Capitolo 24
Alizée finisce di spolverare la cucina, mentre le passo a fianco e prendo la scopa per passarla in camera. Oggi pomeriggio per fortuna non ho l'allenamento, così possiamo occuparci di come rendere questa casa un po' più vivibile.
Indossa dei pantaloncini che le ho prestato io, e la trovo attraente da morire anche così, in tenuta più trasandata e intenta nelle pulizie.
«Sai che possiamo fare?» le chiedo quando torno in cucina con la scopa e la polvere raccolta in giro. «Potremmo prendere qualche mobile nostro, tipo una poltrona o una scrivania.»
«O due scrivanie» medita lei. «A me serve per studiare, non so se sei comodo a disegnare in giro...»
«A me non serve. Posso sedermi anche al tavolo della cucina o sul letto. O sul divano.»
Sorride, posando il panno sul piano cottura. Si volta verso di me, con quelle ciglia lunghe che ancora una volta mi invitano a baciarla.
«Oppure posso disegnarti mentre stai studiando.»
Fa per replicare, ma qualcuno ci suona alla porta e lei salta sull'attenti.
«Forse è Niko» ipotizzo. «Gli avevo detto che sarei stato a casa per sistemare.»
La precedo verso la porta e vedo mezza squadra dallo spioncino. Alizée mi sembra un po' titubante, avere gente per casa il primo giorno non dev'essere proprio l'ideale, soprattutto visto che ci stiamo ancora ambientando.
«Sono i ragazzi della Vulnus» le spiego. «Tranquilla, sono dei tipi a posto.»
Annuisce, anche se con un filo di esitazione.
Apro la porta, lasciando entrare Niko, Pippo, Pala, Teo, Mike, il Fabbro e Léo.
«Ryan, Marco e Willy erano incasinati» mi spiega Pippo, mentre Daniele si avvicina subito ad Alizée con una busta in mano.
«Vi abbiamo portato alcune cose per casa» le dice. «E una bottiglia di vino, per darvi il benvenuto come si deve.»
Lei sorride. «Oh, grazie. Ehm... Poggiala dove ti pare, stiamo ancora pulendo.»
«Non ci sta provando con lei» mi sussurra Pippo all'orecchio. «È solo gentile nel DNA.»
Il pensiero non mi aveva sfiorato neanche per un momento. I ragazzi ci danno una mano a pulire e a rendere la casa un po' più vivibile. Niko e Daniele aiutano Alizée a disfare i bagagli con i suoi pochi averi. Nel frattempo, Léo, Teo e Mike mi danno una mano a montare una libreria che il Fabbro ha portato con sé, chiusa in una scatola. È uno dei loro regali di benarrivati a Villafiore.
Il mobile è nero, ma di una tonalità di nero che si armonizza bene con il bianco crema delle pareti. E, ovviamente, è vuoto perché non ho niente da metterci dentro. Non sono un gran lettore, anche se Alizée ha portato con sé alcuni libri che, infatti, ha impilato sul tavolo in attesa che finissimo.
Mentre siamo ancora intenti a montare la libreria, arriva Sasha con delle birre e dei succhi di frutta, che gli altri aprono e iniziano a fare fuori criticando ogni nostra azione.
«Quel chiodo non andava lì» dice Pippo, prima di bere un sorso di birra. «Poi vi ritrovate senza arrivati all'altro lato. E questo di chi è?»
Mi volto, per capire a cosa si riferisca. Una tigre di peluche è sistemata sulla cima di libri di Alizée.
«Mia» risponde subito lei, che sta versando del succo per Teo.
Lui la ringrazia con un cenno e poi scuote la testa. «Purtroppo ha ragione Pippo.»
«Ho altri chiodi a casa, se non ci bastano questi» dice Niko.
«Non ricordavo che fosse così difficile montare una libreria» scherza Sasha.
«Ma a voi piace, vero?» chiede Daniele, uno dei pochi ancora con l'aria seria.
Alizée annuisce convinta, passando un bicchiere anche a lui. Siamo rimasti solo io e Léo a occuparci di questo affare. Sfoglio le istruzioni, poi inizio a martellare sui chiodini, montando il retro della libreria. Per fortuna Sasha ci ha portato anche un martello, quando è arrivata da noi.
Léo lo batte sui chiodini dall'altro lato, poi Mike e Teo tirano su la libreria e, seguendo le indicazioni di Alizée, la sistemano contro il muro. Il Fabbro si fa passare un paio di libri e li posiziona sugli scaffali.
«Così avete un'idea di come è piena» commenta.
Su uno dei ripiani vuoti, lei sistema il suo peluche.
«Ordiniamo delle pizze o il coach ci ammazza?» chiede Pippo.
«Ordiniamo delle pizze e il coach ci ammazza» risponde Niko.
Ridiamo tutti, e mi si scalda il cuore a vedere che Alizée si sente a suo agio con i ragazzi. Dopo ieri sera, avevo il timore che sarebbe stata in difficoltà, soprattutto per la situazione del tutto nuova per lei.
Sasha si avvicina a me e Alizée. «Se non volete troppo andirivieni per casa, possiamo andare da me e Niko. Qui dovete ancora ambientarvi, magari è un po' troppo tutto insieme.»
Noi due ci scambiamo un'occhiata e tanto basta per intenderci. Voglio che decida lei, che prenda la decisione che la faccia stare meglio.
«Restate qui.»
Sasha sorride, poi si rivolge a Teo e al Fabbro: «Chiamate Anja e Sara, così stiamo tutti insieme».
Il pavimento è pieno dei cartoni della pizza. Non c'era abbastanza spazio sui tavoli, così Sasha ha avuto l'idea di metterci tutti per terra. Per fortuna lei e Niko ci hanno aiutati con le posate e i bicchieri, perché non ne avevamo abbastanza per tutti. O meglio: non ci è venuto in mente che rischiavamo un'invasione e stamattina ne abbiamo comprati meno di quelli che ci sarebbero serviti.
Sara, la moglie del capitano della squadra, mi ha chiesto come ci siamo conosciuti io e Jérémy, così mi sono ritrovata a raccontare come sono andate le cose tra noi. Ho risparmiato i dettagli che riguardavano Pierre, limitandomi solo a dire che mio padre era contrario alla nostra relazione.
Anche gli altri mi hanno ascoltata con curiosità, dal che suppongo che Jérémy non abbia detto nulla della nostra storia.
La loro compagnia è piacevole, sono persone alla mano e con cui si sta bene. Il più misterioso di tutti è Teo, ma avevo già sentito dire da Niko e Jérémy che è molto silenzioso. Uno altrettanto tranquillo e che sta sulle sue è Léo, l'altro francese della squadra. Ogni tanto scambia qualche parola con i ragazzi, limitandosi soprattutto a ridere delle battute stupide di Nikola e Filippo.
Invece Daniele conferma la prima sensazione a pelle che ho avuto su di lui: è un ragazzo educato e gentile.
Non sono ancora riuscita a farmi un'idea su Andrea, il capitano. Mi dà l'impressione di essere di ispirazione per i suoi compagni e che loro lo rispettino per questo, ma lo vedo meno coinvolto nelle chiacchiere più leggere, portate avanti soprattutto da Niko e Filippo.
Non riesco a inquadrare del tutto neanche Sara: in alcuni momenti mi sembra una persona semplice, in altri una con la puzza sotto il naso. Ma forse è solo un'impressione superficiale, visto che Sasha si trova bene a ridere e scherzare con lei.
Di Mike, d'altra parte, ho già una buona opinione: sembra un po' Daniele per il buon cuore, ma con un pizzico di saggezza in più.
Mentre stiamo mangiando la pizza, Jérémy legge qualcosa dal telefono. Capisco che non è niente di positivo dalla fronte aggrottata e dal suo sguardo che si fa cupo per un istante, salvo poi tornare alla solita serenità.
Non penso che riguardi mio padre o Pierre, perché in quel caso sarei stata io la prima a ricevere qualsiasi notizia. E se invece avessero deciso di minacciare direttamente lui?
Piego la mia ultima fetta di pizza e la mangio chiusa in un silenzio strano persino per me.
«Tutto bene?» sussurra Sasha.
«Ho solo una brutta sensazione.» Sto bene, è un momento di rilassatezza e in cui mi sento addirittura spensierata. Non era così quando ero di ritorno dall'Astroballe, dopo aver visto Jérémy giocare dal vivo?
Non era così quando abbiamo iniziato a vederci di nascosto?
C'è sempre quel picco di felicità prima che la situazione mi crolli addosso. Se stavolta fosse lo stesso?
Appena Jérémy si alza per andare a prendere una brocca d'acqua in cucina, mi offro di dargli una mano e portarne un'altra anche io. Gli altri non ci fanno caso, continuando a discutere su quale sia il miglior film di Indiana Jones.
Chiudo la porta della cucina. Jérémy ha preso due brocche e ne sta riempiendo una.
«Che succede?» gli chiedo. Spinta dalla fretta di ritornare dagli altri, tiro subito fuori il mio timore: «Il messaggio che ti è arrivato non riguardava Pierre o mio padre, vero?».
Mi passa la brocca colma. «Non si tratta di loro. Tra un paio di giorni abbiamo una partita di precampionato e i miei genitori hanno deciso di venire a vederla. Tutto qui.»
«Ti preoccupano?»
«Solo un po'. Mio padre... be', non so come potrebbe comportarsi con te.» Chiude il getto del rubinetto e mi scruta. «Non è una cattiva persona, ma a volte non si rende conto di quello che dice. Per fortuna c'è mia madre.»
Sorride, e al suo sorriso mi sciolgo anche io. Mi rassicura sapere che è solo per il comportamento del padre che si è incupito, e che non si tratta di niente di peggiore. Gli lascio un bacio a fior di labbra, poi prendo una delle brocche e la porto nel salone.
«Il Tempio Maledetto è il peggiore» sentenzia Niko.
«No, il peggiore è il quarto, una porcheria colossale» lo contraddice Filippo.
«A me il quarto è piaciuto.» Léo attira lo sguardo degli altri su di sé, poi accenna un'espressione divertita. «Stavo scherzando.»
«A te quale è piaciuto di meno?» mi chiede Andrea.
«Non li ho visti.»
«Te li consiglio, sono tutti dei bei film, nonostante quello che ne pensano loro.» Prende la brocca più vicina e inizia a riempire i bicchieri di tutti.
Scambio un'occhiata con Sasha, che annuisce.
Continuano a parlare di film e Niko attacca a glorificare la trilogia originale di Star Wars, in una tirata convinta e supportata anche da Jérémy. Non abbiamo mai guardato un film insieme. È una di quelle cose normali che non abbiamo mai fatto.
Così come fino a questo pomeriggio non avevo mai avuto ospiti in casa. Per me la casa è sempre stata una prigione, un luogo ostile, con i passi di mio padre fuori dalla porta e che non lasciavano presagire nulla di buono – se ero stata scorbutica con Pierre. E ora invece... Casa è questo appartamento, in cui mi sono appena trasferita con un ragazzo meraviglioso. Un posto da rendere anche un po' mio insieme a lui, come dimostra Nanouk, la tigre di peluche che mi guarda dalla libreria.
Casa nostra.
Alizée richiude la porta di casa, dopo che anche Niko e Sasha ci hanno salutati. Pala e Pippo hanno portato via la busta della spazzatura con i cartoni e i tovaglioli usati, in modo da non lasciarci l'impiccio tra i piedi. Ho apprezzato, perché significa che non sono passati da noi per fare il proprio comodo. In passato alcuni dei compagni dell'Asvel si presentavano a casa degli altri e la serata finiva con un appartamento a soqquadro.
«Sei stata bene?»
«Sì.» Si avvicina a me e mi abbraccia. «Sono stata molto bene. È stata una di quelle cose normali che non avevo mai fatto.» Si mette in punta di piedi per arrivare a baciarmi e lo fa, unendo subito il suo sapore al mio.
Le accarezzo la schiena con ardore, perché sapere che sta bene me la fa desiderare ancora di più. La prendo in braccio e a tentoni arrivo in camera, dove mi butto sul letto con lei sopra.
Quello che ci siamo detti ieri sera è stato importante, perché ha permesso a lei di spiegare quale fosse il suo timore, e a me di rassicurarla. Se poi deve portare a una giornata serena come quella di oggi, passerei tutte le notti della mia vita a parlare a letto con Alizée.
Si dimena su di me, intensificando il contatto tra noi, cercando ancora di più la mia lingua, mentre le sue dita fresche corrono a spogliarmi e a liberarmi della maglia. Indossa ancora i pantaloncini della tuta che le ho prestato per pulire, non si è cambiata all'arrivo degli altri, forse perché si sentiva a suo agio nel rimanere così. Normale.
È una parola strana, e lo è ancora di più se ripenso alle vicende che mi hanno permesso di essere qui con lei, in Italia, sul letto di una casa che ancora conosciamo appena.
Alizée si sdraia, sfilandosi la canottiera prima che possa farlo io, poi mi attira a sé per baciarmi. Le sfioro un seno, che si irrigidisce sotto il mio tocco, come se pregustasse ciò che sto per farle, come se sapesse che questo è solo l'anticamera del piacere.
Le bacio il collo e lei insinua le dita sotto i miei pantaloncini, afferrandomi il sedere a piene mani. Sentire che mi tocca mi manda fuori di testa, mi fa desiderare sempre di più. Mi struscio sul suo basso ventre, facendole esalare un sospiro lascivo. Ho anche io una tuta: sente benissimo tutto ciò che si muove tra le mie gambe, con l'indurimento e l'erezione che non sono affatto contenuti.
Provo anche io a infilarle una mano nelle mutandine, per stuzzicarla, e Alizée mi lascia fare. Così continuo, insinuando prima un dito, poi un secondo e lavorando bene per farla venire. La sua smorfia contratta nel piacere mi fa eccitare, tanto che per un momento penso di interrompermi e continuare con il preservativo addosso – e con tutt'altro dentro di lei. Ma non lo faccio, e mi chino su di lei per leccarle un seno e succhiarle un capezzolo.
Sembra apprezzare, visto che la sento sempre più umida e che inizia ad ansimare sempre di più.
«Jérémy...» sussurra.
Le succhio il capezzolo con ancora più voracità, arrivando a mordicchiarlo pur senza affondare i denti. Muovo ancora le dita dentro di lei, che si contorce, struscia come può le gambe su di me e, infine, lancia un grido di piacere. Un grido che non ha provato a controllare, un grido liberatorio, che mi fa sentire ancora più soddisfatto.
Pulisco la mia mano con un fazzoletto che appallottolo e lascio sul comodino, mentre lei si sporge per darmi un bacio sulla guancia. Si sdraia appoggiandosi a me, facendomi capire che non solo le è piaciuto, ma che l'ha anche fatta stare bene.
«Posso fare una cosa?» mormora.
«Fai quello che vuoi, senza chiedermelo.»
Mi abbassa pantaloni e boxer, che già si stavano facendo fin troppo stretti. Mi libera dalla costrizione della stoffa e lo prende in mano, sistemandosi tra le mie gambe verso il fondo del letto. Lascia un bacio sulla punta, poi avvicina le labbra con maggior decisione e inizia a succhiarlo. Non è come l'aveva fatto la prima volta, va più veloce, muove la sua bocca con maggior sicurezza.
La sua intraprendenza mi eccita da impazzire, più della sua bellezza, più di tutto ciò che mi piace di lei. E Alizée deve sentirlo, visto che mi sta diventando di marmo a forza di essere succhiato dalle sue labbra. Ho il desiderio bruciante di sentirla arrivare fino in fondo.
Non credo che si senta a disagio, non dopo tutto ciò che ci siamo detti, non dopo tutto ciò che ci siamo fatti.
Porto una mano al suo collo, ma non le do il ritmo. Vorrei che andasse più a fondo, ma deve volerlo lei per prima.
Oh, Alizée, che mi fai...
Mi guarda, con i suoi occhioni verdi che scintillano nel buio. Ha le labbra ancora strette lì, è una visione paradisiaca ed eccitante al tempo stesso. Fa scorrere la lingua sulla mia pelle, sollecitando tutte le mie più sporche fantasie.
«Sto per venire» le dico in un sussurro. «Se non vuoi che...»
In risposta, lei ricomincia a succhiarlo con più determinazione. Si spinge sempre più verso il mio bacino, e io affondo sempre di più verso la sua gola. Sta andando oltre, vuole provare come sia.
O vuole farlo per me.
Vengo tra le sue labbra, ancora serrate su di me. Deglutisce, ma non mi lascia andare. Non so se sono in grado di reggerne un altro, è già stata fantastica così.
Si ritira piano piano, finendo a succhiarmi con lussuria la punta. Lo fa perché le piace.
Era questo che cercava di dirmi ieri: che tutto questo le piace.
Spazio autrice
Mi spiace avervi fatto attendere un'intera giornata per questo capitolo, ma ieri ho avuto una mare di contrattempi che mi hanno tenuta lontana dal computer e quando poi avrei avuto il tempo ero troppo stanca.
Ma spero che questo giorno di attesa sia stato ben ripagato!
I ragazzi hanno finalmente conosciuto Alizée (oltre ai soliti tre che troviamo ovunque XD). Che dite, l'avranno accettata nella Vulnus?
Secondo voi cosa avrà impensierito Jérémy? Si tratta davvero di suo padre o c'è qualcos'altro dietro?
Baci a tutti e buon finesettimana!
Snowtulip.
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