•Capitolo 14: Poco importa•

«Sul serio ?» farfuglio cercando di rendere meno evidente l'accaduto dei momenti precedenti.

In preda al panico, apro una pagina a caso del mio portatile fissando assorta lo schermo e sfregando con la manica dell'accappatoio i miei occhi gonfi. Se solo non fossi così in ansia mi farei un complimento per le spiccate doti teatrali mai sfruttate.

«Finalmente, ti chiamo da un pezzo ma il volume del tuo cellulare era talm-» sibila mia madre dall'ingresso della mia camera prima di fermarsi di colpo al cospetto dello stato pietoso in cui verso.

«Eccomi qui...» borbotto tra me e me lanciando uno sguardo ad una delle tante polaroid sbiadite cadute sulla candida moquette bianca, mi chiedo come possa pulirla senza finire per rovinarla. A casa di mio padre bastava un semplice colpo di straccio per le lastre in gres porcellanato, ma qui non penso proprio sia così facile, come qualsiasi altra cosa d'altronde.

La sua reazione non mi incoraggia per nulla, continua a fissarmi con aria critica mentre si regge alla maniglia in ottone con una mano. «Sii naturale, sii spontanea» ripeto nella mia mente.

«Non eri andata in centro a comprare insalate o roba del genere ?» sbotto soffermandomi sulla prima parte fingendomi disgustata. Sviarla con delle verdure, è questo il mio meglio ?

«Non proprio» risponde lei stranita chiudendosi la porta alle spalle e passando la mano sulla superficie in legno del mio comò. «E tu non avevi promesso che avresti aiutato tuo fratello con i compiti ?»

Fisso le buste di carta che stringe al suo petto, non riesco a distinguere cosa ci sia all'interno, se qualche lattuga o un paio di broccoli malformati, la mancanza dei miei occhiali inizia ormai a farsi sentire.

Fa qualche passo in avanti squadrandomi dalla testa ai piedi, lacrime comprese, per poi sedersi sulle sue ginocchia a solo qualche centimetro dal mio viso. «È uno di quei momenti in cui dovrei stringerti forte la mano guardandoti mentre butti via scatole intere di fazzoletti come nei film ?» domanda molto diretta tenendomi per il mento con un dito.

«Non devi, non siamo in un film, e dovresti saperlo» mormoro una volta preso un lungo respiro distogliendo il mio sguardo dal suo. La vecchia fotografia pestata e abbandonata sulla moquette nel frattempo si fa sempre più interessante.

«Se c'entro in qualche modo io, o...tuo padre dovr-» comincia abbassando il tono di voce pur di non farsi sentire da Ale, come se lui non avesse già capito che nostro padre per lei è rimasto soltanto nostro padre e nulla di più.

«Non penso» bofonchio. «Piuttosto, non hai mai fatto caso alla pessima memoria di tuo figlio ?» domando scoppiando in una falsa fragorosa risata, sarei evidentemente disposta a tutto pur di porre fine ad un momento come questo. «Non cambiare discorso, posso aiutarti...» obietta lei infastidita, dandomi l'impressione di provare a convincere più se stessa che me.

«Riguardo ad Ale, sarà perché ha mangiato poco pesce ?» insisto alzandomi dal letto e lanciando uno sguardo fuori dalla finestra. «Dicono che fa bene al cervello, e il suo non é uno dei migliori»

«Che ti succede ?» mormora afferrandomi per un braccio. Mi limito a qualche grugnito mentre il nodo alla mia gola finisce per impedirmi di dire qualsiasi parola io stia per pronunciare.

«In periodi del genere la scelta migliore sembra sempre quella di tenersi tutto dentro» comincia lei fissando il vuoto. «E poco importa quanto vai in fondo, poco importa il male che finisci per farti, poco importi tu» Posso riconoscere un pizzico di malinconia tra i suoi continui sospiri che non fanno altro che intristire l'atmosfera sempre di più.

«Non ricordi proprio nulla su quella storia che leggevi ogni singola notte da piccola con la tua torcia gialla sotto le lenzuola del nostro letto ? Lo facevi da sola, così come per qualsiasi altra cosa, da sola, e la situazione non penso sia cambiata più di tanto adesso» farfuglia torcendosi le dita e scostandomi una ciocca di capelli dagli occhi.

Qualcosa tuttavia penso di ricordarla ancora oggi, qualcosa su un mollusco e sulla sua perla, il suo unico potenziale, che una volta perso finì per renderlo una banale ed inutile conchiglia. Non penso abbia nulla a che vedere con ciò che sto attraversando, ma lei sembra così presa dalle parole che le escono per bocca che finisco per decidere di lasciarla argomentare, pur sapendo che io e quella conchiglia non abbiamo nulla affatto in comune. Perché mi ha lasciata così ?

Sono stanca di vedere il mio mondo cadermi addosso per farmi a pezzi. Vorrei soltanto poter vedere il mio potenziale, se mai esiste, mettendo per almeno una volta nella mia vita me stessa al primo posto senza finire per isolarmi o vivere in continue delusioni. Perché mi ha lasciata così ?

«Mamma» sussurro con la testa fra le mani premendo sempre più intensamente le unghia sul palmo della mia mano. «Perché sei andata via così ?»

«È complicato...» inizia a blaterare lei guardandosi intorno come se stesse cercando una via di fuga. «...va bene un risotto per cena ?» Almeno so di non essere l'unica a cercare sempre di cambiare discorso, tale madre tale figlia. «Illuminami allora, per favore, me lo devi» protesto fissandola negli occhi, adesso e soltanto adesso sembro averne il coraggio.

Non era più una semplice richiesta, era una sfida che come sempre avrebbe vinto lei chiudendosi la porta alle spalle. Vorrei tanto poterlo fare anch'io, chiudermi la porta alle spalle, non facendo più caso a nessuno.

E pensando solo alla mia perla.

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