Capitolo 23

Il manuale di Alizée è aperto sul letto, e lei lo sta leggendo sdraiata a pancia in giù. Abbiamo comprato anche uno spesso quaderno in cui fare gli esercizi e un altro per segnare le frasi.

Prendo l'ordinazione della cena, chiedendo il servizio in camera. Sono su di giri all'idea di essere da solo con lei, in una situazione normale, con la prospettiva di essere presto a casa.

Lei mordicchia la matita, sottolinea qualcosa sul quaderno e poi borbotta qualcosa a bassa voce con gli occhi chiusi. Sta imparando a memoria?

La guardo, e a ogni sguardo me ne innamoro sempre di più.

Mi siedo al suo fianco, mentre continua a leggere sul libro e ad annotare qualcosa a margine. È così presa da non accorgersi di me... ed è incantevole. Forse devo esserle sembrato così anche io mentre la disegnavo.

Le accarezzo la schiena e lei si volta appena per rivolgermi un sorriso luminoso. «Ti sta piacendo?» le chiedo, un po' incerto.

Richiude il libro con la matita all'interno e si siede a gambe incrociate sul copriletto. «Non è tanto il fatto che mi sta piacendo. È più il come mi sento nel fare qualcosa che desidero davvero. È l'avere tempo e possibilità di farlo, di non avere nessun impedimento. Sai...» Si mordicchia il labbro e si porta un ricciolo dietro l'orecchio. «Quando ero a Villeurbanne non avevo molto tempo da dedicare a me. Arrivavo sempre stanca la sera e non avevo la forza fisica né mentale per mettermi a fare niente. Ogni tanto andavo da Vivienne, a guardare un film o a chiacchierare... Ma questo è diverso.»

«È diverso perché è qualcosa che riguarda solo te?»

«Sì. Non che mi dispiacesse la compagnia di Vivienne, tutt'altro.» Abbassa lo sguardo, come se si sentisse in colpa. «Ma era l'unico modo che avevo per non stare né a casa né alla Marée, e quindi mi ci aggrappavo con tutta me stessa.»

«Ti capisco. Quando ero più piccolo e le mie sorelle erano due bambine, andavo a giocare a basket perché altrimenti a casa mi aspettavano i loro continui dispetti. Non è uguale» preciso, per evitare di metterla a disagio con un paragone inopportuno, «però per un ragazzino era traumatico e giocare mi faceva stare bene. Se questo ti fa stare bene, devi continuare a farlo.»

Lei non dice nulla, ma mi stringe a sé baciandomi. Si slancia con tanta veemenza da cogliermi impreparato, tanto che mi butta sul letto finendo sopra di me. Le accarezzo la schiena, mentre la sua lingua cerca la mia, si muove con la mia, si fonde con la mia.

«Era questo che intendevi prima, vero?» sussurra lei, guardandomi. «Quando hai detto di voler stare insieme a me questa sera?»

«Sì» le rispondo con decisione. «Sei così bella che non riesco a non avere il desiderio bruciante di te.»

Alizée porta una mano sulla mia guancia. La sua pelle è così fresca a contatto con la mia, da farmi pensare ogni volta che debba scaldarla. Mi bacia ancora, con più intensità, con più passione, mentre le sue dita corrono a sbottonarmi i pantaloni – cosa che fa con una rapidità incredibile.

«E tu mi guardi in un modo da farmi desiderare di essere sempre da sola con te.» Me lo tira fuori e inizia a eccitarlo, come se sapesse quanto il suo semplice tocco possa mandarmi fuori di testa.

«A-alizée» mormoro, a fatica. Mi sembra di essermi controllato così tanto che posso esplodere di piacere da un momento all'altro. Lei, però, non si ferma, anzi: riprende a baciarmi senza smettere di far lavorare la sua mano.

Vorrei accarezzarla, stringerla a me, ma non riesco a muovermi, in balìa di ciò che mi sta facendo, rapito dall'orgasmo che sento sempre più vicino. Rimango semi sdraiato, poggiato sui gomiti, con Alizée china su di me e la sua mano che scorre con sempre più velocità attorno al mio sesso.

Non smette neanche quando sono venuto con uno schizzo sul copriletto, come se volesse sperimentare quanto posso rimanere tanto duro in suo potere.

«Forse dovremmo pulire» dico, appena allontana le labbra dalle mie per farmi riprendere fiato. Deve aver sentito il mio gemito mal trattenuto. La sua stretta, però, è ancora serrata lì.

«Oh.» Alizée segue il mio sguardo e vede lo schizzo, di cui non si era accorta. «Sì, dovremmo.»

Mi lascia libero di muovermi e prende un pacchetto di fazzoletti sul comodino, mentre mi risistemo i pantaloni.

«Faccio io» le dico. Tolgo tutto e butto il fazzoletto usato in un cestino accanto al letto.

Lei si sdraia a pancia in su, fissando il soffitto. «Scusa, io... non so che mi è preso.»

Mi accosto a lei e le do un bacio sulla fronte. «Va tutto bene. A me stava piacendo.»

Deglutisce, a disagio. «E se fossero arrivati con la cena mentre eravamo in quel modo?»

«Alizée, non è arrivato nessuno. Stai tranquilla.» Le accarezzo il viso, mentre si accoccola su di me. Rabbrividisce, come se avesse timore del suo stesso imbarazzo. «Ci vuole una mezz'oretta prima che portino la cena nelle camere di albergo. Devono cucinare, prima!»

Riesco a farle tornare il sorriso, ma si rabbuia subito. «Vorrei che fosse tutto più spontaneo. Ho la sensazione che qualcosa non vada, ma non riesco a capire cosa.» Ispira ed espira profondamente, con il suo petto che si alza e si abbassa contro il mio.

«Può essere il fatto che è tutto nuovo.»

«Me l'ha detto anche Sasha. Forse devo solo abituarmi alla normalità.»

«Può darsi. Quello che hai fatto, però, a me sembrava molto spontaneo.»

Sospira, stringendosi ancora di più a me. Con la mano le alzo il mento, avvicinando la sua bocca alla mia, e la bacio. Cerco di farle sentire che va bene, che non deve avere alcun timore con me, che tutto quello che fa è perfetto così com'è, perché è naturale.

Mentre stiamo così, distesi sul letto e vestiti, ci suonano alla porta.

«Ora è davvero la cena» le dico ridendo e lei accenna un sorriso.

Sistemo le posate nel piatto vuoto, sul tavolo apparecchiato nella nostra suite. Nonostante mi abbia rassicurata, mi sento ancora a disagio per prima. Continuo a essere molto attratta da lui, continuo a desiderarlo e con tutta me stessa, però...

Ho già preso l'iniziativa, in passato, e quella volta lui aveva cercato di farmi stare tranquilla. Cosa c'è di diverso... a parte tutto? Non siamo più a Villeurbanne, non devo più nascondermi per evitare mio padre e Pierre.

Siamo una coppia, una coppia normale.

La risposta è una: non devo pensare. Se penso spezzo tutta la magia, tutto l'incanto che mi lega a Jérémy. E con lui sto bene, voglio stare con lui, voglio...

Mi alzo in piedi e mi siedo in braccio a lui, che ha appena finito di mangiare e stava leggendo qualcosa sul telefono. Sorride, posando il cellulare da parte, e con una mano mi accarezza il viso, con l'altra la schiena.

Lo bacio, attirandolo a me, e mi sistemo con le gambe allargate su di lui. Lo sento muoversi sotto di me, percepisco tutta la sua voglia. E ne ho anche io. Cerco di metterci tutto l'ardore che ho, tengo una mano fissa sulla sua guancia, non voglio che mi lasci, non voglio che la sua bocca si separi dalla mia.

«Alizée» sussurra, a un millimetro da me. «Sei fantastica.»

Me lo dice sempre, me lo dice ogni volta. E ogni volta che lo dice mi fa sentire sempre più speciale.

Riattacca a baciarmi, poi porta le mani sul mio sedere e mi solleva, tenendomi stretta a sé. Arriviamo fino al letto, avvinghiati l'uno all'altra. Mi fa scendere sul materasso e sale su di me.

Per un istante rimango ferma a guardarlo: ha un'aria seria.

Mi accarezza il viso con dolcezza. «Adesso ti dico una cosa che mi mette in imbarazzo. Quando dico a una ragazza che è bella, di solito mi sembra un complimento idiota. Ma con te è diverso: a te riesco a dirlo senza sentirmi un imbecille.»

Mi sporgo verso di lui per lasciargli un bacio leggero, senza dire altro.

«Con te è diverso, tu per me sei diversa. Quindi non sentirti in imbarazzo, non avere paura di fare ciò che vuoi quando sei insieme a me, perché per me qualsiasi cosa abbia in mente tu sarà sempre speciale, anche se fosse qualcosa che abbiamo fatto mille volte.»

Il mio viso avvampa violentemente. Nessuno mi ha mai parlato in questo modo.

Jérémy si china su di me e ricomincia a baciarmi, dolce e appassionato. Lo attiro a me, facendolo finire un'altra volta sul copriletto con il corpo contro il mio. Con una mano mi stringe un seno, mentre con l'altro avambraccio si appoggia al letto per non ricadere del tutto su di me. Allontana le labbra dalle mie, ma continua a baciarmi la guancia scendendo verso il collo.

Chiudo gli occhi, abbandonandomi con un sospiro al piacere della sua bocca sulla mia pelle. Mi sta scaldando sempre di più, riesce ad annebbiarmi i pensieri con così poco – e l'ultima cosa che voglio ora è iniziare a pensare.

Mi solleva la canottiera, lasciandomi in reggiseno, così anche io inizio a sbottonargli la camicia, sedendomi sopra di lui, che nel frattempo ha ricominciato a baciarmi sul collo.

Che cosa sono i suoi baci.

Mi accarezza la schiena, le sue mani mi restituiscono un tepore dolce, che sa di tenerezza e desiderio.

Gli sfilo la cintura e inizio a far saltare i bottoni dei jeans, e Jérémy mi lascia fare. Lo spoglio del tutto e lo guardo nella sua intera nudità, forse rendendomi conto per la prima volta di quanto il suo fisico sia statuario. E di quanto la sua muscolatura – tutta la sua muscolatura – sia attraente per me.

Quasi quanto il suo carattere gentile, le sue buone maniere e il suo essere così affettuoso nei miei confronti.

Si è accorto che lo sto fissando, eppure non sembra a disagio. Ho l'impressione che voglia lasciarmi fare, persino se le mie azioni si limitano a sguardi lascivi sul suo corpo. Faccio scorrere la mano sui suoi pettorali, poi sugli addominali scolpiti, mentre lui mi sgancia il reggiseno.

Jérémy mi lascia un bacio dietro l'orecchio, mentre abbassa la zip dei miei jeans e me li sfila. Mi accarezza le cosce, provocandomi dei brividi di eccitazione. Il suo tocco è sempre speciale.

«Vorrei che ti sentissi a casa insieme a me» sussurra, prima di stamparmi un bacio sulla guancia.

«Mi ci sento già.» Mi sdraio sul letto, quasi interamente nuda. Guardo il suo profilo andare a spegnere la luce della stanza e ritornare da me. È vero, con lui mi sento a casa più di quanto mi sia sentita in tutta la mia vita. «Ho troppi pensieri inutili e che mi bloccano, ma con te sto bene.»

Sto bene sin da quel primo ginseng.

Si china su di me, lasciandomi una scia di baci caldi dalla guancia al collo. Mi sfiora il seno con delicatezza, come se fossi quella tazzina che ogni volta posava con attenzione nel piattino, come se già allora cercasse di dirmi che si sarebbe preso cura di me perché qualcosa di ineffabile ci aveva unito.

I suoi baci scendono, fino a quando le sue labbra non si posano su un capezzolo, che stuzzica con la lingua. Mi sta facendo sciogliere.

«Jérémy, potresti...»

«No, Alizée, non ora.»

Non vuole prendere un preservativo? Non mi guarda, continua a baciare la mia pelle, procedendo sempre più in basso, fino a sfilarmi le mutandine.

Mi sfugge un grido di piacere appena la sua lingua sfiora la mia intimità. È caldo, dolce, e sa esattamente cosa mi manda in estasi. Chiudo gli occhi, beandomi della sensazione di piacere che solo lui sa darmi.

Mi lascia un bacio sulla pelle, poi ricomincia a esplorarmi. Se era questo quello che intendeva fare, non ho intenzione di fermarlo.

«Allora?» Mi bacia la coscia e risale su di me. Appena il suo viso si trova vicino al mio, mi sfiora il naso con il suo e mi accarezza la guancia.

«Allora cosa?»

«Sono stato bravo?» Sorride, steso nudo sopra di me.

Sorrido anche io, credo di aver capito cosa intenda. «Faccio sempre così, vero?»

Mi bacia a fior di labbra. «Non sempre. Ma vedi che non serve essere incerti quando si sta bene con qualcuno?»

Rimango in silenzio. Non so nemmeno come dirgli che ho paura di non essere alla sua altezza.

Jérémy mi solleva il mento con un dito. «Ho detto qualcosa che non va?»

«No, no. Non si tratta di questo.»

Si stende al mio fianco, come se avesse capito anche lui che tutta l'eccitazione del momento si è dissolta in un colpo. «E di cosa allora?»

«Ecco, io...» inizio a parlare, ma le parole mi muoiono in gola. Mi accoccolo su di lui, cerco il suo calore, cerco la sensazione di benessere che mi danno le sue braccia, che subito mi stringono a sé.

Il sesso è qualcosa di molto privato e intimo; nonostante la mia incertezza, a me piace farlo e farlo con lui. Solo che ho il timore di risultare fin troppo impacciata, perché ho esperienza, ma non credo di averne abbastanza da fare tutto bene. E lui sembra un mago del piacere.

«Hai mai avuto la sensazione di non essere bravo in qualcosa che ti piace?» gli chiedo, in un soffio. «Nel disegno, per esempio. Magari vuoi essere bravo perché a te piace disegnare e per un po' credi anche di non essere così incapace. Ma poi un giorno vedi un disegnatore che fa dei disegni stupendi e tu pensi di non essere granché.»

Mi lascia un bacio tra i capelli. «Non disegno per piacere a qualcuno, ma per me.»

Arrossisco, e mi faccio coraggio per parlare ancora. «E invece pensa di voler fare un disegno come regalo per qualcuno a cui tieni. Lo vuoi fare bello, ci metti tutto te stesso... E magari poi il disegno viene anche apprezzato, ma tu senti che non sei riuscito a farlo come avresti dovuto.»

Spero che la mia metafora sia chiara. Spero di non dovergli parlare in modo più chiaro, perché mi sentirei ancora più in imbarazzo di così.

«Vediamo se ho capito. Se faccio un disegno, ipotizziamo che sia per te, e lo faccio al massimo di ciò che so fare, io sarei già felice così. Perché ho infuso passione in un'attività che mi piace e per una persona che mi piace ancora di più. So già che a te piacciono i miei disegni, sempre che tu non abbia mentito...» Si interrompe per rivolgermi un'occhiata scherzosa.

«Non ti ho mentito, sono belli.»

«Ecco, ti piacciono. Quindi sono tranquillo, se non addirittura felice.»

«Felice?»

«Sì. Tutto quello che faccio con te mi rende felice.»

«Non stai più parlando dei disegni, vero?»

«Non abbiamo mai parlato dei disegni.»

Mi stringo ancora di più a lui, cerco la sua vicinanza fisica, un contatto più stretto dell'abbraccio in cui siamo avvolti. Ha capito. «Sbaglio a farmi tanti problemi. Scusami.»

«Non devi scusarti. A me piace tutto di te, persino questi problemi.»

«Tu non hai mai pensieri così?»

«Ho lavorato tanto su di me per non averli più. Non è stato facile, quindi immagino che siano paralizzanti in alcuni momenti.»

Mi accarezza la schiena, sono così stretta a lui che sento tutto il movimento tra le sue gambe, ma Jérémy sembra non farci caso. È sempre padrone di sé.

O forse sta solo aspettando una mossa o un segnale da parte mia.

Tendo una mano verso di lui, stringendolo e facendoci scorrere le dita sopra. Si irrigidisce e si allunga, come se non vedesse l'ora di ciò che vorrei anche io.

«Non voglio che siano paralizzanti» ammetto, guardandolo negli occhi. «Forse non ci riuscirò sempre, ma cercherò di fare del mio meglio.»

Lo bacio, attirando il suo viso al mio, e lui risponde al mio bacio con passione. La mia mano è ancora lì e continua a dargli piacere, così come prima la sua lingua l'ha dato a me.

Mi fa spostare da lui e va a prendere un preservativo dalla valigia. Torna a letto e se lo infila, sdraiato al mio fianco.

«Dai, sali» sussurra, prima di chinarsi a darmi un bacio sulla guancia. «Sali e fa' tutto ciò che vuoi.»

Con un attimo di esitazione, mi siedo a cavalcioni su di lui, permettendogli di insinuarsi tra le mie gambe e di sentire tutta la sua presenza dentro di me. Mi muovo su Jérémy, che socchiude gli occhi. Era già eccitato, l'avermi chiesto di prendere l'iniziativa lo sta facendo godere più che in passato.

E mi piace. Mi piace la sua smorfia contratta, il suo petto che si alza e si abbassa a fatica, le sue mani sui miei fianchi che mi incitano ad andare più veloce... E mi piace lasciarmi travolgere dall'orgasmo con lui.

«Alizée, sei una dea.»

Sorrido, inorgoglita e imbarazzata. Non pensavo che mi sarebbe piaciuto tanto. Scendo e mi sdraio sul letto, mentre Jérémy butta il preservativo. «È stato bello. Stano, ma bello.»

Mi bacia sulla guancia, coprendo entrambi con il lenzuolo. «Non è stato bello, è stato fantastico.»

Mi appoggio a lui, accarezzandogli i pettorali e ascoltando il suo battito, il suo alzarsi e abbassarsi accanto a me. «Lo rifacciamo domani sera?»

«Domani, a casa nuova, facciamo tutto quello che vogliamo.»

Spazio autrice

Mi credete se vi dico che i dialoghi tra loro due sono le mie parti preferite di tutta la storia? Quelli in cui si confessano, parlano dei loro pensieri, delle loro debolezze... e alla fine trovano conforto l'uno nell'altra. Sono così dolci che passerei tutta la storia a scrivere di loro due che parlano!

Vi sembrerà un capitolo di passaggio (anche molto filler), ma ci sono alcuni piccoli elementi che torneranno più in avanti nella storia. E lo dico per quanto riguarda entrambi (fidatevi di me!).

Ma a voi è piaciuto questo capitolo? Ditemi cosa ne pensate, a me fa moltissimo piacere <3

Baci a tutti,
Snowtulip.

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