva essere una grande rinuncia per lui, considerati i suoi standard. Continuavo a chiedermi il motivo di questo suo silenzio e, nella mancanza di riscontri, la mia mente rispondeva nei modi più terribili alle mie mille domande, convincendomi così sempre di più del fatto che la nostra missione era stata un fallimento. Probabilmente R.R.R. ci evitava perché offeso dal nostro insuccesso, oppure voleva godersi i suoi ultimi giorni di vita beato nella sua solitudine senza essere disturbato da coloro che lo avevano condannato. Non lo si poteva certo biasimare.
Anche gli altri erano abbastanza preoccupati, ma ognuno si distraeva a modo suo: Ewan si vedeva praticamente tutti i giorni con la sua ragazza, ogni volta prima di vederla aveva l'umore di un girasole, sempre rivolto alla luce, e dopo averla frequentata invece, era soddisfatto e pieno di sé, sempre impegnato in battutine e risa con il suo Adelpho, anche per cose stupide; con Elias, d'altro canto, la tensione dopo il nostro ultimo litigio era alle stelle, stelle velate dal suo pesante umore nero ovviamente, ma nonostante questo non ci furono altre vere e proprie discussioni tra noi, sostituite da occhiate guardinghe e accuse velate; Liss era invece quella che, come me, sembrava più in pensiero per la questione di R.R.R. - o almeno così deducevo dalle occhiate che spesso lanciava al divano sempre vuoto e dai suoi frequenti attacchi isterici - e, mentre i miei genitori erano convinti fosse perché il suo nuovo ragazzo la stava evitando, io sapevo che era perché l'islandese era sempre stata, tra tutti, la più dedita alle missioni, quindi anche se magari non le importava di R.R.R. come persona, le importava del patto che lui aveva stretto con noi.
Quelli che più mi preoccupavano, però, erano Padma e Yoann. La prima era diventata intrattabile come un gatto scontroso, la porta della mente sempre sigillata, semplici mugugni in risposta tutte le volte che provavo a parlarle e a convincerla che l'azione di Yoann era stata in buona fede. Ero addirittura stata tentata di rivelarle quello che lei stessa aveva fatto, ma sapevo anche che così avrei solo peggiorato le cose; ormai era successo ed era inutile continuare a rimuginarci sopra. Da quel poco che riuscii a racimolare dalle sue risposte, inoltre, sapevo che non era l'unico problema. Quel braccio tenuto raccolto in una fascia come se fosse semplicemente rotto continuava a ricordarle, giorno dopo giorno, che era stata vulnerabile, che il suo Clypeus per un attimo aveva ceduto, che il suo equilibrio interno era stato spezzato. E tutto a causa dello stesso amore che i suoi genitori le avevano insegnato tanto ad apprezzare. Quanto poteva essere sconvolgente tutto ciò per lei?
Yoann, invece, era quello di cui mi risultava più difficile interpretare le reali emozioni. Ogni mattino frequentava allegramente l'Ophliria, e spesso ci restava anche al di fuori del tempo previsto, per aiutare Juanito a raggiungere il livello degli altri dato che aveva una marcia indietro per ovvi motivi. Al pomeriggio era sempre di buon umore, a parte quando tentava di dialogare con Padma, che con lui sceglieva proprio il mutismo assoluto, forse per punirlo. Quella però, sembrava essere l'unica nota negativa, da come tutto il resto, per Yoyo, sembrava andare a gonfie vele. Dov'era finito lo sguardo sconvolto dalla notizia che la casa di R.R.R. era bruciata? Che fine aveva fatto il tono preoccupato di quando aveva detto che rischiava per davvero di morire? L'ansia per la mancanza di risposte da parte sua in merito alla nostra visitina alla Pedrera, sembrava interessarlo meno di tutti. Eppure, sapevo che non era così, o meglio, non poteva essere così. Yoann provava sincero affetto per R.R.R., l'avevo visto con i miei occhi, perché quindi reprimere quel sentimento? Avevo sperato che almeno con me sarebbe stato più disposto a condividere le sue preoccupazioni...
«Cosa pensi sia successo a R.R.R.? Da quando siamo tornati dalla Pedrera ci evita sempre, anticipa tutte le volte che vorremmo parlargli sparendo semplicemente nel nulla, per andare chissà dove,» gli chiesi un giorno, investigando attentamente nei suoi occhi turchesi, «e mi chiedo se non sia perché sa che è destinato a morire.»
Lui aveva annuito, abbassando le palpebre mentre un impercettibile velo di tristezza gli attraversava lo sguardo. «Io credo che non dovremmo preoccuparci» disse invece, dopo qualche secondo, «R.R.R. ha sempre in mente qualcosa, e anche non fosse, è inutile fasciarsi la testa prima ancora di colpirla, non pensi anche tu? Vedrai Livvina, che pensando positivo andrà tutto per il meglio. Mi sa che ultimamente stai passando troppo tempo con Liss!»
Risi insieme a lui, ma mentre la mia risata era amara, la sua appariva così pericolosamente sincera. Possibile che io avessi interpretato male il suo interesse per Erre? Sì, forse mi ero fatta troppe illusioni, mi ero quasi sicuramente sbagliata. Perché, altrimenti, sarebbe stato così ciecamente indifferente a quella faccenda? Era anche vero che il ragazzo era sempre stato contraddistinto da un inspiegabile ottimismo; persino quando era stato buttato fuori casa dai suoi stessi genitori, aveva affrontato quella vita a testa alta, con la consapevolezza che sarebbe stato salvato da suo zio. Quindi, forse, la sua era semplicemente pura ingenuità, che però avrebbe reso solo più traumatico scoprire come stavano realmente le cose.
Non sapevo cosa stessi sognando esattamente quando sentii qualcosa di duro e umido chiudersi sul mio naso, come se volesse mangiarmelo.
Aprii gli occhi di scatto, terrorizzata, ma il mio grido si ridusse a un mugolio prima ancora di essere emesso, nel notare che, a occupare buona parte del mio campo visivo con il blu, l'arancio e il verde acceso, c'era il musetto incuriosito di un certo lorichetto arcobaleno.
Sospirai, mettendomi seduta a guardare Trich mordicchiare il cuscino giocandoci con le sue zampette zigodattile. A differenza del suo padrone, almeno lui restava spesso a farci compagnia, pur preferendo evitare il più possibile Luna, anche lei molto più giocosa rispetto a Padma. Quegli animaletti erano sempre una garanzia di amore più o meno velata! Per di più, in quei giorni, stavano anche imparando un po' a convivere pacificamente, tanto che cominciai a valutare l'idea, se R.R.R. fosse morto per davvero, di portarcelo con noi a Torino.
Quando lo accarezzai, però, lui mi mordicchiò un dito, facendomi quasi sospettare di aver sentito quel mio brutto pensiero su R.R.R.
Dopodiché mosse alcuni buffi passetti goffi sprofondando sul mio cuscino, e poi si alzò in volo per posarsi subito dopo su una scrivania adiacente all'entrata della camera. Stavo per rimettermi a dormire, quando notai che Trich stava allungando il collo verso la fessura della porta, come per guardare qualcosa. Poi si voltò verso di me, garrì piano e guardò di nuovo nell'apertura.
Aggrottai le sopracciglia. Mi stava forse chiamando?
Mi alzai con fatica, aprii la porta e Trich andò subito a posarsi sul divano di R.R.R., sul quale era adagiata una coperta stropicciata. Lui ovviamente non c'era, così come tutte le notti in cui avevamo provato a parlargli. Il suo cebrim di previsione poteva renderlo davvero irraggiungibile.
Proprio in quel momento, però, sentii un cigolio provenire dall'ingresso della casa, e il mio sguardo fu restituito da un'ombra, proiettata dalla lieve luce del primo mattino che penetrava dalle finestre. Quest'ombra, seppur piatta, seguiva la forma del corpo di R.R.R., dai capelli riccioluti e sparati, alle lunghe gambe slanciate. Come se avesse una consistenza, allungò una mano e la maniglia ruotò con il suo tocco, aprendo l'uscio. Fece un lieve inchino, indicando verso il corridoio del palazzo, e poi sparì, dissolvendosi in un luccichio di scintillanti R.
Come se non avesse aspettato altro, Trich schizzò verso l'esterno, garrendo emozionato. Non potei fare a meno di sorridere anche io, felice che R.R.R. avesse finalmente deciso di farsi vivo. Stavo giusto correndo a svegliare gli altri, quando una seconda ombra mi si parò davanti, proprio sulla porta della camera. Portò un dito alla bocca e sentii nella testa un lieve "shhh". Con un brivido a percorrermi la spina dorsale, mi resi conto che il mecenate intendeva parlare con me e me sola.
Mi chiesi il perché di quella scelta, mentre mi tornavano in mente le parole che mi aveva trasmesso mentalmente quando ci eravamo conosciuti: A dir la verità eri solo tu quella che desideravo incontrare...
Deglutii, voltando le spalle all'ombra, consapevole di due cose: che R.R.R. si era guardato o letto troppe volte Peter Pan, e che non potevo lasciarmi sfuggire l'opportunità di parlare nuovamente con lui dopo tutto quel lungo periodo di silenzio.
Quando Trich rallentò nei pressi della cattedrale più grande di Barcellona, oltre che uno dei suoi simboli, mi sentii aggrovigliare lo stomaco e quasi mi venne la nausea al solo pensiero di entrare di nuovo dentro un edificio costruito da Gaudì.
Certo, non si poteva dire che la Sagrada Familia non fosse magnifica, anzi, era considerata il più grande capolavoro del famoso architetto, ma gli avvenimenti della Pedrera erano troppo recenti e le ripercussioni stavano ancora avendo effetti sul presente. Certo, sapevo che la colpa non era dell'edificio, che era stato comunque magnifico visitare, ma soprattutto di quel che era accaduto dentro. Cosa poteva succedere adesso? L'ultima cosa di cui avevo bisogno, al momento, erano altri combattimenti o scombussolanti visioni.
Mi stavo giusto soffermando ad ammirare l'imponente facciata, dettagliatamente elaborata fin nel minimo dettaglio in decorazioni naturalistiche e immagini religiose, ma tutte prive dei caratteristici colori accesi che tanto vivacizzavano le costruzioni di Gaudì, che notai che Trich era sparito dentro un ingresso laterale.
Avrei voluto non seguirlo, ma dovetti ammettere con me stessa che, dopotutto, non avevo molta scelta se davvero desideravo parlare con R.R.R.
Così mi resi invisibile ai Letargianti che stavano di guardia e scesi delle scale che supposi conducessero alla cripta della chiesa. Notando le imponenti colonne decorate e i banchi disposti in fila uno dietro all'altro lungo la navata, mi resi conto che quella parte della cattedrale, a differenza delle restanti, era in utilizzo, e probabilmente al suo interno si svolgevano messe e altre funzioni religiose. Non ero mai stata molto credente - anzi, ero proprio atea - eppure lì dentro percepii con intensa precisione scorrere una sensazione sulla pelle, quasi da farmi rabbrividire. Compresi che si trattava della fede che componeva le pietre di chi aveva progettato o di chi abitava regolarmente quel luogo, scorreva nei mens all'interno di quelle mura fredde e silenziose.
Seguendo la direzione in cui era andato Trich, proseguii con passo silenzioso lungo il vasto corridoio oltre le campate che contornava lateralmente la navata principale, fino a raggiungerne il fondo, dove, innanzi a una piccola cappella dedicata alla Vergine Maria, sedeva sulle ginocchia, il capo chino, un ragazzo magro e alto, ma interamente vestito di nero, tanto da farmi quasi dubitare, in un primo momento, che fosse lui.
R.R.R. era religioso? Mi chiesi, prima di notare il rettangolo scuro, leggermente sopraelevato rispetto al pavimento e circondato da fiori, cui il suo sguardo era rivolto.
Inciso in bianco sul marmo, spiccava la scritta Antonius Gaudi Cornet, seguita da una frase in latino. La tomba di Gaudì.
Deglutii, non sapendo bene cosa dire, tanto lui era stranamente silenzioso, così decisi di optare anche io per il silenzio, in segno di rispetto, e intanto studiai attentamente il Mecenate dei Perduti. Il suo viso era così serio e inalterabile da non sembrare nemmeno appartenergli. Il cappotto nero elegante aveva il colletto rialzato a infossargli il collo, e i pantaloni, altrettanto neri, seppur decorati con uno strambo motivo a spirale, non facevano altro che aggravare ancora di più il suo aspetto cupo.
Che gli succedeva? L'ultima volta che l'avevamo visto, al ritorno dalla Pedrera, quando l'avevamo accolto in casa nostra, era sembrato abbastanza normale, o meglio normale per i suoi standard. Eppure, già da allora, interpretai nei miei ricordi una lieve malinconia velata dai suoi occhi ridenti, anche se forse si trattava di una semplice suggestione derivata dai miei timori in merito al suo futuro.
In quel momento però, sembrava fin troppo triste per essere lui.
Notando che non stava contemplando solamente la tomba di Gaudì, mi resi conto che, appoggiata al muro, leggermente discostata dai fiori che la gente doveva aver lasciato al famoso architetto, c'era una piccola foto dentro la quale sorrideva il viso magro e lungo di una ragazza dai capelli neri. Aguzzando la vista notai che sul pavimento sotto la foto era stata incisa una scritta fatta a mano, forse con un coltello o uno scalpellino, in una calligrafia che ricordava molto quella di R.R.R., forse solo leggermente più scattosa e dura, che recitava: Mare. Mamma in Catalano. Davanti alla scritta, la piccola scultura di una lucertolina intagliata nel legno rivolgeva il suo musetto verso l'alto.
Dunque quel posto per R.R.R. non era solo la tomba di un uomo che ammirava molto, ma anche il luogo in cui commemorava sua madre, Nuria Gomis.
Entrambi vittima degli Umanenti di Barcellona, sembravano ora confortare R.R.R., che al momento dava quasi l'impressione di essere più giovane, come se fosse tornato bambino, e allo stesso tempo più vecchio, più saggio, stanco.
Mi chiesi perché avesse deciso di mettere proprio lì la foto della madre, al fianco di Gaudì, in un luogo pubblico dove forse nessun Letargiante poteva vederla perché supposi fosse velata da un'illusione - di sicuro chi gestiva la chiesa non avrebbe permesso che si apponessero oggetti e soprattutto incisioni nei pressi di una tomba - e non magari in un cimitero o un luogo più intimo. Che fosse perché in questo modo molte persone avrebbero potuto portare dei fiori a sua madre? Magari per ricordare la morte simile che lei e l'architetto avevano avuto? Oppure, essendo cresciuto in mancanza di una figura genitoriale maschile, aveva associato Gaudì, seppur vissuto molti anni prima della sua nascita, al padre che non aveva mai conosciuto, desiderando quindi che il ricordo della madre giacesse al suo fianco?
Stavo giusto cominciando a sentirmi di troppo e decidere di allontanarmi per lasciare R.R.R. al suo lutto, quando lui parlò. «L'originalità consiste nel tornare alle origini. Sai chi lo disse?»
«Eh?» chiesi, presa alla sprovvista.
«Dai, questa era facile Laf!» ribatté lui con un sorrisino, facendo un cenno alla tomba, mentre si alzava in piedi. Mi venne in mente un rapido flashback di una lezione in cui la Fimberti aveva accennato qualcosa del genere, in un momento in cui però ero troppo impegnata a capire in che lingua parlava Yoann, motivo per cui non ci avevo prestato abbastanza attenzione.
«Perché mi hai chiamata? E perché hai voluto che venissi solo io?»
«Questo io non l'ho mai detto, è stata una tua scelta» ribatté lui facendo spallucce, con il suo solito atteggiamento baldanzoso e compiaciuto, «io ho solo detto di fare silenzio, sei tu che hai voluto interpretarla in questo modo, e hai quindi voluto venire da sola. Dimmi, non ci starai mica provando con me?»
«Cosa? Io non-»
«Bene, perché non ti conviene per ben due motivi mia cara Laf, uno: non mi piacciono le ragazze; due: in ogni caso non sarebbe una cosa duratura, dal momento che mi rimane circa una settimana di vita.»
Deglutii. «Quindi... abbiamo fallito?» Bene. Era appena stata data conferma ai miei dubbi.
«Che intuito eccedente, sono senza parole! Come vedi, infatti, sono già in lutto per l'imminente dipartita di me stesso» con un gesto teatrale mostrò i suoi abiti neri.
«Non c'è nulla che possiamo fare per impedirlo?» chiesi, già terrorizzata all'idea di dover essere proprio io a riferire quella notizia agli altri, a Yoann soprattutto.
Lui tornò a guardare la tomba, le mani allacciate dietro la schiena, lo sguardo pensieroso e cupo che tradiva la fastosa voce profonda. «Purtroppo, il mio glorioso tempo sta giungendo al termine. Vedo nel dettaglio tutto quello che mi succederà e potrà succedermi fino alla notte del 16 agosto, giorno della mia morte in tutti i futuri possibili, in mille modi diversi, tutti con la stessa indecente conclusione.»
«Perché hai aspettato tanto a informarci? È da quando siamo tornati dalla Pedrera che ci eviti!»
Lui rispose con una rotazione rapida del busto verso le scale, facendo sollevare leggermente la parte sottostante della sua lunga giacca dal vento da lui stesso provocato. «Facciamo una passeggiata, ti va?»
Senza attendere risposta si diresse verso l'esterno, facendo i gradini a due a due come se fossero troppo bassi da fare uno per volta per le sue gambe disumanamente lunghe.
Lo seguii a un paio di metri di distanza, in religioso silenzio. Giunti all'esterno, ci mischiammo tra tutti quei turisti che, già a quell'ora del mattino, fissavano incantati quella meravigliosa opera architettonica e la inquadravano da mille angolazioni diverse con le loro fotocamere, alcuni stranieri persino con quegli strambi telefoni senza tasti ma formati interamente da uno schermo touch di cui si sentiva spesso parlare negli ultimi tempi anche in Italia, ma che non si vedeva ancora molto in giro.
Ignorando tutti i Letargianti posti ai cancelli che impedivano alla gente di entrare, R.R.R. si diresse spedito verso la facciata della Natività, la stessa che avevo notato anche prima, e, a mio parere, la più bella, oltre che a essere l'unica costruita da Gaudì, deceduto prima della terminazione dei lavori ancora in corso.
«Guarda» disse R.R.R. con tono amaro, «se Gaudì fosse ancora vivo sarebbe indignato dal modo in cui i Letargianti stanno gestendo questo luogo sacro, costringendo chiunque desideri visitarlo a pagare ingenti somme, quando lui non desiderava altro che le sue opere fossero accessibili a tutti, perché queste rappresentano la natura, e sono quindi per tutto il popolo, a cui è rivolto il messaggio in esse contenute.»
Non aveva tutti i torti. Proprio per quel motivo i miei genitori avevano rinunciato a visitare sia la Sagrada, che avevamo visto solo da fuori, che il Parc Güell.
Alzai il viso lentamente, seguendo con lo sguardo tutto il profilo di una delle guglie fino a raggiungerne la cima più alta. La guglia adiacente, al momento coperta dal cantiere in costruzione, sembrò innalzarsi, sinuosamente, come animata di vita propria, superando le altre fino a raggiungere il cielo, dove toccò un'altra guglia che sembrava la sua gemella per forma e dimensioni, ma totalmente ribaltata, come riflessa in uno specchio d'acqua. L'intera cattedrale, ora completa e ingentilita da una miscela disuniforme ma totalmente equilibrata di colori, pendeva ribaltata dal cielo. In quella spettacolare immagine capovolta, riconobbi, da altre spiegazioni della Fimberti, l'utilizzo della tecnica degli archi catenari, ovvero il calcolo della struttura tramite modellini formati da catene che ne simulavano il peso dei carichi usufruendo di sacchi di juta al fine di trovare la forma più idonea e stabile della struttura.
Per quanto fosse bellissimo vedere la Sagrada Familia completa, la sensazione che mi trasmetteva era di incompletezza e disagio nel non riuscire a comunicare qualcosa, e la visione stessa era meno nitida delle opere visitate precedentemente, perché in realtà quello che vedevo non esisteva e non sarebbe mai esistito, o almeno non così come avrebbe desiderato Gaudì. Percepivo, pur non vedendola, una grande distorsione dal pensiero originale, della facciata della Gloria in primo luogo, e poi di quella della Passione, così come di alcune delle guglie catenarie e di vari particolari che erano stati aggiunti in seguito alla sua morte. A causa di queste irrecuperabili incongruenze, l'intero edificio era ormai sfuggente agli occhi di chi cercava di guardarlo per davvero.
«Quei simpaticoni degli Umanenti di Barcellona cercarono in ogni modo di impedire che la costruzione di questa cattedrale venisse completata, perché, per via di tutto l'impegno e la dedizione che Agyc ci stava mettendo, temevano il messaggio che avrebbe potuto contenere. Fu per questo che dopo la sua morte distrussero tutti i suoi progetti, lasciando ai Letargianti nient'altro che una banale interpretazione come unico strumento per concluderla» disse R.R.R., entrando nell'edificio.
«È così ingiusto non poterla vedere completata come l'avrebbe voluta lui» pensai ad alta voce, «cosa intendeva trasmettere Gaudì con questa opera? Oltre al significato cristiano intendo.»
Non appena ebbi finito di parlare, tuttavia, non potei più aggiungere altro perché il mio capo era stato costretto a piegarsi all'indietro dalla maestosità che attraeva il mio sguardo affamato dall'alto. Avevo fatto un passo in avanti non dentro una basilica, non dentro un edificio di costruzione umana, non dentro niente di umanamente realizzabile. Un passo ed ero entrata in un altro mondo.
Un mondo fatto di candidi e longilinei tronchi che davano l'impressione di potersi estendere fino al cielo ma decidevano di fermarsi prima, per diramarsi in chiome altrettanto candide che si incontravano tra loro a formare una copertura frondosa costituita di tanti fori tra i quali si infiltrava delicata la luce intensa del cielo. Quest'ultima tingeva con colori accesi le superfici lattee, espandendosi come spruzzate di colori su una tela bianca ancora tutta da dipingere. Fu proprio grazie alle vetrate colorate da cui essi trasparivano che vidi la vita espandersi gradualmente su tutto l'ambiente colorando quella foresta incantata, che si accese anche con i canti di uccelli tra gli alberi e i profumi delicati tipici della vegetazione.
Tuttavia, anche qui, di nuovo, tutte quelle sensazioni e consapevolezze erano sfuggenti e illusorie, mai del tutto consistenti. Un immenso vuoto mi si formò dentro al petto e mi sentii quasi male.
«Significato cristiano?» sghignazzò R.R.R., ricordandomi della domanda che gli avevo posto un attimo prima di entrare lì dentro. Non potevano essere passati più di venti secondi, eppure sembrava qualcosa di legato a un'altra vita.
«Il vecchio Agyc era molto fedele, su questo non ci piove» proseguì lui, «ma era tutto meno che cristiano. O forse anche sì, in parte, dato che tutte le religioni interpretano la stessa entità al di sopra di noi umani, e sono quindi tutte connesse. Un qualcosa di talmente onnipotente, stupendo e irraggiungibile da essere anche fonte di riverente timore perché nessuno di noi ha il potere di comprenderlo pienamente. Visto che si teme ciò che non si conosce, si è sempre cercato di umanizzarlo sotto forma di culti di ogni tipo, per renderlo più vicino a noi, ma la verità è che ne siamo ugualmente immersi; quindi, non si tratta di altro che semplici illusioni, proprio come tutto questo posto.»
«Quindi Gaudì non ha progettato la Sagrada affinché diventasse un luogo di culto cristiano?»
R.R.R. sorrise compiaciuto, «Invece è proprio quello che ha fatto. Ha mascherato i messaggi che voleva trasmettere sotto forma di simbolismo cattolico, in modo tale che fosse comprensibile e interpretabile dal maggior numero di persone nella maniera che queste ritengono più giusta. Non importa come arrivi un messaggio, l'importante è che arrivi.»
«Quale messaggio?» non potei fare a meno di chiedere, mentre i nostri passi sul pavimento liscio si addentravano delicatamente in quel mondo perfetto ma incompleto.
«Se avessi la risposta a tutte le domande vivrei altri centotrentasei anni ma la mia vita sarebbe tremendamente noiosa. Dopo che sai già tutto, dove restano le sorprese?»
Non mi sfuggì la nota di amarezza che trasudava da quell'affermazione. Quel giorno R.R.R. aveva sostituito quello che sembrava divertimento continuo con una più cinica mestizia.
«In ogni caso,» riprese lui, cambiando tono, «Antoni non era mica l'unico a aderire a questo culto segreto che è sempre esistito, velato nell'ombra delle religioni più grandi e appariscenti, assumendo sempre forme diverse, e non è stato di certo il primo a velare nella sua architettura significati incomprensibili ai più, messaggi segreti e incognite fondamentali.»
R.R.R., che intanto aveva raggiunto il presbiterio, dove un crocifisso pendeva da un enorme lampadario appariscente, si avvicinò a uno dei due giganteschi organi metallici e fece tintinnare distrattamente un dito sulla fila di canne dalla forma triangolare. «Molti li conoscono con altri nomi, alcuni ne sono semplici imitazioni, altri distorsioni prive di senso. Ma loro sono sempre restati, dietro le quinte, fedeli al loro segreto e a loro stessi, senza perdere mai la speranza che si possa un giorno raggiungere il loro fine ultimo.»
Non appena il tintinnio si fu spento, ci fu un attimo di totale silenzio. Poi si udì un cigolio seguito dal frastuono delle canne dell'organo che scorrevano tra loro sovrapponendosi in combinazioni inaspettate fino a fermarsi lasciando al loro posto un'apertura ad arco. Percepii nel vano che si era creato al suo interno, una intensa sensazione che mi trasmetteva un sentimento di fratellanza.
Nel piccolo spazio all'interno dello strumento musicale, si distingueva un simbolo scolpito nella pietra: un compasso aperto che incontrava i due lati di una squadra di novanta gradi formando con essa una finestrella di forma quadrilaterale all'interno della quale era rappresentata una G in maiuscolo corsivo, come fosse l'iniziale di una firma.
«La massoneria» compresi, riconoscendo il simbolo, «ma...»
Non era tutto. Mi corse un brivido lungo la spina dorsale quando mi resi conto che il simbolo proseguiva con un piccolo prolungamento verticale che poi si piegava nei due bracci di un ampio arco le cui punte d'appoggio terminali erano rivolte verso l'interno.
«Cosa...» I massoni perciò erano Ephuri? Questa sì che era bella. E probabilmente non solo loro, ma anche quei Letargianti guardiani che R.R.R. proteggeva e che si occupavano di custodire i Frammenti. Aveva parlato di un modo segreto che usavano per comunicare e tenersi in contatto, e forse c'entrava proprio con questo. Quelli della massoneria dopotutto erano simboli architettonici, pertanto era più che probabile che proprio nell'architettura si celassero i loro segreti.
«Anche tu sei un massone?» chiesi, rivolgendomi a R.R.R.
«Non mi piace definirmi con alcuna nomenclatura che mi identifichi parte di un qualcosa, e a nessuno di quelli che tu chiami massoni piace, credimi. Noi siamo semplicemente... credenti» sfarfallò le dita ossute a quelle parole. «Antoni e Egib erano credenti. E io, in quanto erede del loro sapere e di tutti quelli che sono venuti prima di loro, sono incaricato di far sì che i loro desideri, che sono quelli di chiunque speri in un destino migliore, si realizzino.»
Questa volta la sua voce aveva assunto un tono talmente serio da essere quasi spaventoso pronunciato da lui. «Presto morirò, tuttavia il mio segreto non scomparirà insieme a me. Tu sei quella che tutti noi stavamo aspettando, l'unica in grado di capire veramente ciò che Gaudì ha sempre gridato al mondo senza essere sentito, e pertanto sei l'unica che ha il diritto di avere ciò che lui ha custodito affinché giungesse a te. Avrai il Frammento, ma solo se lo vuoi. Sarà completamente tua la scelta, una volta che saprai dove è nascosto, di cosa farne. Mi dispiace deludere la tua combriccola ma non ho assolutamente intenzione di rivelarvi le posizioni degli altri Frammenti giacché non la reputo una mia responsabilità, il segreto della connessione è troppo pericoloso per rischiare di cadere nelle mani sbagliate.»
Con un'altra delle sue scenografiche rotazioni, sfiorò una delle canne metalliche e il marchingegno riprese a chiudersi mentre già R.R.R. aveva ripreso a camminare con passo slanciato.
«Perché proprio io?» chiesi, esasperata, confusa, e stremata da tutte quelle pressioni.
«Perché, perché, perché. Sempre tutti a porre domande di cui sanno che non riceveranno risposta! Dovresti invece concentrarti più sulle cose veramente importanti. Come direbbe qualcuno, la risposta è dentro di te» R.R.R. si voltò a farmi l'occhiolino con un ampio sorriso provocatorio. Perfetto, ci mancava solo più lui. Probabilmente aveva sentito Will dirmi quelle parole grazie alla connessione che li legava.
«Ma ora,» aggiunse con un sorrisino sghembo e affilato,quando ripresi a seguire la sua camminata scattante, «pensiamo alle cose veramente importanti: se proprio devo andarmene, è necessario che sia in grande stile, non credi?»
Ed ecco qui, la risposta alla domanda che stava facendo impazzire Liv: a quanto pare, persino l'irraggiungibile R.R.R. è destinato a morire, non c'è più possibilità di futuro in cui lui si salvi 😔
Questo però, ha tirato fuori un nuovo lato del suo carattere, quello più cupo e di solito più velato 🥰
Piccola curiosità sulla Sagrada Familia, che volevo inserire nel capitolo ma alla fine non ci stava: la Sagrada è uno degli edifici più alti del mondo, ma la sua altezza è stata dettata da una precisa volontà di Agyc, che durante i lavori affermò: "il lavoro umano non può superare quello divino; quindi la Sagrada Familia sarà alta 170 metri, 3 metri in meno dell'altezza della collina di Montjuic". (Che sarebbe la collina ai piedi della quale sorge Barcellona, dove c'è il Tibidabo)
Bene, detto questo ci vediamo con i prossimi due capitoli, in cui vi assicuro che ci sarà da divertirsi 😈
E manca poco alla fine di Barcellona! Preparate le valigieee
꧁ꟻAᴎTAꙅilɘᴎA꧂
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