•Capitolo 8: Orientamento•
«Arriverai mai ? Sto per invecchiare» mormora Nali masticando una gomma all'anguria, la sua preferita. Per poi, dopo un lungo sospiro, proseguire con qualcosa come «...questa passeggiata sta iniziando ad ucciderti lentamente, non credi ?»
In effetti non ha torto, non so cosa possa causare un mio infarto prima, se le strade fin troppo ripide o il sole che non fa altro che abbattersi su di me.
«Non sono ancora arrivata, è la quarta volta che me lo chiedi, ti ricordo...» inizio con un filo di voce. «E no, non sono ancora morta» continuo, mentre la gravità sembra voler tentare di schiacciarmi verso l'asfalto e le mie gambe minacciano di non poter reggere il mio peso ancora a lungo.
Asciugo il sudore dalla mia fronte, per poi legarmi i capelli in una coda alta e mettere Nali in viva voce.
Pur di evitare di spiegare paragrafi interi sulla fotosintesi clorofilliana a mio fratello e sentire mia madre lamentarsi sul tempo che passo al cellulare ho deciso di scappare e rifugiarmi nel bosco non molto vicino alla casa di mio zio.
Non penso di potermi perdere a causa del mio scarso senso dell'orientamento ereditato da lei, occhi color nocciola e capelli ricci a parte. Venivo qui anche da piccola in compagnia di Andrea per giocare insieme a nascondino, lo conosco abbastanza bene, nonostante quella fosse un'altra entrata.
I pini numerosi, davvero numerosi, si estendono per così tanto da arrivare fino a casa sua, e mia (o di mio padre, adesso).
Ricordo ancora bene quando per colpa di mia madre e del suo pessimo orientamento arrivai in ritardo per il mio primo giorno di scuola, finendo per essere costretta a sedermi al primo banco vicino alla finestra accanto ad una ragazza dai capelli rosso fuoco, l'unica rimasta sola. Era piena di lentiggini, e la invidiavo così tanto per questo.
Ribelle.
Logorroica.
Spirito libero.
Era Nali ovviamente e penso proprio di dover benedire il giorno in cui mia madre decise di non chiedere alcuna indicazione su come arrivare a scuola facendo di testa sua. «Perché proprio il bosco poi ? È così...inquietante» spiega lei soffermandosi sull'ultima parola.
Neppure questa volta ha torto, mette davvero tanta ansia, ma tutto sommato le diverse specie di alberi, l'odore della terra umida, e l'aria pulita che respiro riescono a distogliermi da ogni singolo pensiero negativo, o almeno ci provano.
«Lo avevo già intravisto dal finestrino dell'auto di mio padre prima di arrivare a casa di mio zio. Sembrava un'idea carina venire qui, ora somiglia più ad un suicidio» spiego mettendo una mano sul fianco e portando una ciocca di capelli alla mia bocca.
Lo faccio spesso quando sono nervosa, non so neppure cosa stia a significare. So solo che non riesco a farne a meno, neanche adesso di fronte al cancello in ferro ricoperto di vernice verde che segna l'ingresso del bosco. «Sono appena arrivata» bofonchio al cellulare sospirando.
Quando faccio per aprirlo noto che un lucchetto, ormai arrugginito, impedisce l'entrata. Comincio a sbuffare poco prima che Nali possa cominciare a chiedere più volte cosa stia succedendo. Mi prendo un attimo, ignorando lei ed il lucchetto, soltanto per contemplare la bellezza di questo posto, fin troppa.
Non saprei da cosa iniziare, se dagli alti pini che sembrano fare a gara per toccare il cielo, riuscendo quasi a sfiorarlo o dai raggi del sole che filtrano dai loro rami per poi accarezzare la mia pelle facendola risplendere, un po' come quella del Dio Amore, di Apuleio.
«Nulla, non è successo nulla» replico, notando che proprio accanto al cancello una parte della rete che delimita il confine del bosco è stata buttata giù per permettere l'accesso.
Tiro un sospiro di sollievo, non avrei mai voluto camminare per tutto questo tempo inutilmente. Sistemo la mia canotta bianco latte comprata in un sito online e guardo dritto verso il lungo sentiero ricoperto da ciottoli e grandi pezzi di corteccia.
Spero solo di potermi rifugiare qui ogni qual volta che nascondersi sembrerà la via migliore, senza far caso alla fatica o ai minuti di distanza.
Ma a me.
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