•Capitolo 2: Brucia con me•

«È la mamma al telefono, rispondi tu ?» domanda mio padre dai sedili anteriori con le mani al volante.

Riesce a stento a finire la propria frase quando il silenzio tombale di cui l'auto godeva un momento prima finisce per essere improvvisamente sostituito dalla voce squillante di mia madre in viva voce.

Non prendere freddo uscendo dalla macchina. Ricorda di mettere una felpa almeno. Non ho voglia di combattere anche con la tua salute.

Potrei ignorarla, lasciando il compito di risponderle nelle mani di mio padre, ma la sola vista delle condizioni in cui si è ridotto per via di una cosa così innocente come un matrimonio non fa altro che spingermi a tacere e a semplificargli tutto ciò che posso, dal cambiare le cartucce alla sua stampante fino al ripiegargli i vestiti.

Una volta chiusa la chiamata e sbuffato più che rumorosamente, quasi come ricompensa, mio padre accosta e parcheggia. A quanto pare la casa di mio zio é a pochi passi da qui.

Non ho mai trascorso del tempo con lui, motivo per cui durante il viaggio ho fantasticato a lungo su come possa essere cambiato nel corso degli anni e su come abbia costruito la misteriosa casa in campagna in cui vive. Ma tuttavia, ciò che mi presenta di fronte qualche metro dopo, ha tutta l'aria di essere ben altro che una semplice casa in campagna.

Ho sognato sin da piccola di essere immersa completamente nella natura, tra campi e radure, al contrario di mio fratello che sembra essere del tutto infastidito da qualsiasi moscerino gli voli vicino, come se fossero gli insetti quelli anormali. Di certo non è una di quelle ville a tre piani con piscine e saune che, inutile ribadirlo, esistono solo nei racconti, ma tutto sommato è sicuramente meglio di casa mia, o di mio padre ormai...lì manca anche l'acqua.

Due viottole in ghiaia si incrociano accerchiando una fontana realizzata in pietra che segna l'ingresso, robuste querce circondano l'intero perimetro del piccolo giardino frontale e una spaziosa cucina in muratura fronteggia buona parte della casa. Non riesco a focalizzare del tutto l'immagine che mi si prospetta di fronte, magari sarà colpa del viaggio o dei rumori che mi circondano e da cui mi lascio trasportare completamente.

Con rumori non intendo macchine o il tipico caos della città, ma il semplice fruscio del vento e il verso di diversi uccelli, che mischiandosi l'uno con l'altro diventano un tutt'uno di armonie.

Nonostante tutto quel marmo, la zona su cui punto subito la mia attenzione è un semplice porticato in legno dotato di una panchina e di diversi bonsai ben curati, un luogo ideale per leggere le decine di libri che tengo già stretti in valigia. Sembra essere una sorta di metafora capace di rispecchiarmi quasi perfettamente.

Semplice legno, legno tra tanto marmo, legno che va a fuoco, legno che arde, legno che si distrugge ma al solo fine di scaldare la freddezza dei cuori di marmo che lo circondano.

Legno.

Vorrei soltanto non dover sentire ancora una volta l'odore della lavanda o lo scoppiettare del fuoco. Preferirei soltanto potermi non vedere schiacciata dalla gravità o privata della mia voce. Mi basterebbe soltanto smetterla di finire per essere inghiottita dal pavimento una volta per tutte.

Eppure, non faccio altro che gesticolare, sbattere i pugni a terra, spalancare la bocca e tentare invano di dimenarmi.

Inutilmente.

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