Capitolo 14: L'appuntamento? [R]







Francesca

La luce del mattino inonda la mia stanza.

Sono molto confusa. Sono nel mio letto e indosso il mio pigiama. Com'è possibile? Ero in quell'edificio abbandonato con Alessandro. Mi vengono i brividi. Dopo che ho perso i sensi, lui avrà continuato a...

Vengo scossa da brividi lungo la spina dorsale.  Mi alzo e vado verso la scrivania, sulla quale trovo un biglietto piegato.

Per la verità, c'era anche in lui qualche brutto tratto, qualcuna di quelle cattive abitudini che fanno parte del bon ton: la leggerezza, la presunzione, l'insolenza cortese. Ma era d'animo troppo semplice e limpido e lui stesso, per primo, confessava quei difetti, se ne pentiva e ne rideva. Il suo stesso egoismo aveva qualcosa di simpatico, perché era palese e non dissimulato. Era debole, credulo è timido di cuore; non aveva nessuna forza di volontà. A.

Incontriamoci al campo etrusco, dove hai letto quel libro per cui hai pianto. Ti aspetterò tutto il giorno.

Ps. Il mio numero è 3337547667

Non andrò di certo. Non dopo quello che mi ha fatto. Se lo dicessi a qualcuno, nessuno mi crederebbe. Mi prenderebbero per pazza: il ragazzo più dolce e premuroso della città che fa una cosa del genere? No.

Dopo essermi fatta una lunga doccia, controllo l'orologio. Sono le 21:00. Accidenti a me e al mio buonsenso: se è vero che sarà lì da tutto il giorno, avrà sete. Mi vesto velocemente: un paio di pantaloni da yoga e una felpona più grande di me.

Come sospettavo, Alessandro non c'è: sono venuta qui per nulla. Mi avvicino di più all'albero sotto cui quella volta mi ero messa a leggere e a un certo punto scorgo una figura scura appoggiata a esso. Mi blocco all'istante.

La figura scura alza la testa non appena mi vede. Mi volto e cammino veloce verso la strada.

<<Aspetta>>.

Quella voce! Non è di Alessandro. Mi giro verso la figura che è entrata nel mio campo visivo.

Aeron!

Faccio un passo indietro.

<<Ascolta, non so cosa ti abbia detto Alessandro, ma sono sempre stato io>>, sussurra camminando lentamente verso di me.

Le lacrime iniziano a scendere inarrestabili: prima Alessandro, ora questo.

<<Mi state prendendo tutti in giro?>>, singhiozzo.

Aeron

Francesca si trova di fronte a me: indossa una felpa più grande di lei e dei pantaloni da yoga neri. Ha la faccia stanca e bagnata dalle lacrime inarrestabili.

Inizio a ripetere ogni frase che mi ha scritto. Le ho letteralmente imparate a memoria.

Ci sono persone il cui destino

è incrociarsi.

Dovunque siano,

ovunque vadano,

un giorno

s'incontreranno.

Gli occhi parlano, è inutile che li nascondi

Tutto è così pesante, difficile e meccanico. Voglio qualcosa di naturale, voglio che le mie emozioni esplodano, ma non succede, è tutto noia, tutto uguale.

L'esperienza mi aveva insegnato molto presto che possiamo commettere degli errori indipendentemente dalla nostra volontà, e poco tempo dopo imparai anche che possiamo commettere degli errori senza neanche capire cosa abbiamo fatto e perché siano errori.

È raro trovare qualcuno che vede lo stesso mondo che vedi tu.

<<Francesca, so che sono stato maleducato con te, ma devi credermi. Sono sempre stato io a scrivere quelle cose. Ho iniziato con un girasole ogni settimana affiancato da una frase dei miei libri di letteratura preferiti, poi avevo il bisogno di sentirti di più. Di sentirti più vicina. Così ho deciso di venire ogni giorno: trovare quel quaderno in pelle mi ha sorpreso. È stata la prima cosa che mi ha reso, finalmente, felice da quando sono tornato in Italia>>. Sono a un metro da lei. Mi fissa e le lacrime continuano a scendere sulle sue bellissime guance.

<<So di essere maleducato e burbero a volte, ma dammi la possibilità di renderti una persona nuova. Una persona felice>>. È quasi una supplica. Lei sussulta. Queste parole sorprendono anche me. Non le ho mai dette a nessuno e mai avrei pensato di dirle. In attesa di una risposta, il cuore sale in gola e perde la capacità di battere.

Mi sento disperato: vorrei toccarla, baciarla, abbracciarla e farla ridere.

Lei fa un passo verso di me e mi aspetto uno scacco matto. <<Ti conosco a malapena. E poi mi devi ancora delle scuse>>, sorride singhiozzando.

Il mio cuore è tornato al suo posto e ha ripreso battere. Sorrido.

Francesca

Mi asciugo con il palmo della mano le guance.

<<Allora sai sorridere>>, commento.

<<È tardi. Ti accompagno a casa>>. Mi mette una mano dietro alla schiena dolcemente. Sussulto e lui la porta via.

Lui non è Alessandro. Non è James. E se anche lui volesse fregarmi in qualche modo?

Mi lascia davanti all'ingresso della biblioteca e per la prima volta in vita mia mi sento abbandonata veramente.

Salgo le scale e mi butto sul letto. Prendo il mio quaderno in pelle e accarezzo le lettere incise. Mi addormento rileggendo tutta la nostra conversazione.

Continuo a camminare nel bosco. È molto buio che non riesco a vedere oltre il mio naso. Avverto dei rumori intorno a me e in un secondo sono accerchiata da tre figure: James, Alessandro e Aeron. Bisbigliano, ma non capisco cosa stiano dicendo. Si fanno sempre più vicini, finché non mi sveglio in preda al panico.

Non posso fidarmi di nessuno, le persone feriscono e io non sono più abbastanza forte da ricucirmi il cuore un'altra volta. Non so se riesco a sopportarlo ancora.

Riapro il biglietto di Aeron e mi accorgo che in basso a destra, scritto molto in piccolo, è presente il suo numero di cellulare. Lo salvo in rubrica e dopo qualche minuto mi decido a inviargli un messaggio con una citazione di Jane Austen che adoro.

Sono poche le persone a cui io voglio veramente bene e ancor meno sono quelle di cui io nutro una buona opinione. Più conosco il mondo e meno ne sono entusiasta: ogni giorno che passa mi conferma nel mio giudizio sull'instabilità dei caratteri e sullo scarso affidamento che va fatto su ciò che può apparire merito o ingegno.

Ricevo subito una risposta.

La verità è che ognuno ti farà del male. Basta solo trovare quelli per cui vale la pena soffrire.

Sorrido. Quindi mi stai dicendo che mi farai soffrire ma ne varrà la pena, eh? Quanta presunzione in una sola persona.

Ribatto immediatamente.

Non c'era verso di far capire alle persone che la sua non era freddezza. La sua era paura. Paura di rimanerci secca un'altra volta. La sua era paura di fidarsi.

Con mia grande gioia, il telefono vibra all'istante.

Spesso chi rinuncia temendo abbia perso ha perso già in partenza.

Sul serio?

Perché non dormi? Sono le 3:30.

Potrei porle la stessa domanda, Mr. Cappotto.

Cosa ho scritto? ODDIO! Che imbarazzo!

Mr. Cappotto?

Ti ho dato questo nomignolo quando mi hai completamente sbattuta a terra.

Ah, già. Mi dispiace per quello. Mi dispiace per tutto.

Giurami che sei diverso. Voglio fidarmi di te, ma non riesco.

Mi manchi. Vorrei venire lì, toccarti i capelli e addormentarmi al tuo fianco.

Rileggo il messaggio dieci volte. Cosa significa? Respiro affannosamente.

Non mi conosci.

Ti conosco più io che te stessa.

Che sbruffone! Ma chi si crede di essere? Tuttavia, è l'unico che riesce a farmi sorridere in questo momento.

Non riesco a comprendere questa grande paura della solitudine che ha la gente. Da solo non sono mai stato male, è successo sempre quando stavo con gli altri. Vorrei chiederti una cosa.

Se la domanda in questione riguarda il mio segreto di bellezza, la risposta è no.

Rido. Quella sera, cosa è successo di preciso?

Che cosa intendi dire?

Hai capito cosa intendo.

Perché fai tanti giri di parole? Vuoi dirmi che cosa è successo veramente?

Non è successo nulla. Sono arrivato in tempo.

Emetto un sospiro di sollievo.

Grazie.

Buonanotte.

Buonanotte.

Sono le 7:40. Non andrò di sicuro a dormire, perciò decido di andare da Nonna Elena e fare colazione insieme a lei e al resto della famiglia.

Arrivata a destinazione, saluto tutti e mi siedo al tavolo della cucina mangiando pane e Nutella.

<<Francesca, mi sai dire perché ieri Alessandro è tornato da noi al bar con tutta la faccia insanguinata?>>, mi sussurra all'orecchio Concetta mentre infilo in bocca il quarto pezzo di pane e Nutella. Mi blocco per un istante e poi la fisso, senza dire nulla.

<<Non so nulla>>, mento.

Fortunatamente entra Salvatore, che attira l'attenzione di Concetta. <<Concetta, non ti avevo detto di non frequentare più Alessandro ? Tutti mi dicono che vi vedono sempre insieme>>.

<<Papà! È un bravo ragazzo!>>

<< Teresa Le Blanc lo ha denunciato>>. Mi volto di scatto nella sua direzione. <<Io ho intenzione di testimoniare contro di lui, perciò, signorina, se dopo questo discorso mi diranno che vai ancora in giro con lui, ne pagherai le conseguenze>>.

<<Papà, lui non lo farebbe mai>>.

<<È successo tanti anni fa e tu non eri presente. Inoltre, Teresa ha sporto denuncia perché ha tentato di rifarlo con un'altra persona ed era stufa di nascondersi>>. Mi guarda di sottecchi mentre tento di concentrare tutto il mio sguardo sul mio barattolo della Nutella. 

<<A chi?>>, sbuffa Concetta sbattendo il coltello sul tavolo.

<<Perché non lo chiedi a lui stesso, quando gli dirai addio?>>. Le rivolge uno sguardo furente e poi mi dice: <<Francesca, siamo ad agosto. Nessuno verrà in biblioteca fino all'ultima settimana per fare i compiti delle vacanze. Ti concedo tre settimane di vacanza>>.

<<Grazie>>. Prendo il mio zaino e torno a casa mia.

Arrivata in stanza, mi tolgo le scarpe da ginnastica e prendo il cellulare. Ci sono dieci chiamate perse e cinque messaggi da parte di Alessandro:

Francesca, scusami, non so cosa mi sia preso.

Francesca, dove sei? Dove ti ha portato quel coglione?

Francesca, rispondi!

Che cazzo hai fatto?!! Come hai potuto??

Prima ammazzo Teresa, poi passo da te.

Lo ignoro e mi intristisco perché il nome di Aeron non compare tra i messaggi in arrivo. Poso il telefono sul comodino e inizio a pensare al sogno di stanotte: che fosse una specie di avvertimento? No! Non penso che Aeron sia capace di recitare così bene: sembrava sincero. Il telefono inizia a vibrare e, nella speranza che sia Aeron, mi butto a getto.

Chiamata in arrivo: Concetta.

<<Pronto?>>, rispondo.

<<Sono sotto casa tua, posso salire?>>. Mi affaccio e la vedo.

<<Sì, arrivo>>. Scendo le scale e le apro la porta.

Lei entra con uno sguardo grigio e mi salta al collo iniziando a piangere: <<Mi dispiace!>>

Mi stacco da lei. <<Che cosa è successo?>>

<<Io... gli ho chiesto che cosa fosse successo con Teresa Le Blanc e il motivo della denuncia... mi ha raccontato tutto e... non mostrava alcun rimorso>>. Continua a singhiozzare balbettando parole disconnesse tra loro: <<La cosa peggiore è che... si è vantato di te... che anche con te... lo avrebbe fatto se non fosse arrivato Aeron Le Blanc>>.

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