•Capitolo 13: Rincorrimi•

Il letto a due piazze, ornato da una trapunta stile shabby, é poggiato del tutto sul lato destro della mia camera ed è in parte sovrastato da un'ampia finestra a specchio che permette la vista su una buona parte del bosco.

Al centro della stanza fa invece da protagonista un tappeto a tinta unica color panna chiaro, lo stesso colore utilizzato per il resto dei mobili, dall'unico comodino presente sino alla minuta scrivania che sostiene già i miei vecchi e pesanti appunti.

Lampade e quadri donano un minimo di carattere alla stanza così come per gli abiti di ogni tessuto e modello che si intravedono già dalla porta scorrevole della cabina armadio.

Ciò che tuttavia colpisce di più la mia attenzione é una luminosa finestra a golfo decorata da una base di cuscini a fantasie orientali e dotata di pareti fornite di scaffali in cui ho già esposto fiera i miei classici preferiti tra cui Anna Karenina e Il Conte di Montecristo.

Non dovrei neppure reggermi in piedi per l'entusiasmo, immersa tra le pagine di uno dei tanti romanzi storici di Italo Calvino e coperta fino al collo dalle coperte rigorosamente selezionate, eppure sono totalmente indifferente.

Incompleta.

Colpa dell'anonimato della stanza forse, dovrei soltanto aggiungere qualcosa che la renda mia, qualcosa di unico, qualcosa come le mie polaroid.

Decido di far partire una delle mie playlist preferite di Aretha Franklin mentre posiziono sul muro sopra la cassettiera alcuni scatti trovati in fondo alla mia tracolla in cuoio seguendo la forma di un arco.

Ogni fotografia rappresenta una sorta di trofeo che continuo a trascinarmi ovunque. Roma, Napoli, Milano, ogni paese visitato mi ricorda sempre qualcosa di unico suscitandomi sempre emozioni diverse; Agrigento con i suoi Templi dorici risalenti al tempo Ellenico, Venezia con le sue gondole realizzate da otto tipo diversi di legno o Palermo con i suoi inconfondibili dolci alla ricotta.

Altre polaroid, ormai schiarite, mi riportano piacevolmente ad episodi passati, quando Nali si è riempita di tartine al caviale per il mio tredicesimo compleanno o quando sono stata per la mia prima volta al bosco con Andrea.

Mi soffermo su quest'ultima per qualche attimo. L'aveva scattata mio padre mentre io e lui ci rincorrevamo tra le foglie ridendo come non ho mai più fatto. Distolgo lo sguardo, rendendomi conto di avere le ginocchia completamente coperte dai nostri scatti.

Scatti rovinati dal tempo che riprendono persone cambiate nel tempo, luoghi cambiati nel tempo e relazioni (purtroppo) cambiate nel tempo. Se tutto si fermasse smetterei di soccombere sotto i cambiamenti che il tempo impone, ma tutto sommato, cosa concluderei chiudendomi nel presente ?

Ed eccolo arrivare; il senso di vuoto. Non é l'anonima stanza a farmi stare male, é lui, è sempre stato lui. Andrea.

Vorrei poter cancellare tutto ricominciando da zero per rincorrerlo ancora tra le foglie. La confusione prende nuovamente il sopravvento e le lacrime cominciano a solcare copiose il mio viso nel ricordo di quei momenti.

Se solo esistesse il tasto restart anche nella vita reale non mi ritroverei qui a piangere, i miei genitori non avrebbero mai litigato e avrei sempre qualcuno pronto nel reggermi i capelli per farmi smaltire la sbornia nel bagno di un pub qualsiasi.

I suoi occhi cervoni, caratterizzati da sfumature gialle su una base verde, mi scrutano silenziosi da ogni mia singola polaroid e sono proprio l'ultima cosa che riesco a vedere prima che qualcuno possa aprire la maniglia della mia camera.

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