t'osservavo mentre fumavo nicotina di liquirizia
ATTO III
Non so come successe, proprio non so spiegarlo; quella mattina d'inverno seppi solo che quando aprii gli occhi e mi trovai te accanto ero innamorato, perso e ciò fu alquanto strano, voglio dire per me, per me lo fu; io l'amore non lo conoscevo affatto, non ci tenevo proprio a dover provare rabbia, affetto, malessere, gelosia... per una persona sola; non erano cose che facevano per me.
Ero solito fumare una sigaretta al mattino mentre bevevo un buon bourbon con l'80% di alcol miscelato solo con acqua e guardare fuori dalla finestra aspettando la notte calare e il giorno sorgere. Mai mi sarei aspettato che mi sarei imbattuto in te, dannata creatura; stavo solo passeggiando con i miei pantaloni neri pieni di amarezze, la camicia un po' aperta offuscata dalla liberà e la solita Marlboro rossa fra le labbra che m'intimava di rilassarmi.
Ricordo, tu ricordi? Ricordo il vento tiepido che soffiava stupore e i tuoi capelli che si muovevano leggiadri sul tuo viso, portavi la frangetta, lo ricordo. Mi bloccai - mentre t'osservavo appoggiato alla corteccia di un albero maestoso quasi quanto lo era la tua bellezza - quando vidi le tue labbra rosee. Smisi di fumare per concentrare tutta la mia attenzione sulla tua persona, così la sigaretta tra le mie labbra stava terminando nelle mani del vento.
Quel mattino entrasti in uno dei bar più in voga del paese, ricordo che ti seguii curioso di scoprire cosa ci facesse una donna come te in un posto come quello, volevo scoprirti, il mio intento era quello. Ti vidi bene in viso una volta che varcai la soglia di quel vecchio eppure accogliente locale, mi sedetti lontano da te di quattro tavoli.
Ti vidi e capii subito che quello che ti portavi dietro era uno sguardo triste, uno disperato, che non conosceva altro. Una donna come te avrebbe dovuto sorridere e non tenere il broncio, ché poi gli occhi diventano gelidi e privi di emozioni, quindi sorridi piccolo pianeta, perché non sorridi?
Con la mia sigaretta ancora mezza accesa fra le labbra t'osservavo da lontano e studiavo i tuoi movimenti. "Cameriere! Un caffè latte, per favore!" sentii la tua voce squillante e familiare per la prima volta e fu in quell'attimo che il mio petto iniziò a bruciare.
Dov'eri? Dove ti nascondevi?
Alzasti lo sguardo e il mio e il tuo s'incontrarono per la prima volta, tu allora abbassasti subito il capo nascondendo i tuoi occhi dai miei sotto quel cappello alla francese che portavi. Osservavo ogni tuo movimento: le tue mani muoversi nervosamente fare a pezzettini un innocuo tovagliolino di carta, le gambe snelle e scoperte accavallarsi... t'osservavo mentre fumavo nicotina di liquirizia.
Sono sopravvissuto al tuo sguardo fugace e timido che si posava sulla figura scomposta di uno spavaldo che fumava, la mia.
Non smettevo di studiarti e tu non placavi la tua agitazione, ma mica per colpa mia! Io non c'entravo nulla con il tuo mondo. Stavi ancora spezzettando il tuo fazzoletto di carta quando mi decisi a spegnere la sigaretta nel portacenere e ad avvicinarmi alla tua figura senza mai smettere di accarezzarti con gli occhi.
"Credo abbia sofferto abbastanza questo pezzo di carta", fu la prima cosa che ti dissi con un sorriso in volto. Alzasti lo sguardo e mi dicesti: "É solo carta, non prova niente". Così ti alzasti rivolgendomi una breve occhiata e dopo aver pagato uscisti dal locale. Non ti seguii, non so perché; forse mi faceva piacere avere il ricordo di quelle poche parole, di quel breve incontro e di quello scambio fugace di sguardi.
Conobbi la mia Afrodite quando ancora dovevo conoscere me, adesso non riconosco più lei ma ho compreso me stesso.
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