Capitolo 21: Sono io l'artefice del mio destino [R]
11 ottobre 2017
Francesca
Hai presente quelle giornate in cui passi la maggior parte del tempo a guardare nel vuoto? Quelle giornate in cui ti fai film mentali in continuazione, quasi non riuscissi a rimanere sul pianeta Terra? Quelle giornate in cui hai voglia di stenderti sul letto con le cuffiette e togliere ogni pensiero dalla testa? Quelle in cui vorresti piangere ma non riesci, in cui vorresti ridere ma non ne hai motivo?
Aeron
Hai presente quelle giornate in cui passi la maggior parte del tempo a guardare nel vuoto? Quelle giornate in cui ti fai film mentali in continuazione, quasi non riuscissi a rimanere sul pianeta Terra? Quelle giornate in cui hai voglia di stenderti sul letto con le cuffiette e togliere ogni pensiero dalla testa? Quelle in cui vorresti piangere ma non riesci, in cui vorresti ridere ma non ne hai motivo?
21 ottobre 2017
Francesca
Mancano dieci giorni al ballo d'autunno e al mio compleanno. Giada e James andranno insieme come coppia e insistono affinché io vada con loro. Non penso di farcela: andare lì e vederlo con lei mentre indossa uno dei suoi migliori completi.
Sono passati tanti giorni, davvero troppi. Ormai ho perso il conto.
Non vado a lezione da due giorni, ma oggi inizia il corso di letteratura inglese, perciò ci vado.
Quando entro, l'aula è deserta. Mi metto davanti alla cattedra. Iniziare il corso di letteratura inglese mi restituisce un po' il sorriso.
<<Posso sedermi?>> Alzo la testa di scatto e di fronte a me c'è un ragazzo. È alto, molto più di me, ha i capelli corti di color castano chiaro e degli occhi a mandorla contornati da occhiali neri. Indossa una camicia rossa a quadri e dei jeans grigi.
<<Sì>>, rispondo abbassando subito gli occhi.
<<Ciao! Sono Christian Salento>>. Mi tende la mano.
Salento!
Non sentivo quel cognome da un sacco di tempo.
È il cognome di mio padre.
Sarà una mera coincidenza. Smettila di farti paranoie inutili, Francesca.
Gli unici ricordi che ho di mio padre sono una foto, gli insulti di mia madre - che ha comportato il cambio del cognome da quello di lui al suo - e il suo abbandono.
Non ho mai capito perché se ne sia andato: ero troppo piccola. L'aula pian piano si riempie.
<<Sono così felice di essere qui>>, commenta Christian. <<Mio padre è l'insegnante di questo corso, ti piacerà. Io sono il suo assistente, ma ha bisogno anche di un altro, nonostante ci sia già io. Sei interessata? Dài, vieni>>. Mi prende per mano e svogliatamente inizio a sistemare la cattedra con il computer e il proiettore.
Che lavoro faceva mio padre? Non me lo ricordo.
Ed eccolo lì: Aeron entra nell'aula.
Finisco di sistemare i cavi sotto la cattedra quando entra il professore. <<Buongiorno ragazzi>>.
<<Buongiorno>>.
Mi alzo all'improvviso e me lo ritrovo davanti. Mio padre. Non può essere.
<<Buongiorno, ragazza>>. Mi tende la mano.
Non mi ha riconosciuto.
Chi è? Ha un altro figlio! Christian avrà più di venticinque anni.
Osservo la mano tesa. In aula si crea un'atmosfera imbarazzante e silenziosa.
<<Mi scusi, non mi sento bene>>. Mi metto la mano davanti alla bocca, prendo la mia borsa ed esco dall'aula sotto gli occhi di tutti.
Mio padre è il professore di letteratura inglese. Mio padre ha un altro figlio. Mio padre non mi ha riconosciuta.
Tutto gira nella mia testa: non so se quello che è successo sia un bene o un male.
Esco dalla scuola e vado a casa di Nonna Elena. Ho bisogno di un consiglio da una persona più saggia.
<<Ciao, Nonna>>. È seduta su una sedia davanti alla macelleria a fare l'uncinetto.
<<Ciao, mia cara. Come stai? Ti vedo pallida>>.
<<Ho bisogno di un consiglio, Nonna>>.
<<Vieni qui, mia cara. Ti ascolto>>. Mi fa segno di avvicinarmi a lei. Prendo uno sgabellino e mi siedo accanto a lei.
<<Nonna, sai già che mio padre se n'è andato quando ero piccola. Questo è il problema: è qui. È il professore del corso di letteratura inglese alla Le Blanc e ho scoperto che ha un figlio, molto più grande di me. Quando l'ho visto, non mi ha riconosciuta e io... mi sento così confusa. Non so cosa fare. Cosa faccio, Nonna?>> Mi metto le mani in faccia.
<<Figliola mia, non disperare. Ragiona. Ogni genitore è contento di rivedere il proprio figlio>>, risponde mentre continua a filare.
Dovrei presentarmi?
<<Dovrei andare da lui?>>
Lei rimane in silenzio e annuisce.
Prendo la borsa e torno a scuola. Mi dirigo in aula insegnanti e chiedo del professore Salento.
<<Chi mi cerca?>> Esce dall'aula con lo sguardo su dei fogli. Alza lo sguardo. <<Oh, la ragazza che è stata male>>.
<<Posso parlarle in privato?>>
<<Ma certo! Mi segua nel mio ufficio>>. Mi porta in un corridoio superando numerosi uffici. Mi apre la porta e mi fa accomodare.
<<Mi dica come posso aiutarla>>. Incrocia le mani davanti a sé.
<<Mi chiamavo Evelyn Francesca Brooke, ma ora solo Francesca Brooke>>.
Lui sbianca. <<Francesca?>> Ha le lacrime agli occhi.
Io annuisco.
<<Cosa ci fai qui?>>, sussurra.
<<Storia lunga da raccontare. E tu?>>
<<Storia lunga da raccontare>>, commenta.
Si crea un silenzio imbarazzante per alcuni minuti.
Cosa devo dire? Cosa devo fare? È stata una cattiva idea venire qui!
<<Ho tempo>>.
<<Anche io>>.
<<Cosa ti ha raccontato tua madre di me?>> Si fa serio.
<<Nulla>>. Non gli racconto degli insulti e di tutto il resto.
<<Quanti insulti mi ha donato?>>, ride.
<<Molti>>, sorrido.
<<Meriti di sapere la verità, Francesca: quando avevi tre anni, tua madre mi ha cacciato di casa perché prima di sposarla ho avuto una avventura con una sua amica. Questa avventura, come hai visto, mi ha portato Christian. Quando Karina, l'amica di tua madre, mi ha detto di essere incinta, io mi sono preso la responsabilità del bambino. Non ho detto nulla a tua madre, ma poi sei nata tu: eri così bella. Mi ero innamorato un'altra volta. Quando avevi tre anni, Karina è morta di cancro e in quel momento ho deciso di raccontare la verità a tua madre. Lei non l'ha presa molto bene e mi ha cacciato di casa. Sono ritornato dalla mia famiglia qui in Italia con Christian e ho ricominciato da capo>>.
<<Prima di sposarla quando?>>
<<Non stavamo ancora insieme>>.
Allora non è una scusa: perché si è comportata così?
<<Cosa mi racconti di te? Sei diventata davvero grande. Hai diciannove anni, giusto?>>
<<Sì. Ho diciannove anni e sono qui perché non voglio essere più Evelyn>>. Scoppio a piangere. Gli racconto tutto, omettendo la questione Aeron.
<<Avrei dovuto esserci per te. Avrei dovuto proteggerti. Invece guarda cosa ha fatto tua madre>>. Nella sua voce si sentono tracce di disgusto e amarezza.
Dopo aver parlato ancora un po', ci salutiamo con un abbraccio ed esco dall'ufficio.
Mi ritrovo davanti Aeron. Mi fissa con freddezza.
Francesca, rimani impassibile.
<<Potresti spostarti?>> Il gelo che esce dalla sua bocca mi lascia di stucco. Mi supera ed esce dall'edificio.
Torno a casa con l'umore un po' più alto rispetto al solito, ma sempre a terra.
È sabato. Non ho lezione e la biblioteca rimarrà chiusa per lavori di manutenzione.
Devo riprendere la mia vita in mano: sono io l'artefice del mio destino.
25 ottobre 2017
Francesca
Ti è mai capitato di avere una di quelle giornate in cui sei incazzato con il mondo? Una di quelle in cui scleri senza una ragione precisa? Una di quelle in cui sei acida, nervosa, e non sai cosa fare? Le conosci queste giornate, vero? Ne hai passata almeno una anche tu, giusto?
Aeron
Ti è mai capitato di avere una di quelle giornate in cui sei incazzato con il mondo? Una di quelle in cui scleri senza una ragione precisa? Una di quelle in cui sei acido, nervoso, e non sai cosa fare? Le conosci queste giornate, vero? Ne hai passata almeno una anche tu, giusto?
31 ottobre 2017
Francesca
Mi faccio una lunga doccia e mi do una sistemata.
Chiamata in arrivo. Concetta.
<<Pronto?>>
<<Ciao. Hai qualche programma per oggi?>>
<<Vorrei tagliarmi i capelli>>, commento toccandomi le punte ormai rovinate.
<<Ti accompagno io>>.
Ci diamo appuntamento per le 14:00 davanti al parrucchiere vicino alla macelleria.
Arrivata davanti al negozio, Concetta mi fa i complimenti: <<Whoah! Finalmente ti sei data una pulita>>.
Entriamo in negozio e mi fanno subito accomodare.
<<Come li vuoi i capelli, tesoro??>>
<<Vorrei cambiare. Fai tu>>. Mi gira la sedia affinché io non possa vedere come mi taglia i capelli.
<<Nonna mi ha detto di tuo padre. Com'è andata?>>, chiede Concetta.
<<Mi aspettavo peggio, ma sono felice di averlo rivisto>>.
<<Continuerai a vederlo?>>
<<Devo. È il mio insegnante, ma lo farò volentieri. Non posso cacciare tutti dalla mia vita>>.
<<Ben detto, ragazza>>, commenta la parrucchiera. <<Ho finito>>. Mi passa gli occhiali e mi gira la sedia. Lo specchio riflette una figura sciupata, pallida ma con taglio e colore nuovi. Ha i capelli color cioccolato - il mio colore naturale - che arrivano fino alle spalle. Le sta davvero bene. Peccato per l'aspetto.
Dopo vari secondi, mi accorgo di essere io quella figura.
Mi sono ridotta così.
Basta.
Ringraziando la parrucchiera, usciamo e passiamo il pomeriggio insieme. Andiamo al centro commerciale di Macerata e facciamo un giro per i negozi.
<<Con Aeron?>>, mi chiede all'improvviso mentre proviamo dei vestiti.
<<Nulla>>.
<<Papà mi ha dato la sua carta di credito. Devi rifarti il guardaroba e mandarlo a fanculo>>.
Sorrido.
Abbiamo passato due ore dentro a un negozio e lei è riuscita a rifarmi il guardaroba. Ho insistito, ma lei continuava a dire che fosse un regalo di compleanno anticipato da parte di tutti loro.
Mi sorprende ancora quanto lei e la sua famiglia siano così gentili con me.
Ci fermiamo all'area ristoro per mangiare qualcosa e stavolta offro io. Le racconto delle persone che ho conosciuto e del ballo d'autunno ormai in arrivo.
<<Tu ci vai!>>, insiste.
<<Nemmeno morta>>.
Mi prende per mano e mi trascina dentro a un altro negozio. Mi fa provare diversi vestiti eleganti tra cui uno rosa confetto, uno blu cobalto e uno rosso. Non me ne piace nessuno.
<<Dài, con il rosso stai benissimo>>, insiste.
<<No, andiamo. Ci aspettano per cena>>.
Mancano due ore al ballo d'autunno e io sono sul divano a casa di Concetta.
In questi giorni ho parlato molto con Christian: è davvero simpatico e intelligente.
Ho ripreso a mangiare e a prendermi cura di me stessa. Evito in ogni modo di pensarlo.
<<Tu devi andare>>, insiste camminando avanti e indietro in salotto.
<<Ha ragione>>, concorda Nonna Elena.
<<Ma ci vai con Christian!>>
Alzo lo spalle.
<<Peccato che arrivi fra mezz'ora>>. Fa spallucce.
<<Cosa?>> Mi alzo di scatto.
Nonna Elena si alza, va in camera sua e torna con una scatola in mano. <<Sapevo che ti sarebbe servito>>, dice consegnandomi la scatola.
<<Aprila!>>, mi incoraggia.
Mi siedo, prendo la scatola e la poggio sulle ginocchia. Tolgo la carta davanti e lo vedo: un vestito bellissimo. È indescrivibile: è molto simile a quello di una principessa, con una grande gonna gonfia, un corpetto stretto e delle maniche di pizzo per reggere il tutto. È nero con sfumature di rosso e bianco.
Mi metto a piangere.
È bellissimo.
<<Grazie>>. Piango.
<<Non c'è di che, figlia mia>>.
Concetta mi prende per mano e mi conduce in bagno.
Dopo circa un quarto d'ora ho un'acconciatura perfetta e un trucco sobrio ed elegante.
Indosso il vestito e mi guardo allo specchio. Mi sento bella per la prima volta dopo tanto tempo.
Qualcuno bussa alla porta.
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