Capitolo 18: Il ritorno di Madison [R]

Francesca

Pronto, Evelyn. Sono Madison.

Il sangue mi si congela nelle vene. <<Cosa vuoi?>>, dico a denti stretti.

<<Sono a Treia, in un bar nella piazza. Vorrei parlarti>>. Merda, è qui.

Come mi ha trovata?

<<Arrivo>>. Chiudo la chiamata.

Cosa dovrei fare?

Esco di casa e cerco di riflettere. Cosa mi dirà? Cosa devo dire? Come devo rispondere?

La mia mente ritorna a quello che mi ha detto Teresa tempo fa.

<<...Mi ha strappato il vestito e mi ha rotta ...Ma ho deciso di perdonarlo>>.

<<Perché?>> chiedo stupita .

<<Non posso vivere con il rancore nel cuore e perché senza quell'avvenimento non avrei conosciuto Antonio>>.

Nonostante tutto, sono qui a causa sua: se non fosse stato per lei, non avrei mai conosciuto Concetta, Elena, Salvatore, Teresa e Aeron.

Forse ha ragione. Io non posso vivere con il rancore nel cuore, tuttavia mi accorgo che, alla fine, la rabbia provata all'inizio si è trasformata in tristezza, poi è divenuta ancora qualcos'altro, una specie di apatia.

Arrivata al bar della piazza, entro e la noto subito: è seduta a un tavolo vicino all'angolo, indossa un cardigan giallo e un vestitino decorato con margherite. Lei gira lo sguardo e, non appena i nostri occhi si incrociano, le sue guance si riempiono di colore. Mi avvicino lentamente in modalità battaglia e quando arrivo al tavolo mi siedo mantenendo il mio atteggiamento freddo e distante.

<<Grazie di essere venuta>>, dice dopo un lungo silenzio.

<<Cosa ci fai qui?>>, chiedo freddamente.

<<Mi manchi>>, sussurra. È la prima volta che la vedo con la testa china.

Tento di aprire bocca, ma mi interrompe subito. <<Ti potrei chiedere scusa come fanno un po' tutti e dimostrarti che ci tengo e che non voglio perderti. Ma non é da me. Sì, ho fatto una cazzata e mi dispiace, ma sono venuta qui per varie ragioni. Volevo chiederti scusa per come ti ho detto la verità: ero ubriaca. So che non è una scusa, ma è stato ingiusto nei tuoi confronti. È vero, tua madre mi pagava cinquanta dollari alla settimana dalla prima superiore per essere sempre accanto a te e per cercare di trasformarti in me. Volevo chiederti scusa perché quando te ne sei andata io non mi sono fatta sentire per niente, anche se non l'ho mai fatto, mentre tu ci sei sempre stata. Avevi bisogno di me e non ci sono mai stata. Non posso cambiare ciò che sono, ma per correttezza sono venuta qui a dirti questo: tua madre mi sta pagando le rette universitarie e in cambio io devo riportarti con me. Non mi stai simpatica, ma non sono una persona così orribile da farti questo: sono qui per avvisarti e niente più. Vorrei solo chiederti un'ultima cosa: possiamo ricominciare da capo?>>

<<Hai fatto ore e ore di viaggio per dirmi questo?>>, ringhio. <<Puoi ferire una persona a parole, ma non puoi scusarti solo con queste. Madison, io ho passato tutta la mia vita con te. Abbiamo condiviso tutto e mi stai dicendo che non ho mai contato nulla per te. Come pensi che io reagisca? Cosa pensi di fare? Ricominciare da capo? Come se non fosse successo nulla? Non posso. Ti perdono, ma non ricominceremo la favoletta da capo e, di sicuro, non tornerò lì con te a farmi manipolare da tutti>>.

Come può pensare di ricominciare da capo?!

Lei non sa quanto sia stato difficile per me.

Perdonare è semplice, se puoi ricominciare. Ci metti un punto.

Io ti perdono e non ho più nulla da dire.

Si perdona e non si odia più, allora si sta più liberi, con una persona in meno, perché anche l'odio è una forma mancata di affetto. Ognuno per la propria strada. Chi se ne importa di chi è stato più coglione se poi si fa gli stronzi con qualcun altro?

Difficile è ricominciare da capo, con la stessa persona. Fingere di dimenticare il male quando fa ancora male, credere di fidarsi e poi controllare, non pretendere una libertà che non si è disposti a dare.

Ricominciare è difficile.

Fingere sorrisi di circostanza quando vorresti urlare che non sarebbe dovuta andare così, tenere i tabù in un cassetto sempre mezzo aperto. E allora che senso ha?

Se ti svegli di notte,

Se vuoi ricominciare ma non sai da che parte,

Se riesci a scappare ma non da te stessa.

<<Cosa vuoi fare allora? La contadinella? Ma guarda come ti sei conciata: dove hai messo le lenti? E questi vestiti?>>. Il suo tono diventa più acido.

<<Preferisco rimanere dove sono. Preferisco essere, come hai detto tu, una contadinella che essere come te. Sono così stanca di te e delle persone che ti seguono. A voi non importa cosa sei, ma cosa sembri. Il perno della società che seguite e tanto amate è lo smarrimento: chi siete? Che cosa fate? Perché siete al mondo? Cosa avete di speciale? Prova a ragionare e rispondimi>>. Dopo qualche minuto di silenzio, riprendo: <<Ho chiuso con la vita di Evelyn. Ora sono Francesca. Preferisco rimanere qui ed essere me stessa, scoprendo sempre cose nuove su di me e sugli altri, e vivere come voglio>>.

Lei mi interrompe con una risata: <<C'è un ragazzo che ci sta guardando con gli occhi furenti. Mhh... è sexy!>>, dice leccandosi le labbra.

Mi volto e i miei occhi si posano immediatamente su Aeron, verde di rabbia.

Ritorno al mio posto e continuo: <<Lo sai perché il mondo è ancora bello? Perché c'è ancora qualcuno che ti apprezza per come sei e non per come devi essere. Questo è il mio mondo e non lo cambierei mai>>. Mi volto verso Aeron e mi accordo che accanto a lui ci sono Teresa, Concetta e gli altri tutti con le orecchie da Dumbo. Accenno un sorriso e poi ritorno a Madison: <<Tempo fa, una persona mi ha detto una frase che da quel momento porto sempre con me: "Quello che gli altri pensano della tua persona dice molto su di loro ma niente su di te". Non mi interessa più cosa pensi tu, cosa pensa mia madre e cosa pensano le persone quando mi guardano. L'unica parte importante sono io e non deve esserlo nessun altro. Ora vattene e non farti più rivedere>>, sibilo.

Lei mi guarda con gli occhi spalancati, prende la borsetta gialla dal tavolo e se ne va senza degnarmi di uno sguardo.

Riprendo a respirare piano piano. Sono immobile e nel bar c'è ancora un silenzio di tomba.

Lo riconoscerei da lontano. Aeron mi accarezza il braccio e mi fa voltare. <<Stai bene, Cwtch?>>

<<Non ci credo che le ho detto tutto>>, dico tra una risata e una lacrima mettendomi una mano sulla bocca.

<<Sei stata bravissima>>, mi sussurra.

<<Peccato che siano solo parole, io non sono nessuno>>, borbotto.

Lui in tutta risposta mi bacia la fronte, mi abbraccia e sussurra: <<Vedremo>>.

Quando osservo gli sguardi ammaliati e sorpresi degli spettatori, mi rendo conto che questa è la prima volta che ci facciamo vedere in pubblico come coppia.

Beh, visto che stiamo facendo le cose in grande stile e all'antica, non posso definirci coppia, perché lui non mi ha ancora baciato e non mi ha chiesto di essere la sua ragazza.

Continua ad accarezzarmi le braccia e io sospiro. Oggi è il mio ultimo giorno di vacanza. La cosa mi rende molto triste. Teresa e Antonio ci raggiungono, ci sediamo tutti intorno un tavolino e iniziamo a parlare del processo, che sta portando scarsissimi risultati.

<<Potrei testimoniare io>>, suggerisco all'improvviso. <<So che con me non è andato fino in fondo, ma magari sarò di aiuto>>.

<<Questa è un'ottima idea>>, dice Teresa mentre chiama l'avvocato.

<<Cwtch, dopo vorrei proporti una cosa>>, mi sussurra Aeron all'orecchio.

<<Che cosa?>> Mi volto verso di lui.

Lui scuote la testa sorridendo.

<<Non puoi mettermi la pulce nell'orecchio per poi non toglierla>>. Sbuffo e lui sorride.

Mi prende per mano, salutiamo tutti e mi porta fuori dal bar.

<<Hai intenzione di dirmi dove mi stai portando?>>

Camminiamo e camminiamo. Io continuo a implorarlo di dirmi dove mi sta portando, ma lui non desiste.

Ci troviamo davanti alla scuola, oltrepassiamo il grande cancello e mi porta in giardino.

<<Cosa ci facciamo qui?>>, chiedo dopo esserci fermati.

<<Ho promesso di non esserti d'intralcio nella ricerca di te stessa. Ho promesso che ti avrei aiutata>>. Si toglie la giacca e la poggia a terra. Si arrotola le maniche della camicia fino ai gomiti.

<<Non sei d'intralcio>>, ribatto, ma lui mi fa segno di farlo parlare.

<<Vorrei insegnarti le arti di combattimento e di difesa. Fidati di me. Ti aiuteranno molto a livello spirituale e fisico, anche se non ne hai bisogno>>.

Alzo un sopracciglio. È la prima volta che mi fa un commento sul mio fisico. <<Da quel punto di vista, ne ho molto bisogno>>.

Lui sbuffa.

Inizia a mostrarmi qualche postura per arrivare alle mosse più basilari: dei calci e dei pugni. È rigido nell'insegnamento, ma è proprio quello che mi serve.

<<Più in alto! Ancora! Pugno chiuso!>>

Sono le 20:00.

Ho lo stomaco che brontola.

<<Basta così per oggi. Per essere la prima lezione, sei stata bravissima. La prossima volta metti i tuoi pantaloni da yoga>>, dice con un sorrisetto beffardo.

Secondo commento. Divento rossa come un peperone. Mi si avvicina e mi accarezza la guancia.

<<Hai fame?>>

<<Molta>>.

Mi prende per mano e usciamo dal cancello della scuola.

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