Capitolo 38: Non è ancora finito il tuo viaggio [R]
Francesca
Mi regala uno dei suoi migliori sorrisi. Mi mancava sentirlo così vicino.
<<Grazie>>, sussurro.
<<Non è ancora finito il tuo viaggio>>, dice dandomi un bacio sulla fronte. <<Teresa, so che sei qui. Esci subito e iniziamo>>.
Teresa, accompagnata da Antonio, esce da dietro un cespuglio con un sorriso fino alle orecchie e gli occhi a forma di cuore. Si è cambiata: ha un vestitino giallo con una cintura piccola bianca e delle scarpe col tacco alte bianche. Antonio, al suo fianco, è rimasto uguale nonostante il tempo: indossa dei pantaloni beige, una camicia bianca e una giacca nera.
Perché così elegante?
Teresa batte le mani con la gioia di una bambina e mi afferra per un braccio. <<Forza! Dobbiamo andare!>>, esclama.
Mi allontano sempre più da Aeron finché non scompare nel verde scuro del bosco.
<<Dove mi stai trascinando ora?>>
Usciamo dal grande cancello della scuola e vedo, di nuovo, la famosa Porsche nera di prima con il suo autista.
Teresa si gira verso di me con uno sguardo serio. <<Ora, Francesca, ti aspetta l'ultima avventura e per questa devi affidarti completamente a me. Dovrai essere un burattino che io manovrerò, hai capito? Ti benderò e a un certo punto tornerai ad avere gli occhi liberi, ma non dovrai assolutamente aprirli, a meno che non te lo dica io>>.
La guardo sbigottita.
<<Tutto chiaro?>>
<<Sì>>.
<<Bene>>, dice venendo dietro di me e bendandomi.
<<Ti avviso che non ho un ottimo senso dell'equilibro>>, ridacchio mentre mi infila in macchina.
<<Certo che lo so. Altrimenti non ci avremmo messo così tanto quella volta in Norvegia>>.
È buio. Sento la macchina partire e fermarsi dopo dieci minuti. Sento la portiera aprirsi, perciò allungo le mani e cerco Teresa.
<<Siete in ritardo>>. È la voce di Concetta in versione isterica.
<<Concetta>>, sorrido.
<<Non mi parlare, tu. Come hai potuto andartene così senza dirmi niente? Sono molto arrabbiata>>.
Le mani attente di Teresa mi portano delicatamente dentro a quello che mi sembra un negozio.
Sì, è il negozio della nonna. Lo riconoscerei dall'odore a chilometri di distanza.
Mi portano su per le scale e mi fanno accomodare su uno sgabello, mentre le due ragazze litigano.
<<Ora ti togliamo la benda. Non aprire gli occhi, però!>>, mi minaccia Concetta.
Sorrido. Mi mancava.
<<Va bene>>.
Avverto del solletico sulla faccia e tra i capelli.
Cosa mi stanno facendo?
Inutile chiedere, tanto non mi diranno nulla.
<<Come stai, Concetta?>>
<<Come sto? Ritorni qui e mi chiedi solo "come stai?". Beh, sapere che la tua migliore amica se ne è andata senza dirtelo fa piuttosto male, non credi?>>
Non riesco a dire che mi dispiace. So che è inutile.
Sbuffa. <<Non posso essere arrabbiata con te. Non ce la faccio. Mi sei mancata così tanto. Ti devo raccontare un sacco di cose>>. Mi abbraccia.
Mi stupisco ancora di quanto gli italiani siano affettuosi. Vorrei essere come loro.
Ora che ci penso, lo sono per metà. Sorrido pensando a mio padre e a Christian.
<<Mio padre?>>
<<Sta bene. Voilà. Io ho finito>>.
<<Anche io>>.
<<Bene, vado ad avvisare nonna>>. Sento il rumore dei suoi passi.
Poco dopo, il rumore raddoppia. <<Ciao, mia cara>>.
<<Nonna!>>, dico tentando di alzarmi.
<<Dove vuoi andare? Non se ne parla nemmeno. Fermati>>, mi rimprovera Teresa prendendomi per le spalle.
Dopo alcuni minuti in cui le tre donne discutono bisbigliando, mi aiutano ad alzarmi e mi vestono. Da quello che sono riuscita a capire, è un grande vestito, con una grande e svolazzante gonna morbida e un corpetto di stoffa morbida e pizzo, con le maniche che mi arrivano fino al polso.
<<Io le metto le scarpe. Tu quanti ci metti a cambiarti?>> È Teresa a parlare.
<<Dammi cinque minuti>>.
Teresa mi alza una caviglia e mi aiuta a infilarmi le scarpe. <<Attenta!>>
<<Sono tornata! Vai!>>
Il rumore dei tacchi delle scarpe di Teresa mi aiutano a capire che sta lasciando la stanza.
<<Francesca, non devi muoverti, okay?>>, dice Concetta, dolcemente.
Annuisco.
Alcuni minuti dopo, Teresa ritorna. Mi rimettono delicatamente la benda e mi aiutano a scendere.
<<Attenta a non sporcarla!>>
<<Attenta a non farla cadere>>.
<<Attenta al vestito>>.
<<Francesca, va' piano>>.
Continuano a bisbigliare mentre scendiamo.
Che cosa significa tutto questo?
Il livello d'ansia è ormai alle stelle.
Arrivate fuori dal negozio, le mani piccole e attente di Teresa spariscono e delle grosse mani ruvide prendono il loro posto.
Sobbalzo.
<<Sono io>>. È la voce di mio padre.
<<Papà?>>
<<Sì, tesoro>>, dice prendendomi a braccetto.
Camminiamo per qualche minuto. Ho il terrore di cadere con queste scarpe.
Ci fermiamo e sento i gridolini di Concetta e Teresa.
<<Sei pronta?>>, mi chiede mio padre in un sussurro.
Io annuisco con il cuore palpitante.
Si porta dietro di me e mi toglie la benda. <<Ora puoi aprire gli occhi>>.
Lo faccio e la prima cosa che vedo è il grande portone della cattedrale di Treia chiuso davanti a me. Mi volto e ci sono tre persone a fissarmi: mio padre, Concetta e Teresa. Mio padre è vestito con un completo blu scuro, Concetta e Teresa indossano un magnifico abito lungo in tulle con scollo a V e paillette bianche e nere sul corsetto. Hanno tutti e tre un grandissimo sorriso stampato sulla faccia. Mi guardo anch'io e rimango stupita: indosso un vestito bianco con maniche lunghe trasparenti di pizzo, con strass e punti luce. Ho i capelli acconciati con un leggero velo bianco davanti alla faccia e dei tacchi bianchi.
Mi salgono le lacrime agli occhi: mi sento così bella.
<<Non ti azzardare a piangere!>>, mi minaccia Concetta.
Aspetta un secondo. Aeron mi ha chiesto di sposarlo prima... ora ho un vestito da sposa in dosso... COSA?
<<Calma, figlia mia>>. Mio padre mi poggia le grosse mani sulle spalle.
<<Aeron...>>, bisbiglio.
<<Sei pronta?>> , chiede Teresa con una mano sul portone della cattedrale.
<<Sì, sono pronta>>.
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