Capitolo 11: Lo stalking [R]


Aeron

<< Ron, mi ascolti?>> Teresa cerca di reclamare la mia attenzione, ma invano.

Perché la ragazza stramba parla con lui? Perché ride con lui? Alessandro e io non siamo mai andati d'accordo: siamo vicini di casa e rivali in tutto. Mi irrita che lei sia così vicino a lui.

A lui non interessi, vuole solo entrare nelle tue mutande e poi andarsene.

Quello non ha nemmeno un briciolo della classe che ho io. Fra poco vado da lui e gli spacco la faccia.

Rimango stupito da questo mio ultimo pensiero.

Dannazione. Che cosa mi prende?

Qualcuno mi picchietta sulla spalla e mi accorgo che è Teresa. <<Hai finito di fissare la bibliotecaria? Ma... aspetta... io l'ho già vista>>. Inizia a pensare così forte che mi sembra di vedere le sue rotelle del cervello muoversi. <<Ecco dove! Lei è la ragazza che hai fatto cadere all'aeroporto e a cui non hai chiesto scusa. Forza, avviciniamoci!>>.

Mi prende per il braccio e mi trascina verso di lei. Fortunatamente Alessandro se ne è andato non appena mi ha visto. Una cosa giusta ogni tanto la fa.

<<Ciao>>, squittisce Teresa.

Non appena mi vede, la ragazza stramba sgrana gli occhi e trattiene il respiro. <<Ciao>>, sussurra.

<<Noi ti dobbiamo delle scuse. In realtà lui te ne deve>>, mi indica di nascosto. Sento la stramba sorridere mentre io mi guardo in giro.

<<Io mi chiamo Teresa e questo ragazzone si chiama Aeron. Eri tu in aeroporto, vero?>>

<<Ehm... sì, ero io, ma non dovete preoccuparvi>>. La spio leggermente e ha letteralmente le guance in fiamme.

<<Allora lo sai parlare l'italiano>>, sbuffo sorridendo.

<<Allora è vero ciò che dicono: che hai solo l'aspetto da gentiluomo>>, ribatte alzando un sopracciglio.

La guardo storto.

Chi te l'ha detto, eh?

Alessandro?

È solo un cafone, quell'animale.

<<Noi andiamo. Ci si vede>>. Prendo Teresa per la spalla e la trascino via mentre si lamenta di non aver finito.

Non appena siamo fuori dall'edificio la lascio andare. <<Ma che ti prende?>>, sbotta.

Alzo le spalle.

<<Tu sei così scontroso solo con le ragazze, ma non ti ho mai visto così brutale... oddio... ti piace? Ti interessa? Non è così?>>. Si gasa così tanto che i suoi occhi assumono la forma di due stelle.

<<No>>, sbotto, facendo girare qualche passante.

<<Allora è un sì>>. Incrocia le braccia al petto.

<<Ti ho detto di no, Tessie>>. So quanto non le piace questo nomignolo.

<<Non ti azzardare a chiamarmi Tessie>>. Mi dà un pizzicotto sul braccio. <<Bene, allora se non ti interessa voltati pure>>.

Mi volto e la sorpresa non è per niente piacevole: Francesca e Alessandro escono dall'edificio insieme. Lei posa il suo braccio su di lui. Mentre lui parla lei sorride e si dirigono insieme al bar del paese.

Sono passate ormai due ore da quando sono entrati in quel bar e ancora non escono. Ho lasciato Teresa con una scusa stupida per seguire quei due.

Mi sento stupido: cosa stavo pensando quando ho deciso di seguirli? Lei non è nulla per me, quindi perché dovrebbe importarmi di cosa le farà Alessandro?

Mentre rimugino, li vedo finalmente uscire dal bar: lui ha un braccio sulla sua spalla, mentre lei le ha incrociate al petto per tentare di riscaldarsi. Ovviamente lei non ha la giacca e fa ancora freddo la sera. È qui che si vede che la galanteria di Alessandro è inesistente: mentre lei muore di freddo, lui sta ben al caldo nella sua giacca. Che pezzente. Lui le dà un bacio sulla guancia e se ne va.

Ma è proprio imbecille! Lasciarla sola di sera al freddo?

Lei cammina lentamente verso la biblioteca, con le braccia strette al petto e i denti che sbattono.

Mi avvicino da dietro e la seguo.

Dovrei avvicinarmi? Cosa devo fare?

<<Francesca>>, dico senza accorgermene.

Lei si volta e mi guarda tremante. Mi tolgo il cappotto e glielo porto. <<Tieni, fa freddo>>.

<<Non posso accettare>>, sussurra balbettando.

<<Insisto>>, rispondo mettendoglielo intorno. Glielo sistemo per bene e, con mia grande felicità, le sue guance riprendono colore.

Camminiamo in silenzio. Non so ancora perché, ma non è più quel silenzio imbarazzante di prima. È rilassante. Arrivati davanti alla biblioteca, si toglie il cappotto e me lo restituisce con un piccolo sorriso compiaciuto. <<Grazie mille>>.

<<Volevo porgerti le mie scuse per il comportamento di prima>>.

<<Ehm, non ti preoccupare>>.

Faccio un passo in avanti. <<Non dire "non ti preoccupare" quando non è vero>>, rispondo con voce più profonda.

Mi accorgo di esserle troppo vicino.

Dove ho messo la ragione?

Mi allontano bruscamente, la saluto con un cenno della mano e me ne vado camminando velocemente.

Dannazione! Perché questa ragazza mi attrae come nessuno ha mai fatto? Non mi è mai interessato avvicinarmi a qualcuno, ma lei? Perché sento che è così diversa?

Devo ritornare lucido.

I sentimenti ti rendono fragile.

Francesca

Salgo le scale lentamente. Ho ancora freddo, ma se non fosse stato per Aeron sarei svenuta. Sorrido dolcemente pensando al suo piccolo gesto. Oggi indossava un bellissimo completo nero grazie al quale sembrava un dio greco e aveva i capelli legati bassi a coda di cavallo, come la prima volta che l'ho visto.

Così oggi ho indossato il cappotto di Mr. Cappotto.

Domani, essendo domenica, la biblioteca rimarrà chiusa, perciò penso di andare con Concetta al centro commerciale del paese qui vicino per comprarmi un nuovo telefono. Il mio pensiero ritorna sempre su Aeron: non riesco a smettere di pensare e a lui, ai suoi lineamenti così perfetti, ai suoi occhi scrutatori e intensi e alla sua arroganza antipatica. Mi addormento subito dopo aver toccato il letto.

" Per tutta la vita mi è stato imposto di diventare tua amica nonostante fossi una grande palla al piede. Quando ho preso coscienza di ciò che eri realmente per me..."

Evelyn

Evelyn

Evelyn

Mi sveglio in preda al panico. Mi manca il respiro: è come se il cuore mi volesse uscire dal petto. Durante la notte il dolore del passato torna a tormentarmi. Dovrei imparare a smettere di pensare. Sappiamo tutti che pensare troppo fa male, ma alla fine lo facciamo ugualmente. Mi alzo e mi lavo. Scelgo di mettermi dei pantaloni da yoga neri e una maglietta bianca semplice.

Dopo mezz'ora in motorino arriviamo al centro commerciale e opto per un iPhone 6s. Dopo un lungo giro per i negozi e i discorsi di Concetta sulla scuola, torniamo a casa.

Maggio è passato.

La biblioteca è sempre molto frequentata, soprattutto dai giovani. La compagnia di Concetta, che in teoria sarebbe anche la mia, viene quasi ogni giorno a studiare e combina sempre un grande casino con i libri. Persino Teresa viene a salutarmi ogni tanto. Mi racconta molte cose: anche lei si è iscritta alla scuola Le Blanc, alla facoltà di architettura, conosce Aeron dall'infanzia e dopo le superiori è partita con lui per girare il mondo. Nell'edificio c'è sempre qualcosa o qualcuno che mi tiene occupata e richiede il mio aiuto. Io sono sempre contenta di dare una mano. Mi piace il mio lavoro. Alcuni giorni è necessario lavorare di più, perché c'è un quantitativo di libri fuori posto maggiore, così rimane a farmi compagnia Alessandro: mentre lui lavora al pc, io sistemo i libri.

Mi aspettavo di vedere qualche volta Aeron, ma niente. Provo un cenno di delusione.

<<Io devo andare ora>>. Alzo lo sguardo su Alessandro, in piedi davanti a me. <<Ti saluto>>. Mi dà un bacio sulla guancia e mi lascia sola.

Sospiro e mi osservo intorno. Il sabato è il giorno peggiore: tutti vengono alla disperata ricerca di informazioni e lasciano tutto in disordine.

Ho quasi finito, mi manca solo un tavolo. Fortunatamente c'è solo un libro e quando lo prendo in mano mi accorgo che ha qualcosa al suo interno: è una vecchia edizione di Cime tempestose. Lo apro e trovo un piccolo girasole con un biglietto attorno sul quale c'è scritto: 'Ti ho portato un girasole, non un mazzo di rose, perché tu e la banalità siete due rette parallele. A.'.

Quella è solo la prima delle tante sorprese che trovo sul quel tavolo del secondo piano.

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